Consiglio di
Stato - Sezione IV - Decisione 22 marzo 2001 n. 1683
Progetto opera
pubblica - Approvazione - Dichiarazione di pubblica utilità implicita -
Inefficacia per decorso del termine - Riapprovazione del progetto -
Presupposti - Nuovo procedimento
FATTO
Con le sentenze
in epigrafe il Tar dell’Umbria ha provveduto-previa riunione- su sette
ricorsi come segue.
Ha dichiarato
improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse i due ricorsi
proposti, dal sig. Valerio da Fu Biagio Valerio ed altri (n.854\89 e n.
513\90) avverso rispettivamente:
la delibera della
Giunta regionale dell'Umbria 23 settembre 1988, n. 6856, che ha
modificato il piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti
- il decreto del Presidente
della Giunta regionale 11 maggio 1990, n. 262 di riapprovazione del
“progetto integrato smaltimento rifiuti solidi urbani- discarica
controllata loc. case S.Orsola di Spoleto nonché la sottostante
delibera della stessa Giunta regionale 6 marzo 1990, n. 1837,
contenente oltre l’indizione della gara per l’affidamento dei
relativi lavori.
La medesima
sentenza ha dichiarato improcedibili per carenza di interesse anche i
due ricorsi (n. 75/90 e n. 126/91) proposti dalla signora Marcella
Marini ed altri, l'uno avverso la citata delibera, n. 6856/1988, il
decreto del presidente della Giunta regionale 28 dicembre 1988, n. 647,
di approvazione del progetto integrato relativo alla discarica in
parola, e la sottostante deliberazione della Giunta regionale 23
settembre 1988, n. 6859, l'altro avverso gli stessi atti impugnati col
secondo dei ricorsi dal Fu Biagio.
Riteneva il Tribunale che detti ricorsi avessero ad oggetto una serie
di atti assorbiti e superati da successive determinazioni regionali
circa la discarica controllata di S. Orsola (delibera della Giunta
regionale 26 aprile 1995, n.3096, confermativa della idoneità del
sito di S.Orsola per la realizzazione del progetto, sulla base di uno
studio conoscitivo di approfondimento, nonché D.p.g.r. 1 giugno 1995,
n. 411, recante sia la riapprovazione del progetto integrato ai sensi
della legge n. 1/1978, e 549/95, sia l'autorizzazione alla occupazione
di urgenza degli immobili occorrenti per la realizzazione della
discarica a favore della S.n.c. “Colombo centro costruzioni, nonché
sottostante deliberazione della Giunta regionale 25 maggio 1995, n.
3990). Secondo il primo giudice, un ipotetico accoglimento dei ricorsi
non sarebbe risultato di alcuna utilità per i ricorrenti che si
troverebbero di fronte agli atti regionali che nel 1995 hanno
motivatamente riproposto, dopo una complessa procedura di riesame, le
stesse scelte operate nel 1988.
In ordina la
quinto ricorso (n.622\95), contro gli indicati provvedimenti del 1995,
il Tar dichiarava l’inammissibilità perché il soggetto proponente
(Movimento federativo democratico Regione Umbria), non risultava essere
associazione di protezione ambientale, individuata con decreto
ministeriale e come tale legittimata, ex artt.13 e 18 l.8 luglio 1986,
n.349, a ricorrere in sede giurisdizionale amministrativa per
l’annullamento di atti illegittimi. In particolare, la partecipazione
al procedimento di riesame, di per sé sola, non poteva creare la
legittimazione principale in capo ad un soggetto intervenuto nel
procedimento amministrativo, non potendosi prescindere da un interesse
sostanziale individualizzato e qualificato, e non potendosi questo
radicare nell’essere chiamato ad esprimere un parere nel corso del
procedimento.
