Autorita' per
la vigilanza sui lavori pubblici
DETERMINAZIONE
n. 27/2002 del 16 ottobre 2002
“Prime
indicazioni sulla applicazione della legge 1 agosto 2002 n. 166”
Premesso
Sono
pervenute da più parti all’Autorità richieste di chiarimenti
sull’applicazione delle variazioni e integrazioni introdotte nella
legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni
dall’articolo 7 della legge 1 agosto 2002, n. 166, pubblicata sul
supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 18, del 3 agosto 2002,
e, pertanto, entrata in vigore il 18 agosto successivo. Data
l’importanza di queste modifiche, e considerata la non dilazionabilità
d’un primo ed immediato intervento, per la parte almeno riguardante i
formulati quesiti, onde evitare che si renda incerta e difforme, da
stazione appaltante a stazione appaltante, l’applicazione delle nuove
disposizioni, si offrono di seguito i risultati di una prima analisi ed
interpretazione delle nuove norme.
Considerato
Preliminarmente,
va rilevato che la legge 1 agosto 2002, n. 166 – come del resto quasi
tutte le altre precedenti versioni della legge-quadro in materia di
lavori pubblici (ad eccezione della cosiddetta “Merloni bis” d.l. 3
aprile 1995, n. 101 convertito con modificazioni dalla legge 2 giugno
1995, n. 216) – manca, tranne che per alcune norme, di specifiche
disposizioni transitorie, che possano agevolare la soluzione dei
relativi problemi interpretativi. Questi vanno risolti sulla base sia
del criterio intertemporale comunemente indicato dalla giurisprudenza
(v. ad esempio Cons. Stato, V, 11 maggio 1998 n. 226; Cons. Stato, V, 14
aprile 2000 n. 2237; Cons. Stato, V, 22 settembre 2001 n. 4989), nel
senso della vincolatività della lex specialis fissata con gli atti di
gara, ancorché non coerente con lo ius superveniens eventualmente
intervenuto dopo la loro emanazione (con la conseguenza di assoggettare
il procedimento alla disciplina vigente all’epoca di pubblicazione del
bando, e di considerare irrilevanti le modifiche normative intervenute
successivamente a tale data), sia di quello seguito in via
interpretativa in occasione dell’entrata in vigore della cosiddetta
“Merloni ter” (legge 18 novembre 1998, n. 415 e circolare del
Ministero dei LL. PP, 22 dicembre 1999, n. 2100/UL) secondo cui, ed
analogamente, le innovazioni normative intervenute si è inteso
dovessero applicarsi esclusivamente ai bandi di gara pubblicati a
partire dalla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni, mentre
le procedure di gara in corso erano da assoggettare alle previgenti
regole, anche se il relativo iter si fosse protratto successivamente
all’entrata in vigore della nuova legge.
Questo
criterio intertemporale ha poi avuto conferma con il regolamento di cui
al d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554, il cui articolo 232, comma 3,
espressamente prevede l’applicabilità delle proprie norme relative
alle modalità di svolgimento delle procedure di gara ove i bandi
fossero stati pubblicati successivamente alla propria entrata in vigore.
Questi medesimi principi sono stati poi a base della determinazione
dell’Autorità del 7 dicembre 2000, n. 54, riguardante il regime
transitorio del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554.
A)
Nel merito dei quesiti avanzati, va in primo luogo osservato che, sul
piano della delimitazione dell’ambito oggettivo d’applicazione della
legge-quadro (art. 2, comma 1), non vi sono indicazioni da fornire
in quanto il testo introdotto dalla legge 166/2002 non ha apportato
modifiche specifiche a quello previgente. Va rilevato soltanto che,
anche per i contratti di fornitura e di servizi, ai sensi del
comma 11 septies aggiunto all’articolo 8 della legge-quadro, i lavori,
ove previsti ed anche se accessori e di rilievo economico inferiore
al 50 per cento dell’importo dell’appalto, devono essere eseguiti
esclusivamente da imprese in possesso di attestazione di qualificazione.
Ciò pone la necessità che, ove la stazione appaltante ritenga che gli
stessi debbano essere eseguiti direttamente dall’aggiudicatario, il
bando di gara deve limitare la partecipazione alle associazioni
temporanee o consorzi costituiti da fornitori o prestatori di servizi e
da imprese di costruzioni munite delle relative necessarie
qualificazioni. L’Autorità ha espresso il proprio avviso in ordine ai
presupposti che consentono di classificare una prestazione come un
appalto di lavori oppure come un contratto misto di forniture e di
lavori accessori nella determinazione del 31 gennaio 2001, n. 5 che si
ritiene sia utile richiamare ai fini di interpretare correttamente la
nuova disposizione.
B)
Altri quesiti riguardano l’ambito d’applicazione della legge-quadro
per i soggetti operanti nei settori speciali (ex esclusi). Va rilevato
che ai sensi del nuovo comma 4 dell’articolo 2, tali soggetti, sono
assoggettati alle disposizioni della legge-quadro, nei limiti previsti
per gli “altri enti aggiudicatori”, per quanto riguarda i lavori di
qualsiasi importo relativi alle opere indicate nel DPCM n. 517/1997
attuativo dell’art. 8, comma 6, del decreto legislativo 158/1995 ed ai
rilevati aeroportuali e ferroviari. Non è dettata disciplina alcuna per
i lavori cosiddetti “specialistici” e, pertanto, il loro affidamento
deve essere effettuato, qualora d’importo pari o superiore alla soglia
di cui al d.lgs. 158/1995, secondo le norme del detto decreto e, qualora
d’importo inferiore, secondo i regimi propri dei soggetti che devono
comunque avere la necessaria rispondenza ai principi comunitari.
