Autorita' per
la vigilanza sui lavori pubblici
Deliberazione
n° 337 - Adunanza del 4 dicembre 2002
Oggetto:
Bando di gara relativo alla “realizzazione e consegna in leasing
chiavi in mano del completamento fase I del nuovo arcispedale S. Anna di
Ferrara. Importo complessivo presunto €. 69.721.681 IVA compresa.
Stazione
appaltante: Azienda ospedaliera Universitaria di Ferrara
Riferimenti
normativi: artt. 2 e 19, comma 1, della legge 11 febbraio 1994, n. 109,
e s.m.i.
Il
Consiglio
VISTA
la legge quadro sui lavori pubblici, legge 11 febbraio 1994 n°
109;
VISTO
il DPR del 21 dicembre 1999, n. 554
VISTA
la relazione redatta dal Servizio Ispettivo
Considerato
in fatto
L’Autorità
nell’espletamento dell’attività di vigilanza ad essa demandata
dalla legge 11 febbraio 1994 n. 109 ha rilevato il sussistere di
specifici profili di interesse correlati alla particolare
formulazione del bando di gara indicato in oggetto, predisposto
dall’Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara. L’Autorità ha di
conseguenza acquisito la documentazione tecnico amministrativa
relativa all’appalto, effettuando in data 7 novembre u.s.
l’audizione della stessa Amministrazione al fine di poter acquisire
gli elementi informativi necessari per la complessiva valutazione della
procedura posta in essere.
L’esame
successivamente condotto ha evidenziato in particolare che il
procedimento adottato per pervenire alla realizzazione ed al successivo
godimento “chiavi in mano” del blocco A del nuovo Arcispedale di S.
Anna in Ferrara, completo delle attrezzature e delle strumentazioni
necessarie a garantire l’operatività dello stesso, concreta il
ricorso ad un contratto di “leasing” relativo ad un immobile
da costruire e da attrezzare nell’ambito del quale, tra le
obbligazioni a carico del locatore, è stata pure prevista nei modi
specificati nel relativo capitolato speciale d’appalto l’esecuzione
delle opere di ordinaria e straordinaria manutenzione necessarie a
garantire le condizioni d’uso ottimali della struttura.
Tale
scelta come chiarito dalla Direzione ospedaliera è stata determinata
dalla limitatezza delle risorse economiche attribuite all’azienda che
non avrebbero consentito nel rispetto dei termini temporali compatibili
con gli obiettivi e le necessità della stessa, la realizzazione delle
opere seguendo le procedure tipiche codificate dalla legge 109/94. La
stazione appaltante nella memoria prodotta in data 31 ottobre u.s. ha
altresì evidenziato che il leasing di cui si tratta concreta un
regolare appalto di servizi ai sensi del D.Lgs. 157/95 e, in
particolare, un contratto atipico nella forma del mandato senza
rappresentanza per effetto del quale si stabilisce una intermediazione
con un soggetto privato che, in quanto finanziatore, provvede
direttamente all’esecuzione dell’opera nel rispetto delle
indicazioni del futuro conduttore e rimane proprietario del bene e del
suo mantenimento fino all’estinzione del debito.
E’
significativo rilevare infine che la realizzazione dell’opera suddetta
è prevista su area di proprietà dell’Azienda sulla quale dovrà
essere necessariamente costituito un diritto di superficie a favore
della società aggiudicataria dell’appalto.
Ritenuto
in Diritto
Si
osserva preliminarmente come ai fini della presente disamina non
rilevino né le cause genericamente evidenziate dalla stazione
appaltante circa la necessità di ricorrere al leasing per le difficoltà
finanziarie che avrebbero reso altrimenti impossibile la realizzazione
dell’opera con le diverse modalità comunque codificate
dall’ordinamento (causale del tutto generica che nella congiuntura
attuale potrebbe invero essere invocata dalla maggioranza delle stazioni
appaltanti), né la circostanza rilevata circa il ricorso ai sensi del
D.Lgs. 157/95 a procedure selettive ad evidenza pubblica per la scelta
del soggetto contraente che garantiscono comunque la trasparenza del
procedimento ed il vaglio del mercato.