Il sesto ed il
settimo ricorso (n. 677/95 e n. 921/95) proposti rispettivamente dal
sig. Valerio fu Biagio ed altri, nonché dalla signora Maria Chiara
Marini (delibera G.R. n. 3096/95 e n. 3990/95; decreto P.R.G. n. 411/95
e n. 549/95) avverso gli stessi atti del 1995 impugnati anche con i
precedenti ricorsi, venivano dichiarati inammissibili nella parte in cui
riproponevano, come illegittimità derivata, i vizi già dedotti contro
gli atti deliberativi del 1988-1990, di approvazione della variante al
piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti e di approvazione del
progetto integrato della discarica di S. Orsola, atti ritenuti assorbiti
e superati dalle successive deliberazioni regionali del 1995. I ricorsi
erano invece ritenuti infondati nella parte in cui censuravano
direttamente gli atti regionali del 1995. In particolare, la delibera
G.R. 26 aprile 1995 , n.3096, di presa d'atto delle conclusioni del
disposto studio conoscitivo di approfondimento, non sarebbe stata
affetta da difetto di istruttoria e di motivazione. La dichiarazione di
pubblica utilità dell’opera, poi, era collegabile più che
all’approvazione del progetto al piano urbanistico di settore, cioè
al piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti, che prevedeva la
realizzazione dell’opera. Perdurando tali previsioni, l’opera stessa
doveva ritenersi di pubblica utilità e suscettibile di essere
realizzata. Pertanto, il decorso del triennio dalla prima approvazione
del progetto non impediva né una nuova dichiarazione di pubblica utilità
né la riapprovazione del progetto con la fissazione di nuovi termini
per le procedure espropriative e i lavori.
Appella il Fu
Biagio sostenendo che, relativamente alla statuizione di improcedibilità
dei ricorsi diretti avverso le delibere originarie del 1988-1990
sussiste una palese contraddittorietà della sentenza appellata poiché
non è possibile prospettare che da un lato è venuto meno l’interesse
alla contestazione del piano di settore (variante di cui alla delibera
n.6856\88) e che, da altro lato, essendo il piano vigente ed
immodificato, permaneva, anche nel 1995, la sua valenza di dichiarazione
di pubblica utilità quanto alle aree occorrenti per la realizzazione
della discarica di S.Orsola, giustificante la riapprovazione del
progetto. In conseguenza, si sarebbero dovuti approfondire e decidere
tutti i motivi dedotti con i ricorsi dichiarati improcedibili,
espressamente riproposti.
Sussisteva,
inoltre, l’interesse alla contestazione della delibera della Giunta
regionale n. 1837/90, impugnata con i ricorsi dichiarati improcedibili,
perché con tale provvedimento la Regione aveva per la prima volta
fissato i termini per il compimento delle procedure di espropriazione
delle aree occorrenti per realizzare la discarica, termini non fissati
nella delibera della Giunta regionale n. 6859/88. L’integrazione in
questione costituiva un illegittimo tentativo di sanare la dichiarazione
di pubblica utilità ex lege collegata alla citata delibera n. 6859/88.
Dunque l’azione finalizzata a negare l’assoggettabilità ad
espropriazione delle aree de quibus, per denunziato difetto
invalidante gli atti di approvazione del progetto aventi valenza di
dichiarazione di pubblica utilità, continuava a presentarsi utile per i
ricorrenti anche al momento della decisione, successivamente alla
riapprovazione del progetto, preseguente un iter mai posto nel nulla.
Da annullare è
pure la statuizione di inammissibilità delle censure di illegittimità
derivata formulata nei confronti della Giunta regionale n. 3096 e n.
3990 del 1995. Esse trovavano il loro presupposto nel piano del 1988,
cosicchè l’annullamento del piano si estenderebbe agli atti che lo
concretizzano, ritraendone i vizi in via derivata.
Viene, poi,
dedotto che risulta apodittica la motivazione della sentenza ritiene
infondate le censure di carenza di istruttoria e di difetto di
motivazione nei riguardi della delibera n.3096\95, essendo mancata da
parte della Regione l’esternazione del modo con cui sono stati
confrontati e ponderati gli interessi coinvolti, tenendo per di più
estraneo alla determinazione definitiva il Comune di Spoleto.
IL Tar non ha,
poi, ben compreso le censure con le quali è stato dedotto che, decaduta
per scadenza dei termini previsti dall’art.13 della l. n. 2359/1865
l’efficacia di una dichiarazione di pubblica utilità derivante da
un’approvazione progettuale, l’Amministrazione può riapprovare il
progetto, con il detto connesso effetto declaratorio, ma deve
previamente rinnovare il procedimento, effettuando una nuova valutazione
degli interessi pubblici e privati coinvolti. Lo stesso T.A.R. è
partito da un macroscopico errore, quello di ritenere che la
dichiarazione di pubblica utilità discendesse dalla vigenza del piano
di settore, mentre la l. n. 441/87, art.3 bis, prevede che
l’approvazione del progetto e non del piano comporta dichiarazione di
pubblica utilità e l’art.6 del D.p.r. n. 915/82 non connette
all’approvazione del piano l’effetto in questione. Il primo giudice
ha omesso di considerare che la riapprovazione del progetto risultava
deliberata in esito ad un procedimento non rispettoso dell’art.3 bis
della l. n.441/87 e che, pertanto, essa era inficiata dalla violazione
di tale norma speciale, che rendeva inapplicabile la procedura
semplificata generalizzata di cui all’art. 1 della l n.1/1978.
