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   Autorità Vigilanza Lavori Pubblici  

Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici

Alle SOA

Società organismi di attestazione S.p.A.

 

Comunicato n. 73 del 16 maggio 2012

Tassatività delle fattispecie delineate dall’articolo 76, comma 9, D.P.R. 207/2010. L’impossibilità di equiparare il comodato d’azienda all’affitto impedisce all’impresa comodataria di avvalersi, ai fini della qualificazione, dei requisiti dell’impresa comodante.

 

CONSIDERATO IN FATTO

Sono stati richiesti all'Autorità chiarimenti in ordine al rilascio dell'attestazione di qualificazione di un soggetto comodatario di una azienda o di un ramo di azienda, avvalendosi dei requisiti speciali inerenti l’impresa concessa in comodato.

 

CONSIDERATO IN DIRITTO

La fattispecie sulla quale è stato richiesto il parere dell'Autorità riguarda l'applicabilità, in caso di comodato di azienda, dei principi contenuti nelle Determinazioni n. 5 del 21 aprile 2004, n. 5 del 26 febbraio 2003 e n. 11 del 5 giugno 2002, in tema di rilascio di attestazioni relative ad imprese cedenti e ad imprese cessionarie di aziende o di rami di aziende, nonché, in caso affermativo, se occorra la perizia giurata di stima del compendio aziendale, così come disposto per i trasferimenti di azienda dall'art. 76, comma 9, del D.P.R. n. 207/2010.

La disciplina regolamentare in materia - vigente e previgente - consente al nuovo soggetto “in caso di fusione o di altra operazione che comporti il trasferimento di azienda o di un suo ramo” di avvalersi, per la propria qualificazione, dei requisiti posseduti dalle imprese che ad esso hanno dato origine (art. 76, comma 9 del D.P.R. n. 207/2010 e art. 15, comma 9 del D.P.R. n. 34/2000), con l'ulteriore precisazione contenuta nell'attuale disciplina regolamentare - che “Nel caso di affitto di azienda l'affittuario può avvalersi dei requisiti posseduti dall'impresa locatrice se il contratto abbia durata non inferiore a tre anni”.

La disposizione di cui all'art. 76, comma 9, del D.P.R. n. 207/2010 va interpretata in combinato disposto con gli artt. 51 e 116 del D.Lgs. n. 163/2006.

L’art. 51 del D.Lgs n. 163/2006, in deroga al generale principio della non modificabilità del soggetto partecipante alla procedura di gara, consente l'ammissione alla gara, all'aggiudicazione e alla stipulazione, previo accertamento dei requisiti generali e speciali, solo al cessionario, all'affittuario ovvero al soggetto risultante dall'avvenuta trasformazione, fusione o scissione, senza citare il comodatario; l'art. 116 del D.Lgs. n. 163/2006, prevede la possibilità di subentro nella titolarità dei contratti di appalto in corso di esecuzione, in deroga al principio generale di non modificazione del contraente individuato con procedure ad evidenza pubblica (art. 118, comma 1, del D.Lgs. n. 163/2006, contenente divieto di cessione del contratto), solo in determinate ipotesi, quali “Le cessioni di azienda e gli atti di trasformazione, fusione e scissione relativi ai soggetti esecutori di contratti pubblici” e a seguito del positivo accertamento dei requisiti in capo al nuovo soggetto. Tali ipotesi, proprio perché derogatorie di principi generali, sono da ritenersi tassative e di stretta interpretazione, per cui ne è consentita l'interpretazione estensiva, ma non quella analogica. Ciò comporta che le cessioni di azienda, ai sensi dell'art. 116 del D.Lgs. n. 163/2006, che consentono il subentro nella titolarità dei contratti di appalto in corso di esecuzione sono solo quelle espressamente previste dall'art. 2558 c.c., ossia l'acquisto dell'azienda e l'affitto dell'azienda, con possibilità di ricomprendere in queste ipotesi, attraverso lo strumento dell'interpretazione estensiva, anche le cessioni di ramo d'azienda e l'affitto di ramo d'azienda, come peraltro chiaramente esplicitato dal legislatore nell'art. 51 del D.Lgs. n. 163/2006, ma con assoluto divieto di estendere tali ipotesi, in via analogica, a fattispecie come il comodato di azienda.

