Consiglio di Stato - Sezione
V - Decisione 19 luglio 2001 n. 3999
Contratti
Appalti - Affidamento - Conclusione contratto - Mancata esecuzione delle
parti - Recesso dell'amministrazione - Oneri processuali per l'impresa -
Impugnazione del recesso innanzi al TAR
Ritenuto
in fatto
Viene in
decisione l’appello avverso la sentenza in epigrafe indicata con la
quale il Tribunale amministrativo regionale per le Marche ha respinto il
ricorso proposto dall’odierna appellante per l’annullamento delle
deliberazioni e degli atti con i quali il Comune di Ascoli Piceno ha
indetto e aggiudicato l’appalto per l’esecuzione di impianti
elettrici presso l’edificio ex Ferrucci ((meglio indicati in corso di
causa nella deliberazione di Giunta comunale 14 giugno 1996, n. 912 e
nella determinazione 6 maggio 1997 del dirigente del dipartimento
istituzionale del Comune).
Si è
costituito in giudizio il Comune intimato.
All’udienza
del 22 maggio 2001 parti e causa sono state assegnate in decisione.
Considerato in
diritto
L’appello è
infondato.
La vicenda
contenziosa può essere così sintetizzata. L’Amministrazione comunale
di Ascoli Piceno affidava alla Emic Elettronica s.r.l. i lavori per l’esecuzione
dell’impianto elettrico presso l’edificio ex Ferrucci con contratto
25 agosto 1989, a rogito del segretario generale.
L’impresa
contraente, che non aveva iniziato i lavori, con raccomandata 11
dicembre 1989, segnalava al Comune la necessità di apportare modifiche
al progetto. Con successiva nota del 18 settembre 1990 la Emic
Elttronica s.r.l. sollecitava il Comune di Ascoli Piceno a una decisione
sulla precedente sua richiesta dell’11 dicembre 1989. Trascorreva da
allora un periodo piuttosto lungo senza che l’Amministrazione comunale
rispondesse e che i lavori fossero intrapresi. Dopo oltre cinque anni
dalla ricezione della raccomandata 18 settembre 1990, l’Amministrazione
comunale con nota del 23 ottobre 1995 comunicava all’impresa di
ritenere risolto il rapporto contrattuale per facta concludentia.
L’atto veniva
contestato dall’impresa solo il successivo 11 giugno 1996. Appresa
notizia che il Comune si accingeva a bandire nuova gara pubblica per l’affidamento
dei lavori di impiantistica elettrica presso l’ex edificio Ferrucci, l’odierna
appellante invitava l’Amministrazione a rispettare il precedente
contratto inter partes. L’invito veniva respinto dal Comune con nota
del 27 maggio 1997, che ribadiva i contenuti del precedente foglio del
23 ottobre 1995.
Con ricorso del
13 giugno 1997 l’appellante interponeva rimedio giurisdizionale avanti
il Tribunale amministrativo regionale delle Marche che, con la pronuncia
in epigrafe indicata, respingeva il gravame sul rilievo della sua
inammissibilità, posto che l’atto presupposto, individuato nella nota
del Comune di Ascoli Piceno del 23 ottobre 1995 non era stata contestata
nel termine decadenziale di giorni sessanta ex articolo 21 della legge 6
dicembre 1971, n. 1034.
Le conclusioni
cui è pervenuto il Giudice di prime cure sono pienamente condivise
dalla Sezione.
E’ evidente,
infatti, che, a prescindere dalle problematiche sul riparto di
giurisdizione pure sollevate dal Comune di Ascoli Piceno, la nota 23
ottobre 1995, che comunicava la rescissione del contratto per facta
concludentia, costituisse atto presupposto per la nuova sequenza a
evidenza pubblica conclusasi con l’aggiudicazione dell’appalto all’impresa
Cantagalli Renato.
La domanda di
parte appellante è chiaramente rivolta all’annullamento delle
deliberazioni concernenti la nuova gara, senza, tuttavia, che sia stata
azionata azione di adempimento, per il precedente contratto inter partes,
avanti l’autorità giudiziaria ordinaria. Ora è evidente che, alla
stregua del petitum sostanziale, la vertenza non riguarda i rapporti
intercorrenti tra l’appellante e il Comune di Ascoli Piceno se non
sotto il profilo della legittimazione a richiedere l’annullamento in
qualità di parte di convenzione incompatibile con la successiva alla
cui definizione hanno concorso i provvedimenti impugnati.
Ne consegue
che, per contestare la nuova procedura di gara, era necessario che l’Emic
Elettronica s.r.l. si gravasse avverso l’atto che ne costituiva il
giuridico presupposto nel decadenziale termine di sessanta giorni dalla
acquisita conoscenza della determinazione lesiva.
Qui non è in
contestazione, in altre parole, il rapporto inter partes concernente la
rescissione o la risoluzione del contratto (per il quale evidentemente
la cognizione appartiene al Giudice ordinario: C.d.S., V, 16 marzo 1999,
n. 258), bensì la determinazione, estranea a quella relazione, di
adottare nuova procedura per l’aggiudicazione. Rispetto a questa
statuizione, l’atto di rescissione del 23 ottobre 1995 acquista
valenza di presupposto di sicura natura autoritativa (Cass. civ., I, 4
febbraio 2000, n. 1217; Cass. civ., I, 16 febbraio 1998, n. 1642; Cass.
civ., II, 22 febbraio 1997, n. 1639).
A fronte di
tale dato, era sicuramente onere della ricorrente o adire il giudice
civile (per l’azione di adempimento o per la risoluzione e il
risarcimento danni) o contestare l’atto configurato, nella sua valenza
pubblicistica, al fine di impedire la perdita del titolo costituito
dalla qualità di parte di un contratto. Questa seconda azione non è
stata esercitata nei termini propri del processo impugnatorio.
Le spese
seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di
Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quinta respinge l’appello.
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