Consiglio di
Stato - Sezione V - Decisione 23 aprile 2001 n. 2419
Trattativa
provata - Lavori di somma urgenza - Delibera di affidamento a trattativa
privata - Approvazione in sanatoria a fine esercizio - Presupposti e
limiti
FATTO
1.
Con deliberazione di Giunta n.195, del 30 dicembre 1991, il Comune di
Napoli approvava a sanatoria l’affidamento di lavori a trattativa
privata, per ragioni di somma urgenza, consistenti nell’abbattimento
di alberi presso i cimiteri comunali.
2.
Con provvedimento n. 400130/160, in data 17 gennaio 1992, l’Organo
regionale di controllo annullava la deliberazione sopra specificata,
rilevando che l’immediata necessità valutativa
dell’affidamento dell’opera a trattativa privata, in deroga
all’art.87 del T.U. com.prov. del 1934, non rientrava nella
competenza istituzionale dell’Assessore al ramo né poteva intendersi
sottratta al regime di cui all’art.56 della l.142/90 ed all’art. 23,
comma 3, della l. 144/90 (rectius l. 144/89), ed evidenziando, altresì,
che l’atto era affetto dall’ulteriore vizio dell’incompetenza
dell’organo deliberante, ex art.32 l.142/90, per l’implicita attività
derogatoria a eventuali programmi annuali, oltre che per la
contemporanea inesistenza di maggiori previsioni di spesa in atti
fondamentali del Consiglio.
3. Il TAR della Campania, adito dal Comune attualmente appellante,
respingeva il ricorso, con la sentenza in epigrafe indicata, rilevando
che, in ossequio ad una delle censure che sorreggevano autonomamente la
decisione negativa dell’organo tutorio, la regolarizzazione
dell’ordinazione fatta a terzi per lavori di somma urgenza era stata
disposta tardivamente, oltre i termini perentori di legge.
4.
Il Comune di Napoli è insorto avverso la suddetta pronunzia del Giudice
di prime cure, che, a suo avviso, avrebbe tratto conseguenze fuorvianti
dal richiamo all’art.23, comma 3, l. 144/89, effettuato dall’organo
regionale di controllo, e, ad ogni buon conto, ha riproposto i motivi già
dedotti in primo grado.
5.
L’appellata Amministrazione regionale si è costituita in giudizio per
resistere all’appello.
Con
ordinanza della Sezione n.1096, del 14 luglio 1995, è stata rigettata
l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza di
primo grado.
Alla
pubblica udienza del 27 febbraio 2001 il ricorso in appello è
stato introitato per la decisione.
DIRITTO
1.
L’appello non può essere accolto.
Il
Co.Re.Co., con la decisione impugnata in primo grado dal Comune
appellante, ha annullato la deliberazione di Giunta comunale volta a
regolarizzare in extremis, ai sensi del d.l. 66/89 convertito in
l.144/89, l’affidamento di lavori (di modesta entità) a
trattativa privata per ragioni di somma urgenza.
Nello
specifico l’organo tutorio ha rilevato che l’immediata necessità
valutativa dell’affidamento dell’opera a trattativa privata, in
deroga alle norme di cui all’art.87 T.U. com. prov. del 1934,
non rientrava nella competenza istituzionale dell’Assessore al
ramo né poteva intendersi sottratta al regime di cui all’art.56 della
l.142/90 ed all’art. 23, comma 3, della l. 144/89, ed evidenziando,
altresì, che l’atto era affetto dall’ulteriore vizio
dell’incompetenza dell’organo deliberante, ex art.32 l.142/90, per
l’implicita attività derogatoria a eventuali programmi annuali, oltre
che per la contemporanea inesistenza di maggiori previsioni di spesa in
atti fondamentali del Consiglio.
