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   Autorità Vigilanza Lavori Pubblici  

Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici

DETERMINAZIONE N. 29/2002 del 6 novembre 2002

“Ulteriori chiarimenti alle SOA”

Considerato in fatto

Alcune stazioni appaltanti e associazioni imprenditoriali hanno richiesto all’Autorità ulteriori chiarimenti in ordine ai criteri cui devono attenersi le SOA nello svolgimento dell’attività di qualificazione delle imprese. Le questioni sono state sottoposte all’esame della Commissione Consultiva ― prevista dall’articolo 8, comma 3, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e s. m. e dall’articolo 5 del d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34 ― del cui parere deve avvalersi l’Autorità per la definizione delle procedure e dei criteri che devono essere seguiti dai soggetti autorizzati nella loro attività di qualificazione. La Commissione ha espresso i propri avvisi nelle sedute del 7 dicembre 2001, del 7 giugno 2002 e del 3 luglio 2002. L’Autorità definisce nella presente determinazione i criteri cui devono attenersi le SOA autorizzate, nella loro attività di qualificazione, tenuto conto delle indicazioni e considerazioni dei suddetti pareri, il cui testo integra le motivazioni del presente documento ed al quale, pertanto, è consentito l’accesso a chi vi abbia interesse

In primo luogo va precisato che le richieste di chiarimenti riguardano

a)       la possibilità o meno di riconoscere ad una impresa da qualificare come “attività indiretta” una parte della cifra d’affari in lavori maturata in capo ad una società di fatto cui una associazione temporanea ha materialmente dato vita;

b)      la possibilità o meno di estendere la previsione prevista per le ditte individuali e per le società di persone (comprendere nel costo complessivo sostenuto per il personale dipendente quello relativo ad una retribuzione convenzionale del titolare e dei soci) anche alle società a responsabilità limitata il cui amministratore unico presta la sua attività lavorativa nella società;

c)       quale delle categorie specializzate di cui all’allegato A al d.P.R. 34/2000 sia la più adeguata per la qualificazione delle imprese che svolgono attività nel settore dei sistemi di protezione catodica di strutture metalliche;

d)      quale sia fra le categorie specializzate OS19 e OS30 quella più adeguata per la qualificazione delle imprese che operano nella realizzazione di impianti di trasmissione dati;

e)       la possibilità o meno di una società facente parte di una holding di utilizzare, ai fini della qualificazione, avendone la disponibilità, l’attrezzatura ed i mezzi d’opera di proprietà della casa madre;

f)        quale è il momento rilevante ai fini della verifica del requisito del possesso della certificazione di sistema di qualità o del possesso degli elementi significativi e correlati del sistema di qualità e se questi requisiti devono essere posseduti con riferimento all’importo dell’appalto o all’importo delle classifiche di qualificazione;

g)       quali siano i presupposti per classificare le pavimentazioni come rientranti nella categoria generale OG3 oppure nelle categorie specializzate OS6, OS24 e OS26;

h)       la possibilità o meno di utilizzare ai fini della qualificazione nella categoria OS10 le sole certificazioni relative a “fornitura e posa in opera” o anche le certificazioni relative alla sola “fornitura” e se l’impiego di diverse locuzioni nelle declaratorie delle categorie di specializzazione (virgola oppure la “e”) costituisce una precisa volontà del legislatore di differenziare la “fornitura” dalla “fornitura e posa in opera”;

i)         se nuove imprese (che intendano qualificarsi sulla base di requisiti posseduti da imprese acquisite), che siano costituite in forma di soggetti tenuti alla dimostrazione del requisito di cui all’art. 18, comma 2, lettera c), del d.P.R. 34/2000, qualora non abbiano ancora provveduto al deposito del primo bilancio, possano lo stesso qualificarsi, in quanto la dimostrazione del capitale netto positivo è implicita, essendo il capitale di una neonata società certamente integro;

j)         se le stazioni appaltanti devono o non devono rilasciare le certificazioni di esecuzione dei lavori relativi ad appalti per i quali è sopravvenuta una rescissione contrattuale ancorché limitati agli importi liquidati e fatturati; 

