Consiglio di
Stato - Sezione VI - Decisione 15 giugno 2001 n. 3180
Gare
Appalti pubblici - Bandi - Disapplicazione - Presupposti - Contrarietà
norme interpretative - Previsione espressa del divieto di deroga -
Lesione diritti soggettivi - Prescrizioni di gara -Contrarietà
normativa semplificazione documentale
FATTO
La sentenza
impugnata, in accoglimento del ricorso proposto dalla Soc. Diddi
Impianti s.r.l., ha annullato la delibera n. 2044 del 6 dicembre 1997,
con cui la giunta municipale di Massa aveva approvato
l’aggiudicazione alla Società Climit s.r.l. dell’appalto relativo
ai lavori di adeguamento delle centrali termiche e degli impianti di
riscaldamento degli edifici scolastici comunali.
- L’appellante contesta la
pronuncia di primo grado, deducendo l’irricevibilità e
l’infondatezza del ricorso originario.
- La società Climit resiste
al gravame, mentre il comune, pur ritualmente intimato, non si è
costituito in questo grado di giudizio.
DIRITTO
Per valutare in modo
adeguato i motivi dedotti con l’appello, è utile riassumere i
tratti essenziali della vicenda all’origine della presente
controversia.
Con
delibera n. 2044 del 6 dicembre 1997, pubblicata nell’albo pretorio
dal 22 dicembre 1997 al 6 gennaio 1998, la giunta municipale del comune
di Massa approvava l’aggiudicazione alla società Climit Impianti
s.r.l. dell’appalto concernente i lavori di adeguamento delle centrali
termiche e degli impianti di riscaldamento degli edifici scolastici
comunali, per un importo a base d’asta di lire 672.250.000.
Con
ricorso notificato il 2 febbraio 1998, la società Diddi s.r.l.
impugnava l’aggiudicazione, deducendo che la società CLIMIT aveva
presentato un certificato del casellario giudiziario rilasciato in data
17 maggio 1997, contravvenendo alla prescrizione del bando, secondo cui
detto certificato deve essere di “data non anteriore a tre mesi
rispetto a quella fissata per la gara”, svoltasi il 26 agosto 1997.
Il
tribunale ha accolto il ricorso, disattendendo l’eccezione di
irricevibilità del gravame, e sostenendo che l’abbreviazione dei
termini, prevista dall’articolo 19 del decreto legge n. 67/1997,
convertito nella legge n. 135/1997, non si applica al termine per la
notificazione del ricorso introduttivo del giudizio.
Con un
primo motivo, l’appellante deduce che la speciale normativa
processuale introdotta dall’articolo 19 concerne tutti i termini
processuali, compreso quello per la proposizione del ricorso.
Detta
tesi interpretativa è corretta, ma, in concreto, essa non comporta l’irricevibilità
del ricorso proposto davanti al tribunale.
L’Adunanza
Plenaria, con decisione 14 febbraio 2001, n. 2, ha definitivamente
chiarito che la riduzione alla metà di tutti i termini processuali,
prevista dall'art. 19 del decreto legge 25 marzo 1997, n. 67, convertito
nella legge 23 maggio 1997, n. 135, concernente i ricorsi in materia di
appalti di opere pubbliche, è applicabile anche al termine di
notificazione del ricorso.
Secondo
tale pronuncia, la norma è chiarissima nel senso del dimezzamento anche
del termine per proporre ricorso, atteso anche il contenuto precettivo
della legge di conversione n. 135/97, che ha premesso alla formulazione
del decreto legge ("i termini processuali sono ridotti della metà")
un significativo "tutti".
L’univoco
orientamento di questo Consiglio di Stato è del resto nel senso che il
termine per il ricorso, ai sensi del citato art. 19, è di trenta giorni
(C. Stato, sez. V, 13 aprile 1999, n. 182; C. Stato, sez. IV, 4 marzo
1999, n. 247; C. Stato, sez. IV, 29 gennaio 1999, n. 96; C. Stato, sez.
