Info Appalti - Gli Appalti in un Click - Normativa appalti - gare - appalti - news appalti - consulenza appalti
   Giurisprudenza  

Consiglio di Stato - Sezione V - Decisione del 22 marzo 2001 n. 1684
Appalti - Lettera di invito - Modificazioni dei criteri di aggiudicazione del bando di gara in caso di particolare urgenza e gravità

FATTO

L’impresa ricorrente espone di aver partecipato alla gara, indetta dalla prefettura di Siracusa con bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 17 marzo 1999 n. 63, con il sistema della licitazione privata, per l’appalto dei lavori di costruzione e restauro della Basilica di Noto (cattedrale di San Nicolò) per un importo a base d’asta di lire 29.043.953.720.

     Riguardo ai criteri di aggiudicazione, il punto 2 del bando di gara prevedeva il sistema del massimo ribasso di cui all’art. 21 della legge 109/94. La lettera di invito (di cui alla nota della prefettura di Siracusa 17 maggio 1999 n. 41/D.L.162/96/Prot.Civ./Gab.) prescriveva che la licitazione avrebbe avuto luogo ai sensi dell’art. 21 della legge 11.2.1994, n. 109, per mezzo di offerte segrete e con il criterio del prezzo più basso, inferiore a quello posto a base di gara, determinato mediante ribasso unico sull’elenco dei prezzi. Stabiliva, poi, sotto la voce “norme e avvertenze” che l’appalto sarebbe stato aggiudicato al concorrente che avesse presentato … “l’offerta che eguagli o, in mancanza, più si avvicini per difetto alla media dei ribassi offerti”. La media sarebbe stata calcolata escludendo il 10% (arrotondato all’unità superiore) dei ribassi maggiori e il 10% dei ribassi minori. Il valore medio risultante, sarebbe stato, pertanto, la media dei restanti ribassi.

Con nota 21 maggio 1999 l’impresa SIRE chiedeva chiarimenti in ordine ai criteri di aggiudicazione: se erano quelli stabiliti dall’art. 21 della legge n. 109/94, o quelli indicati alle “norme e avvertenze” della lettera d’invito del 17 maggio 1999. Nel riscontrare la richiesta, con nota 26 maggio 1999, la prefettura di Siracusa precisava che il criterio di aggiudicazione era quello specificato a pag. 6 della lettera d’invito, e ciò … al fine di conferire maggiore speditezza alle procedure di gara, in armonia con le disposizioni di cui alle ordinanze del Ministero dell’interno n. 2857, dell’1.10.1998 e n. 2977, del 15.4.1999, quest’ultima intervenuta dopo la pubblicazione del bando. Nella formulazione del bando di gara e nella successiva lettera d’invito si era fatto ricorso la facoltà conferita … dalle ordinanze ministeriali sopra citate di derogare in tutto in parte, fra gli altri, al vigente art. 21 della legge 11 febbraio 1944 n. 109.

     All’esito delle operazioni di gara, la prefettura di Siracusa, con verbale 22 giugno 1999, ha aggiudicato la gara all’impresa Donati S.p.a., con il criterio di aggiudicazione indicato nella lettera d’invito e non con l’applicazione del criterio del massimo ribasso, che avrebbe consentito l’aggiudicazione della gara all’impresa ricorrente.

     La S.p.A. SIRE ha adito il Tar del Lazio con l’unica censura articolata di violazione del bando di gara e del procedimento ad evidenza pubblica in relazione all’art. 97 cost e di violazione dell’art. 21, comma 1 e 1/bis, l. n. 109/94 nonché della direttiva 97/37/CEE, sostenendo che la prefettura non poteva modificare la disciplina della gara con il diverso criterio di aggiudicazione introdotto nella lettera d’invito. Lo jus variandi successivo al bando non era, anzitutto, giustificato dalla facoltà di deroga prevista dalla disciplina degli interventi nelle zone colpite dagli eventi sismici e in particolare dalle ordinanze del Ministero dell’interno n. 2857, dell’1.10.1998 e n. 2977, del 15.4.1999. Una volta indicato il criterio di aggiudicazione nella lettera di invito con rinvio all’art. 21, l. n. 109/94, il prefetto non poteva derogarlo, richiamando genericamente l’esigenza di accelerazione del procedimento ma individuando le specifiche circostanze derogatorie. Il bando di gara era, poi, stato pubblicato quando era già stata emanata l’ordinanza 1° ottobre 1998, senza che il prefetto avesse ritenuto di applicare la facoltà di deroga: questi non poteva, avvalersene in prosieguo, se non in presenza di circostanze eccezionali non specificamente menzionate nella lettera d’invito.