Considerato in diritto

A) Il quesito di cui alla lettera a) dei considerati in fatto (la possibilità o meno di riconoscere ad una impresa da qualificare come “attività indiretta” una parte della cifra d’affari in lavori maturata in capo ad una società di fatto cui una associazione temporanea ha materialmente dato vita) ha origine dalla prescrizione di cui all’articolo 18, comma 4, del d.P.R. 34/2000 che dispone: la quota della cifra d’affari relativa all’”attività indiretta” (cioè quella svolta dai consorzi di cui all’articolo 10, comma 1, lettere e) ed e-bis) della legge 109/94 e s.m., nonché dalle società fra imprese riunite di cui all’articolo 96 del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 qualora questi abbiano fatturato i lavori eseguiti alla stazione appaltante senza ricevere fatture dai propri consorziati che sono stati i reali materiali esecutori dei lavori) da attribuire ad un consorziato è comprovata dai bilanci dei consorzi e delle società di cui fa parte il suddetto consorziato. Il quesito riguarda il caso in cui i soggetti di una associazione temporanea non abbiano costituito la società di cui al suddetto articolo 96 del d.P.R. 554/1999 ma abbiano realizzato le opere in modo unitario ed indistinto e cioè attraverso una società di fatto. Avendo operato in questo modo le imprese non sono in condizione di presentare a comprova delle cifre d’affari indirettamente imputabili ad esse i bilanci ma soltanto le dichiarazioni IVA della suddetta società di fatto. Si chiede se la prova richiesta dalla normativa possa essere costituita da questa dichiarazione.

Preliminarmente va osservato che la giurisprudenza (Cass. civ., Sez. I, 16 luglio 1997, n. 6514; id., 1° aprile 1996, n. 3003) ha affermato che “società di fatto è quella la cui esistenza non si desume dalle dichiarazioni espresse, ma viene dedotta implicitamente dal comportamento dei soci” nonché (Cass. civ., Sez. I, 26 Agosto 1998, n. 8486) ha precisato che “ai fini fiscali i criteri di identificazione delle società di fatto non coincidono con quelli previsti dal codice civile, e ciò in quanto in materia fiscale l’esigenza non è quella di tutelare l’affidamento dei terzi, bensì quella di verificare l’esistenza dei presupposti per l’applicazione delle norme impositive”. Tale società è inoltre necessariamente una società irregolare in quanto priva di iscrizione nel Registro delle Imprese di cui all’articolo 2188 c.c., istituito con legge 29 dicembre 1993, n. 580, le cui norme attuative sono contenute nel d.P.R. 7 dicembre 1995, n. 581.

Va poi osservato che nel caso cui si riferisce il quesito vi è stata una violazione della norma imperativa di cui all’articolo 18, comma 2, secondo periodo della legge 19 marzo 1990, n. 55, che stabilisce che “le imprese, le associazioni, i consorzi aggiudicatari sono tenuti ad eseguire in proprio le opere o i lavori compresi nel contratto” e che “il contratto non può essere ceduto, a pena di nullità”. È possibile soltanto che le imprese associate, al fine di una esecuzione unitaria dei lavori totale o parziale, costituiscano, ai sensi dell’articolo 96, commi 2 e 3, del d.P.R. 554/1999, una società anche consortile tra quelle previste dal libro V, titolo V, capi 3 e seguenti del codice civile (società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata). Fra queste società non è prevista la società di fatto. Né può valere la circostanza che la società di fatto avente per oggetto attività commerciale ai fini dei rapporti con il fisco, ai sensi dell’articolo 5, comma 3, lettera b), del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, è considerata una società in nome collettivo in quanto, perché si verifichi il subentro tra le imprese associate e la società costituita per la esecuzione unitaria dei lavori, occorre che l’atto costitutivo sia notificato alla stazione appaltante e che la società sia iscritta nel registro delle imprese.

Esaminato il quesito sul piano tributario va osservato che la tesi che la esecuzione di un’opera indivisibile affidata ad un’associazione comporta necessariamente la costituzione di un soggetto tributario passivo ai fini dell’imposta sui redditi e sul valore aggiunto ha avuto risposte da parte dell’amministrazione finanziaria differenti nel tempo. Inizialmente la tesi è stata condivisa (risoluzioni 17 novembre 1983, n. 782 e 30 marzo 1979, n. 571) poi invece rigettata (risoluzione 9 giugno 1992, n. 530742). D’altra parte l’ipotesi di un’associazione che abbia fatturato direttamente alla stazione appaltante senza ricevere fatture dalle imprese non trova giustificazione in quanto le società di fatto, come prima affermato, sono equiparate a società in nome collettivo. D’altra parte l’amministrazione finanziaria ha sempre affermato che “il soggetto autonomo d’imposta deve emettere fatture assoggettate all’IVA nei confronti della stazione appaltante, mentre le singole imprese devono fatturare all’ante consortile i rispettivi lavori eseguiti” (risoluzioni 4 agosto 1987, n. 460437 e 30 ottobre 1982, n. 350845).

