Autorita' per
la vigilanza sui lavori pubblici
Deliberazione
n. 105 Adunanza
del 9 giugno 2004
Oggetto:
Acquisti di cosa futura, gestione
dell’INAIL.
Il
Consiglio
Vista
la relazione dell’Ufficio Affari Giuridici
Considerato
in fatto
Questa
Autorità è stata interessata della problematica relativa ad
affidamenti di lavori pubblici effettuati dall’INAIL, in deroga alla
disciplina normativa e regolamentare di settore, mediante il ricorso
all’istituto della compravendita di cosa futura, ai sensi dell’art.
1472 del codice civile.
Dato
il rilievo della questione si è ritenuto opportuno esaminare la
fattispecie di cui trattasi al fine di fornire chiarimenti ed indirizzi
agli operatori del settore.
Ritenuto
in diritto
Preliminarmente
deve rilevarsi che questa Autorità si è già espressa in merito a
procedure concorsuali difformi da quelle previste nella legge 11
febbraio 1994 n. 109 e s.m., in
particolare nella determinazione n. 22 del 30 luglio 2002, nella quale
è stato espresso avviso per cui non è consentito realizzare opere
pubbliche o di pubblico interesse o destinate ad un uso pubblico
mediante schemi procedimentali differenti rispetto a quelli
specificamente disciplinati dalla legge quadro e, più in generale,
dalla normativa di settore.
Deve,
infatti, evidenziarsi che l’art. 19, comma 01, della legge n. 109/94 e
s.m. stabilisce espressamente che i “lavori pubblici di cui alla
presente legge possono essere realizzati esclusivamente mediante
contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici, salvo quanto
previsto all'articolo 24, comma 6” (lavori in economia).
Le
suddette procedure di aggiudicazione rappresentano, dunque,
l’ordinario sistema di affidamento delle opere pubbliche.
Conseguentemente,
deve ritenersi che il ricorso alla compravendita di cosa futura,
disciplinato dall’art. 1472 del codice civile, costituisce
un’ipotesi eccezionale e marginale per l’acquisizione di immobili da
parte di pubbliche amministrazioni, dovendo queste ultime sempre
valutare preventivamente la possibilità di ricorrere alle procedure
ordinarie di realizzazione delle opere pubbliche di cui alla legge 11
febbraio 1994 n. 109 e s.m. e, solo ove ne verifichino la non
praticabilità in relazione a specialissime, motivate e documentate
esigenze di celerità, funzionalità ed economicità, scelgano di
acquisire l’immobile secondo la procedura della compravendita di cosa
futura. Valutazioni, queste, indispensabili affinché l’agire
amministrativo possa considerarsi conforme ai principi costituzionali
del buon andamento, della trasparenza, dell’efficienza ed economicità.
E’
quanto affermato, sull’argomento, anche dall’Adunanza Generale del
Consiglio di Stato del 17 febbraio 2000, che con parere n. 38/99
(e
precedenti pareri, n. 1368/93, 1046/96 e 596/99),
ha individuato le circostanze eccezionali in presenza delle quali appare
possibile ricorrere a tale tipologia contrattuale.
L’Adunanza
Generale, infatti, condividendo le preoccupazioni espresse anche dalla
Corte dei Conti (Sez. Contr. Stato 24.11.1995 n. 150) in merito al
possibile abuso del ricorso alla compravendita di cosa futura per
l’acquisizione di un’opera pubblica con finalità, o quanto meno,
risultati elusivi della normativa interna e comunitaria in tema di
appalti di opere pubbliche, ha sostenuto la necessità di apporre
rigorosi limiti esterni ed interni al potere di contrattare in questa
forma, che così possono riassumersi: a) l’espletamento di una
preventiva gara informale, qualora l’area non sia puntualmente
localizzabile; b) l’immobile da acquistare possegga caratteristiche
che lo rendono infungibile, per effetto ad esempio, della localizzazione
in una specifica zona del territorio; c) l’immobile abbia la
destinazione urbanistica prevista dal PRG; d) sia compiuta una
valutazione costi-benefici; e) il titolo di proprietà dell’area deve
essere acquisito dal venditore in epoca “non sospetta” rispetto alla
determinazione dell’amministrazione di munirsi del bene; f)
l’oggetto del contratto sia esaustivamente determinato sin dal momento
della stipula; g) verifica del possesso, da parte del venditore, di
sufficienti requisiti di capacità economica che valgano ad assicurare
in via preventiva l’adempimento delle obbligazioni contrattuali,
requisiti che devono preesistere alla stipulazione del contratto.