In
questa sede devesi infatti valutare in particolare se l’oggetto
contrattuale di che trattasi sia o meno riconducibile alla definizione
di lavoro pubblico che, qualora accertata, ricondurrebbe la presente
fattispecie nell’ambito applicativo della legge 11 febbraio 1994, n.
109, e s. m. i.
Devesi
in tal senso rilevare che il punto 2 del bando di gara, individuando
l’oggetto dell’appalto, testualmente riporta: “appalto di servizi
categoria 6b allegato I D.Lgs. 157/95” (servizi bancari e finanziari);
l’art. 1 del capitolato speciale d'appalto (parte II – Disciplinare
d’oneri) specifica, invero, che costituisce oggetto dell’appalto
“la realizzazione e consegna in godimento “chiavi in mano” delle
opere edili ed impiantistiche previste nel blocco A del Nuovo
Arcispedale S. ANNA di Ferrara…”. Il medesimo art. 1 descrive i
lavori, forniture ed impianti compresi nell’oggetto dell’appalto ed
infine precisa che “l’immobile oggetto di leasing (blocco A e opere
di completamento di palazzine esistenti) una volta realizzato a proprie
spese ed a proprio rischio dall’appaltatore tramite imprese di propria
fiducia” deve essere concesso in leasing all’amministrazione
appaltante, la quale conserva la piena facoltà durante il periodo
contrattuale di riscattare, in una o più volte, la proprietà di quota
parte dell’immobile o dei singoli arredi e apparecchiature, nonché di
riscattare, al termine del periodo contrattuale, tutte le
apparecchiature, tutti gli arredi e l’intero compendio immobiliare
dietro versamento dell’importo determinato nella parte prima del
capitolato speciale. Inoltre l’art. 3.2 del capitolato speciale
d'appalto (parte I – Norme di gara e requisiti di partecipazione)
prevede che l’offerta abbia ad oggetto anche i documenti tecnici
relativi alla esecuzione dei lavori e al cronoprogramma. Tali semplici
citazioni dedotte dagli atti di gara sono sufficienti da sole a
dimostrare che l’oggetto dell’appalto, in concreto,
non è un servizio (finanziario) come conclamato nel bando stesso, ma
prestazioni di lavori, come specificato nel capitolato speciale
d'appalto.
Più
in particolare, i lavori dedotti nel rapporto non hanno una valenza
meramente strumentale o indiretta o accessoria, ma concretizzano
l’interesse concreto che la P.A. intende conseguire dal rapporto.
Peraltro anche a voler considerare la presente fattispecie riconducibile
a un contratto misto, la prevalenza dei lavori attrarrebbe
comunque in orbita 109 la disciplina applicabile (cfr. art. 2, c 1 Legge
Merloni, art. 3, c. 3 D.Lgs 157/95, come significativamente modificato
dalla Legge 18.11.1998 n.415 e dal D.Lgs 25.2.2000 n. 65). Ne deriva che
la fattispecie, già solo per questo, determina una violazione
surrettizia della disciplina su lavori.
Tuttavia
anche a voler ipoteticamente considerare che, nonostante quanto
dichiarato nel capitolato speciale d'appalto, l’oggetto diretto del
rapporto sia il finanziamento, resta fermo che nella specie deve
applicarsi la legge n. 109/94 (e non già il D.Lgs 157/95 sui servizi)
in quanto quest’ultima si impone allorché una P.A. commissioni in
qualsiasi modo l’esecuzione di lavori, verso qualsiasi forma di
corrispettivo, indipendentemente dall’assetto complessivo del
rapporto. In tal senso l’art. 19 della legge 109/94 stabilisce che i
lavori pubblici possono essere realizzati esclusivamente mediante
appalti o concessioni di lavori (imponendo le procedure di gara previste
per i lavori pubblici anche nel caso in cui il soggetto affidatario sia
un concessionario di lavori, cioè un soggetto al quale come nella
specie si fa ricorso per ottenere un finanziamento privato diretto a
realizzare lavori rispondenti ad esigenze specificamente indicate dalla
P.A. committente, sebbene il concessionario possa eseguire tutti i
lavori mediante imprese terze e con finanziamenti propri e riferisca la
titolarità dell’opera alla P.A. solo dopo la esecuzione dei lavori).