In base alle suddette considerazioni e al conforme parere della Commissione Consultiva prima indicato, l’Autorità è dell’avviso che non può essere attribuita per “attività indiretta”alle imprese temporaneamente riunite in associazione la cifra d’affari in lavori maturata in capo alla società di fatto cui la riunione temporanea avrebbe materialmente dato vita. 

B) Il quesito di cui alla lettera b) dei considerati in fatto (possibilità o meno di estendere la previsione prevista per le ditte individuali e per le società di persone (comprendere nel costo complessivo sostenuto per il personale dipendente quello relativo ad una retribuzione convenzionale del titolare e dei soci) anche alle società a responsabilità limitata il cui amministratore unico presta la sua attività lavorativa nella società) va esaminato tenendo conto che l’Autorità ha precisato nella determinazione 7 maggio 2002, n. 8 che “per organico medio annuo le disposizioni intendono fare riferimento esclusivamente al personale dipendente e cioè al personale stabilmente e regolarmente incardinato nell’impresa”.

Il diverso regime che le norme prevedono per le ditte individuale e per le società di persone trova fondamento nel fatto che la posizione del socio d’opera è diversa dalla posizione del prestatore di lavoro subordinato. La giurisprudenza (Cass. civ. sez. lavoro , 14 aprile 1994, n. 3650) ha affermato,infatti, che “nelle società di persone, che non sono enti giuridici distinti dai singoli soci, un rapporto di lavoro subordinato fra la società ed uno dei soci è configurabile solo in via eccezionale nella sola ipotesi in cui il socio presti la sua attività lavorativa sotto il controllo gerarchico di un altro socio, munito di supremazia e sempre che la suddetta prestazione non integri un conferimento previsto nel contratto sociale”. 

È, invece, orientamento costante della giurisprudenza la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato in capo ad un componente di un consiglio di amministrazione di una società di capitali qualora risulti provato che il dipendente amministratore sia assoggettato al potere direttivo di controllo e disciplinare da parte di sopraordinati organi della società ma ciò, ha affermato la giurisprudenza (Cass. civ. 24 maggio 2000, n. 6819), non può verificarsi per l’amministratore unico della società. La giurisprudenza (Cass. civ. sez. III, 16 novembre 2000) ha altresì ritenuto che non può assimilarsi una società a responsabilità limitata anche se con un unico socio con una società di persone.

L’Autorità, in base alle suddette considerazioni e al conforme parere della Commissione Consultiva prima indicato, è dell’avviso che non può applicarsi in via estensiva la disposizione di cui all’articolo 18, comma 10, ultimo periodo, del d.P.R. 34/2000 all’amministratore unico di una società a responsabilità limitata, fatto salvo che figuri come dipendente in quanto in tal caso si applica direttamente l’articolo 18, comma 10, primo periodo, e comma 11, del suddetto d.P.R. 34/2000.

C) Il quesito di cui alla lettera c) dei considerati in fatto (quale delle categorie specializzate di cui all’allegato A al d.P.R. 34/2000 sia la più adeguata per la qualificazione delle imprese che svolgono attività nel settore dei sistemi di protezione catodica di strutture metalliche) pone alcuni problemi in ordine alla collocazione all’interno delle categorie del sistema di qualificazione delle attività di progettazione, costruzione, misurazioni e manutenzione dei sistemi di protezione catodica di strutture metalliche per la cui collocazione l’Autorità aveva già espresso il proprio avviso nella determinazione del 27 settembre 2001, n. 19 stabilendo che esse rientravano nella categoria OG10. Il quesito non contesta apertamente la suddetta collocazione ma pone dubbi sulla stessa in quanto ritiene che la protezione catodica abbia una sua posizione precisa nel mondo industriale e di ciò non se ne è tenuto adeguatamente conto nella suddetta determinazione.