Il
disposto, infine, di cui all’ultimo periodo del nuovo comma 4
dell’art. 2 con disposizione chiara, anche alla luce del comma 14
septies dell’art. 17 della legge-quadro, stabilisce che gli enti in
esame per gli appalti dei servizi d’ingegneria e architettura, con
esclusione di quelli relativi a lavori assoggettati alla legge-quadro,
riguardanti lavori previsti in contratti di fornitura e di servizi,
applicano le disposizioni di cui al detto d.lgs. 158/1995.
C)
Per quanto riguarda, poi, il sistema di qualificazione (art. 8), sono
stati formulati quesiti concernenti la data di entrata in vigore delle
modifiche apportate con la legge 166/2002, con particolare riferimento
alla durata delle attestazioni di qualificazione rilasciate prima e dopo
il 18 agosto 2002; è stato chiesto, inoltre, se debba considerarsi
abrogata la disposizione che consente di autorizzare soggetti operanti
nel settore della certificazione di qualità a svolgere l’attività di
attestazione, oppure se tale autorizzazione possa essere ancora concessa
e se per questi soggetti sussistono ancora particolari divieti nella
loro attività. E’ stato chiesto, infine, di chiarire il contenuto
della disposizione prevista dal quarto periodo della nuova lettera g),
del comma 4, dell’art. 8 della legge 109/1994 riguardante le
attestazioni relative alla categoria OS2.
Al
riguardo, va in primo luogo osservato che non è possibile, né per le
attestazioni rilasciate prima del 18 agosto 2002, né per quelle
rilasciate dopo il 18 agosto 2002 ma prima dell’introduzione della
prevista modifica al d.P.R. 34/2000, procedere alla verifica delle
attestazioni entro il terzo anno del quinquennio di loro validità come
introdotta dalla nuova lettera g) del comma 4 dell’art. 8, stante la
mancanza, allo stato, di indicazioni normative in merito alla ricorrenza
dei requisiti di “capacità strutturale” per la prima volta
richiamati nella suddetta disposizione.
Sulla
base, inoltre, del fatto che quasi tutte le innovazioni introdotte in
materia sono inserite in disposizioni che richiamano il regolamento di
qualificazione che il Governo deve provvedere a modificare, si può
ritenere che le stesse potranno entrare in vigore successivamente alla
data di entrata in vigore della nuova stesura del regolamento indicato.
In base allo stesso principio, la durata delle attestazioni rilasciate
prima del 18 agosto 2002 continua ad essere pari a tre anni e così
analogamente hanno durata triennale quelle rilasciate dopo il 18 agosto
2002 ma prima dell’entrata in vigore del nuovo regolamento di
qualificazione. E’ auspicabile che il regolamento medesimo disponga
circa l’eventuale possibilità di procedere a verifica delle vecchie
attestazioni, prorogandone di conseguenza la validità.
E’
da ritenere, invece, che sia venuta meno, a partire dal 18 agosto 2002,
la possibilità di autorizzare i soggetti operanti nella certificazione
di qualità a svolgere anche l’attività di attestazione, stante la
mancata riproduzione della previsione circa tale facoltà nel nuovo
testo della lettera b) del comma 4 dell’art. 8 della legge e stante la
perdurante vigenza della disposizione (art. 7, comma 3, del d.P.R.
34/2000) secondo cui lo statuto delle SOA deve prevedere come oggetto
esclusivo l’attività di attestazione. Resta, tuttavia, in vigore il
divieto per i soggetti operanti nella certificazione di qualità che,
alla data del 18 agosto 2002, erano autorizzati a svolgere l’attività
di attestazione, a svolgerla nei riguardi di soggetti cui essi hanno
rilasciato la certificazione di qualità.
La
disposizione, infine, prevista dal quarto periodo della nuova lettera
g), del comma 4, dell’art. 8 della legge 109/1994 riguardante le
attestazioni relative alla categoria OS2 è da considerarsi di immediata
applicazione; essa prevede che le attestazioni nella categoria OS2,
comunque rilasciate alla data di entrata in vigore della legge 166/2002,
hanno validità per tre anni ma consentono di partecipare alle gare
soltanto se attestano il possesso dei requisiti previsti dal regolamento
di cui all’art. 8, comma 11-sexies (oggi decreto 3 agosto 2000, n.
294, come modificato dal decreto ministeriale 24 ottobre 2001, n. 420)
vigente al momento della pubblicazione del bando. Il che comporta
l’opportunità di prevedere nel bando di gara che qualora
l’attestazione sia stata rilasciata antecedentemente alla data di
entrata in vigore del regolamento vigente al momento della pubblicazione
del bando medesimo, gli eventuali nuovi requisiti speciali previsti dal
regolamento stesso devono essere dimostrati in sede di gara.
D)
Alcuni quesiti riguardano le disposizioni relative ai consorzi stabili.
E’ stato chiesto, in particolare, quale sia il rapporto tra le nuove
norme di cui all’art.12, commi 8-bis e 8-ter, della legge-quadro e
quelle contenute nel regolamento sulla qualificazione, e come debba
essere interpretato il suddetto comma 8-bis.
Al
riguardo, va in primo luogo osservato che le disposizioni di cui al
nuovo comma 8-ter dell’articolo 12 della legge-quadro sono di
immediata applicazione ed hanno, quindi, di fatto abrogato tutte le
norme sulla qualificazione dei consorzi stabili previste dal d.P.R.
34/2000 e dal d.P.R. 554/1999. A partire dal 18 agosto 2002, i consorzi
stabili acquisiscono, quindi, la qualificazione nel rispetto delle nuove
disposizioni e, per quanto riguarda, la qualità, nel rispetto di quanto
precisato dall’Autorità nella determinazione n. 15, del 16 luglio
2002. La soppressione, invece, del divieto per le imprese facenti parte
di un consorzio stabile di partecipare alle gare come consorziato di
consorzi di diversa natura e/o di associazioni di imprese trova
applicazione, sulla base di quanto precedentemente osservato in ordine
alla successione delle leggi nel tempo, alle gare indette
successivamente al 18 agosto 2002.