Da tali specifiche disposizioni legislative in materia di appalti pubblici, discende, dunque, che, ove tra le "operazioni che comportano il trasferimento di azienda", di cui all'art. 76, comma 9, del D.P.R. n. 207/2010, si contempli il comodato di azienda, riconoscendo in tal senso la possibilità per l'impresa comodataria di azienda di attestarsi sulla base dei requisiti ricavabili dall'azienda ottenuta in godimento, ci si troverebbe di fronte alla paradossale situazione dell'impossibilità giuridica della comodataria di subentrare all'impresa comodante sia nella posizione di concorrente ad eventuali procedure di gara in corso, sia nella titolarità dei contratti di appalto in corso di esecuzione.

Pertanto, a prescindere dalla indiscutibile idoneità, generalmente riconosciuta al contratto di comodato di azienda, di permettere al comodatario di acquistare un diritto personale di godimento dell'azienda, il comodatario non potrebbe durante il comodato gestire le attività in essere dell'azienda comodante, in evidente contrasto con la causa stessa del contratto di comodato.

Ragioni di ordine sistematico inducono, pertanto, con riguardo al caso di specie, ad interpretare il silenzio del legislatore in ordine al comodato di azienda (sia del codice civile, art. 2558, sia del legislatore del Codice dei contratti pubblici, artt. 51 e 116, sia dello stesso Regolamento, art. 76, comma 9) nel senso della volontà di non consentire all'impresa comodataria di azienda di attestarsi utilizzando i requisiti dell'azienda comodante in godimento.

Anche riflessioni interpretative delle disposizioni del Codice Civile portano alla medesima conclusione. Coerentemente con la natura gratuita dell’istituto, il codice civile detta una serie di disposizioni volte a salvaguardare la posizione del comodante, quali: la previsione che attribuisce al comodante il diritto alla restituzione anticipata della cosa (art. 1809, comma 2 del c.c.) e quella che consente il comodato senza determinazione di durata, c.d. comodato precario (art. 1810 c.c.).

Tali disposizioni sono palesemente incompatibili con l'art. 76, comma 9 del D.P.R. n. 207/2010, che relativamente all'affitto di azienda richiede una durata minima di tre anni.

Una siffatta estensione normativa pare, invero, costituire una forzatura difficilmente compatibile con la struttura del contratto di comodato, in quanto idonea a "sbilanciare" oltremodo, a vantaggio del comodatario, l'equilibrio contrattuale, che già si caratterizza per il fatto che le obbligazioni da esso nascenti non si trovano fra loro in relazione di sinallagmaticità , in quanto il sacrificio economico è solo del comodante.

Pertanto, le SOA non potranno attestare in forza del suddetto contratto di comodato, ed in virtù delle su esposte motivazioni, le imprese comodatarie d’azienda, non rientrando la fattispecie del comodato d’azienda nei commi 9 e 10 dell’art. 76 del D.P.R. 207/2010.

Per quanto riguarda la sorte degli attestati nel frattempo rilasciati, in forza di contratti di comodato d’azienda già stipulati, le SOA che li hanno emessi dovranno dichiararne la decadenza.

Tuttavia, le imprese comodatarie, per evitare la decadenza dell’attestato, potranno, in accordo con le imprese comodanti, procedere ad una modificazione del contratto di comodato ovvero ad una novazione oggettiva dello stesso con un titolo idoneo a conseguire comunque la titolarità dell’azienda e, quindi, il diritto al mantenimento dell’attestato.

Il Presidente

Sergio Santoro

 

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