La stessa
sentenza è stata, altresì, appellata dalle sigg.re Maria Chiara Marini
e Marcella Marini, che hanno dedotto censure dello stesso tenore di
quelle svolte con l’appello del Fu Biagio.
Ha, poi,
proposto appello l’associazione “Movimento federativo democratico-
Regione Umbria”, che contesta la negatoria della propria
legittimazione processuale operata dal Tar, sostenendo di essere stato
non semplice interveniente nel procedimento di localizzazione della
discarica rinnovato ad iniziativa della Regione, ma di avere avuto la
qualità legittimante di parte di un accordo procedimentale ai sensi
dell’art.11, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241. La
controversia tra le parti dunque sarebbe stata attinente all’accordo
stesso e, come tale, riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, ai sensi dell’art.11, comma 5, della cennata l. n.
241. Nel merito degli atti impugnati l’associazione ha fatto rinvio ai
motivi di censura esposti in primo grado.
Si è
costituita la Regione Umbria, deducendo la carenza di legittimazione del
primo appellante, nonché l’inammissibilità dei gravami per carenza
di interesse, essendosi ormai verificata l’accessione invertita in
virtù dell’irreversibile trasformazione dei fondi occupati per la
realizzazione della discarica, e l’infondatezza delle censure degli
appelli di cui chiede, pertanto, il rigetto.
Si sono
costituiti, altresì il Comune di Spoleto, il Consorzio servizi
ambientali (C.S.A.), succeduto, medio tempore, il Consorzio smaltimento
rifiuti “ Valle Umbria” e la s.n.c. Colombo centro costruzioni,
deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza degli appelli.
La Sezione, con
decisione interlocutoria 21 dicembre 1999, n. 1895 riuniti i tre
appelli, ha ordinato al Sig. Valerio Fu Biagio di produrre idonea
documentazione attestante la sua qualità di proprietario o residente in
aree limitrofe a quelle di realizzazione della contestata discarica.
L’interessato,
in esecuzione della predetta pronunzia ha depositato il 19 febbraio
2000, fra l’altro, una visura catastale intestata al genitore Filippo
Fu Biagio, nonché stralcio di carta topografica evidenziante la
posizione dei terreni e della casa di quest’ultimo rispetto alla
discarica.
Alla pubblica
udienza del 5 dicembre 2000, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.
L’appello proposto dall’Associazione Movimento federativo
democratico Regione - Umbria (numero di ruolo generale 9736 del 1997)
deve essere respinto, confermandosi sul punto la decisione appellata,
nella parte in cui dichiara il difetto di legittimazione a ricorrere di
tale ente.
Come
correttamente evidenziato dai primi giudici, il suddetto Movimento non
risulta essere associazione di protezione ambientale individuata con
decreto ministeriale e come tale legittimata, ai sensi degli articoli 13
e 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349, istitutiva del Ministero
dell’ambiente, ad intervenire nei giudizi per danno ambientale ed a
ricorrere in sede giurisdizionale amministrativa per l’annullamento di
atti illegittimi.
Deve, inoltre,
escludersi che la partecipazione sotto diversi profili del Movimento
Federativo Democratico – Regione Umbria all’attività procedimentale
in esame abbia attribuito necessariamente legittimazione processuale a
tale associazione.
Ciò va detto
sia con riguardo alla partecipazione di tale ente alla “Speciale
commissione tecnica” per la valutazione comparativa di idoneità dei
siti di possibile realizzazione della discarica (commissione
istituita nella riunione del 27 gennaio 1992 dei Sindaci dei Comuni
interessati), sia con riferimento alla proposta del suddetto Movimento
di costituzione di un’equipe alla quale demandare la scelta
conclusiva del sito per la realizzazione dell’opera pubblica,
indicazione accolta dalla Giunta regionale con la deliberazione 26
aprile 1993, n. 2221. In particolare, quest’ultima vicenda non
comporta di per sé l’attribuzione di legittimazione processuale al
menzionato Movimento neppure ove se si acceda alla tesi, prospettata
dall’associazione, per cui la delibera della Regione dovrebbe
configurarsi come atto di stipulazione di un accordo procedimentale.
