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   Giurisprudenza  

Consiglio di Stato - Sezione Sesta - Decisione del 22 gennaio 2001 n. 192
Appalti pubblici - Aggiudicazione - Impugnazione clausole del bando dopo aggiudicazione

DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, in accoglimento del ricorso della Società Italiana di Monitoraggio (SIM) S.p.A , ha annullato tutti gli atti del procedimento di aggiudicazione, alla ATI Sovis e alla soc. Protos, dei due lotti oggetto della gara, indetta il 21 marzo 1998 dalla Società per l’Imprenditoria Giovanile S.p.A. (I.G.), per l’affidamento, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio di monitoraggio delle iniziative ammesse alle agevolazioni della legge n.95 del 1995, ritenendo fondate le censure rivolte contro il bando, per la parte in cui ha prescritto l’inclusione in unica busta dell’offerta tecnica e di quella economica, per violazione del principio che impone la separazione della valutazione dell’elemento di carattere automatico (prezzo) da quelli tecnici, ponderabili discrezionalmente.

Con la medesima decisione il primo giudice ha, anche, ritenuto illegittimo il diniego di accesso alla documentazione di gara opposto dalla I.G. alla Soc. SIM, ordinando l’esibizione della documentazione stessa.

2. I due distinti appelli principali, proposti dalla Soc. Sovis e dalla Soc. Protos avverso la decisione anzidetta, vanno riuniti e decisi contestualmente, insieme con l’appello incidentale (improprio) della Società Sviluppo Italia, succeduta, per fusione per incorporazione, alla I.G..

3. La Soc. Protos ripropone, in questa sede, l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia, per mancanza, nel soggetto appaltante, di una delle condizioni (art.1, lett. b), comma 2 Direttiva 92/50 CEE) richieste per la qualificazione come "organismo di diritto pubblico" (tenuto, in quanto tale, alla applicazione del D. L.vo 17 marzo 1995, n.157 in materia di appalti di pubblici servizi), in quanto l’I.G. (società per azioni) non sarebbe stata istituita per soddisfare bisogni generali, bensì esigenze strumentali ad interessi industriali (e, quindi, a questi ultimi assimilabili) né godrebbe di pubblici finanziamenti, non potendosi includere fra questi la partecipazione azionaria del Ministero del Tesoro.

3.1. L’eccezione, come giustamente rilevato dal T.A.R. (il quale, contrariamente a quel che afferma l’appellante, ha preso in esame le medesime argomentazioni ora riproposte), è destituita di fondamento.

3.2. Il D. L.vo n.157/95, che detta le disposizioni in materia di aggiudicazione di appalti di pubblici servizi, ricomprende, nel suo ambito di applicazione, le gare indette, oltre che dalle Amministrazioni dello Stato e dagli enti pubblici, anche dagli "organismi di diritto pubblico comunque denominati".

A sua volta, l’art.1 della Direttiva 92/50/CEE del 18 giugno 1992 specifica che per organismo di diritto pubblico si intende qualsiasi organismo istituito per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale; avente personalità giuridica e la cui attività è finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti locali o da organismi di diritto pubblico, oppure la cui gestione è soggetta al controllo di questi ultimi.

Orbene, la Società per l’Imprenditoria Giovanile è stata costituita, in forza di un’espressa previsione di legge (D.L. n.26/95, convertito dalla legge n.95 del 1995), con il compito di produrre servizi a favore di organismi ed enti anche territoriali, imprese ed altri soggetti economici, finalizzati alla creazione di nuove imprese e al sostegno delle piccole e medie imprese, costituite prevalentemente da giovani tra i 18 e i 29 anni, ovvero formate esclusivamente da giovani tra i 18 e i 35 anni, in ciò subentrando nelle funzioni già esercitate dal Comitato per lo sviluppo dell’Imprenditoria Giovanile e dalla Cassa depositi e prestiti, ai sensi del D.L. 30 dicembre 1985, n.786, convertito, con modificazioni, dalla L. 28 febbraio 1986, n.44, e nei relativi rapporti giuridici e finanziari e rendendosi destinataria di finanziamenti nazionali e dell'Unione europea.

Detta società è stata preordinata, dunque, a perseguire gli obiettivi dello sviluppo di una nuova imprenditorialità e dell'ampliamento della base produttiva e occupazionale giovanile, che sono individuati direttamente dal legislatore come finalità di interesse generale per il Paese.