La circostanza che la P.A. non paghi un corrispettivo o prezzo di
appalto non è decisiva, difatti, per escludere l’assoggettamento alla
normativa sui lavori, in quanto è sufficiente il carattere di onerosità
o l’esistenza di una controprestazione a carico della P.A. per essere
ricondotti a tale obbligo. In tal senso si è espressa di recente la
Corte di Giustizia CE (sentenza n.12 luglio 2001 c. 399/88 sulle opere
di urbanizzazione) ed il Consiglio di Stato (V Sez., 4 novembre 1994
n.1257), che stigmatizza proprio il ricorso al leasing immobiliare come
elusivo della disciplina sugli appalti pubblici.
In
particolare, a fronte delle eccezioni della stazione appaltante che
deduceva l’inapplicabilità della normativa sui lavori pubblici, in
quanto non aveva erogato somme per la realizzazione di lavori, il
Supremo Consesso ha stabilito: “ritiene al riguardo la Sezione che la
normativa che impone la pubblica gara per la scelta dell‘appaltatore
di opere pubbliche deve trovare applicazione ogni volta che tra questi e
l’amministrazione si instaura un rapporto a prestazioni corrispettive.
Poco importa il nomen iuris attribuito dalle parti alla fonte di tale
rapporto (ad esempio contratto di appalto, contratto di vendita di cosa
futura, contratto di leasing immobiliare, contratto di locazione con
facoltà di apportare modifiche alla cosa locata, concessione di
costruzione, concessione di committenza, ecc.); la normativa comunitaria
e quella italiana, oltre ad avere equiparato al contratto di appalto la
concessione di opere pubbliche, comportano che la disciplina della gara
per la scelta dell‘esecutore deve applicarsi a prescindere dai singoli
procedimenti e dai singoli istituti che gli Stati comunitari conoscono o
che nella prassi si affermano per la realizzazione delle opere pubbliche
(Cons. Stato, II sez., 11 dicembre 1991 n.1221/91; II sez., 11 dicembre
1991 n.1208/91; II sez., 19 giugno 1991 n. 570/91)”. Nel caso di
specie non può peraltro porsi in dubbio la natura di rapporto a
prestazioni corrispettive; anzi, i canoni, che saranno proposti dalla
società di leasing, coprono anche il costo realizzativo dell’opera
(oltre all’onere finanziario in senso proprio), tenuto conto altresì
del riconosciuto diritto di riscatto/opzione, e quindi si configurano
come veri e propri corrispettivi di lavori.
Nel
caso di specie appare evidente, al di là del tipo contrattuale
utilizzato, che la realizzazione dell’opera con caratteristiche
predefinite dall’amministrazione (sulla base delle stringenti
specifiche desumibili dagli atti di gara assimilabili per contenuti ad
un puntuale progetto preliminare) per soddisfare specifici
interessi pubblici, da costruire peraltro su un’area di proprietà
dell’amministrazione ubicata all’interno di un comprensorio
ospedaliero, qualifica ex se la natura pubblica dell’opera stessa.
Non
paiono in tal senso rilevare le argomentazioni della stazione appaltante
in merito al mancato interesse all’acquisizione finale degli immobili
e delle attrezzature oggetto del contratto in questione tese a
giustificare il ricorso alla procedura di leasing (con la quale, come è
noto, tutti i diritti reali e relativi obblighi e rischi accessori
rimangono nella sfera soggettiva della stessa società di leasing che
rimane titolare del diritto di proprietà e della garanzia sui
beni oggetto del contratto sino all’estinzione del debito da parte del
conduttore) e, in relazione a ciò, il richiamo effettuato dall’art.
35 del capitolato speciale d’appalto alla mera eventualità
dell’acquisizione dei beni tenuti in locazione.
