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   Giurisprudenza  

Consiglio di Stato - Sezione V - Decisione 14 maggio 2001 n. 2643
Gare - Requisiti di gara - Verifica - Aggiudicatario secondo classificato - Verifica successivamente all'aggiudicazione definitiva

FATTO

La sentenza impugnata ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante contro i provvedimenti adottati dal comune di Portici riguardanti l’aggiudicazione alla A.T.I. S.I.T. dell’appalto per la manutenzione ordinaria e straordinaria triennale degli impianti di pubblica illuminazione, per un importo a base d’asta di lire 4.260.000.000.

L’appellante ripropone le censure disattese dal tribunale.

L’amministrazione e l’impresa appellata resistono al gravame.

DIRITTO

  1. Con determina n. 784 del 28 maggio 1999, il competente dirigente del comune di Portici aggiudicava all’Associazione Temporanea di Imprese tra la S.I.T. s.r.l. Società Impianti Tecnologici – GERALDI IMPIANTI SUD S.p.A. – ELETTROGEAL s.r.l. – SATE s.a.s. (ATI SIT) l’appalto per la manutenzione ordinaria e straordinaria triennale degli impianti di pubblica illuminazione, per un importo a base d’asta di lire 4.260.000.000, all’esito di pubblico incanto svolto con il criterio del prezzo più basso.
  2. La società CO.M.I. s.r.l. Compagnia Meridionale Impianti, appellante e ricorrente in primo grado, nella sua qualità di seconda classificata nella procedura selettiva, contesta le determinazioni adottate dal Comune, articolando un unico, complesso, motivo di gravame.

  3. L’infondatezza dell’appello rende superfluo l’approfondito esame delle eccezioni, con cui:
  • l’ATI appellata prospetta l’inammissibilità del ricorso di primo grado, per omessa notifica alla società controinteressata.
  • l’amministrazione comunale deduce l’inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse, trattandosi di censure riguardanti anche la posizione della stessa ricorrente.
  1. Al riguardo, l’ATI espone che il ricorso di primo è stato notificato con la procedura prevista dall’articolo 140 del codice di procedura civile, in seguito al rifiuto di ricevere copia dell’atto opposto da tale D’Alfonso Liberato, il quale non risulta dipendente della società mandataria del raggruppamento, rinvenuto dall’ufficiale giudiziario notificante in un luogo del tutto diverso da quello corrispondente alla sede legale (ed effettiva) della società.
  2. La controinteressata si è costituita in giudizio con autonomo atto di intervento, avendo avuto notizia dal Comune della pendenza del procedimento giurisdizionale. La relativa eccezione di irritualità del ricorso, non esaminata dal tribunale, che ha ritenuto di poter giudicare direttamente il merito della controversia, viene correttamente riproposta con semplice memoria non notificata, posto che, in mancanza di una esplicita statuizione del primo giudice, non è necessaria la proposizione dell’appello incidentale.

    Al riguardo, è sufficiente osservare che, secondo un consolidato indirizzo espresso dal giudice civile, l'erronea notificazione della impugnazione a persona che non risulti avere la rappresentanza processuale della parte, ne' sia sua domiciliataria, comporta non la semplice nullita' di detta notificazione, sanabile ex tunc dalla costituzione in giudizio dell'intimato, bensi' l'inesistenza della impugnazione, in quanto eseguita presso persona ed in luogo non aventi alcun riferimento con il destinatario dell'atto, con conseguente inammissibilita' della stessa, essendo preclusa ogni possibilita' di sanatoria mediante rinnovazione (Cassazione civile, sez. II, 16 gennaio 1987 n. 286).

    Nello stesso senso, la Sezione ha chiarito che qualora la notificazione del ricorso giurisdizionale venga effettuata presso la sede della persona giuridica intimata, ma in mani di un soggetto non legittimato a riceverla, si determina una radicale difformita' dal modello legale che implica non la nullita', ma l'inesistenza della notificazione, per cui l'avvenuta costituzione in giudizio di detta persona giuridica da' luogo alla sanatoria art. 156 comma 3, c.p.c. (Consiglio Stato sez. V, 30 giugno 1997, n. 760).

