Consiglio di Stato
- Sezione V - Decisione 18 aprile 2001 n. 2332
Licitazione
privata - Offerta economicamente più vantaggiosa - Valutazione offerte
- Criteri tecnico - economici - Differenze - Appalto concorso -
Elaborazione progetto
FATTO
Con due ricorsi al TAR della Calabria, sede di Catanzaro, l’attuale
appellante impugnava due distinti ma connessi provvedimenti adottati dal
Comune di Lamezia Terme in relazione ad una gara d’appalto (indetta
con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ai sensi
dell’art. 24 lett. b) L. 8 agosto 1977 n. 584), per lavori di recupero
del centro storico e dei tessuti urbani degradati, il primo dei quali
concerneva l’esclusione dalla gara dell’interessata per difetto di
un requisito, mentre il secondo (dopo l’ammissione con riserva alla
gara disposta dai primi giudici in sede cautelare), disponeva
l’aggiudicazione dei lavori ad altra impresa, modificando il giudizio
espresso dalla commissione giudicatrice, che aveva attribuito alla
attuale appellante il miglior punteggio complessivo.
I primi giudici accoglievano il primo ricorso e respingevano il secondo.
Avverso il capo di sentenza di rigetto insorge ora l’appellante,
deducendo l’erroneità delle conclusioni alle quali sono pervenuti i
primi giudici ed insistendo nelle dedotte censure.
DIRITTO
Va
precisato in fatto che nella specie la commissione aggiudicatrice,
preposta alla valutazione delle due offerte presentate in una
licitazione privata indetta con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, per la realizzazione di lavori di
recupero e riqualificazione del centro storico di Lamezia Terme,
aveva ritenuto di attribuire il maggior punteggio (69,78) all’A.T.I.
di cui l’attuale appellante era mandataria, attribuendone 64
all’altra impresa: con la precisazione, specificata nel relativo
verbale, che il relativo progetto proponeva una variante migliorativa
relativa al rifacimento delle reti tecnologiche (acque e fognature) sia
a pure a scapito, rispetto al progetto base, di una riduzione
complessiva dell’area superficiale complessiva dell’intervento. La
commissione concludeva sul punto affermando che l’A.T.I.
interessata sarebbe stata comunque tenuta ad eseguire, nei limiti
dell’importo dell’appalto, la parte di pavimentazione che prevedeva
di non realizzare. Seguiva una nota del Comune all’interessata
mirante a ottenere la disponibilità a completare la pavimentazione in
questione, fermo restando il ribasso offerto, alla quale peraltro faceva
riscontro l’A.T.I. con una risposta di sostanziale rifiuto, e cioè di
conferma dell’offerta così come presentata.
Di
qui la delibera impugnata in primo grado, con la quale, sul rilievo
della riscontrata “vistosa” difformità del progetto presentato
rispetto al progetto base, in quanto comportava, in aggiunta a lavori
non previsti, una riduzione del 40% della prevista pavimentazione, si è
ritenuto non accettabile il progetto stesso e si è stabilito di
affidare i lavori all’altra concorrente.
Tutto ciò
premesso in fatto, appare in primo luogo infondata la censura,
giustamente disattesa in primo grado e ora riprodotta, con la quale, sul
presupposto che alla procedura in questione si debbano applicare le
regole proprie dell’appalto concorso, si invoca la disposizione
contenuta nell’art. 4 R.D. 8 febbraio 1923 n. 422, che esclude il
potere della P.A. di disattendere il giudizio della commissione
aggiudicatrice, salva la possibilità di non procedere ad alcuna
aggiudicazione annullando l’intera procedura.
Se pur
infatti non si possa negare una certa affinità tra l’appalto concorso
e la licitazione privata indetta con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, dato che in entrambi i casi la
valutazione avviene non con riguardo a parametri matematici, come di
norma avviene nella licitazione privata, bensì in base a un raffronto
degli aspetti tecnici oltre che economici delle offerte, si ritiene che
resti comunque non configurabile una totale assimilazione fra i due
istituti, in tal senso risultando sufficiente considerare la
caratteristica propria ed esclusiva dell’appalto concorso, che è data
dall’affidamento agli stessi concorrenti del compito di elaborare,
sulla base di un semplice piano di massima, il progetto dell’opera da
eseguire. Ne consegue che in materia di gare indette con il criterio
dell’offerta economicamente più vantaggiosa, poichè tali gare
restano comunque qualificabili come licitazioni private (con il progetto
cioè elaborato dalla amministrazione appaltante) , sia pur particolari,
non possono comunque essere applicate norme specificamente dettate
per gli appalti concorsi e quindi ai medesimi esclusivamente riferibili.
Per di più, anche a prescindere da quanto sopra si è in via generale
osservato, la fattispecie posta in essere nel caso in esame presenta
caratteristiche tali da escludere l’illegittimità, sotto il profilo
in esame, della determinazione contestata.
In
primo luogo si osserva che è la stessa lettera di invito (art. 6) ad
escludere valore di aggiudicazione al giudizio della commissione,
laddove si specifica chiaramente che la dichiarazione in ordine al
concorrente ritenuto meritevole del maggior punteggio “non costituirà
aggiudicazione provvisoria”, precisandosi che alla stessa provvederà
l’amministrazione comunale una volta verificato “che non sussistano
motivi ostativi”. In secondo luogo poi, è da considerare che la già
ricordata specificazione, contenuta nel verbale della commissione,
relativa al ritenuto obbligo dell’A.T.I. interessata di realizzare
comunque l’intera pavimentazione di progetto, in sostanza si traduce
in una condizione posta al giudizio favorevole espresso.