     Innanzi al primo giudice si sono costituiti la Prefettura di Siracusa e l’impresa Donati S.p.a., che hanno chiesto il rigetto del ricorso, previa declaratoria d’irricevibilità dell’atto introduttivo, perché notificato oltre il termine di cui al decreto-legge 25 marzo 1997 n. 67 convertito nella legge 23 maggio 1997 n. 135.

     Con la decisione in epigrafe, il tribunale amministrativo regionale del Lazio dichiarava irricevibile il ricorso perché tardivamente proposto nei riguardi della lettera d’invito, ritenuto provvedimento immediatamente lesivo della posizione giuridica del ricorrente, e, pertanto, da impugnare nel termine di trenta giorni ex art. 19, d.l. 67/97, senza attendere la conclusione della gara. La prima decisione dichiarava, inoltre, inammissibile il ricorso, nella parte in cui non deduceva specifiche censure avverso la lettera di chiarimenti del prefetto di Siracusa ed il verbale di aggiudicazione. Respingeva, infine, la domanda di risarcimento del danno.

     La sentenza è stata impugnata dall’impresa SIRE. Nel presente giudizio si sono costituiti la Prefettura di Siracusa e l’impresa Donati S.p.a., chiedendo il rigetto dell’appello.

D I R I T T O

1. In accoglimento dell’eccezione proposta dall’impresa Donati, aggiudicataria della licitazione privata indetta dalla prefettura di Siracusa, per l’appalto dei lavori di costruzione e restauro della Basilica di Noto (cattedrale di San Nicolò) con importo a base d’asta di lire 29.043.953.720, la sentenza impugnata ha dichiarato irricevibile il ricorso dell’impresa SIRE nei confronti della lettera d’invito, perché proposto oltre il termine dell’art. 19 del decreto legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito nella legge 23 maggio 1997, n. 135.

     L’impresa SIRE aveva, infatti, impugnato l’aggiudicazione all’impresa Donati S.p.a., di cui al verbale 22 giugno 1999 della prefettura di Siracusa, ma non si era tempestivamente gravata nei confronti della lettera d’invito, che, alla voce “norme e avvertenze”, aveva introdotto il criterio della media dei ribassi (sulle offerte comprese nel 10% dei ribassi maggiori e nel 10% dei ribassi minori) in sostituzione del massimo ribasso, stabilito in origine dal bando, che avrebbe consentito all’impresa ricorrente di aggiudicarsi la gara.

     Nella scia della giurisprudenza di questo Consiglio, la decisione impugnata ha confermato l’obbligo di impugnare tempestivamente i criteri di scelta, per l’immediatezza della lesione, che si verifica sin da quando essi sono assunti a regola di comportamento, rispetto alla quale l’eventuale aggiudicazione al concorrente che li ritenga illegittimi è puramente accidentale e non lo esime dal proporre le dovute censure nei termini di legge.

     Il Collegio ritiene di confermare tale principio e respingere quindi gli assunti dell’appellante, che individua nell’aggiudicazione il momento in cui sorge la lesione effettiva e diretta in capo al concorrente, in quanto tenuto a formulare l’offerta in ogni caso e ad attendere l’esito della gara.

     Deve infatti essere al riguardo rilevato che la semplice aspettativa di rimanere aggiudicatario non influisce sul momento in cui insorge l’obbligo di impugnare il provvedimento sfavorevole al partecipante alla gara, che va individuato con riferimento all’immediatezza della lesione. Tale evento si verifica non già con il venire meno dell’aspettativa del concorrente, allorché pretermesso, sebbene con il cambiamento del criterio di aggiudicazione recato nella lettera d’invito, la cui conoscenza determina l’insorgere dell’interesse ad impugnare, e, conseguentemente la decorrenza del termine per ricorrere.