IV, 22 dicembre 1998, n. 1609; C. Stato, sez. IV, 17 dicembre 1998, n.
1816), orientamento che, com'è noto, ha trovato il conforto anche della
Corte costituzionale (sentenza 10 novembre 1999, n. 427).
Tuttavia,
anche considerando il termine abbreviato di trenta giorni, il ricorso
risulta tempestivo.
Secondo
l’appellante, dovrebbe operare, nel caso in esame, il consolidato
principio interpretativo concernente l’impugnazione degli atti
dichiarati immediatamente esecutivi: il termine per la proposizione del
ricorso giurisdizionale contro un atto soggetto a controllo non può
essere fatto decorrere da un momento anteriore alla data di
effettuazione del controllo stesso; peraltro l'amministrazione, allorché
fornisca l'atto di immediata esecutività, anche se illegittimamente,
prescindendo dal verificarsi della condizione sospensiva dell'esito
positivo del controllo ed esplicando un'attività immediatamente idonea
a ledere situazioni soggettive, fa sorgere negli interessati l'onere
(non la facoltà) di impugnare il provvedimento nel prescritto termine
di decadenza decorrente dalla data di notificazione, pubblicazione o
piena conoscenza della pronuncia esplicita o implicita che ha conferito
la menzionata eseguibilità.
Detta
tesi non può essere condivisa.
Occorre
considerare, intanto, l’ambiguità del provvedimento impugnato, il
quale per un verso stabilisce che “la presente deliberazione, con
separata votazione e all’unanimità, viene dichiarata di immediata
esecuzione, stante l’urgenza di provvedere all’esecuzione dei lavori
in oggetto” e, per l’altro, nelle “annotazioni” indica che la
“la presente deliberazione è divenuta esecutiva il 2 gennaio 1998”.
Ma,
anche prescindendo da questo dato (idoneo, quanto meno, a fondare le
rimessione in termini dell’interessato, per errore scusabile),
l’indirizzo interpretativo richiamato dall’appellante è inoperante
nella presente fattispecie, essendo diretto ad individuare le ipotesi in
cui il termine per l’impugnazione decorre immediatamente, senza
necessità di attendere l’adozione dell’atto di controllo.
Anche
in tali casi, peraltro, l’onere di immediata impugnazione del
provvedimento sottoposto a controllo non impedisce l’applicazione di
principi generali, in forza dei quali il termine decorre dalla
pubblicazione dell’atto oppure dalla sua conoscenza effettiva.
In questa
prospettiva, il ricorso di primo grado, notificato il 2 febbraio 1998,
è certamente tempestivo, in quanto:
il provvedimento
impugnato non risulta comunicato al diretto destinatario in epoca
precedente al 2 gennaio 1998;
l’ultimo
giorno della prescritta pubblicazione è il 6 gennaio 1998 (quindici
giorni consecutivi decorrenti dal 22 dicembre 1997);
- la delibera indica come data
di esecutività quella del 2 gennaio 1998: i trenta giorni
decorrenti da tale data vanno comunque a scadere il 2 febbraio 1998,
poiché il 1 febbraio è giorno festivo.
Con un
secondo motivo, l’appellante censura, nel merito, la sentenza
impugnata.
Secondo
il tribunale, l’espressa previsione della lettera di invito, che
prescrive la presentazione di certificati di data non anteriore a tre
mesi rispetto a quella di svolgimento della gara, non può essere
superata dalla diversa disciplina prescritta dall’articolo 2, comma 3,
della legge 15 maggio 1997, n. 127, in forza della quale “i
certificati rilasciati dalle pubbliche amministrazioni attestanti stati
e fatti personali non soggetti a modificazioni hanno validità
illimitata. Le restanti certificazioni hanno validità di sei mesi dalla
data di rilascio, salvo che disposizioni di legge o regolamentari
prevedano una validità superiore”.