  3. Il difetto della notifica non può considerarsi superato per effetto dello spontaneo intervento in giudizio della società controinteressata. Infatti, la costituzione in giudizio del controinteressato ha effetto sanante di eventuali vizi della notificazione, ma non anche della inesistenza di questa, sicche' la declaratoria di inammissibilita' del ricorso introduttivo va pronunciata anche se vi e' stato l'intervento in giudizio del controinteressato cui esso doveva essere notificato (Consiglio Stato sez.IV 10 settembre 1991 n. 710).
  4. Si tratta di un indirizzo ermeneutico del tutto pacifico nella giurisprudenza amministrativa, secondo cui la costituzione spontanea della parte intimata, successiva alla scadenza del termine utile per la notificazione, non fa venir meno l'inammissibilita' del ricorso, operando la sanatoria prevista dagli art. 164 ultimo comma c.p.c. e 17 ultimo comma r.d. 17 agosto 1907 n. 642 soltanto per i vizi dell'atto introduttivo del giudizio e non per i casi di inesistenza di notificazione (T.A.R. Lazio sez. II, 26 novembre 1990 n. 2118).

  5. L’amministrazione comunale deduce il difetto di interesse dell’appellante, in quanto la richiesta di documentazione è stata effettuata, contestualmente, alle due imprese collocate ai primi due posti della graduatoria: la Co.M.I: non avrebbe interesse a fare valere una illegittimità procedimentale coinvolgente anche la sua posizione.
  6. Al riguardo, si deve rilevare che l’eventuale accoglimento della censura determinerebbe non già l’obbligo di rinnovare integralmente la procedura di gara, ma soltanto l’esclusione delle imprese che hanno tardivamente prodotto la documentazione richiesta. In tal modo, peraltro, la pronuncia di annullamento non gioverebbe in alcun modo alla ricorrente, la quale resterebbe comunque privata della possibilità di ottenre l’aggiudicazione del contratto.

  7. Il gravame è comunque infondato nel merito.
  8. Sotto un primo profilo, l’appellante deduce la violazione dell’articolo 10, comma 1-quater della legge n. 109/1994, in quanto l’amministrazione comunale avrebbe dapprima disposto l’aggiudicazione definitiva dell’appalto e, solo successivamente, richiesto alla prima ed alla seconda graduata i documenti comprovanti il possesso dei requisiti dichiarati.

    La disposizione richiamata dall’appellante (introdotta dall'art. 3 della legge 18 novembre 1998, n. 415), stabilisce la seguente disciplina: "i soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, prima di procedere all'apertura delle buste delle offerte presentate, richiedono ad un numero di offerenti non inferiore al 10 per cento delle offerte presentate, arrotondato all'unità superiore, scelti con sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando o nella lettera di invito. Quando tale prova non sia fornita, ovvero non confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o nell'offerta, i soggetti aggiudicatori procedono all'esclusione del concorrente dalla gara, alla escussione della relativa cauzione provvisoria e alla segnalazione del fatto all'Autorità per i provvedimenti di cui all'articolo 4, comma 7, nonché per l'applicazione delle misure sanzionatorie di cui all'articolo 8, comma 7. La suddetta richiesta è, altresì, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara, anche all'aggiudicatario e al concorrente che segue in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi fra i concorrenti sorteggiati, e nel caso in cui essi non forniscano la prova o non confermino le loro dichiarazioni si applicano le suddette sanzioni e si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia dell'offerta ed alla conseguente eventuale nuova aggiudicazione".