Precisa,
inoltre, l’Adunanza Generale, che per il legittimo ricorso
all’istituto de quo, “l’amministrazione, sulla base di una
puntuale, completa e trasparente attività istruttoria, dovrà dare
conto di una serie complessa di accertamenti e valutazioni, il cui
rispetto non può non incidere sulla legittimità della scelta
discrezionale di addivenire alla formalizzazione del tipo contrattuale
in parola”.
Di
tali attività istruttorie il suddetto parere fornisce uno schema
procedimentale che, pur non rappresentando un complesso di regole
esaustive, costituisce un criterio di orientamento per amministratori il
cui operato sia ispirato ai principi costituzionali del buon andamento,
della trasparenza, dell’efficienza e della economicità.
Il
suddetto schema procedimentale, che si articola su tre livelli, può
essere sintetizzato come segue:
A)
Istruttorio
-
A.1 Individuazione
preliminare delle effettive esigenze funzionali che debbono essere
soddisfatte dal bene che si va ad acquistare con riferimento a tre
concorrenti elementi: quantitativo, qualitativo e temporale.
-
A.2 Verifica
che le predette esigenze possano essere adeguatamente soddisfatte
unicamente da beni dotati di ben individuate caratteristiche strutturali
e topografiche.
-
A.3 Accertamento
negativo della mancanza di immobili di proprietà pubblica già
esistenti nelle aree interessate, che possano essere proficuamente
utilizzati, seppur con eventuali interventi di manutenzione
e ristrutturazione di
esecuzione non eccessivamente difficoltosa o dispendiosa.
-
A.4 All’esito
delle predette ricognizioni si dovrà verificare ulteriormente
l’esistenza di un’area o di aree inedificate private motivatamente
ritenute idonee all’uso pubblico secondo la verifica sub A2, che le
rendano “infungibili” rispetto ai bisogni
dell’amministrazione.
-
A.5 Puntuale
valutazione del rapporto costi benefici, mettendo a confronto i benefici
complessivamente ricavabili dal ricorso alla compravendita, rispetto a
quelli conseguibili ricorrendo agli ordinari e normali procedimenti di
realizzazione dell’opera: acquisizione coattiva dell’area e
affidamento mediante contratto d’appalto.
-
A.6 Verifica
del possesso, da parte del venditore, di sufficienti requisiti di
capacità economica che valgano ad assicurare in via preventiva
l’adempimento delle obbligazioni contrattuali, requisiti che devono
preesistere alla stipulazione del contratto.
-
A.7 Titolo
di proprietà dell’area acquisito dal venditore in epoca non sospetta
rispetto alla determinazione dell’amministrazione di munirsi del bene.
Ciò, evidentemente, al fine di evitare che l’acquisto del terreno sia
finalizzato alla precostituzione di una sorta di titolo di prelazione di
fatto, rispetto ad altri potenziali offerenti o concorrenti.
B)
Procedimentale
-
B1 Nel
caso di localizzazione del terreno (su cui realizzare l’edificio) non
di natura puntuale ed esclusiva ma riferibile ad una zona, più o meno
vasta con pluralità di proprietari dei vari lotti ivi ricompresi,
sussiste la necessità, in linea di massima, di garantire una preventiva
gara informale, onde limitare il pericolo di favoritismi o collusioni
tra privato e p.a.