In proposito va
ribadito che l’articolo 9 della legge 7 agosto 1990, n. 241, nel
prevedere la facoltà di intervento nel procedimento dei soggetti “portatori
di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa
derivare un pregiudizio dal provvedimento”, non riconosce di per sé
legittimazione processuale a tutti i soggetti portatori di interessi
collettivi che abbiano in concreto partecipato al procedimento.
La norma in
esame, infatti, -a differenza di quelle che attribuiscono a specifici
enti esponenziali di interessi collettivi la facoltà di partecipare ad
un particolare procedimento- si limita a sancire un principio generale.
È, quindi, rimesso, rispettivamente, all’Amministrazione procedente
ed all’Autorità giudiziaria il compito di verificare nel singolo caso
se il soggetto interveniente abbia effettiva legittimazione
procedimentale e processuale in quanto portatore di un interesse
differenziato e qualificato, senza che la valutazione operata in sede di
procedimento vincoli quella da rinnovarsi nella sede processuale.
In tal senso la
giurisprudenza di questo Consiglio ha già avuto modo di precisare che
la natura delle situazioni giuridiche soggettive non muta per effetto
dell’intervento di fatto nel procedimento amministrativo. Pertanto, la
legittimazione procedimentale riconosciuta dall’articolo 9 della legge
7 agosto 1990, n. 241, ai portatori di interessi diffusi lascia
impregiudicata la questione dei limiti entro i quali, in sede
contenziosa, può assicurarsi tutela a tali interessi e deve, in ogni
caso, escludersi che le valutazioni compiute dall’Amministrazione
nell’ammettere un intervento nel procedimento amministrativo possano
vincolare il giudice in ordine all’identificazione dei soggetti che
devono necessariamente partecipare al processo (Sez. VI, 30 dicembre
1996, n. 1792; Sez. IV, 4 settembre 1992, n. 724).
Queste
conclusioni devono confermarsi anche quando l’Amministrazione
addivenga alla stipulazione di accordi ai sensi dell’articolo 11 della
legge n. 241 del 1990 “al fine di determinare il contenuto
discrezionale del provvedimento finale […]”. Tali accordi,
infatti, possono validamente stipularsi solo con i soggetti “interessati”,
e la valutazione compiuta dall’organo procedente quanto
all’individuazione di tali soggetti non vincola l’Autorità
giudiziaria e non conferisce di per sé legittimazione processuale alle
controparti del negozio in ordine all’impugnazione del provvedimento
conclusivo.
2. Il gravame
proposto dal sig Valerio Fu Biagio (numero di ruolo generale 9734 del
1997) va, parimenti, dichiarato inammissibile in quanto il medesimo, a
seguito della decisione istruttoria di questa Sezione 21 dicembre 1999,
n. 1895, non ha prodotto documenti idonei a provare la sua posizione
legittimante alla proposizione del ricorso.
Tutta la
documentazione depositata in atti dall’interessato in data 19 febbraio
2000 concerne, infatti, la posizione del genitore Filippo Fu Biagio, che
risulta essere proprietario di terreno non distante dall’area di
localizzazione della discarica di S. Orsola di Spoleto, ma che non ha
proposto ricorso.
Per contro il
ricorrente Valerio Fu Biagio, figlio del nominato Filippo Fu Biagio, non
ha fornito prova della sua qualità di proprietario o residente in aree
limitrofe a quelle di realizzazione della contestata discarica, né,
d’altro canto, la sua aspettativa successoria nei confronti del
genitore appare sufficiente a radicare un interesse certo ed attuale al
ricorso.
Va, inoltre,
escluso che il ricorrente abbia proposto ricorso in nome per conto
del padre, non avendo dichiarato e provato la sua ipotetica qualità di
procuratore generale del genitore autorizzato espressamente e per
iscritto, ai sensi dell’articolo 77, comma 1° c.p.c., a stare in
giudizio per il preponente e, quindi, a conferire il mandato speciale ad
lites richiesto dall’art. 35, comma 1°, R.D. 26 giugno 1924, n.
1054.
3. Passando
all’esame dell’appello proposto dalle sig.re Maria Chiara e Marini
Marcella Marini, la posizione delle due ricorrenti deve essere
considerata partitamente.
La proposizione
di appello con ricorso collettivo non esclude, infatti, la necessità di
considerare separatamente i motivi di gravame fatti valere dalle singole
parti ricorrenti, quando la posizione processuale delle stesse sia, come
nel caso di specie, differenziata.