L’Autorità, in base alle considerazioni di natura tecnica svolte nel parere della Commissione Consultiva di cui ai considerato in fatto, è dell’avviso di dover modificare la precedente indicazione stabilendo che le attività nel settore dei sistemi di protezione catodica rientrano nella categoria specializzata OS16.

D) Il quesito di cui alla lettera d) dei considerati in fatto (quale sia fra le categorie specializzate OS19 e OS 30 quella più adeguata per la qualificazione delle imprese che operano nella realizzazione di impianti di trasmissione dati) ha origine nel fatto che in entrambe le declaratorie si parla di reti di trasmissione dati.

L’Autorità, anche in base alle considerazioni contenute nel parere della Commissione Consultiva di cui ai considerato in fatto, è dell’avviso che l’appartenenza delle reti trasmissione dati alle due categorie derivi dal posizionamento delle stesse rispetto all’opera dove sono inserite. La declaratoria della OS30 si riferisce, infatti, ad impianti interni e cioè impianti che sia dal punto di vista funzionale e sia da quello della localizzazione riguardano uno o più ambienti operativamente tra loro collegati e nel loro insieme circoscritti. La declaratoria di cui alla OS19 fa riferimento, invece, ad impianti con connotazione di servizio pubblico e, quindi, ad impianti dislocati sul territorio, con una pluralità di accessi.

E) Il quesito di cui alla lettera e) dei considerati in fatto (la possibilità o meno di una società facente parte di una holding di utilizzare, ai fini della qualificazione, avendone la disponibilità, l’attrezzatura ed i mezzi d’opera di proprietà della casa madre) rientra nella più vasta problematica relativa alla utilizzabilità, da parte di ciascuno dei soggetti facenti parte del medesimo gruppo di imprese organizzato in forma di holding, del complesso dei requisiti maturati singolarmente in capo ad ognuno di essi.

Va in primo luogo osservato che la normativa non riserva alcuna attenzione al fenomeno del gruppo di imprese. Le uniche indicazioni riguardano la possibilità per le imprese di utilizzare, ai fini della loro qualificazione, le cifre d’affari in lavori maturate dai consorzi e della società per la esecuzione delle opere (cosiddetta “attività indiretta” di cui all’art. 18, comma 4, del d.P.R. 34/2000), la possibilità per i consorzi di cooperative e per i consorzi artigiani di utilizzare, ai fini delle loro qualificazioni, la dotazione stabile e l’organico medio annuo dei loro consorziati e la possibilità per i consorzi stabili di utilizzare, ai fini delle loro qualificazioni, le qualificazioni possedute dai propri consorziati.

In secondo luogo va considerato che la giurisprudenza comunitaria e nazionale ha esaminato la questione di una società controllante che vuole utilizzare per la sua qualificazione i requisiti delle società controllate e che non risultano pronunce in ordine alla possibilità di una società controllata di utilizzare ai fini della propria qualificazione i requisiti posseduti dalla società controllante.

L’Autorità in base alle suddette considerazioni nonché a quelle contenute nel parere della Commissione Consultiva di cui ai considerato in fatto, è dell’avviso che non sia possibile per una società facente parte di una holding di utilizzare, ai fini della qualificazione l’attrezzatura ed i mezzi d’opera di proprietà della casa madre.

F) Il primo aspetto del quesito di cui alla lettera f) dei considerati in fatto (quale è il momento rilevante ai fini della verifica del requisito del possesso della certificazione di sistema di qualità o del possesso degli elementi significativi e correlati del sistema di qualità) riguarda la questione se il possesso del requisito di qualità debba sussistere già al momento della stipula del contratto con la SOA oppure soltanto al momento del rilascio dell’attestazione.

In primo luogo va osservato che le norme stabiliscono che spetta agli organismi di qualificazione attestare l’esistenza nei soggetti che essi hanno qualificato del possesso della certificazione di sistema di qualità oppure della dichiarazione della presenza di elementi significativi e tra loro correlati del sistema di qualità. Tali certificazioni devono essere possedute dalle imprese qualificate secondo la cadenza temporale, articolata in rapporto alle classifiche, di cui all’allegato B al d.P.R. 34/2000 e costituiscono, ai sensi dell’articolo 15, comma 1, del d.P.R. 34/2000, un presupposto per il rilascio dell’attestazione di qualificazione.