-
B.2 Una
volta che l’accurata istruttoria ricondotta secondo le indicazioni sub
A faccia ritenere preferibile il ricorso alla vendita di cosa futura,
dovrà rispettarsi lo schema normativo di tale tipo contrattuale anche
al fine di non provocare confusioni, in sede interpretativa con altre
figure negoziali.
-
B.3 Sempre
al fine di ricondurre lo schema contrattuale nel tipo legale, dovranno
evitarsi clausole di comportamento che possano far confondere la figura
dell’amministrazione acquirente con quella di un’amministrazione
appaltante. Pertanto, dovrà evitarsi il riferimento ad attività
progettuali in senso proprio poste in essere, preventivamente,
dall’amministrazione, le quali ove eventualmente effettuate
rileveranno non come oggetto contrattuale ma solo come parametro interno
all’amministrazione per determinare le caratteristiche oggettive
richieste all’immobile futuro secondo quanto già rilevato
sub.B2.
C)
Negoziale
-
Sul piano negoziale infine, cioè nella fase di esecuzione del
rapporto ormai instaurato, dovranno evitarsi comportamenti che generino
confusione sul ruolo dell’amministrazione, come soggetto cioè che
assuma i comportamenti di un reale acquirente e non di un dissimulato
appaltante. L’amministrazione cioè dovrà astenersi da ogni ingerenza
sul processo di produzione del bene, limitandosi soltanto a quelle
attività eventuali di verifica collaborazione in corso d’opera,
insite nelle clausole generali della buona fede, correttezza e
diligenza, che tuttavia non debbono assumere forme di compartecipazione
nelle cure, rischi, iniziative, e spese che restano tutte di competenza
esclusiva del venditore.
Le
indicazioni fornite in merito all’istituto de quo dall’Adunanza
Generale del Consiglio di
Stato, rappresentano, dunque, dei criteri di orientamento necessari
affinché l’agire amministrativo sia ispirato ai principi
costituzionali del buon andamento, della trasparenza, dell’efficienza
ed economicità.
Dai
predetti criteri emerge che il ricorso alla compravendita di cosa futura
costituisce ipotesi “specialissima e marginalissima”.
Ciò
nonostante, questa Autorità ha avuto modo di constatare il frequente
utilizzo dell’istituto in esame, da parte dell’INAIL nelle politiche
di gestione del proprio patrimonio immobiliare, con particolare
riferimento agli interventi di edilizia sanitaria.
Circostanza,
questa, peraltro già nota al Commissario Straordinario dell’Istituto,
il quale ha provveduto ad inserire, tra gli obiettivi primari del
mandato commissariale, la revisione degli schemi contrattuali, ed in
particolare della tipologia di cui trattasi, al fine di rendere più
trasparente l’utilizzazione dei fondi da destinare ai suddetti
investimenti immobiliari.
A
tale scopo, con delibere n. 391 e n. 1001 del 2003 il Commissario
Straordinario dell’INAIL ha approvato i Regolamenti per gli
investimenti immobiliari, nei settori sanitario, universitario, di
pubblica utilità, istituzionale.
In
tali regolamenti, ad eccezione di quello relativo gli investimenti
istituzionali (per il quale è previsto solo l’appalto), è stabilito
che “Nel caso di immobili da realizzare l'Istituto valuterà la
possibilità di ricorrere all'appalto, che rappresenta la procedura
ordinaria di realizzazione delle opere pubbliche ovvero alla
compravendita di cosa futura, qualora ne ravvisi l'utilità in relazione
a motivate e documentate esigenze di celerità, funzionalità ed
economicità sulla base della documentazione fornita”.
