Consiglio di
Stato - Sezione V - Decisione 1 agosto 2001 n. 4191
Offerte Anomale
Appalti - Anomalia offerta - Verifica anomalia - Presentazioni
giustificazioni - Disciplina nazionale - Soglia anomalia precedentemente
determinata - Disciplina comunitaria - Soglia anomalia successivamente
determinata - Applicazione disciplina comunitaria - Impugnazione
norme di gara richiamanti la disciplina nazionale
FATTO
Con ricorso al
TAR delle Marche notificato il 20 marzo 1996 l’impresa Castelli, in
proprio e quale mandataria di un A.T.I., impugnava la determinazione
della commissione di gara per l’appalto di lavori per la
ristrutturazione di un complesso ospedaliero di procedere alla verifica
delle offerte risultate anomale, anziché escluderle automaticamente
(con conseguente aggiudicazione alla medesima, la cui offerta era
risultata la più vantaggiosa entro la soglia di anomalia).
Con successivo
ricorso notificato il 26 agosto l’impresa CO.GE.I, dopo che l’anomalia
della sua offerta era stata negativamente verificata, impugnava a sua
volta l’atto di aggiudicazione dell’appalto all’A.T.I. Castelli.
I primi
giudici, previa riunione, dichiaravano inammissibile il ricorso Castelli
e accoglievano il ricorso CO.GE.I.
La relativa
sentenza viene ora impugnata sia dall’Impresa Castelli che dal Comune
di Ancona, i quali ne lamentano l’erroneità sotto vari profili.
DIRITTO
I due appelli
si rivolgono avverso la medesima sentenza e devono quindi essere riuniti
ai fini di un’unica decisione (art. 335 c.p.c.).
Giova
premettere in fatto che con bando pubblicato il 9 maggio 1995 il Comune
di Ancona aveva indetto una licitazione privata per la ristrutturazione
e completamento di un complesso ospedaliero per un importo complessivo
di lavori pari a circa 103 miliardi, indicando come criterio di
aggiudicazione la procedura di cui all’art. 29, comma 3, del D.L.vo 19
dicembre 1991 n. 406 e richiamando, per ciò che attiene alle offerte
eventualmente anomale, l’art. 7 del D.L. 3 aprile 1995 n. 101 (che
aveva modificato l’art. 21 L. 11 febbraio 1994 n. 109 introducendo il
comma 1 bis). Da parte sua la conseguente lettera di invito, inviata
alcuni mesi dopo ( agosto del 1995) ribadiva che l’anomalia delle
offerte sarebbe stata regolata dal predetto art. 21 comma 1 bis nel
testo di cui all’art. 7 D.L. n. 101/95 cit.
Accadeva poi
che, una volta aperte le buste con le offerte (verbale della commissione
del 24 gennaio 1996), da un lato risultava che alcune di queste erano
anormalmente basse (tra le quali quella della CO.GE.I, la più
vantaggiosa in senso assoluto , con il 26% di ribasso) e che per contro
l’offerta più conveniente, fra quelle al di sotto della soglia di
anomalia (calcolata sulla base della media dei ribassi maggiorata del
20%) risultava essere quella dell’impresa Castelli.
A questo punto,
la commissione statuiva di procedere alla verifica delle offerte anomale
mediante esame dei moduli lista e delle analisi delle voci di prezzo
più significative.
Contro tale
determinazione insorgeva innanzi al TAR l’impresa Castelli, sostenendo
che in base all’ultimo periodo dell’art. 7 D.L. n. 101/95, nel testo
introdotto dalla legge di conversione 2 giugno 1995 n. 216, entrato in
vigore prima dell’invio della lettera di invito, le offerte anonale
avrebbero dovuto essere escluse automaticamente ("fino al 1°
gennaio 1997 sono escluse per gli appalti di lavori pubblici di importo
superiore o inferiore alla soglia comunitaria le offerte che presentino
una percentuale di ribasso che superi di oltre un quinto la media
aritmetica dei ribassi di tutte le offerte ammesse").
Nel frattempo
aveva luogo l’istruttoria sulla verifica delle offerte anomale ad
opera di due geometri comunali sotto la supervisione del presidente
della commissione di gara, a conclusione della quale la commissione
confermava, facendo proprie le conclusioni cui era pervenuta l’organo
istruttorio, l’anomalia delle offerte in questione, procedendo di
conseguenza alla aggiudicazione a favore della impresa Castelli, la più
vantaggiosa, come detto, al di sotto della soglia di anomalia (verbale
27 giugno 1996).