     Il carattere della clausola, "ex  se" lesivo dell'interesse del concorrente, ne comportava l’onere di immediata ed autonoma impugnativa, per il carattere meramente consequenziale e vincolato dei successivi provvedimenti, indipendentemente dal momento in cui essi fossero stati in concreto adottati (Cons. Stato (Ad. Plen.) (ord.), 4 dicembre 1998, n. 1; IV, 20 ottobre 1998, n. 659).

     Va, conclusivamente disattesa la censura di erroneità della prima decisione, che ha affermato la decorrenza del termine dalla conoscenza della lettera d’invito e non dall’esito sfavorevole della gara per l'impresa S.I.R.E..

2. Degli altri motivi d’appello, va anzitutto disatteso quello con il quale si ritiene che il ricorso di primo grado, notificato il 22 luglio 1999, sarebbe tempestivo rispetto alla nota del 25-26 maggio 1999, di chiarimenti sui criteri di aggiudicazione contenuti nella lettera d’invito (in data 17 maggio 1999), affatto esplicita sul punto e (secondo la società SIRE) priva di contenuto immediatamente lesivo, per costituire provvedimento impugnabile.

     Anche a voler prescindere dall’esplicito tenore della novella introdotta nella voce “norme e avvertenze” della lettera d’invito, rispetto alla quale il “chiarimento” del prefetto di Siracusa riveste portata soltanto confermativa, inidonea ad influire sul verificarsi della lesione e quindi sulla decorrenza del termine, la notificazione del ricorso nei confronti della nota di chiarimenti è intervenuta oltre il termine dimidiato stabilito dall’art. 19, D.L. 25 marzo 1997, n. 67 per impugnare i provvedimenti di aggiudicazione delle opere pubbliche.

3. Ferma perciò restando la correttezza della decisione impugnata, che ha individuato il provvedimento impugnabile nella lettera d’invito e non nella nota di chiarimenti, il Collegio non ritiene di riscontrare nella fattispecie al suo esame le difficoltà interpretative che giustificherebbero la rimessione in termini dell’appellante per errore scusabile.

3.1 Sul piano letterale, proprio per dirimere qualsiasi incertezza interpretativa, in sede di conversione del decreto legge, all’espressione «aventi ad oggetto provvedimenti di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità»  contenuta nel primo comma dell’art. 19 è stato anteposto l’inciso «provvedimenti relativi a procedure di affidamento di incarichi di progettazione e attività tecnico-amministrative ad essa connesse e». Nel successivo terzo comma, all’espressione «I termini processuali sono ridotti della metà»  è stato, poi, premesso un significativo « tutti »  (Cons. Stato, Ad. plen. 24 gennaio 2000, n. 1).

     E’ pertanto inequivoco che i “provvedimenti” cui si applica l’art. 19 del decreto legge n. 67 sono tutti quelli relativi alla procedura, come appare dalla relazione alla legge di conversione n. 135, che stabilisce l’obiettivo della norma nel ridurre i tempi dei processi amministrativi “relativamente al settore della realizzazione delle opere pubbliche, o di pubblica utilità”.

3.2 La possibilità prospettata dall’appellante di una lettura della disposizione volta ad escludere dal dimezzamento i provvedimenti diversi dall’aggiudicazione, perde definitivamente rilievo, poi, se si considera l’intero contenuto dell’art. 19, che, oltre a quelle di gara, comprende “le procedure di occupazione ed espropriazione delle aree ad esse destinate …”.

Sul piano sistematico, infatti, non esiste alcuna ragione per applicare i termini abbreviati a tutti i provvedimenti che compongono le procedure espropriative e per poi escluderli, ove trattisi di bandi di gara, perché diversi dagli … “incarichi di progettazione … e provvedimenti di aggiudicazione, affidamento ed esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità …”.

     Non è dato ravvisare alcun giustificato motivo per ritenere operanti due diversi regimi – quello ordinario e quello dimidiato – con riferimento alle sole controversie aventi ad oggetto gare pubbliche, a fronte dell’applicazione del solo regime dimidiato per tutte quelle riguardanti gli espropri.