3.1 Quanto alla
sig.ra Maria Chiara Marini, va dichiarato inammissibile il primo motivo
di gravame dalla stessa dedotto, diretto all’annullamento degli atti
deliberativi regionali del 1988 di approvazione della variante al piano
regionale per lo smaltimento dei rifiuti e di approvazione del progetto
integrato della discarica di S.Orsola (deliberazioni di Giunta regionale
23 settembre 1988, n. 6856 e 6859 e d.P.G.R. 28 dicembre 1988, n. 647)
nonché degli altri atti presupposti, conseguenti ed esecutivi (delibera
del Consiglio del Consorzio smaltimento rifiuti valle umbra 9 settembre
1988, n. 16 e delibera assembleare di ratifica 28 aprile 1989, n. 5;
delibera della Giunta comunale di Spoleto 13 settembre 1988, n. 1635 e
delibera consiliare di ratifica 2 dicembre 1988, n. 354; delibera
assemblea Consorzio . Valle Umbra 28 aprile 1989, n. 4; ordinanza del
sindaco di Spoleto 23 novembre 1989, n. 449; avviso del Presidente del
Consorzio Valle Umbra 9 gennaio 1990, n. 2).
Può, infatti,
osservarsi che la nominata non è stata parte ricorrente nei giudizi di
primo grado numeri di registro generale T.a.r. 854/89 e 75/90,
introdotti da altri soggetti per l’impugnazione di tali atti, sicché
le censure avverso i suddetti provvedimenti sono proposte dalla sig.ra
Maria Chiara Marini per la prima volta in sede di gravame e devono
dichiararsi inammissibili in quanto domande nuove, in conformità alla
previsione dell’articolo 345, comma 1°, c.p.c., (ex multis,
sez. VI, 31 luglio 1987, n. 506; sez. V, 29 dicembre 1987, n. 833; id.
16 aprile 1987, n. 251).
3.2 Per
analoghe ragioni sono inammissibili anche le censure avverso il d.P.G.R.
11 maggio 1990, n. 262 e contro le deliberazioni di Giunta regionale 6
marzo 1990, n. 1837; 27 settembre 1988 e 13 febbraio 1990, n. 1138,
fatte valere con il secondo motivo di appello, considerato che la
predetta ricorrente non era parte nei giudizi di primo grado numeri di
registro generale T.a.r. 513/90 e 126/91.
3.3 Con i
successivi motivi di appello la sig.ra Maria Chiara Marini ripropone le
censure dedotte in primo grado avverso i provvedimenti oggetto del
giudizio numero di ruolo generale T.a.r. 921 del 1995 (la deliberazione
di Giunta regionale 26 aprile 1995, n. 3096 di presa d’atto dello
studio commissionato per la definitiva scelta del sito della discarica a
servizio del bacino di utenza 4 e di scelta definitiva del sito di S.
Orsola; la deliberazione di Giunta regionale 25 maggio 1995, n. 3990 ed
il d.P.G.R. 1 giugno 1995, n. 411 di riapprovazione del progetto; il
d.P.G.R. 28 agosto 1995, n. 549 che autorizza l’occupazione
d’urgenza delle aree e le delibere di G.R. 14 ottobre 1992, n. 7756 e
19 luglio 1995, n. 5788).
In particolare,
l’appellante deduce sia vizi propri di tali atti sia l’illegittimità
derivata degli stessi, conseguente all’illegittimità delle già
menzionate determinazioni amministrative del 1988-1990.
La censura di
illegittimità derivata dei cennati provvedimenti del 1992-1995, dedotta
con il terzo mezzo di gravame, è inammissibile.
Deve
richiamarsi a tale riguardo la giurisprudenza di questo Consiglio
secondo cui è inammissibile il ricorso teso all’annullamento di un
atto applicativo viziato da invalidità derivata, quando non risulti
ritualmente impugnato l’atto presupposto (Cons. St., sez. V, 16
gennaio 1981, n. 3), non essendo consentita al giudice amministrativo la
disapplicazione incidenter tantum di un atto presupposto non
avente natura normativa. Una volta divenuto inoppugnabile l’atto
presupposto, non possono, infatti, farsi valere gli eventuali vizi di
tale atto in sede di impugnazione di atti applicativi che lo richiamino.