Donde il
ricorso CO.GE.I., con il quale essenzialmente si contestava il fatto che
la P.A. appaltante si era limitata ad esaminare e a ritenere affette da
anomalia le liste dei prezzi esibite a monte sin dalla presentazione
delle offerte (in applicazione dell’art. 21 comma 1 bis D.L. n. 101/95
cit.), senza far luogo al procedimento in contraddittorio, a valle, una
volta ritenuto che l’offerta presentata apparisse anormalmente bassa,
così come dispone l’art. 30 n. 4 della direttiva comunitaria n.
93/37.
I primi
giudici, previa riunione, dichiaravano inammissibile il ricorso
Castelli, in quanto rivolto avverso un atto endoprocedimentale in sé
non lesivo (la determinazione di procedere alla verifica delle offerte
anomale), e accoglievano il ricorso CO.GE.I, previa reiezione dell’eccezione
di inammissibilità per mancata impugnazione del bando e della lettera
di invito, per violazione dell’art. 30 n. 4 della predetta direttiva
comunitaria n. 93/37.
Avverso la
relativa sentenza insorgono il Comune di Ancona e l’impresa Castelli,
contestandone l’erroneità sotto vari profili.
Ciò premesso
in fatto, va in primo luogo chiarito che non può ritenersi,
contrariamente a quanto affermato dai primi giudici, che nella specie la
P.A. abbia escluso le offerte anomale delle quali si è detto non solo
perché ritenute senza giustificazione ma anche, da ciò prescindendo,
in via automatica, in forza del già ricordato ultimo capoverso inserito
all’art. 21 comma 1 bis L. n. 109/94 dalla L. n. 216/95 di conversione
del D.L. n. 101/95. Infatti sia il bando che la lettera di invito (quest’ultima
successiva all’entrata in vigore della suddetta L. n. 216/95) fanno
specifico riferimento all’art. 7 del D.L. n.101 nel testo originario,
privo del suddetto capoverso; e che della detta disposizione la P.A. non
abbia inteso fare applicazione la prova è data dalla determinazione di
far luogo alla complessa verifica delle offerte anomale mediante
apposita istruttoria. Non ha rilievo, perciò, l’accenno alla
esclusione automatica contenuta nella relazione del presidente della
commissione al termine della compiuta istruttoria, che va intesa come
una considerazione aggiuntiva e sostanzialmente irrilevante, tanto è
vero che nel verbale conclusivo della commissione (l’atto impugnato)
non ve n’è traccia, essendosi limitata la commissione medesima a
prendere atto e a fare proprie le conclusioni sulla accertata anomalia
delle offerte a seguito della istruttoria compiuta.
Venendo all’esame
degli appelli proposti, appare fondata la censura, comune a entrambi i
ricorsi, con la quali si denuncia l’inammissibilità del ricorso
CO.GE.I. per mancata impugnazione del bando e della lettera di invito.
Va premesso che
non ha rilievo l’assunto della CO.GE.I. secondo la quale il motivo in
questione non sarebbe consentito al Comune di Ancona perché non
formulato in primo grado: a parte il fatto che comunque l’impresa
Castelli aveva mosso l’eccezione in questione, esaminata e respinta
dai primi giudici, pare assorbente considerare che l’eccezione è
comunque rilevabile d’ufficio, senza dire che in base alla
giurisprudenza di questo Consiglio non è applicabile al processo
amministrativo la regola sancita dall’art. 445 c.p.c. che fa divieto
di eccezioni nuove in appello (cfr. V Sez., 2 marzo 1999 n. 222).
Come si è
accennato in precedenza, sia il bando di gara che la lettera di invito,
richiamano espressamente, per ciò che attiene alle offerte da
considerarsi anomale, il D.L. n. 101/95, il quale, per quel che qui
interessa, dispone che "…l’amministrazione interessata deve
valutare l’anomalia delle offerte di cui all’art. 30 della direttiva
93/37 … A tal fine la pubblica amministrazione può prendere in
considerazione esclusivamente giustificazioni fondate sull’economicità
del procedimento di costruzione e delle soluzioni tecniche adottate o
sulle condizioni particolarmente favorevoli di cui gode l’offerente…
Le offerte devono essere corredate, fin dalla loro presentazione, da
giustificazioni relativamente alle voci di prezzo più significative,
indicate nel bando di gara o nella lettera di invito, che concorrono a
formare un importo non inferiore al 75% di quello posto a base d’asta".
Appare perciò
evidente che la normativa ora richiamata si pone come dichiaratamente
attuativa della direttiva 93/37, anticipando la richiesta di
giustificazioni al momento di presentazione delle offerte, prima ancora
cioè di conoscerle, anziché richiederle, come dispone la direttiva, ex
post, una volta rilevata la possibile anomalia di ciascuna singola
offerta. E ciò è tanto vero che questo Consiglio, con ord.za n. 2290
del 17 aprile 2000 della IV Sezione, ha rimesso alla Corte di Giustizia
la questione se l’art. 30 n. 4 della direttiva 93/37 sia
interpretabile nel senso di consentire o meno di ritenere
comunitariamente compatibile l’attuazione fornitane dal legislatore
italiano con il cit. art. 7 D.L. n. 101/95 cit.