Per
quanto riguarda, poi, le disposizioni del comma 8-bis concernenti l’incrementazione
della cifra d’affari, esse si applicano solo agli appalti d’importo
superiore a euro 20.658.276 (pari a 40 miliardi di vecchie lire) per i
quali, oltre al possesso dell’attestazione di qualificazione, che il
regolamento di qualificazione considera condizione necessaria e
sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti previsti
ai fini dell’affidamento di lavori pubblici (art. 1, commi 3 e 4, del
d.P.R. 34/2000), occorre dimostrare di aver realizzato, nel quinquennio
antecedente la data di pubblicazione del bando, una cifra d’affari
pari ad almeno a tre volte l’importo a base di gara (art. 3, comma 6,
del d.P.R. 34/2000). La detta cifra d’affari è pari esclusivamente
alla somma di quelle conseguite da tutti i singoli consorziati facenti
parte del consorzio, indipendentemente dal fatto che siano o meno
indicati come consorziati per i quali il consorzio concorre (art. 13,
comma 4, secondo periodo) e, quindi, senza considerare la cifra
d’affari del consorzio. Le rispettive cifre d’affari delle imprese
consorziate vanno documentate sulla base di quanto previsto dal d.P.R.
34/2000 ed il quinquennio antecedente la data di pubblicazione del bando
va identificato con i cinque esercizi per i quali risultino approvati,
alla data di pubblicazione del bando, i relativi bilanci. L’incrementazione
percentuale della somma delle cifre d’affari delle imprese consorziate
è, poi, da ritenersi pari alla:
a)
misura del 20% per quella relativa all’anno antecedente cinque anni da
quello del bando di gara;
b)
misura del 15% per quella relativa all’anno antecedente quattro anni
da quello del bando di gara;
c)
misura del 10% per quella relativa all’anno antecedente tre anni da
quello del bando di gara;
d)
misura del 10% per quella relativa all’anno antecedente due anni da
quello del bando di gara;
e)
misura del 10% per quella relativa all’anno antecedente un anno da
quello del bando di gara;
Va
poi considerato al riguardo che dette disposizioni hanno, di fatto,
abrogato quella di cui all’articolo 97, comma 4, del d.P.R. 554/1999
che, tra l’altro, limitava la sua applicazione ai soli primi cinque
anni dalla costituzione del consorzio.
E)
Con riferimento alla disciplina relativa al divieto di subappalto,
alcuni dei proposti quesiti riguardano gli effetti dell’intervenuta
sostituzione nell’art. 13, comma 7, della legge-quadro della parola
“ciascuna” con le parole “una o più”. Per effetto
dell’apportata modifica il nuovo testo dell’indicato comma 7 è nel
senso che sussiste il divieto del subcontratto nel caso in cui
nell’oggetto dell’appalto o della concessione rientrino “opere per
le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto
tecnologico o di rilevante complessità tecnica”, “e qualora una o
più di tali opere superi altresì in valore il 15 per cento
dell’importo totale dei lavori”.
In
proposito, va in primo luogo ricordato che in vigenza del precedente
testo ( ...e qualora ciascuna di tali opere superi altresì in valore il
15 per cento dell’importo totale dei lavori, esse……..) il
Ministero dei lavori Pubblici (circolare 182/400/93 del 1 marzo 2000) e
l’Autorità (determinazioni n. 15 del 18 luglio 2001, e n. 25 del 20
dicembre 2001) avevano interpretato la norma nel senso che il divieto di
subappalto sussistesse soltanto se tutte le lavorazioni, previste dal
bando di gara in aggiunta alla categoria prevalente, appartenenti alle
categorie elencate nell’articolo 72, comma 4, del d.P.R. 554/1999
oppure alle categorie generali, fossero, singolarmente considerate,
d’importo superiore al 15% dell’importo complessivo dell’appalto.
Il Tar del Lazio, (sentenza 1 agosto 2001, n. 6895, sezione III-bis)
sovvertiva l’interpretazione di cui sopra sostenendo che il divieto
sussisteva per le lavorazioni appartenenti alle categorie elencate
nell’articolo 72, comma 4, del d.P.R. 554/1999 le quali, singolarmente
considerate, superavano il 15% dell’importo complessivo
dell’appalto, e ciò anche nel caso che le altre fossero di importo
inferiore al 15% indicato. Di avviso contrario era, invece, il Tar
dell’Emilia e Romagna (sentenza 21 agosto 2002, n, 1097., Sez I) che
confermava l’interpretazione del Ministero dei LL.PP. e dell’Autorità,
rilevando come la stessa fosse rispondente al principio comunitario
(sentenza della Corte di Giustizia CE del 2 dicembre 1999, cd. “Holst
Italia”) che consente ai concorrenti di provare il possesso dei
richiesti requisiti tecnici e finanziari avvalendosi delle referenze di
altra impresa “qualunque sia la natura giuridica dei vincoli, a
condizione che sia in grado di disporre effettivamente di tali capacità”.
Va
osservato che la modifica apportata al testo della norma dalla legge
166/2002 (….e qualora una o più di tali opere superi altresì in
valore il 15 per cento dell’importo totale dei lavori, esse……..)
non appare di interpretazione univoca; né contribuiscono ad alcun
chiarimento i relativi lavori parlamentari. Infatti, la nuova
disposizione, anche con riferimento agli articoli 72, 73 e 74 del d.P.R.