Il
Giudice di primo grado, adito dall’Amministrazione comunale, ha
ritenuto idoneo a sorreggere la gravata decisione tutoria il profilo
costituito dal richiamo al disposto normativo dell’art.23, comma 3,
della l.144/89, avendo il Comune provveduto alla necessaria
regolarizzazione dell’affidamento dei lavori per somma urgenza oltre
il termine decadenziale di legge.
2.
Le argomentazioni del primo Giudice meritano, nel loro complesso, di
essere condivise ma necessitano di apporto integrativo, atteso che
sembrano esulare, almeno in parte, dal motivo di censura come
formulato, sul punto, dal Comune in primo grado.
Prima,
infatti, di concentrare l’attenzione sui profili interpretativi del
richiamato disposto normativo, nella parte in cui recita che “per i
lavori di somma urgenza l’ordinazione fatta a terzi deve essere
regolarizzata improrogabilmente entro 30 giorni e comunque entro la fine
dell’esercizio, a pena di decadenza”, occorre dare conto delle
affermazioni del Comune, attuale appellante, che contesta in nuce che il
generico richiamo effettuato dalla Sezione provinciale del Comitato
Regionale di Controllo riguardasse proprio la suddetta parte del comma
3.
Le
argomentazioni non appaiono peregrine, anche perché l’organo tutorio
non ha certo brillato per chiarezza espositiva nel definire il corredo
motivazionale della decisione negativa impugnata in primo grado.
L’appellante
rileva come la portata normativo-sostanziale del predetto comma
possa dividersi in tre diverse parti: con la prima si impone che
l’effettuazione di qualsiasi spesa sia preceduta da atto deliberativo,
con la seconda si fa riferimento all’ordinazione di spese previste dai
regolamenti economali, mentre solo con la terza si dispone, come
accennato, che nel caso di ordinazioni di lavori di somma urgenza la
relativa regolarizzazione debba avvenire entro 30 giorni o comunque
entro la fine dell’esercizio finanziario.
A
rigor di logica, sempre secondo l’avviso del Comune appellante, avendo
l’organo tutorio richiamato norme che disciplinano incontestabilmente
ipotesi di trattativa privata “ordinaria”, non quindi per lavori di
somma urgenza, come l’art.87 del t.u. com. prov. e l’art.56 della
l.142/90, deve necessariamente concludersi che il richiamo all’art.23,
comma 3, della l.144/89 debba intendersi solo ed esclusivamente riferito
alla prima parte dello stesso, che prevede, per ogni spesa, la formale
preventiva autorizzazione.
Dovrebbe
pertanto concludersi che il Co.Re.Co., dato che ha ritenuto versarsi in
ipotesi diversa dalla somma urgenza, non ha evidenziato alcuna
violazione della terza parte del citato comma terzo.
3.
Il ragionamento, pur suggestivo soprattutto nelle premesse, non merita
adesione.
E’
infatti evidente che il Comitato di controllo fosse ben consapevole di
trovarsi a decidere in ordine alla regolarizzazione di lavori affidati
con procedura di somma urgenza.
Oltre,
infatti, a richiamare espressamente nelle premesse alla decisione la
qualificazione di somma urgenza attribuita ai lavori dal Comune,
l’organo tutorio regionale ha fatto esplicito riferimento, nelle
motivazioni contenute parimenti in premessa, all’”immediata necessità
valutativa dell’affidamento dell’opera a trattativa
privata”, sembrando dunque voler estendere alla peculiare fattispecie
in trattazione il minimum del regime “ordinario”, ovvero
autorizzazione alla trattativa privata e deliberazione preventiva (in
effetti non senza contrasto, va dato atto, con le particolari modalità,
estremamente semplificate, di affidamento dei lavori proprie dei casi
che ci occupano).
In
ogni caso non si appalesa corretto fornire una lettura parziale del
richiamato “regime normativo” di cui all’art.23, comma 3,
della l.144/89, considerando esclusa dal richiamo stesso, formulato in
via generica, la parte più qualificante ed attinente alla fattispecie
in trattazione, ovvero quella che impone termini perentori alla
regolarizzazione in sanatoria degli affidamenti di lavori a trattativa
privata sulla base di verbale di somma urgenza, avvenuti in applicazione
dell’art.70 r.d. n. 350/1895.