Oltre tutto, essa è succeduta nei rapporti posti in essere da organismi indubbiamente di rilevanza pubblica, come il Comitato per lo sviluppo dell’Imprenditoria Giovanile e la Cassa Depositi e Prestiti, ed opera, come essa stessa afferma (vedi, ad esempio, la relazione di presentazione della gara di cui ci si occupa), gestendo fondi nazionali, regionali e comunitari, onde ricorrono tutti gli elementi soggettivi ed oggettivi indicatori della natura di "organismo di diritto pubblico".

3.3. La (obbligatoria) sottoposizione all'osservanza delle procedure di evidenza pubblica comporta la soggezione delle relative controversie alla giurisdizione del giudice amministrativo, anche indipendentemente dal sopravvenire, nel corso della procedura contestata, dell’art.33 del D. L.vo 31 marzo 1998, n.80.

Come questo Consiglio ha, infatti, già avuto modo ripetutamente di affermare, l'attività di scelta del terzo contraente negli appalti pubblici, in virtù dei limiti procedurali e dei vincoli funzionali cui è soggetta (c.d. evidenza pubblica), anche quando è posta in essere da soggetti formalmente privati, non è espressione di attività negoziale, ma di attività amministrativa pubblica, a fronte della quale vi sono posizioni soggettive di interesse legittimo, dovendosi considerare, in tali ipotesi, i soggetti aggiudicatori, limitatamente agli atti di gara, pubbliche amministrazioni in senso soggettivo (cfr. Cons. Stato, VI Sez., 27 ottobre 1998, n.1478 e 9 maggio 2000, n.2681).

3.4. Val la pena, peraltro, di aggiungere che, essendo intervenuto il già citato art.33 del D. L.vo n.80/1998, sostituito, dopo la sua dichiarazione di incostituzionalità, dall’art.7 della legge 21 luglio 2000, n.205, che ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie relative a procedure di affidamento di lavori svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente, al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica, la competenza resterebbe, in ogni caso, radicata innanzi a questo giudice, alla stregua dell’indirizzo consolidato della Cassazione, in tema di rilevanza dello jus superveniens, che comporti il sopraggiungere della giurisdizione nell’autorità che ne fosse eventualmente priva al momento della proposizione della domanda (cfr., da ultimo, Cass. 10 agosto 1999 n.580 e 27 luglio 1999 n.516).

4. La Soc. Protos ripropone, anche, l’eccezione di tardività del capo di ricorso di primo grado rivolto a censurare la prescrizione del bando relativa all’unicità della busta recante l’offerta tecnica e quella economica, da considerarsi immediatamente lesiva, con conseguente inammissibilità, per acquiescenza, delle doglianze mosse contro la regola di gara.

4.1. Conscia, peraltro, dell’orientamento giurisprudenziale, secondo il quale le clausole del bando sono da considerarsi immediatamente impugnabili solo quando determinino ex se un pregiudizio al concorrente, nel senso di escluderlo dalla gara ovvero di rendere fin dall’inizio impossibile, a causa dei vincoli imposti all’attività della Commissione, un esito positivo della stessa, l’appellante configura l’interesse azionato come diretto ad ottenere l’aggiudicazione con il minor sacrificio possibile del vantaggio ricavabile dall’affare, interesse che sarebbe stato, dunque, irrimediabilmente compromesso dalla prefissata modalità di presentazione delle offerte, che comportava, ab origine, il pericolo di influenzabilità nella valutazione dei diversi elementi.

4.2. Tale ricostruzione, però, per quanto abilmente condotta, non corrisponde alla realtà, giacché l’interesse strumentale fatto valere dalla ricorrente in primo grado, non utilmente classificatasi, è quello alla trasparenza delle operazioni che hanno condotto all’aggiudicazione ai controinteressati.

E’ ben vero che tale trasparenza si presentava già precaria, in base alla normativa del bando, ma ciò non comportava l’attualità e l’immediatezza dell’interesse ad impugnare quest’ultimo, potendo, in ipotesi, tale mancanza di trasparenza non risolversi in danno della SIM.

D’altra parte, il ricorso amministrativo non è rimedio dato nell’esclusivo interesse oggettivo della giustizia, ma non principalmente per tutelare posizioni dei singoli, i quali non sono tenuti a denunciare l’illegittimità degli atti, della quale, pure, abbiano conoscenza, se non nei limiti e nel momento in cui tale illegittimità si traduca concretamente in una lesione ai propri interessi.