554/1999 nonché all’articolo 18, comma 12, della legge 19 marzo 1990,
n. 55, può essere anch’essa interpretata in tre modi diversi:
ritenendo, cioè, che il divieto di subappalto sussista qualora la somma
degli importi delle lavorazioni- previste dal bando di gara oltre alla
categoria prevalente - appartenenti alle categorie elencate
nell’articolo 72, comma 4, oppure alle categorie generali, superi il
15% dell’importo complessivo dell’appalto; ovvero che il divieto di
subappalto trovi applicazione per tutte le suddette lavorazioni,
indipendentemente dai loro singoli importi, qualora l’importo di
almeno una di esse superi il 15% dell’importo complessivo
dell’appalto; ovvero ancora, che il divieto di subappalto si applichi
soltanto per quelle delle suddette lavorazioni il cui importo,
singolarmente considerato, superi il 15% dell’importo complessivo
dell’appalto.
Ciò
posto, sembra all’Autorità che la prima interpretazione si traduca,
in sostanza, in un divieto quasi assoluto di subappalto. La seconda
interpretazione, pur non comportando l’effetto indicato, implica
anch’essa un eccessivo irrigidimento del sistema, in quanto il divieto
di subappalto riguarderebbe anche lavorazioni di importo molto limitato,
con la conseguente necessità di un quasi obbligo per le imprese di
partecipare alle gare costituendo raggruppamenti di tipo verticale.
Sembra, quindi, che l’unica lettura della norma che sia coerente con
quanto prescritto dal comma 3, dell’articolo 18, della legge 55/1990,
- che prevede la subappaltabilità di tutte le lavorazioni previste dal
bando diverse da quelle della prevalente - e con i principi comunitari
richiamati nella citata sentenza del Tar dell’Emilia e Romagna, sia
quella di cui alla terza delle indicate soluzioni, secondo cui il
divieto di subappalto si applica alle sole lavorazioni, previste dal
bando di gara oltre alla categoria prevalente, appartenenti alle
categorie elencate nell’articolo 72, comma 4, oppure alle categorie
generali, il cui importo, singolarmente considerato, supera il 15%
dell’importo complessivo dell’appalto;
Interpretazione,
quella indicata, che trova conferma nell’ultimo periodo aggiunto dalla
legge 166/2002 al comma 7 dell’art. 13 della legge 109/1994, secondo
cui “per le medesime speciali categorie di lavori, che siano indicate
nel bando di gara, il subappalto, ove consentito, non può essere
artificiosamente suddiviso in più contratti”. La norma lascia
intendere, infatti, che le lavorazioni indicate nel bando, oltre alla
categoria prevalente, sono di due tipi: quelle subappaltabili e
scorporabili in quanto di importo pari o inferiore al 15 per cento
dell’importo complessivo dei lavori e quelle solo scorporabili in
quanto di importo superiore al 15 per cento dell’importo complessivo
dei lavori
Va
precisato che la nuova normativa non ha inciso sul fatto che le
lavorazioni delle categorie a qualificazione obbligatoria (secondo le
indicazioni della tabella A allegata al d.P.R. 34/2000),
indipendentemente se subappaltabili o non subappaltabili, debbono essere
eseguite (sia come aggiudicatario e sia come subappaltatore) soltanto da
imprese qualificate nella specifica categoria con la conseguenza che non
esiste nessun problema per quanto riguarda la qualità
dell’esecuzione. Restano, quindi, ancora valide le indicazioni in
materia di bandi di gara e d’esecuzione dei lavori, fatto salvo quanto
prima precisato in ordine al divieto di subappalto, contenute nella
determinazione dell’Autorità n.25 del 20 dicembre 2001.
In
merito al divieto di subappalto, si è posto anche il problema se lo
stesso operi, nel presupposto prima precisato, nei riguardi delle sole
lavorazioni indicate nel bando di gara oltre alla categoria prevalente
che siano appartenenti all’elenco dell’articolo 72, comma 4, del
d.P.R. n. 554/1999, o anche nei riguardi di quelle appartenenti alle
categorie generali. L’Autorità ha espresso l’avviso, nella
richiamata determinazione n. 25/2001, che il divieto operi anche nei
riguardi delle categorie generali in quanto così va interpretato
l’articolo 74, comma 2, del d.P.R. 554/1999 ed in quanto le
lavorazioni della categorie generali presentano sicuramente aspetti
tecnici non inferiori a quelli di molte delle lavorazioni di cui alla
suddetta elencazione. A tal proposito si suggerisce alle stazioni
appaltanti di specificare nei bandi di gara che, come è noto,
costituiscono la lex specialis della stessa il suddetto avviso in modo
che i concorrenti siano resi edotti delle specifiche regole per essa
previste.
Va
infine precisato che sicuramente fra le categorie cui, nel presupposto
prima specificato, si applica il divieto di subappalto è da
ricomprendere la categoria OG11 in quanto questa è da considerarsi
appartenente all’elenco delle strutture impianti ed opere speciali di
cui all’articolo 72, comma 4, del d.P.R. 554/1999 per la ragione che
non è altro che la somma delle lavorazioni indicate nelle lettere b),
d), ed e) del suddetto comma, e cioè delle categorie specializzate OS3,
OS5, OS28 e OS30 per le quali nessun dubbio o incertezza esiste in
ordine al suddetto divieto di subappalto. Va anche confermato l’avviso
contenuto nel punto B della determinazione dell’Autorità del 7 maggio
2002 n. 8 in ordine alla possibilità per le imprese qualificate nella
categoria OG11 di partecipare alle gare che prevedano una o più delle
suddette quattro categorie specializzate, possibilità che è
indipendente dall’eventuale previsione dei bandi (TAR Veneto sez. I, 1
agosto 2002, n. 3837), ma che è opportuno sia indicata negli stessi.
F)
In ordine alle modifiche apportate all’articolo 17 della legge
109/1994, è stato chiesto se le società di ingegneria possano
partecipare alle gare d’importo inferiore alla soglia d’applicazione
della disciplina comunitaria anche nel caso in cui le stesse siano state
indette prima del 18 agosto 2002. E’ stato chiesto, inoltre, se
l’obbligo degli affidatari degli incarichi professionali di comprovare
la propria regolarità contributiva (art. 17, comma 8, ultimo periodo)
si applichi o meno alle gare indette prima del 18 agosto 2002 indicato.