4.
Per il resto, contrariamente a quanto in via generica sostenuto in primo
grado dal Comune appellante, nel concludere l’iter argomentativo
del primo mezzo di censura, l’Amministrazione non ha regolarmente
proceduto agli adempimenti di sanatoria, in quanto la deliberazione
approvativa è sopraggiunta oltre i termini decadenziali previsti dal più
volte richiamato disposto legislativo dell’art.23, comma 3, del d.l. 2
marzo 1989 n. 66, convertito dalla l. 24 aprile 1989 n. 144.
La
sentenza appellata ha, al riguardo, convincentemente evidenziato che la
predetta disposizione (là dove dispone che per i lavori di somma
urgenza l'ordinazione fatta a terzi deve essere regolarizzata
improrogabilmente entro trenta giorni e comunque entro la fine
dell'esercizio, a pena di decadenza), è intesa ad evitare che si
accumulino, alla fine degli esercizi, ordinativi per lavori di somma
urgenza che, non trovando copertura finanziaria, diventino debiti fuori
bilancio; non è consentito, pertanto, il superamento del termine di
trenta giorni, ancorché la regolarizzazione intervenga entro la fine
dell'esercizio, giacché quest'ultima possibilità è intesa piuttosto a
ridurre il termine normale e non ad ampliarlo (si veda anche, sul punto,
Corte Conti, Sez. giur. Reg. Sicilia, 18 aprile 1996, n. 86).
Il
termine di trenta giorni per la regolarizzazione degli impegni di spesa
relativi a lavori di somma urgenza è, dunque, perentorio e in
nessun modo prorogabile. Ne consegue che l’ulteriore termine
della chiusura dell’esercizio finanziario, previsto dalla stessa
disposizione, trova applicazione solo nell’ipotesi in cui
manchino meno di trenta giorni alla chiusura dell’esercizio stesso
(come correttamente esposto dai Giudici di prime cure, ad esempio,
l’ordinativo datato 10 dicembre deve essere regolarizzato entro il 31
dicembre e non entro il 9 gennaio dell’anno successivo).
Il
disposto normativo va evidentemente inserito in un contesto legislativo
tendente a porre rimedio alla prassi dell'assunzione di debiti fuori
bilancio da parte degli Enti locali, in ossequio al necessario
rispetto del principio della unicità e completezza del bilancio in
ciascun esercizio.
Nessun
senso avrebbe, dunque, consentire all’Amministrazione di procedere, in
via alternativa, alla regolarizzazione dell’affidamento a trattativa
privata nei trenta giorni successivi ovvero entro la fine
dell’esercizio finanziario.
Nel
caso di specie la regolarizzazione è stata deliberata solo il 30
dicembre 1991, ben oltre i trenta giorni decorrenti dall’affidamento
dei lavori (8 ottobre del medesimo anno).
5.
Atteso che la decisione tutoria impugnata dinanzi al primo Giudice può
autonomamente sostenersi sul motivo dato dalla violazione del richiamato
art.23 della l.144/89, e che quindi, in effetti, non è necessario
esaminare le censure formulate dall’attuale appellante in ordine agli
altri motivi posti alla base dell’annullamento in sede di controllo,
le considerazioni che precedono impediscono all’appello in trattazione
di sfuggire alla reiezione.
La
pronuncia di primo grado merita, dunque, conferma, seppur con il corredo
motivazionale debitamente integrato alla stregua delle osservazioni
sopra riportate.
Sussistono
peraltro, ad avviso del Collegio, tutti i motivi per disporre
l’integrale compensazione, tra le parti, delle spese di lite
relative al presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta,
definitivamente pronunciando sul ricorso in appello in epigrafe, lo
respinge
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