3.4 Il quarto,
il quinto ed il sesto motivo di gravame proposti dalla nominata
ricorrente sono invece ammissibili in quanto diretti a far valere vizi
propri delle indicate determinazioni regionali del 1995.
In proposito va
precisato che i suddetti provvedimenti – come rilevato dal Giudice di
prime cure - non sono meramente confermativi delle precedenti
determinazioni del 1988-90, ma anzi superano ed assorbono i pregressi
provvedimenti costituendo una rinnovata manifestazione di volontà
dell’Amministrazione, espressa sulla base di nuovi elementi
istruttori.
Tale rilievo
vale, in particolare per la deliberazione di Giunta regionale 26 aprile
1995, n. 3096, considerato che l’organo regionale indica
definitivamente come idoneo il sito di S.Orsola e stabilisce di
procedere alla realizzazione del progetto preso atto dello “studio
conoscitivo di approfondimento per la scelta definitiva del sito e la
realizzazione della discarica al servizio del bacino di utenza n. 4” e
vista “la differenza di stretta misura tra l’idoneità del sito di
Case S.Orsola e quella del sito ottimale di Colle di Papa Nord”. Lo
stesso può dirsi anche con riguardo agli atti conseguenti, come la
deliberazione di Giunta regionale n. 3990 del 1995 ed il d.P.G.R. n. 411
del 1995, con cui è nuovamente approvato il progetto integrato
dell’opera, anche ai sensi dell’articolo 1 della legge 3 gennaio
1978, n. 1, e come il d.P.G.R., che ha disposto l’occupazione
d’urgenza dei beni immobili occorrenti per la realizzazione della
discarica controllata in favore dell’impresa “Colombo Centro
Costruzioni S.n.c.”.
Il ricorso,
poi, non può ritenersi tardivo, in quanto l’onere di dare prova
dell’effettiva conoscenza o comunicazione degli atti impugnati grava
sulla parte che propone la relativa eccezione e, nel caso di specie non
è stato soddisfatto. Inoltre, in mancanza della istituzionalizzazione
normativa del sistema di pubblicità degli atti amministrativi
regionali, la pubblicazione di deliberazioni di organi regionali sul
bollettino ufficiale della regione ha mero valore notiziale e
costituisce forma di pubblicità facoltativa, come tale inidonea a
concretare la conoscenza legale dell’atto ai fini della decorrenza del
termine per l’impugnazione (Sez. VI, 24 aprile 1986, n. 333; Ad. Plen.,
22 ottobre 1985, n. 20; Sez. IV, 14 dicembre 1982, n. 839).
3.5 Tanto
premesso, il sesto motivo di appello dedotto dalla sig.ra Maria Chiara
Marini – assorbite le censure di mancato avviso dell’inizio del
procedimento (quarto motivo) e di carenza di motivazione e istruttoria
(quinto motivo) - è fondato.
Giova
premettere che, a mente dell’articolo 3-bis, comma 1° della legge 29
ottobre 1987, n. 441, introdotto in sede di conversione del decreto
legge 31 agosto 1987, n. 361 recante disposizioni urgenti in materia di
smaltimento dei rifiuti, “[…] la regione provvede all’istruttoria
dei progetti dei nuovi impianti di trattamento e di stoccaggio dei
rifiuti urbani, speciali, nonché tossici o nocivi, mediante apposita
conferenza cui partecipano i responsabili degli uffici regionali
competenti nonché i rappresentanti degli enti locali interessati. La
conferenza acquisisce e valuta tutti gli elementi relativi alla
compatibilità del progetto con le esigenze ambientali e territoriali.
Sulla base delle risultanze della conferenza, la giunta regionale
approva il progetto entro centoventi giorni dalla data di presentazione
agli uffici regionali competenti”.
Il secondo
comma del citato articolo 3-bis prevede poi che “l’approvazione ai
sensi del comma 1°, sostituisce, ad ogni effetto, visti, pareri,
autorizzazioni e concessioni di competenza di organi regionali,
provinciali e comunali; costituisce, ove occorra, variante dello
strumento urbanistico generale e comporta la dichiarazione di pubblica
utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”.
Nella
fattispecie in esame in data 20 settembre 1988 veniva indetta la
prevista conferenza di servizi presso i competenti uffici della Regione
Umbria e, all’esito della stessa, con deliberazione di Giunta
regionale 23 settembre 1988, n. 6859, e con d.P.G.R. 28 dicembre 1988,
n. 647 era approvato il progetto integrato esecutivo di smaltimento per
i rifiuti solidi urbani relativo alla discarica controllata di 1a
categoria in località Case S.Orsola di Spoleto, con l’espressa
previsione che “gli impianti di che trattasi sono dichiarati di
pubblica utilità ed i relativi lavori sono considerati indifferibili ed
urgenti”.