5. Le considerazioni che precedono valgono a confutare anche l’assunto dell’appellante incidentale, che, nel sollevare analoghe questioni di tardività e carenza di interesse, sostiene che esigenze di trasparenza, legalità ed imparzialità dell’azione amministrativa imporrebbero ai privati di collaborare con l’amministrazione, impugnando immediatamente, in via giurisdizionale, i vizi da cui sia eventualmente affetto il bando di gara.

Ed invero, pur dovendosi ammettere, nel corso di un procedimento amministrativo che veda coinvolto il privato, un obbligo di leale cooperazione di quest’ultimo, il medesimo obbligo non è certamente traducibile, una volta che il procedimento sia stato condotto, come nella specie, unilateralmente dall’amministrazione, in dovere di immediata impugnazione dell’atto finale, per rendere avvertita l’amministrazione stessa dei vizi che lo inficino, essendo, per contro, onere esclusivo di quest’ultima adoperarsi perché la propria attività si svolga in conformità alla legge.

Oltre tutto, ove si accedesse alla tesi anzidetta, si determinerebbe il proliferare di giudizi preventivi, instaurati tuzioristicamente dai partecipanti ad una gara, non solo con il sovvertimento dei principi in tema di concretezza e attualità della titolarità dell’interesse all’azione, ma anche con grave intralcio all’ordinato svolgimento dell’attività amministrativa.

6. Nel merito, vanno esaminate, principalmente, le censure mosse alla sentenza dall’ATI SOVIS (appellante principale) e dalla Soc. Sviluppo Italia (appellante incidentale), giacché l’altra appellante principale, Soc. Protos, dopo aver insistito sui profili (già disattesi) di tardività dell’impugnazione e di acquiescenza prestata dalla ricorrente in primo grado alla regola dell’unicità della busta recante l’offerta tecnica e quella economica, si limita a sostenere genericamente, senza darsi carico di confutare le argomentazioni del primo giudice, che tale regola risponde ad una "scelta dell’amministrazione che rientra nella sua discrezionalità e che non viola alcun principio base dell’attività dell’amministrazione".

6.1. Più puntualmente, invece, l’ATI SOVIS sostiene, al riguardo, che la possibilità di una valutazione simultanea delle varie componenti dell’offerta sarebbe suffragata dall’art.23 del D.L.vo 17 marzo 1995, n.157, onde sarebbe inconferente il richiamo operato dal T.A.R. alla normativa in materia di appalti di opere pubbliche, in cui è viceversa sancito il principio di separazione dei momenti valutativi.

A sua volta, la Sviluppo Italia deduce che la valutazione simultanea contestata sarebbe insita nella procedura di scelta dell’offerta economicamente più vantaggiosa, atteso che le componenti dell’offerta tecnica ed economica costituirebbero un elemento complessivo unico ed inscindibile per individuare l’offerta più conveniente per la pubblica amministrazione.

6.2. Le tesi anzidette non possono essere condivise.

6.3. Va, innanzi tutto, osservato che non sussistono differenze sostanziali, nella disciplina dell’aggiudicazione in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, fra appalti pubblici di servizi e appalti di opere pubbliche, giacché, per entrambi, il legislatore prescrive che l’individuazione dell’offerta da prescegliere debba risultare dalla valutazione congiunta di una pluralità di elementi, dei quali il prezzo è componente necessaria (ma non sufficiente), mentre gli altri elementi sono variabili in relazione allo specifico appalto.

E’ vero che, per gli appalti di opere pubbliche, gli elementi aggiuntivi al prezzo sono tassativamente individuati dall’art.21 della legge 11 febbraio 1994, n.109 (restando nella discrezionalità della stazione appaltante solo l’indicazione dell’ordine di importanza di essi), mentre, per gli appalti pubblici di servizi, l’art.23 del D. L.vo n.157/1995 li enumera solo esemplificativamente (lasciando, conseguentemente, alle prescrizioni del bando anche la loro concreta individuazione), ma tale difformità deriva dalla natura più eterogenea degli appalti di servizi, che ne impedisce la riconduzione ad un modello precostituito.

La struttura della procedura in questione è, tuttavia, unica, nel senso che la valutazione dell’offerta più vantaggiosa costituisce, comunque, la risultante della miglior combinazione di tutti gli elementi individuati (dalla legge o dal bando) per la specifica gara.