In base a tali disposizioni si può affermare che le attestazioni di qualificazione rilasciate alle imprese, ad iniziare dal 1° gennaio 2002, per le categorie e negli scaglioni di validità previsti dal citato allegato B, devono riportare l’attestazione del possesso della certificazione di sistema di qualità dell’impresa, ovvero del possesso della dichiarazione della presenza nell’impresa di un sistema semplificato di qualità di cui all’allegato C al d.P.R. 34/2000. Allo scopo l’impresa che aspira alla qualificazione deve produrre alla SOA che dovrà attestarne l’esistenza, la certificazione del sistema di qualità conseguito nei tempi utili all’istruttoria della stessa SOA.

È da ritenersi che nel caso di procedure di attestazione in itinere alla data di decorrenza di uno degli scaglioni temporali previsti dall’allegato B, è onere della SOA avvertire l’impresa in valutazione circa l’indispensabilità dell’acquisizione della certificazione di qualità prevista per le categorie e gli importi richiesti dalla stessa impresa prima di procedere al rilascio dell’attestazione, a pena di declassamento di tali categorie/importi alla soglia consentita in carenza del detto requisito di qualità. Peraltro la certificazione degli istituti di accreditamento circa la sussistenza in capo all’impresa del sistema di qualità, ancorché semplificato secondo l’allegato C, costituisce solo un accertamento del pregresso conseguimento da parte dell’impresa di un determinato standard qualitativo dell’impresa che, come tale, possedeva già di fatto tale requisito (ora certificato) al momento della stipula del contratto con la SOA.

Nel caso, invece, di attestazioni rilasciate prima del 1° gennaio 2002 in carenza di certificazioni di qualità ovvero, in seguito, nel progressivo divenire delle prescrizioni del più volte citato allegato B, resta cura dell’impresa attestata acquisire il requisito della qualità da fare attestare dalla SOA, accedendo al meccanismo a tariffa ridotta di cui al punto 3 dello schema allegato alla determinazione 40/2000 dell’Autorità, appositamente previsto per tale successivo evento qualificante.

L’Autorità per le considerazioni esposte nonché a quelle contenute nel parere della Commissione Consultiva di cui ai considerato in fatto è dell’avviso che il possesso, nei limiti e con le cadenze temporali di cui all’allegato B al d.P.R. 34/2000, della certificazione del sistema di qualità di una impresa, in termini generali oppure semplificati come da allegato C al suddetto decreto, non è un mero titolo abilitante all’esecuzione dei lavori, ma presupposto stesso per la qualificazione degli esecutori di lavori pubblici e di conseguenza ritiene che la relativa certificazione deve essere prodotta contestualmente alla documentazione di base per la stipula del contratto con la SOA e comunque in tempo utile allo svolgimento dell’istruttoria da parte della SOA stessa.

Al secondo aspetto del quesito (se questi requisiti devono essere posseduti con riferimento all’importo dell’appalto o all’importo delle classifiche) si collega il contenuto della delibera della Autorità del 15 maggio 2002, n. 139 che merita, però, una indicazione più puntuale. Il quesito può così sintetizzarsi: possono o non possono più imprese, in associazione oppure in consorzio di tipo orizzontale o verticale qualora in possesso di attestazione per classifica pari o inferiore ad una classifica per la quale, ai sensi dell’allegato B del d.P.R. 34/2000, non è obbligatorio, o non è ancora obbligatorio, il possesso del requisito qualità partecipare, ad una appalto di importo tale per cui i concorrenti qualora impresa singola devono essere in possesso del suddetto requisito. In sostanza occorre stabilire se l’obbligo del possesso della qualità è connesso all’importo dell’appalto oppure è un requisito connesso alla classifica delle attestazioni.

L’Autorità per le considerazioni esposte nonché per quelle contenute nel parere della Commissione Consultiva di cui ai considerato in fatto ed in particolare per la considerazione che il sistema di qualificazione attiene alla soggettività dell’impresa, al fatto che le attestazioni costituiscono condizione necessaria e sufficiente per eseguire i lavori fino ad un certo importo, è dell’avviso che il requisito è connesso alla classifica della qualificazione.

