Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori , servizi
e forniture
Determinazione n. 5 del 30
maggio 2007
Contenzioso in fase di esecuzione: Accordo Bonario
IL
CONSIGLIO
Premesse
Un’indagine dell’Autorità, relativa all’applicazione della
procedura del componimento accelerato delle controversie in fase di
esecuzione, ha evidenziato una serie di problematiche che richiedono
particolare attenzione da parte delle Stazioni Appaltanti.
La
procedura accelerata di componimento bonario del contenzioso,
prevista dall’art. 31 bis della legge 109/94 e ora contemplata
all’art. 240 del nuovo codice degli appalti, denominata “accordo
bonario”, può essere attivata quando l’ammontare delle riserve
superi in percentuale il 10% dell’importo contrattuale; la ragione
di tale limite è facilmente individuabile nel fatto che il valore
economico della controversia deve essere significativo in rapporto
all’entità dell’appalto, cioè tale da costituire un serio
impedimento al regolare prosieguo dei lavori.
L’istituto dell’accordo bonario si pone, quindi, quale procedura di
carattere eccezionale rispetto alla ordinaria trattazione delle
riserve, che ne rinvia la definizione al collaudo finale.
Negli ultimi quattro anni, all’istituto in questione
sono state apportate sostanziali modifiche con l’introduzione di
alcune disposizioni correttive.
Rispetto alla originaria previsione, la legge
166/2002 ha introdotto:
-
una limitazione nel numero di accordi bonari da
poter sottoscrivere nel corso dell’appalto (la procedura può
essere reiterata una sola volta);
-
la costituzione di una apposita commissione per
l’analisi delle riserve e la formulazione di una proposta di
accordo bonario. Negli appalti di importo inferiore a €
10.000.000 la costituzione della commissione non è obbligatoria
e può far parte della stessa anche il responsabile del
procedimento (i componenti della commissione percepiscono il
compenso di cui al D.M. 2 dicembre 2000 n. 398 ridotto del 50%).
Il D.Lgs. 163/2006 ha recepito la disposizione del
Regolamento 554/99 richiedendo espressamente al Responsabile del
procedimento di valutare l’ammissibilità e la non manifesta
infondatezza delle riserve ai fini dell’effettivo raggiungimento del
limite del valore
Ha, inoltre, esteso la
procedura ai “settori esclusi” e ai contratti di servizi e forniture
fatti salvi alcuni adattamenti resi necessari dalla peculiarità del
procedimento finalizzato alla realizzazione di opere pubbliche.
Sulla questione delle
procedure da porre in essere per la definizione delle controversie
l’Autorità si è già pronunciata con appositi atti di determinazione
e di deliberazione; in particolare, ha dato indicazioni sulle
modalità operative e sulle richieste che possono essere oggetto di
accordo (Determinazioni n. 22/2001 e n. 26/2002).
Fenomeni riscontrati
L’analisi degli accordi
bonari pervenuti in adempimento allo specifico comunicato del
Presidente dell’Autorità in data 04/06/2001, ha evidenziato alcune
questioni di carattere generale riguardanti l’applicazione del
procedimento in questione. In particolare le circostanze ricorrenti
sono le seguenti:
-
l’ammontare di quanto riconosciuto in sede di
accordo bonario è notevolmente inferiore alle pretese iscritte a
riserva (ed inferiore, altresì, alla soglia de 10% dell’importo
contrattuale);
-
il ricorrere, da parte di alcune imprese,
sistematicamente a tale procedura avanzando sempre le medesime
riserve (essenzialmente carenza progettuale, sorpresa geologica,
andamento anomalo del cantiere);
-
l’elevata percentuale del ribasso generalmente
offerto in sede di gara.
La circostanza di cui al punto 1 appare
significativa della pretestuosità delle richieste iniziali,
rivelatesi poi esorbitanti in sede di definizione dell’accordo; la
sopravvalutazione economica delle riserve, stimando artificiosamente
il valore della controversia quale maggiore del 10% di quello
contrattuale, ha consentito di attivare la procedura di accordo
bonario.
L’importo degli accordi, acquisiti dall’Autorità nel
periodo 1999-2004, varia, infatti, da un decimo ad un terzo
dell’iniziale richiesta formulata dall’impresa nella quasi totalità
dei casi; solo una esigua percentuale di accordi bonari (16 su 649)
si è conclusa con il riconoscimento all’impresa di una somma
prossima a quella inizialmente richiesta (80%-100% dell’importo
richiesto).
Tali risultati evidenziano una contraddittorietà
con le disposizioni del DPR 554/99, ora richiamate anche nel D.Lgs.
163/2006, circa la necessità di valutare - ai fini del
raggiungimento del limite del 10% dell’importo contrattuale e,
quindi, dell’attivazione del procedimento - la non manifesta
infondatezza delle riserve.
In sostanza, si registra un’applicazione distorta
dell’accordo bonario, che, pur essendo, nelle previsioni del
legislatore, istituto di carattere eccezionale destinato a risolvere
situazioni di particolare criticità, viene spesso strumentalmente
utilizzato dalle imprese per pervenire, in tempi brevi, al
riconoscimento di determinate richieste economiche.