Negli
stessi vengono, poi, indicati gli adempimenti necessari per il ricorso
all’istituto de quo, tra i quali la richiesta, alle amministrazioni
interessate, di dichiarazioni attestanti l'infungibilità del bene, per
caratteristiche strutturali e topografiche e la perfetta rispondenza
dello stesso alle proprie esigenze; la mancanza nella zona indicata nel
decreto di immobili di proprietà pubblica che possano essere
proficuamente utilizzati; la solidità e capacità economica del
soggetto venditore; la proprietà dell'area o dell'immobile in capo al
soggetto venditore; la conformità del bene realizzato o realizzando con
le previsioni urbanistiche di zona.
Nei
suddetti regolamenti, pertanto, sono stati recepiti gli indirizzi
dell’Adunanza Generale del Consiglio di Stato del 17 febbraio 2000,
nel citato parere n. 38/99, in materia di compravendita di cosa futura,
con la previsione che la possibilità di ricorrere a tale istituto è
limitata alla presenza delle circostanze ivi indicate, rimanendo
l’appalto la procedura ordinaria di realizzazione delle opere.
Si
rileva, tuttavia, che dal testo delle disposizioni regolamentari sopra
riportate, ed in particolare dall’inciso “l'Istituto valuterà la
possibilità di ricorrere all'appalto, (…) ovvero alla compravendita
di cosa futura, qualora ne ravvisi l'utilità (…)” sembra comunque
derivare che la scelta dell’una o dell’altra procedura sia rimessa
ad una valutazione discrezionale dell’amministrazione, poiché il
ricorso all’acquisto di cosa futura non viene disciplinato come
ipotesi “eccezionalissima e marginalissima” ai sensi delle
indicazioni del Consiglio di Stato, ma come semplice “alternativa”
all’appalto. Pertanto, si ritiene che così strutturati i regolamenti
in esame possano costituire un veicolo per eludere la normativa in
materia di lavori pubblici, ai sensi della quale (art. 19 legge 109/94 e
s.m.) questi ultimi possono essere realizzati esclusivamente mediante
contratti di appalto o di concessione.
Deve,
in ogni caso, evidenziarsi, che precedentemente all’adozione dei
suddetti regolamenti, nell’attività contrattuale posta in essere
dall’INAIL, si è potuto constatare che la
compravendita di cosa futura ha costituito in passato e comunque fino
alla data di commissariamento dell’Ente la procedura usuale per
l’acquisizione (rectius realizzazione) di edifici da parte
dell’Istituto, sovente in assenza delle condizioni legittimanti il
ricorso al medesimo istituto.
Nelle
fattispecie sottoposte all’attenzione dell’Autorità, riferite
principalmente ad interventi di edilizia sanitaria, sono state, infatti,
rilevate le seguenti circostanze:
-
l’acquisto,
da parte dei venditori,
del titolo di proprietà dell’area interessata
dagli interventi da realizzare,
in epoca “sospetta”
rispetto alla determinazione dell’amministrazione di munirsi del bene;
-
l’assenza di adeguata attività comparativa
tra costi e benefici, pregressa rispetto alla stipula dei
contratti, che giustifichi il ricorso alla procedura de qua, in luogo
dell’appalto. Al riguardo, l’Istituto ha, infatti, sostenuto di non
disporre di strutture tecniche sufficienti a mettere in atto un numero
di gare tale da impegnare tutte le risorse finanziarie disponibili per
gli investimenti immobiliari dell’Istituto. In sostanza, l’Istituto
è ricorso all’acquisto di cosa futura, senza procedere alla
valutazione di cui si tratta, ritenendo semplicemente non applicabile la
legge quadro, sia per l’impossibilità di effettuare gare a causa
della carenza di strutture tecniche adeguate, sia per la natura delle
opere (in particolare, quelle relative all’edilizia sanitaria sono
considerate opere destinate immediatamente a
fini di investimento e solo mediatamente a scopi di pubblico interesse,
pertanto prive delle caratteristiche di opera pubblica o di pubblico
interesse);
-
il mancato possesso, da parte dei venditori, di requisiti di
capacità economica tali da consentire di provvedere in proprio alla
realizzazione dell’opera, che l’amministrazione acquirente deve
provvedere a pagare solo al momento della consegna finale;
-
l’utilizzo
di
procedimenti
derogatori delle prescrizioni urbanistiche, incompatibile con
l’istituto in esame;
-
infine, con riferimento all’aspetto dell’infungibilità del
bene, da considerarsi tale ad esempio, per
effetto della localizzazione in una specifica zona del territorio, deve
osservarsi quanto segue.