Con successiva
determinazione di Giunta regionale 6 marzo 1990, n. 1837 veniva fissato
un termine triennale per la conclusione dei lavori (“giorni 1094 dalla
sopradetta data di consegna”).
Decorso il
triennio senza che l’opera fosse stata completata, e venuta pertanto
meno l’efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, la Regione
Umbria, acquisiti ulteriori elementi istruttori, con deliberazione di
Giunta regionale 25 maggio 1995, n. 3990 provvedeva a “approvare
nuovamente, anche ai sensi dell’articolo 1 della legge 3 gennaio 1978,
n. 1, il progetto integrato smaltimento rifiuti solidi urbani –
Discarica controllata loc. Case Sant’’Orsola di Spoleto […]”,
fissando un nuovo termine triennale per il compimento dei lavori,
decorrente dalla data di emissione del decreto del Presidente della
Giunta Regionale conseguente alla predetta deliberazione (d.P.G.R. 1°
giugno 1995, n. 411).
Tale intervento
si rendeva necessario in quanto la dichiarazione di pubblica utilità
dell’opera si ricollega, giusta la specifica previsione del citato
secondo comma dell’articolo 3-bis della legge n. 441 del 1987,
all’approvazione del progetto dell’impianto da parte della Giunta
regionale. Questo effetto non consegue, invece, come ritenuto dai primi
giudici, all’approvazione del piano urbanistico di settore che
individua le zone di realizzazione degli impianti di smaltimento dei
rifiuti (nella specie il piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti
di cui alla legge regionale 24 agosto 1987, n. 44), perché il d.P.R. 10
settembre 1982, n. 915, che disciplina il suddetto piano, non
attribuisce tale efficacia al relativo provvedimento di approvazione.
Lamenta,
tuttavia, l’appellante che la Regione, superato il termine per il
completamento dei lavori, non poteva limitarsi a rinnovare
l’approvazione del progetto, ma avrebbe dovuto iniziare nuovamente
l’intero procedimento previsto a tal fine dal citato articolo 3-bis
della legge n. 441 del 1987, onde conseguire l’effetto della
dichiarazione implicita di pubblica utilità dell’opera, in
particolare riconvocando la menzionata conferenza di servizi.
Tale censura è
meritevole di accoglimento.
In proposito
deve ricordarsi che, giusta la previsione dell’articolo 13, comma 3°
della legge 25 giugno 1865, n. 2359, a seguito del decorso del termine
per il compimento dei lavori la dichiarazione di pubblica utilità
diviene inefficace “e non potrà procedersi alle espropriazioni se non
in forza di una nuova dichiarazione ottenuta nelle forme prescritte
dalla presente legge”.
La
giurisprudenza ha avuto modo di precisare che la reiterazione nelle
forme di legge della dichiarazione di pubblica utilità scaduta, ai
sensi del citato articolo 13, comma 3°, deve avvenire mediante il nuovo
svolgimento del procedimento amministrativo strumentale alla detta
dichiarazione, di guisa che si possa tenere conto sia delle
determinazioni di tutti gli organi amministrativi legittimati ad
interloquire, sia dell’attuale assetto dei luoghi e degli eventuali
mutamenti sopravvenuti alla dichiarazione divenuta inefficace per
scadenza dei termini (Cass., Sez. Un., 2 agosto 1994, n. 7191).
Tale regola,
pur essendo dettata con riguardo all’ipotesi di dichiarazione di
pubblica utilità con provvedimento esplicito, esprime un principio
generale riferibile a tutte le ipotesi di dichiarazione anche implicita
di pubblica utilità dell’opera. La scadenza del termine per il
completamento dei lavori impone, infatti, una nuova compiuta
considerazione delle ragioni di pubblico interesse che tuttora
giustificano la realizzazione dell’opera, sulla base della
rinnovazione dell’intero procedimento e di una completa istruttoria.
Nel caso di
specie, la nuova convocazione della conferenza di servizi di cui al
citato articolo 3-bis della legge n. 441 del 1987 si rendeva,
poi, a maggior ragione necessaria in quanto nelle more la Regione aveva
compiuto una nuova indagine istruttoria, che aveva indicato la
sussistenza anche di un altro sito idoneo ad ospitare la discarica,
addirittura più adatto di quello scelto in località S. Orsola.