Infine, è stato formulato il quesito di come debba essere interpretata
la disposizione (art. 17, comma 12-ter, ultimo periodo) che prevede, per
la determinazione dei corrispettivi spettanti ai soggetti incaricati di
redigere progetti, l’applicazione del decreto del Ministro della
giustizia del 4 aprile 2001, fino all’emanazione d’un nuovo decreto
interministeriale.
L’Autorità,
in primo luogo, ritiene importante esprimere il proprio avviso sulla
necessità che l’innalzamento della soglia per l’affidamento
fiduciario non comporti un effetto negativo sul mercato dei servizi di
ingegneria e, pertanto, invita le stazioni appaltanti a conformarsi alle
indicazioni contenute nelle determinazioni dell’8 novembre 1999, n. 8,
del 17 febbraio 2000, n. 5, del 5 aprile 2000, n, 17, del 27 dicembre
2000, n. 57, del 26 luglio 2001 n.18, del 27 febbraio 2002, n. 3, del 16
luglio 2002, n.16, del 24 luglio 2002, n. 18 e del 30 luglio 2002, n.
20, rispetto che ritiene ancora più indispensabile stante il nuovo
limite per il suddetto affidamento fiduciario. Alle stazioni appaltanti
spetta di osservare comportamenti concreti che non facciano discendere
dall’affidamento fiduciario degli incarichi un loro frazionamento, con
vanificazione del principio della concorrenza ed una cristallizzazione
del mercato locale che rimanga riservato, sempre più, a progettisti già
specializzati nell’ambito di intervento per precedenti rapporti con la
stessa amministrazione.
Ciò
premesso, per quanto riguarda il primo quesito, va considerato che
l’innovazione legislativa di cui all’art. 7 della legge 166/2002
riproduce un indirizzo giurisprudenziale interpretativo già consolidato
nel precedente sistema. Ne consegue l’incontestabilità del diritto
alla partecipazione per le società indicate anche con riferimento alle
gare il cui bando sia stato pubblicato prima della riforma. Analogamente
di non difficile soluzione sembra il secondo dei formulati quesiti
rispetto al quale, sulla base delle precedenti considerazioni in ordine
agli effetti della successione di leggi nel tempo, sembra preferibile la
tesi secondo cui vanno comunque rispettate le previsioni del bando di
gara, con la conseguenza che le nuove norme non trovano applicazione per
le gare già bandite al 18 agosto 2002.
Per
quanto riguarda, infine, il quesito concernente la determinazione dei
compensi dovuti ai progettisti, va in primo luogo osservato che
l’interpretazione della disposizione ha effetto anche con riferimento
all’appalto integrato, (art. 19, comma 1-ter) per il quale
l’ammontare delle spese per la progettazione va determinato in
conformità alla normativa concernente le relative gare. Va poi rilevato
che la richiesta di parere è motivata dal fatto che il decreto 4 aprile
2001, cui si fa riferimento nell’ultimo periodo del nuovo comma 12-ter
dell’articolo 17, è stato annullato, integralmente e con efficacia
erga omnes, con sentenza del Tar Lazio, Sez. I, del 23 luglio 2002, n.
6552 e, quindi prima dell’entrata in vigore della legge 166/2002 la
cui pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale è avvenuta il 3 agosto 2002.
L’annullamento è stato, poi, confermato con sentenza dello stesso Tar
dell’8 agosto 2002, n. 7067 e, quindi, dopo la pubblicazione della
legge 166/2002 sulla Gazzetta Ufficiale.
Al
riguardo, potrebbe sostenersi sia che il richiamo al decreto indicato
contenuto nell’ultimo periodo del comma 12-ter aggiunto all’articolo
17 della legge-quadro abbia comportato una sorta di “legificazione”
dello stesso su cui non può avere inciso la sentenza di annullamento
del Tar, con la conseguenza della sua perdurante applicazione fino
all’emanazione del nuovo previsto decreto interministeriale, sia l’inconfigurabilità
di una “legificazione”, per rinvio, di un provvedimento
amministrativo annullato, per giunta antecedentemente all’entrata in
vigore della legge che allo stesso rinvia. A preferire tale ultima
soluzione interpretativa sembra, indurre il fatto che la legge 166/2002,
pur avendo inserito nell’art. 17 della legge-quadro il suddetto comma
12-ter, non ha soppresso il comma 14-ter dello stesso articolo, il quale
stabilisce che, fino all’emanazione del decreto previsto dall’
articolo 12-bis (che è poi quello annullato dal Tar), continuano ad
applicarsi le tariffe professionali in vigore e cioè quelle della legge
2 marzo 1949, n. 143. Al riguardo, mentre risulta pacifica la
funzionalità di approvazione di nuovo provvedimento dei Ministri della
Giustizia e delle Infrastrutture, risulta opportuno, comunque, al fine
di evitare contestazioni in sede di liquidazione dei corrispettivi, che
di detta interpretazione ne sia fatta esplicita indicazione nei bandi di
gara e nei contratti con i professionisti.
G)
Per quanto riguarda le modifiche apportate all’appalto integrato (art.
19, comma 1, lettera b), è stato richiesto se i concorrenti, in base
alla nuova normativa, debbano possedere l’attestazione di
qualificazione per la progettazione e per la costruzione, oppure possono
partecipare alla gara con la qualificazione per sola costruzione. E’
stato chiesto, inoltre, se è sufficiente il possesso
dell’attestazione di progettazione e costruzione, oppure è necessario
anche la dimostrazione del possesso dei requisiti previsti per
l’affidamento dei servizi di progettazione, o di requisiti progettuali
individuati in via discrezionale dalla stazione appaltante. Infine, è
stato formulato il quesito se, nel caso che il concorrente sia in
possesso della attestazione di qualificazione per sola costruzione, i
requisiti dei progettisti dallo stesso indicati o associati debbano
essere quelli previsti per l’affidamento dei servizi di progettazione
determinati sulla base dell’importo globale dell’appalto oppure
sulla base di tale importo al netto delle spese di progettazione.