La
mera eventualità dell’esercizio positivo del riscatto è difatti
sufficiente ad implicare l’assoggettamento alla legge 109/94, non
potendosi utilizzare l’opzione in via strumentale per giustificare
l’inapplicabilità della normativa comunitaria e interna sui lavori
pubblici. D’altro canto, si sottolinea come per gli enti pubblici
l’esercizio del diritto di riscatto sia, in concreto, inevitabile, in
ragione del fatto che la gran parte del canone “pesa” sulle casse
erariali a titolo di costo per l’acquisizione del bene (autorevole
dottrina sostiene infatti che “se l’Amministrazione pubblica assume
la determinazione motivata di corrispondere un canone superiore a quello
di locazione è proprio, perché intende fin dall’inizio esercitare
l’opzione, in quanto altrimenti la sua scelta sarebbe censurabile
perché antieconomica. Occorre ricordare come il diritto di acquisire il
bene mediante l’esercizio dell’opzione può costituire
giustificazione del maggior costo del leasing immobiliare rispetto ad
una ordinaria operazione di mutuo”), configurandosi eventualmente una
palese ipotesi di responsabilità patrimoniale.
D’altra
parte nel caso specifico l’evenienza della mancata opzione sembra
effettivamente costituire una mera ipotesi perché per sua vocazione
l’opera è destinata ad entrare con estrema certezza nel patrimonio
dell’ente pubblico, vuoi per la sua particolare natura, vuoi per la
sua collocazione all’interno di area demaniale destinata ad
attrezzature sanitarie che ne renderebbe al locatore non agevole il
successivo utilizzo nel caso di mancata acquisizione da parte del
conduttore.
La
mancata acquisizione dei beni oggetto del leasing pare meramente
ipotetica anche in relazione all’improbabile verificarsi di condizioni
tanto diverse da quelle attuali tali da legittimare, a distanza di pochi
anni (cfr. tempi previsti dal capitolato speciale d'appalto per
l’ammortamento dei diversi beni), il mancato esercizio da parte della
A.O.U. di Ferrara della richiamata opzione di riscatto, ciò anche in
relazione alla già ricordata ipotesi di danno all’erario derivante
dalla mancata acquisizione di beni oramai in concreto “riscattati” a
fronte dei corrisposti canoni di leasing.
Devesi
pure considerare come non può ammettersi la natura privata della
realizzanda costruzione o l’esclusione dall’ambito di operatività
della Merloni invocando l’orientamento che ammette, peraltro in via
del tutto eccezionale, la vendita/locazione di cosa futura, non
ricorrendone i presupposti in punto di fatto. Infatti, come ha precisato
il Consiglio di Stato (v. per tutti III Sez., 596/99, 1835/98, 1838/89)
la vendita/locazione di cosa futura, istituto derogatorio della
normativa sugli appalti, può giustificarsi unicamente nel caso in cui
l’immobile da acquisire possegga caratteristiche che lo rendano
infungibile, per esempio, per effetto della localizzazione delle aree e
comunque solo in presenza di un bene che abbia una conformazione da
soddisfare ex se conseguentemente le esigenze della P.A.. Nella specie
le aree, come già ricordato, sono di proprietà dell’ASL ed è
oggettivamente incontestabile che i lavori siano eseguiti su specifica,
dettagliata e puntuale richiesta del committente, come emerge
dall’art. 1 del capitolato speciale d'appalto (II parte) relativo
all’oggetto del rapporto che non a caso qualifica l’impresa in
termini di appaltatore, cioè di soggetto che esegue su specifica
richiesta del committente.
Dalle
considerazioni svolte consegue che l’operazione suddetta, da ritenersi
in concreto finalizzata alla realizzazione, al godimento ed
all’acquisizione dei beni citati, è qualificabile come lavoro
pubblico ai sensi dell’art. 2 della legge 109/94 e s. m. i. e che
pertanto è alla citata legge quadro che occorre riferirsi per
individuare gli ambiti tipologici entro i quali effettuare la scelta del
contratto da utilizzare, ambiti tipologici peraltro chiaramente indicati
all’art. 19, comma 1 della stessa legge quadro.