In
ordine a quest’ultimo aspetto, infatti, nel corso dell’esame della
problematica de qua, da parte dell’Autorità, è emerso che le scelte
relative agli investimenti immobiliari da parte dell’INAIL, sovente
derivano da programmazioni governative, dirette all’individuazione
degli interventi da realizzare mediante i c.d. “fondi disponibili”
dell’Ente, con specifica indicazione della
localizzazione degli stessi in determinate aree; circostanza questa, che
consente di riconoscere, secondo l’indirizzo del Consiglio di Stato
riportato nei citati pareri, il carattere dell’infungibilità ai
relativi interventi.
Ad
ogni modo, preme evidenziare che, pur in presenza del suddetto requisito
dell’infungibilità, al fine di ritenere legittimo il ricorso alla
tipologia contrattuale in esame, devono comunque contestualmente
sussistere anche gli altri presupposti eccezionali sopra indicati.
Con
riferimento a tale aspetto, pertanto, può affermarsi in linea generale
che il criterio dell’infungibilità può costituire un elemento
differenziale tra ricorso all’istituto in esame “volontario” e
ricorso “condizionato” da programmazioni di enti previste da norme o
da atti di indirizzo politico.
Nel
primo caso, infatti, il ricorso all’acquisto di cosa futura deriva da
scelte dell’amministrazione fondate su quella preventiva
“valutazione” circa la non praticabilità delle ordinarie procedure
di cui alla legge n. 109/94 e s.m., in relazione a specialissime,
motivate e documentate esigenze di celerità, funzionalità ed
economicità, illustrata in premessa.
In
presenza di simili circostanze, pertanto, il procedimento per addivenire
alla stipula del contratto di cui trattasi, non può che essere quello
indicato dall’Adunanza Generale, che trae origine dalla fase
“istruttoria” di cui al paragrafo A), per cui l’amministrazione
interessata dovrà previamente verificare che l’immobile da acquistare
possegga caratteristiche che lo rendono infungibile, dando conto dei
predetti “accertamenti e valutazioni” (par. A), dai quali dipende la
legittimità della scelta discrezionale.
Diverso
è il caso in cui il ricorso all’acquisto di cosa futura sia
“condizionato” da scelte programmatiche di altre amministrazioni
previste in norme o in atti di indirizzo politico.
Nei
predetti casi, infatti, può verificarsi che tali norme o atti di
indirizzo individuino in maniera specifica gli immobili da
“acquistare”, anche con riferimento alla localizzazione degli stessi
in determinate aree, per cui non risulta possibile per
l’amministrazione “attuatrice” degli stessi, compiere quella serie
di “accertamenti” costituenti la fase istruttoria del procedimento,
di cui al paragrafo A), necessari al fine di verificare la sussistenza
per gli stessi, del requisito dell’infungibilità.
Tuttavia,
deve rilevarsi che la specifica individuazione degli immobili da
acquistare, con relativa localizzazione, mediante documenti di
programmazione, costituendo un “vincolo” per la stessa
amministrazione “attuatrice”, tale da consentirle di realizzare solo
ed esclusivamente “quel bene situato in quella determinata area”,
sembra consentire comunque di riconoscere (secondo l’indirizzo
dell’Adunanza Generale) il carattere dell’infungibilità agli
interventi de quibus, in quanto “unicum” non acquisibile in altri
modi da parte della suddetta amministrazione.