Anche
per l’appalto integrato l’Autorità, a parte ogni valutazione sul
cambiamento rispetto alla precedente netta separazione tra progettazione
e realizzazione dell’opera, precisa che spetta alle stazioni
appaltanti osservare comportamenti che comunque ne comporti un impiego,
in particolare sotto la soglia dei 200.000 euro, che non privilegi le
esigenze della realizzazione delle opere e quindi delle imprese
costruttrici rispetto a quelle esigenze che sono tutelate con la
progettazione, e cioè la qualità delle opere e i loro costi e che non
si determini un eccessivo contrarsi del mercato delle progettazioni
esecutive, e ciò con attenta comparazione, per i piccoli lavori, tra
uso dell’appalto integrato e natura degli interventi da realizzare.
Per
quanto riguarda il primo quesito, in base al combinato disposto
dell’articolo 3, commi 2 e 8, del d.P.R. 34/2000 e dell’articolo 19,
comma 1-ter, della legge 109/1994, si può ritenere che, al fine di
partecipare ad un appalto integrato, qualunque ne sia l’importo, i
concorrenti possono essere in possesso sia della attestazione di
qualificazione per progettazione e costruzione, sia di quella per sola
costruzione. In caso di possesso dell’attestazione per progettazione e
costruzione, è necessario che la relativa classifica sia sufficiente a
coprire la somma degli importi dei lavori, della sicurezza e della
progettazione e che il concorrente sia inoltre in possesso dei requisiti
previsti dall’art. 63, comma 1, lettera o) (nel caso che l’importo
delle spese di progettazione sia compreso fra euro 100.000 e la soglia
di applicazione della disciplina comunitaria) oppure dall’art. 66 (nel
caso che l’importo delle spese di progettazione sia pari o superiore
alla soglia di applicazione della disciplina comunitaria), del d.P.R.
554/1999. Nel caso, invece, del possesso dell’attestazione di sola
costruzione oppure del possesso di attestazione per progettazione e
costruzione ma in carenza degli ulteriori specifici requisiti in
precedenza indicati, è necessario che la classifica dell’attestazione
posseduta sia sufficiente a coprire la somma degli importi dei lavori e
della sicurezza e che il concorrente indichi o associ un progettista e
che il progettista indicato o associato possegga i requisiti specifici
di cui alla lettera o) del primo comma dell’art. 63 o dell’art. 66
del DPR 554/1999.
Con
specifico riferimento, poi, a detti ultimi requisiti, si ritiene che gli
stessi debbano essere quantificati, per quanto riguarda quelli di cui
all’art. 66, comma 1, lettera a), del d.P.R. 554/1999, con riferimento
all’ammontare delle spese di progettazione esecutiva indicato nel
bando di gara e per quanto riguarda quelli di cui all’art. 63, lettera
o) e all’art. 66, comma 1, lettere b) e c), con riferimento
all’importo dei lavori di ognuna delle classi e categorie cui si
suddivide l’intervento, individuate sulla base delle elencazione
contenute nelle vigenti tariffe professionali. Si ritiene, poi, che i
requisiti medesimi, nel caso in cui il concorrente non indichi o associ
un progettista, debbano essere dimostrati con riferimento ai progetti
esecutivi redatti direttamente dalla struttura tecnica del concorrente
stesso, determinando, ai fini del requisito di cui all’articolo 66,
comma 1, lettera a), del d.P.R. 554/1999, i corrispettivi che sarebbero
spettati, sulla base della tariffa professionale vigente al momento
della redazione dei progetti, a professionisti non appartenenti alla
suddetta struttura tecnica del concorrente medesimo.
H)
In merito all’estensione del criterio di aggiudicazione sulla base
dell’offerta economicamente più vantaggiosa operata dal nuovo comma
1-ter dell’articolo 21 della legge-quadro, è stato chiesto se esso può
essere impiegato solo nel caso che a base di gara sia posto il progetto
definitivo, o anche nel caso che a base di gara sia posto un progetto
esecutivo.
Va
osservato in proposito che la nuova disposizione prevede che il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa possa essere impiegato,
oltre ai casi previsti in precedenza (appalto-concorso e concessione),
qualora siano presenti i seguenti presupposti: l’importo dei lavori è
superiore alla soglia comunitaria e nell’intervento è prevalente la
componente tecnologica, o le soluzioni progettuali hanno particolare
rilevanza tecnica e, quindi, rendono possibile un miglioramento della
progettazione da parte dei concorrenti.
In
base a tali presupposti si deve ritenere che è possibile l’impiego
del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, sia se si
pone a base di gara un progetto esecutivo, sia se si pone a base di gara
un progetto definitivo. Va però osservato che, qualora la stazione
appaltante ritenga di fare ricorso al criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, non è opportuno che la stessa impegni
proprie risorse per redigere un progetto esecutivo che è destinato ad
essere variato anche in aspetti rilevanti. Ne consegue, in tal caso,
l’opportunità di fare ricorso all’appalto integrato in quanto i
presupposti prima indicati coincidono con quelli che consentono tale
forma d’appalto. In ogni caso è opportuno che le stazioni appaltanti,
nel caso di ricorso al criterio in esame, provvedano alla nomina di una
commissione per la valutazione delle offerte.
I)
Con riferimento alle modifiche riguardanti la cauzione definitiva (art.