Spetta, quindi, alle stazioni appaltanti che bandiscono appalti, l’obbligo del controllo che l’attestazione di qualificazione per la classifica corrispondente all’importo dei lavori che il concorrente intende assumere, come impresa singola, oppure come associata o consorziata in associazione o consorzio di tipo orizzontale o verticale qualora tali importi rientrino in una delle fasce di progressivo obbligo del possesso della qualità integrale o semplificata riporti l’indicazione di tale possesso e, nel caso di mancanza, l’ obbligo dell’esclusione dalla gara dello stesso, fatto salvo che il concorrente dichiari e dimostri di aver conseguito la certificazione di qualità solo dopo il rilascio dell’attestazione di qualificazione e che abbia in itinere l’adeguamento della propria attestazione.

G) Il quesito di cui alla lettera g) dei considerati in fatto (quali siano i presupposti per classificare le pavimentazioni come rientranti nella categoria generale OG3 oppure nelle categorie specializzate OS6, OS24 e OS26) riguarda la classificazione delle “pavimentazioni speciali” ad uso non stradale.

In primo luogo va ricordato che l’Autorità ha più volte precisato (determinazioni 12 ottobre 2000 n° 48, 22 maggio 2001, n. 12, 20 dicembre 2001, n. 25) che a norma delle premesse dell’allegato A al d.P.R. 34/2000 ed all’articolo 72, commi 2 e 3, del d.P.R. 554/1999 le opere generali sono costituite da un insieme di lavorazioni, alcune proprie della categoria medesima e altre appartenenti a categorie di opere specializzate e, pertanto, il fatto che la categoria OG3 contenga nella declaratoria anche le pavimentazioni ha il solo significato che la realizzazione di un intervento stradale comporta anche la esecuzione di lavorazioni di tipo particolare. Quindi il quesito si riduce a stabilire quali pavimentazioni stante la valenza di lavoro autonomo, inteso come un lavoro che, indipendentemente dalla categoria che identifica l'intervento dal punto di vista ingegneristico nel quale esse sono comprese e dal fatto che la sua descrizione si trova concisamente, indirettamente o in parte compresa anche in una categoria generale prevalente non hanno bisogno di lavorazioni appartenenti ad altre categorie per esplicare la loro funzione e, pertanto, rientrano nella categoria specializzata OS6, oppure nella categoria specializzata OS24 oppure nella categoria specializzata OS26.

L’Autorità in base alla considerazione precedente e all’analisi delle declaratorie delle tre suddette categorie nonché alle considerazioni contenute nel parere della Commissione Consultiva di cui ai considerati in fatto è dell’avviso che:

a)     le pavimentazioni stradali relative ad interventi destinati alla mobilità su gomma, ferro e aerea sottoposti a carichi notevoli, come nel caso delle piste aeroportuali, rientrano nella categoria specializzata OS26;

b)    le pavimentazioni sportive di qualsiasi tipo e materiale (ligneo, plastico, metallico e vetroso) relative ad impianti sportivi al coperto ed allo scoperto rientrano nella categoria specializzata OS6, stante la prevalenza della lavorazione di finitura di opera generale;

c)     le pavimentazioni sportive in verde rientrano nella categoria OS24;

d)    le pavimentazioni stradali relativi ad interventi destinati alla mobilità su gomma, ferro e aerea sottoposti a carichi normali rientrano fra le lavorazioni proprie della categoria OG3.

H) Circa il primo aspetto del quesito di cui alla lettera h) dei considerati in fatto (la possibilità o meno di utilizzare ai fini della qualificazione nella categoria OS10 le sole certificazioni relative a fornitura e posa in opera o anche le certificazioni relative alla sola fornitura) va rilevato che pur riferito ad una specifica categoria di qualificazione, ha portata generale e riferibile a tutte le categorie di cui all’allegato A al d.P.R. N. 34/2000.

In primo luogo va ricordato con riferimento al primo aspetto del quesito che l’Autorità ha già osservato (determinazioni 28 dicembre 1999, n. 13, 22 maggio 2001, n. 12, 20 dicembre 2001, n. 25 e atto di regolazione 31 gennaio 2001, n. 5) che le categorie generali o specializzate riportate nell’allegato A al d.P.R. 34/2000 si riferiscono a lavori cioè ad complesso di attività che hanno come connotazione essenziale il facere, cioè operazioni tecniche di elaborazione e trasformazione della materia per produrre un nuovo bene, sia nella forma di “opera” vera e propria, sia più in generale nella forma di “lavoro”. A conferma di ciò il secondo periodo del comma 1, dell’articolo 2 della legge 109/1994 e s.m. assoggetta alla legge stessa i contratti misti di fornitura e posa in opera per i quali i lavori assumono rilievo economico superiore al 50%”.