In particolare,
con deliberazione della Giunta regionale 24 marzo 1994, n. 2289 era
stato conferito ad uno studio professionale privato l’incarico di
elaborare un’indagine conoscitiva per la scelta definitiva del sito e
la realizzazione della discarica in esame. Tale indagine aveva indicato
quale luogo ottimale per la realizzazione dell’impianto il sito di
Colle di Papa Nord, ritenuto, sia pure di stretta misura, preferibile
rispetto a quello di Case S. Orsola.
Le cennate
deliberazioni regionali del 1995 di riapprovazione del progetto non sono
state, quindi, adottate sulla base del mero recupero degli elementi
istruttori a suo tempo acquisiti, bensì anche sulla base di nuovi dati.
Era, pertanto,
indispensabile che tali nuovi elementi istruttori venissero sottoposti
all’esame della conferenza di servizi.
L’omessa
previa convocazione della prevista conferenza di servizi comporta,
quindi, l’illegittimità sia della deliberazione di Giunta regionale
26 aprile 1995, n. 3096, di scelta definitiva del sito di S. Orsola, sia
della deliberazione di Giunta regionale 25 maggio 1995 n. 3990 e del
d.P.G.R. 1 giugno 1995, n. 411, di riapprovazione del progetto
dell’opera pubblica, nonché degli atti conseguenti quali il
d.P.G.R. 28 agosto 1995, n. 549 che autorizza l’occupazione
d’urgenza delle aree, e la delibera di Giunta regionale 19 luglio
1995, n. 5788.
4. Con riguardo
alle censure dedotte dalla sig.ra Marcella Marini deve premettersi che -
pur in presenza di differenti posizioni processuali - la posizione
sostanziale della stessa è inscindibile da quella della sorella Maria
Chiara Marini, in quanto, come dichiarato alla pagina 4 del ricorso
introduttivo di data 2 dicembre 1995, le due ricorrenti sono
comproprietarie al 50% di beni interessati dalla procedura espropriativa
(Fol. 77, Particelle 28, 38 e 35; Fol. 78, Particelle 3, 4, 5, 13, 14,
15, 26, 27 e 28; Fol. 79, Particelle 2, 3, 54, 56 e 57).
L’accoglimento
nei termini precisati dell’appello proposto dalla sig.ra i Maria
Chiara Marini giova, quindi, quanto meno sotto il profilo
dell’efficacia riflessa del giudicato amministrativo, anche alla
sig.ra Marcella Marini e fa venire meno l’interesse della predetta
alla decisione sui motivi di gravame dedotti unitamente alla sorella.
Viene così
superato ed assorbito ogni eventuale rilievo in ordine
all’ammissibilità dell’appello proposto dalla sig.ra Marcella
Marini, che, a differenza della sorella, non era parte del giudizio
numero di ruolo generale T.a.r. 921 del 1995 e non aveva, pertanto, mai
impugnato in primo grado i summenzionati provvedimenti regionali del
1995.
5. Per
le suesposte considerazioni l'appello proposto dal sig. Valerio Fu
Biagio deve essere dichiarato inammissibile, mentre il gravame proposto
dall’associazione Movimento Federativo Democratico Regione Umbria va
respinto.
L’appello
proposto dalla sig.ra Maria Chiara Marini va accolto nei termini e nei
limiti di cui in motivazione, e per l’effetto, in riforma della
decisione impugnata, va accolto il ricorso proposto dalla medesima.
Il gravame
proposto dalla sig.ra Marini Marcella va dichiarato improcedibile.
Sussistono
ragioni per compensare tra tutte le parti le spese dei due gradi del
giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di
Stato in Sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente
pronunciando sui tre ricorsi riuniti indicati in epigrafe, dispone come
segue:
1°) –
dichiara inammissibile l’appello proposto dal sig. Fu Valerio Biagio;
2°) –
respinge l’appello proposto dal Movimento Federativo Democratico -
Regione Umbria;
3°) –
accoglie, nei termini e nei limiti di cui in motivazione, l’appello
proposto dalla sig.ra Maria Chiara Marini, e per l’effetto, in riforma
della decisione impugnata, accoglie il ricorso proposto dalla medesima;
4°) –
dichiara improcedibile l’appello proposto dalla sig.ra Marcella
Marini.
Compensa tra le
parti le spese del giudizio.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
|