In
simili circostanze il ricorso all’istituto de quo troverebbe, dunque,
il presupposto in scelte compiute in sede di programmazione degli
interventi, dalle quali deriva, per le motivazioni espresse,
l’infungibilità degli stessi, fermo restando, in ogni caso, che
l’amministrazione “attuatrice” dovrà comunque procedere alle
ulteriori “valutazioni” (rapporto costi-benefici; acquisito dal
venditore in epoca “non sospetta”; destinazione urbanistica conforme
al PRG; capacità economica etc.) indicate dall’Adunanza Generale, nel
rispetto delle quali il relativo procedimento potrà considerarsi
legittimo.
Ad
ogni modo, il ricorso all’acquisto di cosa futura, sia
“volontario” sia “condizionato” (nel senso sopra illustrato), in
quanto retto da una disciplina che deroga alla normativa sugli appalti,
deve rappresentare una procedura alla quale è possibile ricorrere solo
in presenza delle indicate “circostanze eccezionali”, costituendo le
procedure di aggiudicazione di cui alla legge quadro, l’ordinario
sistema di realizzazione delle opere pubbliche.
Sulla
base delle considerazioni espresse, e dell’esame svolto da questa
Autorità, in merito all’utilizzo dell’istituto de quo da parte
dell’INAIL, si ritiene che al fine di
stabilire la legittimità delle relative procedure in corso, occorre, da
parte dello stesso Istituto, una previa verifica dei singoli contratti,
volta all’accertamento dell’esistenza delle indicate “condizioni
eccezionali” e, ove queste ultime non vengano ravvisate, la
conseguente valutazione circa l’opportunità di procedere
all’annullamento in autotutela delle stesse.
In
merito all’esercizio di siffatto potere da parte dell’Istituto,
tuttavia, preme
evidenziare che la suddetta valutazione, secondo l’avviso espresso
dall’Autorità nella determinazione n. 17 del 10 luglio 2002, dovrebbe
tener conto della esatta individuazione degli interessi pubblici
attuali, distinti dal mero interesse al ripristino della situazione di
legittimità.
Fra
gli elementi che devono formare oggetto di apprezzamento da parte
dell’Ente, oltre a quello attinente all’economicità dell'azione
amministrativa, che potrebbe venir meno nel caso si disponesse
l’annullamento quando i lavori sono in una fase di esecuzione
avanzata, vi è quello che attiene alla tutela dell’interesse della
collettività alla fruibilità dei presidi ospedalieri, secondo
l’attuale programmazione temporale, che potrebbe risultare compromessa
nel caso si disponesse l’annullamento delle procedure poste in essere.
Occorre, dunque, tener conto dei suddetti
elementi, nonché degli affidamenti ingenerati nella parte venditrice.
In
base a quanto sopra considerato,
Il
Consiglio
Ritiene
che:
-
il ricorso alla
compravendita di cosa futura, disciplinato dall’art. 1472 del codice
civile, costituisce un’ipotesi eccezionale e marginale per
l’acquisizione di immobili da parte di pubbliche amministrazioni,
dovendo queste ultime sempre valutare preventivamente la possibilità di
ricorrere alle procedure ordinarie di realizzazione delle opere
pubbliche di cui alla legge 11 febbraio 1994 n. 109 e s.m. e, solo ove
ne verifichino la non praticabilità in relazione a specialissime,
motivate e documentate esigenze di celerità, funzionalità ed
economicità, possono acquisire l’immobile con la procedura della
compravendita di cosa futura, purché sussistano i presupposti e siano
rispettate le condizioni all’uopo indicate dall’Adunanza Generale
del Consiglio di Stato del 17 febbraio 2000, nel parere n. 38/99;
-
manda all’Ufficio Affari Giuridici perché comunichi la
presente deliberazione all’INAIL.
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