Circa il secondo aspetto del quesito (se l’impiego di diverse locuzioni nelle declaratorie delle categorie di specializzazione (virgola oppure la “e”) costituisce una precisa volontà del legislatore di differenziare la “fornitura” dalla “fornitura e posa in opera”) non può non rilevarsi che anch’esso deve essere risolto alla luce delle precedenti conclusioni, risultando in concreto irrilevante la forma della locuzione rispetto alla sostanza del contesto e dei fini cui è rivolta, cioè la effettiva qualificazione per l’esecuzione dei lavori pubblici.

Anche nel caso che fra “fornitura” e “posa in opera” vi sia una virgola il sostantivo “fornitura” non può essere né avulso dal contesto concretamente realizzativo che sostanzia la legge quadro sui lavori pubblici e i suoi decreti attuativi, né elemento considerabile a se stante e isolato dalla più completa elencazione che la declaratoria propone. Pertanto, anche sotto l’angolazione proposta dal secondo aspetto del quesito, la mera “fornitura” non può essere valutata  tra i “lavori“ necessari a garantire la qualificazione nella categoria ai  sensi del d.P.R.  N. 34/2000.

Va inoltre osservato che mentre per le 13 categorie OG l’elencazione è strutturata mediante la virgola di interpunzione fin dal primo termine (ad eccezione della sola OG8 per la quale la prima virgola è sostituita dalla congiunzione “e”), per le 34 categorie OS il legislatore ha utilizzato, tra i primi 2 termini (generalmente fornitura/posa o costruzione/montaggio/manutenzione), per 11 volte la “e”, per 22 volte la virgola (la categoria. OS 20 non reca elencazione), separando gli altri termini fra loro con la virgola. È noto, fra l’altro, che in una elencazione la congiunzione coordinante copulativa “e” ha gli stessi effetti della interpunzione “virgola”, con la sola particolarità che la prima è utilizzata di preferenza tra due termini, la seconda fra più. In un lungo elenco è stilisticamente preferibile infatti utilizzare sempre la virgola, lasciando la “e” ai soli primi due termini o agli ultimi due. Va invece precisato che vi è una differenza fra posa in opera e montaggio. Il secondo termine è usato preferibilmente quando la fornitura riguarda componenti o apparecchiature che non debbono essere modificate ma soltanto installate ma tale differenza terminologica non ha alcun effetto sul piano della qualificazione.

L’Autorità in base alle suddette considerazioni nonché a quelle contenute nel parere della Commissione Consultiva di cui ai considerato in fatto, è dell’avviso che manca il presupposto normativo perché le mere “forniture” di beni (quale la segnaletica stradale di cui si tratta), originate da contratti di fornitura e non di lavori, possano essere computate nel novero dei “lavori” necessari a dimostrare la adeguata idoneità tecnica al fine di essere qualificati per poter eseguire “lavori pubblici” con contratti di appalto, nella fattispecie di categoria OS 10.

L’Autorità è inoltre dell’avviso che manca anche il presupposto logico a tale computo in quanto, se ciò avvenisse, si qualificherebbe ad eseguire “lavori pubblici” in appalto il titolare di semplici contratti di compra vendita e non il soggetto in possesso dei requisiti di ordine speciale (in particolare l’aver eseguito lavori nelle quantità e tipologie previste e possedere l’adeguata attrezzatura tecnica e l’organico tecnico-operativo di cui all’art. 18 d.P.R. N. 34/2000), necessari invece per poter eseguire lavori pubblici. Ovviamente le forniture strumentali rispetto alla esecuzione unitaria del contratto di appalto ed utilizzate dall’appaltatore per realizzare il contratto dovranno essere computate nell’importo complessivo del “lavoro” cui sono funzionali e connaturate, anzi senza le quali il lavoro non potrebbe neppure essere realizzato.