4. Del resto, anche quando, cessata l’emergenza del decreto “salvacantieri”, il legislatore ha inteso contenere gli effetti acceleratori del processo amministrativo delle esigenze di celerità e di certezza nel settore delle opere pubbliche, lo ha fatto diversificando il regime dei termini del processo senza effettuare un analogo intervento sui provvedimenti oggetto dell’impugnazione.

     Nel riassetto di cui all’art. 4, comma 2°, l. 21 luglio 2000 n. 205, sono stati ridotti alla metà i termini degli atti processuali successivi alla proposizione dell’atto introduttivo e ricondotto, invece quest’ultimo, nella disciplina generale e uniforme per tutti i provvedimenti. Non è stato istituito alcun regime diversificato d’impugnazione a seconda della collocazione dei provvedimenti nella procedura di gara, come discenderebbe dall’accoglimento delle tesi dell’appellante.

4.1 Né infine è possibile riconoscere al bando (o alla lettera d’invito) una valenza diversa dall’aggiudicazione della gara, per la diversità degli effetti che spiegano sulla realizzazione dell’opera pubblica, il primo di stabilirne le regole e il secondo di individuarne l’esecutore, che risponderebbero a diverse esigenze di definitività della procedura, non tutte prevalenti sul diritto di difesa.

     Più che espressione della salvaguardia del diritto di difesa, appare manifestazione di una petizione di principio, distinguere nella procedura di gara, gli atti nei quali prevale l’esigenza di dare corso all’opera pubblica, da quelli diretti a stabilirne le regole, per la maggior rilevanza dei quali l’esigenza di celerità recede a vantaggio della legittimità dell’azione amministrativa, propria del regime ordinario dei termini.

     Anche a volere ammettere la conformità al diritto di difesa di una lettura dell’art. 19 d.l. n. 67/79 diretta a diversificarne la portata a seconda dell’efficacia dei provvedimenti sulla realizzazione dell’opera pubblica, appare inevitabile la dubbia conformità ai precetti di logica e razionalità – anche costituzionalmente rilevanti - dell’introduzione nel sistema di una distinzione fra provvedimenti che, nonostante perseguano la medesima finalità, abbiano diversa efficacia e diverso regime impugnatorio.

5. L’atto introduttivo del ricorso risulta, del resto, notificato alla prefettura di Siracusa ed all’aggiudicataria il 22 luglio 1999, e pertanto oltre due anni dopo la pubblicazione (nella Gazzetta ufficiale del 24 maggio 1997, n. 119) della legge n. 135/97 di conversione del decreto legge n. 67/97 (a sua volta pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 26 marzo 1997, n. 71): non è pertanto sostenibile che, al momento del giudizio di primo grado, vi fossero ancora incertezze nell’individuazione dei provvedimenti impugnabili tali da giustificare la concessione ex officio dell’errore scusabile.

5.1 Né giustifica la rimessione in termini la circostanza che né la lettera d’invito né i successivi chiarimenti del prefetto contenessero l’avvertenza circa il termine e l'autorità a cui ricorrere, come sancito dall'art. 3, comma 4, l. 7 agosto 1990, n. 241.

     Nell’impugnazione dei provvedimenti di gara, non esistono dubbi sul giudice da adire, dato il carattere esclusivo, ai sensi dell’art. 33 e 35 del d.lgs 31 marzo 1998, n. 80, della giurisdizione del giudice amministrativo né sul termine per l’impugnativa, che segue il regime decadenziale, proprio dei giudizi amministrativi.

     A parte ogni considerazione circa l’ammissibilità della richiesta, non sorregge poi l’assunto dell’appellante il carattere dei provvedimenti di avvio della procedura di gara, da assimilare agli atti a contenuto generale, non suscettibili di notifica agli interessati, come richiede il comma 4° dell’art. 3, l. 241/90, perché siano indicati il termine e l'autorità cui è possibile ricorrere, e affinché il difetto di tale indicazione possa produrre conseguenze rilevanti in qualsiasi modo per quanto concerne la sorte delle impugnazioni.