30, comma 2), è stato chiesto come debba essere interpretata la norma
secondo cui le nuove disposizioni “si applicano anche ai contratti in
corso”, con specifico riferimento al caso in cui il contratto è stato
già stipulato ed i lavori sono in corso di esecuzione, al caso in cui
il contratto è in fase di formalizzazione e fa seguito ad un bando
pubblicato prima dell’ultima modifica, al caso in cui il contratto è
relativo ad un atto aggiuntivo ad un contratto già formalizzato.
In
proposito, mentre nulla osta all’immediata applicazione a tutti i
contratti in corso d’esecuzione dei nuovi e più semplificati
meccanismi di svincolo della cauzione, (pur se l’applicazione della
normativa reca in se il rischio di costituire un disincentivo
all’adempimento corretto) non risulta ammissibile e pacifica
l’applicazione della nuova disciplina sulla quantificazione della
stessa. L’aggravio dell’aggiudicatario che scaturisce dalla prevista
incrementazione della cauzione comporta un’alterazione sostanziale ex
post dell’equilibrio contrattuale e può generare controversie tra le
parti in ordine ad un’eventuale risoluzione del contratto.
L)
Con riferimento al nuovo testo dell’art. 31-bis della legge, è stato
chiesto quale sia la disciplina applicabile alle gare la cui
aggiudicazione è avvenuta precedentemente al 18 agosto 2002. La
richiesta di chiarimento trae origine dal fatto che, ai sensi del comma
1-quater del novellato art. 31-bis le nuove disposizioni “non si
applicano ai lavori per i quali l’individuazione del soggetto
affidatario sia già intervenuta alla data di entrata in vigore
della presente disposizione.”.
Al
quesito si ritiene di dover rispondere nel senso che per i lavori già
aggiudicati alla data del 18 agosto 2002 debba continuare ad applicarsi
la normativa precedentemente vigente e ciò in quanto, con la
disposizione transitoria indicata, l’effetto abrogante è diversamente
cadenzato con riferimento alla data di aggiudicazione dell’appalto.
Soluzione, quella suggerita, che è anche coerente con il principio
codificato dall’art. 232, comma 2, del d.P.R. 554/1999, secondo il
quale i modi ed i contenuti delle reciproche obbligazioni sono
disciplinate, nel caso di successioni di legge nel tempo, da quelle
vigenti al momento della stipulazione del contratto.
M)
Altri quesiti riguardano le modifiche introdotte all’istituto del
promotore, ed in particolare concernono la possibilità di applicare le
disposizioni di cui al penultimo ed ultimo periodo dell’art. 37-ter
della legge introdotti dalla legge 166/2002 ai procedimenti in corso.
In
primo luogo va ricordato che la possibilità di realizzare lavori
pubblici o di pubblica utilità su iniziativa del privato e con risorse
totalmente o parzialmente private è stata introdotta nell’ordinamento
con la cosiddetta “Merloni ter” (legge 415/1998 che ha aggiunto
nella legge-quadro gli articoli da 37-bis a 37- novies).
Come
è noto, il procedimento prende l’avvio con la presentazione di una
proposta da parte di un promotore, adeguatamente qualificato (art. 99,
d.P.R. 554/1999), avente ad oggetto l’esecuzione e la gestione di un
intervento già inserito dall’amministrazione nella propria
programmazione triennale, ed ivi previsto da realizzarsi con
finanziamento privato (artt. 14 commi 2 e 3, art. 37-bis della
legge-quadro); tale proposta è sottoposta ad una valutazione
dell’amministrazione ed in caso di valutazione positiva è posta a
base di una gara per individuare, con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, il soggetto, o i due soggetti, chiamati
successivamente a competere con il promotore al fine di ottenere la
concessione di costruzione e gestione dell’intervento proposto (art.
37-quater, comma 1, lettera a) della legge-quadro); l’affidamento
della concessione avviene al termine di una procedura negoziata
“plurima”, in cui l’amministrazione mette a confronto il promotore
ed il soggetto o i soggetti selezionati mediante valutazione comparativa
delle diverse offerte (art. 37-quater, comma 1, lettera b), della
legge-quadro).
Ciò
premesso, le nuove disposizioni intese a rimuovere quegli elementi di
criticità che nel primo periodo di applicazione dell’istituto hanno
costituito una remora al suo sviluppo, con la introduzione della
cosiddetta prelazione a favore del promotore (affidamento al promotore
in qualità di concessionario ove adegui il progetto a quello risultato
vincitore), a parte la configurabilità di disarmonie rispetto ai
principi comunitari, se da un lato possono incentivare la presentazione
di proposte, dall’altro rischiano di limitare l’interesse del mondo
produttivo a partecipare alla gara per la individuazione dei due
partecipanti alla prevista procedura negoziata, gara il cui risultato può
essere vanificato con l’anzidetta prelazione.
In
primo luogo va osservato che le modifiche introdotte nel procedimento
del promotore dalla legge 166/2002 non hanno alterato nella sostanza la
fase della presentazione della proposta e della sua valutazione da parte
dell’amministrazione e sono di immediata applicazione. Il rinvio al
regolamento nel testo di cui al novellato comma 1 dell’art. 37-bis è
fatto, infatti, al solo fine di “detta(re) indicazioni per chiarire e
agevolare le attività di asseverazione”, senza alcun riferimento a
modifiche di disciplina sostanziale dell’istituto. Sono state, invece
modificate le due fasi della gara, quella per l’individuazione dei
soggetti da invitare alla procedura negoziata e quella della procedura
negoziata medesima. Relativamente alla prima fase, è ora possibile
scegliere i soggetti anche mediante appalto concorso; relativamente alla
seconda, merita soprattutto di essere segnalata la posizione di
vantaggio attribuita al promotore, che ora gode di una sorta di diritto
di prelazione sull’offerta giudicata dall’amministrazione più
conveniente in esito alla procedura negoziata.