Al
riguardo, la Sezione rileva che, contrariamente a quanto ritenuto
dall’appellato, la norma presenta un raggio di azione generalizzato,
certamente più ampio di quello indicato nella rubrica dell’articolo
(“disposizioni in materia di stato civile e di certificazione
anagrafici”). Pertanto, la nuova disciplina riguarda pure i
certificati del casellario giudiziario, assoggettati anche ad alcune
regole particolari, ma solo per profili diversi da quelli attinenti alla
semplificazione documentale.
La
nuova disciplina, poi, si applica anche ai documenti già formati al
momento dell’entrata in vigore della legge n. 127/1997, quanto meno
nelle ipotesi in cui essi sono, in tale epoca, ancora validi ed
efficaci.
Ciò
chiarito, si tratta di stabilire come incida la disciplina legislativa
di semplificazione sulle procedure di appalto assoggettate a
prescrizioni di contenuto difforme.
In
linea di principio, la clausola del bando contrastante con la disciplina
di rango legislativo non può essere disapplicata né
dall’amministrazione né dal giudice amministrativo.
Tuttavia,
occorre considerare che la stessa legge n. 127/1997 attribuisce alla
normativa in materia di semplificazione documentale una particolare
forza, idonea a determinare l’immediata ed automatica prevalenza di
particolari regole sulle difformi previsioni del bando. Al riguardo si
segnalano, in particolare, i commi 4 e 5 dell’articolo 3.
“4.
Nei casi in cui le norme di legge o di regolamenti prevedono che in
luogo della produzione di certificati possa essere presentata una
dichiarazione sostitutiva, la mancata accettazione della stessa
costituisce violazione dei doveri di ufficio”.
“5.
È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, di richiedere
l'autenticazione della sottoscrizione delle domande per la
partecipazione a selezioni per l'assunzione nelle pubbliche
amministrazioni a qualsiasi titolo nonché ad esami per il conseguimento
di abilitazioni, diplomi o titoli culturali”.
Nella
vicenda in contestazione, la lettera di invito fa riferimento,
espressamente, ad un certificato di data non anteriore a tre mesi,
anziché al termine di sei mesi previsto dalla norma legislativa.
Va
considerato, però, che la lettera di invito, esternata nel giugno 1997,
è stata formata sulla base della delibera della giunta municipale n.
2050 del 12 dicembre 1996: in tale epoca, la “validità” delle
certificazioni era ancora limitata a soli tre mesi.
È
dunque plausibile ritenere che la prescrizione del bando di gara
intendesse non tanto definire il termine di validità del certificato,
quanto, piuttosto, richiamare la disciplina legislativa inderogabile.
Piuttosto,
la funzione della clausola della lettera di invito consiste nello
stabilire, con precisione, il termine a cui fare riferimento per
stabilire l’efficacia del certificato, individuandolo nella data di
svolgimento della gara.
Il
seggio di gara e l’amministrazione hanno costantemente operato in tal
senso, considerando che l’applicazione del termine di tre mesi sarebbe
risultata illegittima.
La
scelta del comune di ammettere, comunque, anche le offerte corredate da
certificazione di data anteriore ai tre mesi (ma inferiore ai sei mesi)
risulta ragionevole e conforme ai principi di economicità dell’azione
amministrativa.
Infatti,
l’annullamento del bando di gara e l’intera rinnovazione della gara
avrebbe comportato un costo sproporzionato rispetto all’ esigenza di
tutelare la par condicio fra i concorrenti e di proteggere
l’affidamento incolpevole delle imprese che (come l’aggiudicataria)
hanno correttamente confidato sul valore cogente delle nuove norme in
materia di semplificazione documentale.
A
tale proposito, appaiono particolarmente significative le due note (in
data 16 ottobre 1997 e 9 dicembre 1997), con cui il dirigente del
competente Ufficio Contratti aveva motivatamente esposto alla Diddi
Impianti le ragioni della scelta di non escludere la Climit s.r.l. dalla
procedura di gara.
In
definitiva, quindi, l'appello deve essere accolto, con la conseguente
reiezione del ricorso di primo grado.
Le
spese possono essere compensate.
Per Questi
Motivi
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, accoglie
l'appello e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado;
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