5.2   Va al proposito precisato che l’assimilazione agli atti a contenuto generale dei provvedimenti di avvio della gara, va intesa nel senso meramente figurativo e non sostantivo: che il bando rappresenti lex generalis della gara ha valenza di mera semplificazione e di assimilazione del medesimo agli atti subnormativi.

     Da ciò consegue, con riguardo alla richiesta del ricorrente di disapplicazione in via incidentale, che tale possibilità appare limitata al solo atto di coordinamento e di indirizzo, non vincolante né avente carattere provvedimentale, tale da non precludere una corretta esegesi del sistema normativo in vigore, pertanto, esulano da essa i provvedimenti a carattere esecutivo ed imperativo, come sono i bandi di gara, la cui disapplicazione nella parte in cui collegano al decorso dei termini la decadenza da ogni gravame, porterebbe all’inaccettabile conseguenza dell’elusione della disciplina dei termini, con pregiudizio degli interessi – parimenti tutelati – della certezza e della tempestività nelle opere pubbliche.

6. L’esigenza - conclamata nei chiarimenti 25 maggio 1999, con richiamo alle ordinanze del Ministero dell’interno n. 2857 del 1998 e n. 2977 del 1999 - di conferire maggiore speditezza alla gara ed accelerare l’obiettivo della ricostruzione, induce, infine il Collegio a ritenere superato ogni contrasto con l’art. 30 della direttiva 93/37/CEE della deroga al criterio del prezzo più basso ex art. 21, l. n. 109/94, introdotta nelle “note e avvertenze” della lettera d’invito, in favore dell’offerta che eguagli o, in mancanza, più si avvicini per difetto alla media dei ribassi offerti.

     E’, invero, da disattendere l’assunto della ricorrente che le esigenze evidenziate nelle ordinanze prefettizie consentissero la sola abbreviazione dei tempi della procedura di aggiudicazione e non già lo scostamento dal criterio di aggiudicazione al prezzo più basso.

     A parte ogni riserva sul contrasto con i principi comunitari dell’individuazione dell’aggiudicatario con la cosiddetta offerta mediata, la situazione di allarme sociale che si era determinata a causa del ritardo con il quale era stato dato corso alla ricostruzione della Basilica di Noto, giustificava l’ampia discrezionalità del prefetto nello stabilire criteri di gara anche discostandosi dai principi generali, stante il limite alla prevalenza dell’ordinamento comunitario nelle situazioni di necessità comunque determinatesi.

7. Quanto alla domanda tesa ad ottenere il risarcimento del danno, dichiarata inammissibile dal primo giudice e reiterata nell'atto d'appello, va rilevato che, se è vero che è ormai venuta meno la necessaria pregiudizialità della pronunzia sulla illegittimità dell'atto rispetto alla domanda di risarcimento, non può tuttavia ritenersi che questa sia in ogni caso ammissibile allorchè il provvedimento amministrativo sulla cui illegittimità si fonda sia divenuto inoppugnabile.

      Infatti, per restare nell'ambito della presente fattispecie, poichè l'illegittimità del provvedimento è uno degli elementi costitutivi dell'illecito causativo del danno, deve ritenersi precluso all'interessato di far valere la pretesa al risarcimento allorchè, come nella specie, egli

 

non abbia esercitato i mezzi di tutela offerti dall'ordinamento che gli avrebbero consentito di ottenere la reintegrazione in forma specifica (nella specie, infatti, il ricorrente, qualora avesse proposto tempestivamente l'impugnazione, avrebbe potuto ottenere l'aggiudicazione).

      Conclusione, questa, che deriva, oltre che dall'applicazione dei principi civilistici (art. 1227 cod.civ.), dal doveroso contemperamento dei principi di civiltà giuridica conseguenti al riconoscimento della risarcibilità della lesione degli interessi legittimi con quelli di doverosa tutela degli interessi, anche patrimoniali, dell'amministrazione.

8. L’appello va pertanto respinto, anche se le spese del presente grado devono compensarsi fra le parti per la delicatezza e la complessità della questioni trattate.

P. Q. M.

     Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sul ricorso in premesse, lo respinge, confermando l’impugnata decisione. Compensa fra le parti le spese di giudizio.

 

Studio NET - Info App@lti Tutto il materiale in questo sito è © 2001 Studio NET