6.4. Orbene, è principio radicato in giurisprudenza (cfr., ad esempio, Cons. Stato, V Sez., n.1996 del 31/12/98) che, in siffatta procedura, non possa procedersi ad una valutazione congiunta del prezzo (il cui punteggio viene attribuito sulla base di una formula matematica, che non lascia spazio alla discrezionalità della Commissione) e degli elementi tecnici (il cui apprezzamento è effettuato mediante attribuzione di punteggi variabili da un minimo ad un massimo), giacché la conoscenza del punteggio automatico, nel momento dell’attività valutativa discrezionale, potrebbe far sì che un giudizio, che dovrebbe essere formulato solo attraverso l’autonoma applicazione di regole scientifiche o tecniche, risulti influenzato, anche involontariamente, da fattori di carattere economico, con conseguente infrazione dei canoni fondamentali della trasparenza, imparzialità e buon andamento dell'Amministrazione.

E la trasparenza in materia è tanto più necessaria, in quanto le valutazioni discrezionali, per loro natura, sono sindacabili, da parte del giudice amministrativo, solo limitatamente a taluni vizi di eccesso di potere, come la manifesta illogicità o il travisamento dei fatti, onde più severo deve essere il presidio formale posto alla relativa attività.

6.5. Del resto, la correttezza di tale impostazione giurisprudenziale risulta confermata dalla sua codificazione normativa, avvenuta ad opera dell’art.91 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n.554, di attuazione della legge n. 109/1994, che ben può considerarsi, per la sua natura di legge quadro, esprimente principi applicabili a tutte le pubbliche gare, in assenza di diversa particolare disciplina.

6.6. Dalle argomentazioni svolte consegue l’irrilevanza della circostanza, addotta dalla Società Sviluppo Italia, che, in punto di fatto, l’attribuzione del punteggio tecnico sia avvenuta, cronologicamente, in una fase precedente la valutazione delle offerte economiche, essendo sufficiente, ad inficiare la procedura, che si sia determinata la possibilità di conoscenza del prezzo, a seguito dell’apertura dell’unica busta contenente entrambe le offerte.

Ed invero, quel che viene in rilievo, giova ribadirlo, non è il comportamento concreto della Commissione, ma l’assenza di criteri di segretezza idonei a precludere in apice i sospetti di parzialità.

6.7. Né può condividersi, infine, l’assunto dell’ATI SOVIS, che pretende di negare l’interesse della SIM, ricorrente in primo grado, a dolersi della rilevata illegittimità procedurale, attraverso l’introduzione di una sorta di prova di resistenza circa i punteggi attribuiti.

Premesso che la SIM, avendo censurato a monte il procedimento di attribuzione dei punteggi ha, per ciò stesso, dedotto l’illegittimità (derivata) di quelli attribuiti alle concorrenti vincitrici e a se stessa, non può farsi questione di carenza di interesse, sul presupposto che il divario fra i punteggi totali delle une rispetto all’altra, sarebbe troppo elevato, giacché, come affermato dalla giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, V Sez. n.884 del 7 agosto 1996), il giudice amministrativo non può, fuori dei casi di giurisdizione di merito previsti dalla legge, sostituirsi all'Amministrazione nella discrezionalità valutativa, e pertanto, nel caso di contestazione di un punteggio comportante valutazioni discrezionali, la prova di resistenza può essere ammessa solo se effettuata, ipotizzando l'assegnazione del punteggio massimo a colui che impugna, e minimo al controinteressato.

E nel caso di specie non è dubbio che i punteggi discrezionali recassero margini tali da colmare, in astratto, il divario con l’elemento prezzo e da precludere, quindi, la prova di resistenza., non potendo, per il resto, ricevere ingresso considerazioni tendenti a dimostrare, nel merito, la congruità dei punteggi tecnici attribuiti, alla luce del valore delle offerte esaminate.

6.8. Per tutte le considerazioni esposte gli appelli in esame devono essere, in parte qua, respinti.

7. Deve essere, invece, dichiarata la cessazione della materia del contendere in ordine al capo della sentenza impugnata che ha ordinato, in accoglimento del ricorso avverso il diniego di accesso, l’esibizione, a carico dell’I.G., della documentazione relativa alle offerte risultate aggiudicatarie, conformemente, anche, a quanto dichiarato all’udienza di discussione dal difensore della SIM, il quale ha dato atto che la documentazione stessa è stata depositata dalla Soc. Sviluppo Italia nel corso del giudizio.

8. Sussistono sufficienti ragioni, avuto riguardo a tutti gli elementi del caso concreto, per disporre la compensazione delle spese di giudizio fra tutte le parti.

P.Q.M

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti in epigrafe, come specificato in motivazione:

  1. dichiara cessata la materia del contendere in ordine al diniego opposto all’istanza di accesso;
  2. respinge, per il resto, gli appelli medesimi
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