La circostanza di cui sopra appare confermata anche
dalle affermazioni frequenti delle S.A., negli stessi accordi, di
procedere soltanto per evitare che il contenzioso si prolunghi
ulteriormente a danno dell’amm.ne, che sembrano prescindere da una
approfondita valutazione del merito delle riserve.
E’ evidente, pertanto, come una procedura finalizzata
ad assicurare il regolare proseguo dell’appalto, evitando che questo
debba interrompersi, o comunque risentirne negativamente, per
effetto di una insostenibile maggiore onerosità della prestazione
richiesta all’impresa, spesso diventa strumento di quest’ultima per
esercitare una forte pressione sulla stazione appaltante,
finalizzata ad ottenere riconoscimenti economici che sarebbero
difficilmente presi in considerazione al termine dell’appalto.
Sul secondo punto sembra, invece, emergere una
specializzazione di alcune imprese nel contestare sistematicamente
le scelte progettuali e/o le attività poste in essere dalla
Direzione Lavori, al fine di ottenere un riconoscimento economico.
Al riguardo si osserva come il riconoscimento, da
parte del Responsabile del Procedimento, della fondatezza di
richieste legate a presunte carenze del progetto, sia per effetto di
circostanze imprevedibili che per errori o omissioni nella redazione
dello stesso, comporti la necessità di richiedere alle competenti
figure istituzionali (progettista e direttore dei lavori) la
redazione di una perizia di variante, essendo questa – e non
l’accordo bonario - lo strumento normativo previsto in tale
eventualità (art. 132 del D.lgs. 163/2006).
Nel caso, poi, in cui le esigenze di apportare
modifiche ed integrazioni al progetto siano riconducibili ad errore
progettuale ed eccedano il quinto dell’importo contrattuale, la
stazione appaltante, secondo quanto disposto dal comma 4 del citato
art. 132, è legittimata a risolvere il contratto.
In relazione al terzo punto emerge, poi, una stretta
relazione tra il ricorso all’accordo bonario ed il forte ribasso (in
genere superiore al 20%) offerto in sede di gara. L’accordo bonario
appare, pertanto, strumentalmente utilizzato dall’impresa per
correggere la formulazione di offerte non pienamente ponderate in
sede di appalto o, comunque, recuperare parte del ribasso offerto.
E’ evidente, circa tale aspetto, che l’accordo
bonario può riconoscere solo i maggiori oneri dell’impresa per
effetto di circostanze sopravvenute, non rilevabili in sede di
partecipazione all’appalto, in quanto, altrimenti, verrebbe ad
alterare le condizioni economiche definite dalla gara (ad esempio:
maggiori compensi per situazioni di disagio, riferite all’area di
cantiere in cui si opera, già note in sede di offerta; maggiori
oneri per consegne parziali già contemplate nei documenti di gara).
In definitiva dalle informazioni acquisite emerge
chiaramente un uso improprio del procedimento, che dovrebbe essere
finalizzato a risolvere eccezionali situazioni di criticità, per le
quali il rinvio della trattazione delle riserve potrebbe determinare
seri problemi per il prosieguo dei lavori, stante la rilevante
incidenza economica dei maggiori oneri per l’impresa.
Invece, il procedimento:
- appare spesso attivato sulla
base di richieste pretestuose;
- viene spesso utilizzato per il
riconoscimento di ulteriori e maggiori lavori, che dovrebbero essere
contemplati in una variante in corso d’opera;
- sembra a volte prestarsi
strumentalmente al perseguimento, da parte dell’impresa, di
maggiori compensi per oneri già presenti in sede di formulazione
dell’offerta.
Alla luce delle
precedenti considerazioni, l’Autorità richiama l’attenzione dei
responsabili dei procedimenti di:
- valutare con attenzione, prima
di attivare il procedimento dell’accordo bonario, la fondatezza
delle riserve ai fini del raggiungimento del limite del 10%
dell’importo contrattuale, avvalendosi anche di supporti
professionali appropriati quando la specificità tecnica o giuridica
delle riserve lo richieda;
- procedere, quando le riserve
attengano a circostanze imprevedibili o ad errori o omissioni nella
redazione del progetto, che impongono la modifica o integrazione
dello stesso, a richiedere alle competenti figure istituzionali
(progettista e direttore dei lavori) la redazione di una perizia di
variante, essendo questa – e non l’accordo bonario - lo strumento
normativo previsto in tali circostanze (art. 132 del D.lgs.
163/2006);
- impedire che l’accordo bonario
possa essere strumentalmente utilizzato dall’appaltatore per
ottenere maggiori compensi per oneri già contemplati in sede di
gara, alterando di fatto le condizioni economiche definite dalla
gara stessa.
Resta inteso che, ove vengano accertati profili di danno per il
pubblico erario in relazione ad una distorta applicazione
dell’istituto dell’accordo bonario, l’Autorità procederà a segnalare
lo specifico caso alla competente Procura della Corte dei Conti per
i provvedimenti di competenza.