Ciò
considerato in linea generale, può esaminarsi il quesito in ordine alla
individuazione della disciplina applicabile ad una procedura di
affidamento di concessione che ha avuto inizio con una proposta di un
promotore e che era in corso (in particolare è stato già pubblicato il
bando per la individuazione dei soggetti da invitare alla procedura
negoziata) al momento di entrata in vigore della legge 166/2002.
Alla
luce di quanto si è premesso in ordine alla successione delle leggi nel
tempo, occorre dunque accertare quale possa essere il momento della
pubblicazione del bando nella peculiare procedura disciplinata dagli
articoli 37-bis e seguenti della legge-quadro onde individuare il
criterio temporale che consente il discrimine tra l’applicazione della
vecchia e della nuova normativa. Tale non può ritenersi certo
l’inserimento dell’intervento nella programmazione triennale dei
lavori pubblici dell’amministrazione, la quale vale solo a rendere
pubblica l’intenzione di riservare al finanziamento privato
determinati interventi.
Sulla
base delle considerazioni che precedono e dei ricordati criteri, è,
invece, più corretto ritenere “bando” quello pubblicato per la
scelta di colui o coloro che competeranno con il promotore. Tale atto
infatti introduce una vera e propria procedura di gara, stimola la
presentazione delle offerte, ed inoltre produce l’effetto di rendere
vincolante come offerta la stessa proposta del promotore – previamente
garantita – in caso di mancanza di competitori, effetto sancito
dall’articolo 37-quater, comma 2, della legge-quadro. Ciò comporta
che alle gare indette prima del 18 agosto 2002 non sia possibile
applicare le nuove disposizioni.
Occorre
però esaminare se il vecchio assetto normativo debba disciplinare anche
la successiva fase della procedura negoziata, oppure se in questa
possano trovare ingresso le nuove previsioni legislative e quindi le
nuove disposizioni di cui al penultimo ed ultimo periodo dell’art.
37-ter della legge-quadro come introdotti dalla legge 166/2002,
riguardanti in particolare la prelazione del promotore.
Non
sembra possibile la seconda soluzione in quanto il procedimento volto
all’affidamento della concessione è da considerarsi unitario ancorché
articolato in due sottofasi che non possono essere considerate autonome.
Anzi, si può ritenere che il vero procedimento di affidamento sia
quello negoziale, rispetto al quale la fase della gara licitazione si
pone come mero subprocedimento, come è stato rilevato nell’Atto di
regolazione n. 51 del 26 ottobre 2000 di questa Autorità. La gara,
infatti, non si conclude con l’aggiudicazione, ma solo con la
individuazione delle migliori offerte funzionale alla successiva alla
conclusione della quale si aggiudica la concessione.
Il
carattere unitario della procedura di affidamento della concessione,
sebbene articolata in due distinte fasi, comporta la immodificabilità
delle regole inizialmente poste fino al provvedimento conclusivo della
aggiudicazione; diversamente verrebbero a mutare tutte quelle condizioni
che hanno indotto alla partecipazione o alla non partecipazione alla
gara o alla formulazione dell’offerta, e verrebbero quindi alterate le
garanzie della trasparenza e della par condicio.
N)
E’ stato chiesto quale sia il rapporto fra la disposizione inserita
dall’art. 7, comma 3, della legge 166/2002, nel comma 9, dell’art.
18, della legge 55/1990, ed il comma 12 dello stesso art. 18.
La
nuova disposizione prevede che i termini per il rilascio
dell’autorizzazione ai subappalti o ai cottimi di importo inferiore al
2% dell’importo dei lavori affidati o di importo inferiore ad euro
100.000 sono ridotti alla metà mentre la disposizione del comma 12
considera subappalto o contratto similare qualsiasi contratto avente ad
oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di mano
d’opera, quali le forniture con posa in opera ed i noli a caldo se
singolarmente di importo superiore al 2% dell’importo dei lavori
affidati o di importo superiore a euro 100.000 e qualora l’incidenza
del costo della mano d’opera e del personale sia superiore al 50%
dell’importo dei lavori da affidare. L’art. 141, comma 5, del d.P.R.
554/1999 ha, poi, precisato che le attività ovunque espletate sono
quelle poste in essere nel cantiere cui si riferisce l’appalto.
Per
fornire una risposta al quesito va ricordato che l’Autorità nella
determinazione n. 12 del 22 maggio 2001 ha affermato che l’articolo 18
della legge 55/1990 è formato da quattordici commi e che i commi da uno
ad undici e da tredici a quattordici contengono le disposizioni da
applicarsi per il subappalto delle prestazioni che sono qualificate come
lavori mentre il comma dodici opera una definizione legale del
subappalto finalizzata ad individuare le regole da applicarsi per
l’affidamento dei subcontratti relativi a prestazioni che non sono
lavori ma prevedono l’impiego di mano d’opera, come nel caso della
fornitura con posa in opera ed i noli a caldo e cioè dei cosiddetti
“contratti similari”.
Tenendo
conto della suddette considerazioni si deve ritenere che la nuova
disposizione riguarda esclusivamente il subappalto o i cottimi relativi
alle prestazioni da qualificarsi come lavori e, quindi, nessuna
variazione è stata apportata alle disposizioni in materia dei
cosiddetti “contratti similari”. Restano quindi pienamente valide
tutte le indicazioni che l’Autorità ha fornito in ordine ai
“contratti similari” nelle determinazioni n. 12/2001 e n. 25/2001.
Va
precisato, inoltre, al fine di una migliore comprensione delle
disposizioni, che i subappalti di lavori e, quindi, anche i contratti
similari, ancorché di importo inferiore al 2% dell’importo dei lavori
affidati o a 100.000 euro, incidono sulla percentuale del 30%
dell’importo della categoria prevalente liberamente subappaltabile.
Per
tutte le esposte considerazioni, nei sensi indicati è l’avviso
dell’Autorità di vigilanza per i lavori pubblici.
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