Dal che
deriva che l’amministrazione era pienamente libera di
condividere o di dissentire dal giudizio della commissione, sia perché
si era in via preventiva riservata l’ultima parola sul punto, e sia
perché, in ogni caso, il giudizio favorevole della commissione
presupponeva il verificarsi della disponibilità dell’interessata
(disponibilità di fatto mancata, come si è in precedenza accennato) al
compimento dei lavori come da progetto a base di gara. Né
vale opporre che i “motivi ostativi” cui si richiama la lettera
d’invito sarebbero solo motivi di natura esterna alla procedura,
quali, ad es., un eventuale sopravvenuto fallimento: a prescindere dalla
clausola che si è visto parlando del giudizio della commissione, che da
sé sola valeva a rimettere alla P.A. ogni determinazione finale sulla
procedura, pare agevole osservare che l’espressione “motivi
ostativi”, letta dopo l’inequivoca affermazione secondo la quale la
dichiarazione (della commissione) non costituirà aggiudicazione”, non
può essere intesa nel senso restrittivo che si vorrebbe, valendo in
concreto come conferma che la P.A. aveva inteso ab origine riservarsi
ogni decisione sulla gara de qua.
Anche
con riguardo alle doglianze mosse alla ragione posta a base della
determinazione impugnata in primo grado devono condividersi le
argomentazioni negative svolte dai primi giudici.
La
lettera di invito (art. 3) prevedeva la possibilità di varianti
migliorative al progetto, ma aveva cura altresì di precisare che le
stesse dovevano rispettare le prescrizioni dell’allegato disciplinare,
e che, per variante, dovevano intendersi esclusivamente le integrazioni
progettuali esecutive, oltre agli accorgimenti tecnici incidenti sulla
funzionalità, sulla durata e sulla affidabilità dell’opera.
Ciò
premesso, tenuto conto che nella specie è incontestato che il
progetto dell’ A.T.I. interessata da un lato proponeva una variante
migliorativa concernente l’esecuzione di lavori tecnologici (condotte
d’acqua e fognature), come tali certamente apprezzati, in modo
determinante, dalla commissione, ma non previsti nel progetto comunale,
e dall’altra, per contro, riduceva sensibilmente (del 40%: e avverso
tale affermazione in sostanza nulla obietta l’interessata, limitandosi
genericamente a dire che la percentuale data sarebbe eccessiva) la
superficie di pavimentazione complessivamente viceversa prevista nel
suddetto progetto comunale, deve infatti ritenersi che legittimamente la
P.A. abbia valutato come “vistosa” la difformità riscontrata,
dichiarando l’inaccettabilità del progetto presentato in quanto
considerato come divergente da quello voluto dal Comune oltre che in
contrasto con il principio della par condicio tra i concorrenti.
A ben
vedere, infatti, la variante proposta, nell’aggiungere, da un lato,
dei lavori non previsti (apprezzati, in sé, come si è visto, ma non
irragionevolmente da ritenere capaci, ove positivamente valutati e
accettati, di violare la par condicio tra i concorrenti, in quanto
appunto non previsti e quindi non prevedibili dagli altri concorrenti),
e dall’altro, decurtando la superficie destinata a pavimentazione,
costituisce non già una variante integrativa del progetto comunale,
bensì di questo si pone come sostanziale modifica, sotto entrambi gli
aspetti considerati, e configura di fatto una diversa concezione o
ideazione dell’opera da realizzare: configura in concreto un aliud pro
alio (cfr., per un’analoga fattispecie, sempre in tema di licitazione
privata con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa,
C.d.S., Sez. IV, 2 aprile 1997 n. 309).
Non vale
opporre che l’art. 3 della lettera di invito consentirebbe le varianti
alternative e che nella specie il sistema di gara prescelto dalla P.A.
avrebbe le connotazioni tipiche dell’appalto concorso: a prescindere
da quanto si è detto in precedenza in ordine alla differenza che
non può non ritenersi sussistente tra appalto concorso e licitazione
privata con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa,
appare determinante ricordare che la lettera di invito consente solo
varianti integative e non modificative, ed anzi appare sintomatico che
lo stesso appellante usi il termine “progetti alternativi”, che di
per sé appare incompatibile con la detta previsione della lettera di
invito.
Infine,
nessun determinante rilievo può essere addotto alla sopravvenuta
circostanza, addotta in memoria, secondo la quale, a seguito
dell’esecuzione delle opere de quibus, sarebbero emerse le necessità
a suo tempo fatte valere con la variante proposta relativa alla
realizzazione di nuove condotte d’acqua e fognature: è sufficiente
considerare che la P.A. aveva in fatto sin dall’origine apprezzato la
variante proposta, fermo restando, peraltro, che giustamente l’aveva
ritenuta inaccettabile alla luce del progetto approvato e delle norme
contenute nella lettera di invito. Quanto poi all’ulteriore
affermazione secondo la quale il progetto realizzato avrebbe
ulteriormente diminuito le zone di intervento previste per la
pavimentazione, pare evidente che la circostanza potrà semmai
configurare un inadempimento contrattuale dell’impresa realizzatrice
dei lavori, il cui progetto era stato giudicato conforme a quello del
comune, ma non anche può incidere ex post sulla legittimità della
determinazione ora contestata.
L’appello, in conclusione, deve essere respinto.
Sussistono comunque validi motivi per compensare tra le parti le spese
del grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in s.g. (Sez. V), definitivamente pronunciando:
Rigetta l’appello proposto come in epigrafe dall’Impresa Misuraca
Raffaele
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