I) Il quesito di cui alla lettera i) dei considerati in fatto (se nuove imprese (che intendano qualificarsi sulla base di requisiti posseduti da imprese acquisite), che siano costituite in forma di soggetti tenuti alla dimostrazione del requisito di cui all’art. 18, comma 2, lettera c), del DPR 34/2000, qualora non abbiano ancora provveduto al deposito del primo bilancio, possano lo stesso qualificarsi, in quanto la dimostrazione del capitale netto positivo è implicita, essendo il capitale di una neonata società certamente integro) va esaminato tenendo che nel caso di nuove imprese che intendono qualificarsi in base ai requisiti posseduti da imprese acquisite, il quinquennio di riferimento è stabilito coincidente con il quinquennio antecedente la data di sottoscrizione del contratto con la SOA, come stabilito dall’ articolo. 22 del d.P.R. 34/2000. L’Autorità ha anche precisato nel comunicato n° 18 che per le imprese di recente costituzione, cioè che esistono da meno di cinque anni, la media annua dovrà essere calcolata sugli anni di effettiva esistenza dell’impresa stessa e i bilanci e la documentazione da presentare saranno quelli relativi agli anni di effettiva operatività. Va inoltre osservato che l’articolo 18, comma 2, lett. c), del d.P.R. 34/2000 dispone che le società tenute alla redazione  del bilancio devono dimostrare un valore positivo del capitale netto desunto dall’ultimo bilancio approvato.

L’Autorità in base alle considerazioni precedenti è dell’avviso i nuovi soggetti che non sono tenuti all’obbligo della redazione del bilancio, e, pertanto non sono tenuti al soddisfacimento del requisito di cui all’art. 18, comma 2, lett. c), possono qualificarsi avvalendosi della documentazione attestante i requisiti posseduti dalle imprese acquisite, mentre i neonati soggetti che, invece, sono assoggettate alla dimostrazione del requisito di cui all’art. 18, comma 2, lett. c), possono qualificarsi solo successivamente all’approvazione del primo bilancio, avvalendosi, eventualmente, anche dei requisiti posseduti dalle imprese acquisite.

J) Il quesito di cui alla lettera j) dei considerati in fatto (se le stazioni appaltanti devono o non devono rilasciare le certificazioni di esecuzione dei lavori relativi ad appalti per i quali è sopravvenuta una rescissione contrattuale ancorché limitati agli importi liquidati e fatturati) va inquadrato nell’ambito più generale della validità, ai fini della qualificazione dell’impresa, di una certificazione dei lavori che riporti l’indicazione di vertenze giudicate in sede arbitrale o giudiziaria.

In primo luogo va osservato che l’articolo 22, comma 7, del d.P.R. 34/2000 indica che i certificati dei lavori sono redatti in conformità allo schema di cui all’allegato D e contengono la espressa dichiarazione dei committenti che i lavori sono stati eseguiti regolarmente e con buon esito; se hanno dato luogo a vertenze in sede arbitrale o giudiziaria ne viene indicato l’esito Il precedente comma del medesimo articolo prevede che i lavori da valutare ai fini della qualificazione dell’impresa sono quelli eseguiti regolarmente e con buon esito .

Alla luce di tali indicazioni non vi è dubbio che nell’ipotesi di risoluzioni contrattuali in danno (grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali che abbiano compromesso la buona riuscita delle opere) i lavori non sono stati eseguiti con buon esito e, pertanto, è da escludersi che l’impresa possa utilizzarli ai fini della propria qualificazione.

Va inoltre tenuto presente che, nell’ipotesi di rescissione in danno dovuta al mancato adeguamento delle lavorazioni eseguite ai contenuti progettuali dell’opera, l’importo liquidato non sarà significativo della regolarità e del buon esito dei lavori eseguiti ed inoltre la liquidazione dei lavori eseguiti non dimostra il loro buon esito dato che in seguito alla delibera di risoluzione del contratto, il responsabile del procedimento redige lo stato di consistenza delle opere eseguite, quantificandone l’importo, e in sede di liquidazione finale determina, escutendo anche la cauzione, l’onere da porre a carico dell’appaltatore inadempiente.

L’Autorità in base alle considerazioni precedenti è dell’avviso che per i lavori relativi ad appalti per i quali è sopravvenuta una rescissione contrattuale non possono essere rilasciati i certificati di esecuzione e qualora rilasciati non possono essere valutati ai fini della qualificazione.

Per tutte le suesposte considerazioni , nei sensi indicati è l’avviso dell’Autorità per la vigilanza per i lavori pubblici. 

 

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