In
tal senso si è espressa in precedenza questa l’Autorità in relazione
a fattispecie similari alla presente, con la determinazione n. 22 del
30/07/2002 “Possibilità di ricorrere a procedure concorsuali anomale
difformi da quelle tipologicamente individuate nella legge 11 febbraio
1994, n. 109 e s. m.” nella quale è stata, tra l’altro, richiamata
la tassatività del disposto di cui al citato articolo di legge che
prevede l’indicazione dei tipi di contratto ammessi (contratto di
appalto e di concessione) e l’esclusione, con riferimento alla
realizzazione di un lavoro pubblico, dell’utilizzazione di differenti
moduli negoziali; al riguardo, come osservato nella richiamata
determinazione, assume particolare significato l’aggiunta nel testo
della norma, ad opera dell’art. 3, comma 3 della legge 18 novembre
1998, n. 415, dell’avverbio “esclusivamente”, con la conseguenza
che i due moduli enucleati nella norma costituiscono gli unici
strumenti, insieme al project financing e agli altri istituti previsti
espressamente dalla legge 109/94, cui è possibile ricorrere nel caso
della realizzazione di opere pubbliche, risultando quindi inammissibile
che la scelta del tipo contrattuale resti affidata al prudente
apprezzamento della pubblica amministrazione, la quale sarebbe in
definitiva arbitra di decidere se applicare o meno la legislazione sui
lavori pubblici e, quindi, per le opere c.d. sopra soglia, se sottostare
o meno alla concorrenza comunitaria.
Devesi
in subordine inoltre osservare come le disposizioni di gara di che
trattasi non paiono strettamente riconducibili al modello tipico della
figura contrattuale di leasing. Ai sensi dell’art. 106, c. 2 D.Lgs
385/93 gli intermediari finanziari possono infatti svolgere
esclusivamente attività finanziaria. E’, pertanto, illegittima
l’assunzione da parte della società di leasing delle obbligazioni
afferenti la esecuzione di lavori, di cui garantisce il risultato (art.
12 capitolato speciale d'appalto) o addirittura della direzione lavori.
Si sottolinea altresì che nella locazione finanziaria il concedente
sopporta i rischi esclusivamente di carattere finanziario, e soprattutto
la manutenzione ordinaria e straordinaria sono ad esclusivo carico
dell’utilizzatore, così come tutti i rischi attinenti alla
disponibilità, gestione e deperimento anche per causa non imputabile
all’utilizzatore stesso.
Conclusivamente,
è appena il caso di evidenziare come, le modifiche apportate dalla
Legge 1° agosto 2002 n. 166 all’art. 19 della legge quadro “sistemi
di realizzazione dei lavori pubblici”, con l’inserimento del
comma 2 ter, laddove si prevede che “le amministrazioni
aggiudicatrici possono affidare in concessione opere destinate alla
utilizzazione diretta della P.A., in quanto funzionali alla gestione di
servizi pubblici, a condizione che resti al concessionario l’alea
economico-finanziaria della gestione dell’opera”, avrebbero potuto
utilmente soccorrere la stazione appaltante nella risoluzione della
presente fattispecie. Alla luce del nuovo disposto normativo, difatti,
le specifiche necessità della A.O.U. di Ferrara, così come richiamate
in premessa, avrebbero potuto essere legittimamente soddisfatte evitando
peraltro il ricorso all’esaminata procedura di leasing. Giova a tal
riguardo rammentare che il bando di gara in questione è di pochi giorni
precedente (07/08/2002) all’entrata in vigore della nuova norma
(18/08/2002).
In
base a quanto sopra considerato,
Il
Consiglio
Rileva
che
l’esaminato bando di gara predisposto dall’Azienda Ospedaliera
Universitaria di Ferrara non è conforme, nei sensi su indicati, a
quanto specificatamente disposto dagli artt. 2 e 19, comma 1, della
legge 11 febbraio 1994, n. 109, e s.m.i., secondo quanto ulteriormente
chiarito dalla determinazione n. 22 in data 30.07.2002 di questa Autorità.
Manda
al
Servizio Ispettivo la presente deliberazione perché la comunichi alla
Stazione Appaltante affinché ne tenga conto nelle proprie scelte e per
l’adozione dei conseguenti provvedimenti da intraprendere in via di
autotutela; ciò anche alla luce delle richiamate innovazioni normative
in materia di contratti di “concessione di costruzione e
gestione”.
Dei
provvedimenti intrapresi dovrà darsi comunicazione a questa Autorità
entro il termine di trenta giorni dalla notificazione della presente.
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