  9. Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, la norma non presuppone affatto che la richiesta e l’acquisizione dei documenti debbano precedere l’aggiudicazione definitiva del contratto. Al contrario, la formulazione letterale della disposizione induce a ritenere che l’attività di verifica debba intervenire dopo la conclusione delle operazioni di gara, vale a dire dopo l’adozione del definitivo provvedimento di aggiudicazione.
  10. Nello stesso senso si pone l’argomento testuale secondo cui la richiesta dei documenti è rivolta all’aggiudicatario (senza ulteriori specificazioni), ossia al diretto destinatario del tipico atto di aggiudicazione, e non al soggetto primo classificato della graduatoria.

  11. Si deve aggiungere, ancora, che la disposizione non qualifica affatto il termine per la richiesta dei documenti come perentorio o decadenziale: ne deriva che l’eventuale ritardo non spiega alcuna influenza sulla persistente validità ed efficacia delle operazioni poste in essere dall’amministrazione.
  12. Infine, resta condivisibile l’affermazione del tribunale, secondo il quale, anche ritenendo che la richiesta della documentazione comprovante i requisiti soggettivi dell’impresa dovrebbe intervenire, di regola, prima della aggiudicazione definitiva, l’eventuale violazione della regola, determinando soltanto una inversione delle fasi procedimentali, non determina l’invalidità della gara, attesa l’inidoneità alla lesione di interessi sostanziali al corretto svolgimento dell’iter di selezione del contraente.
  13. Non assume pregio l’obiezione secondo cui, in tal modo, la valutazione dei documenti verrebbe effettuata da un organo diverso da quello che ha condotto le operazioni centrali di gara. A parte il rilievo che, in concreto, nella presente vicenda, il dirigente responsabile del settore, autore della verifica documentale, ha assunto anche le funzioni di presidente del seggio di gara, la legge n. 109/1994 attribuisce il potere di esame della documentazione all’amministrazione nel suo complesso, senza conferire tale funzione, specificamente, all’organo competente alla conduzione della gara.

  14. L’appellante sostiene, poi, l’irregolarità e l’incompletezza dei documenti esibiti dall’impresa aggiudicataria. Anche tale censura è infondata.
  15. Con riguardo al requisito della cifra di affari in lavori similari svolti nell’ultimo quinquennio, per un importo pari ad almeno 1,5 volte l’importo a base d’asta, risulta dimostrato che l’ATI aggiudicataria ha tempestivamente prodotto le dichiarazioni annuali IVA, certamente idonee a comprovare il volume dell’attività economica svolta, in conformità alla previsione generale di cui all’articolo 4, comma 2, lettera c) del D.M. n. 172/1989, non contraddetta dalla lex sepcialis di gara.

    Con riguardo, poi, ai certificati dei casellari giudiziari degli amministratori e dei direttori tecnici, la relativa documentazione è stata acquisita d’ufficio dalla amministrazione, in quanto già presentata a corredo dell’offerta relativa alla gara svoltasi in data 29 aprile 1999.

    Nessun rilievo assume la circostanza che uno dei certificati reca la data del 2 luglio 1999 (successiva a quella di espletamento della precedente gara), essendo documentalmente dimostrato che tale atto è stato autonomamente e ritualmente presentato dalla aggiudicataria.

    L’appellante sostiene l’inidoneità delle dichiarazioni sostitutive dei certificati attestanti l’assenza di procedure fallimentari negli ultimi cinque anni, perché prive di data.

    Si tratta di una carenza priva di rilievo ai fini della validità degli atti. Infatti, in linea generale, la data non costituisce mai elemento essenziale dell’atto giuridico (a carattere negoziale o dichiarativo). In caso di incertezza sulla data del documento operano, in ogni caso, i criteri indicati dall’articolo 2704 del codice civile. Ne deriva che la data della dichiarazione coincide con quella di produzione del documento alla amministrazione comunale. Infatti, in tale momento si è verificato "un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento".

  16. In definitiva, quindi, l'appello deve essere rigettato.

Le spese, come di regola, seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

Per Questi Motivi

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, respingel'appello;

 

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