Ciò posto,
poiché è indiscutibile che la P.A., nel dettare la lex specialis
regolatrice della procedura, ha dato attuazione puntuale del dettato
normativo della norma interna di attuazione, la quale esclude, come si
è visto, la verifica in contraddittorio ex post, appare evidente, in
macanza di impugnativa del bando e della lettera di invito, l’inammissibilità
delle argomentazioni svolte in primo grado a sostegno della pretesa ad
una completa applicazione dell’art. 30 punto 4 della direttiva in
questione.
L’appellata
tenta vanamente di contestare che il bando e la lettera di invito
escludano l’obbligo di verifica in contraddittorio. In primo luogo si
osserva che l’Amministrazione ha evidentemente e non del tutto
illogicamente ritenuto coerente con la disciplina comunitaria la norma
interna in questione ( né tale coerenza risulta esclusa a priori dall’ordinanza
di cui si è fatto cenno, la quale ha posto il problema in termini
soltanto dubitativi), a differenza dell’orientamento seguito per ciò
che attiene alla esclusione automatica di cui all’ultimo periodo
aggiunto in sede di conversione, di fatto disapplicato, come si è
visto. In secondo luogo non appare vero, sul piano testuale, che il
bando e la lettera di invito non contengano prescrizioni specifiche in
ordine alla valutazione delle offerte anomale: mentre non ha alcun
rilievo il rinvio, contenuto nel bando, all’art. 29 D.L.vo n. 406/91,
perché limitato al solo comma 3 (che concerne il sistema di
aggiudicazione, e non riguarda le offerte anomale, disciplinate dal
successivo comma 5). Il richiamo, operato nel bando e ribadito nella
lettera di invito all’art. 7 D.L. n. 101/95, e quindi alla già vista
disciplina in essa prevista, in dichiarata, esaustiva attuazione, va qui
precisato, dell’art. 30 della direttiva 93/37, appare sul punto
inequivoco (come dimostra del resto altresì chiaramente la lettera di
invito nella parte in cui prescrive che nella busta dell’offerta deve
essere contenuto un allegato ove saranno riportate, ai sensi dell’art.
21 comma 1 bis della L. n. 109/94, come modificato dall’art. 7 D.L. n.
101/95, le giustificazioni relative ai prezzi più significativi per un
importo superiore al 75% di quello posto a base d’asta: prescrizione
poi seguita da un elenco di voci di prezzo da giustificare).
Diversamente da quanto infatti ritenuto dai primi giudici (e
conformemente invece a quanto ritenuto nella più volte ricordata
ordinanza di questo Consiglio) detto richiamo all’art. 30 della
direttiva significa che il legislatore interno ha inteso dare, nello
stabilire l’obbligo di corredare le offerte fin dalla loro
presentazione delle giustificazioni sui prezzi più significativi
(facendo propria una prassi di talune stazioni appaltanti italiane), una
sua propria integrale ed esaustiva applicazione del precetto
comunitario, anticipandola alla fase iniziale della procedura, ed
esclude quindi, per incompatibilità evidente, onde evitare una doppia
verifica, l’applicabilità dell’art. 30 punto 4 della direttiva
nella parte i cui è prevista la verifica ex post.
In conclusione,
dunque, poiché l’eventuale violazione della direttiva comunitaria è
da ascrivere al bando e alla lettera di invito, la mancata impugnazione
di questi rende inammissibili le censure dedotte al riguardo.
Restano da
esaminare le doglianze assorbite il primo grado e ora riproposte in
appello.
Irrilevante in
primo luogo appare la doglianza relativa alla asserita esclusione
automatica dell’offerta presentata in quanto anomala, visto che, come
si è detto, l’anomalia stessa è stata verificata a seguito di
apposita istruttoria, e non disposta automaticamente (significativo sul
punto è il fatto che sia il bando che la lettera di invito richiamano
sempre l'art. 7 D.L. n. 101/95, nel testo originario, e cioè privo del
periodo finale, aggiunto in sede di conversione, che consentiva, sino al
1° gennaio 1997, l’esclusione automatica anche per le gare sopra la
soglia comunitaria).
Neppure si può
condividere l’assunto secondo il quale la Commissione di gara avrebbe
ritenuto anomala l’offerta presentata sulla base di una valutazione
globale e unitaria del prezzo d’offerta: al contrario, dalla relazione
del presidente della commissione risulta che si è proceduto ad una
analitica verifica delle somme dei moduli lista delle singole offerte
(tanto è vero che si sono potuti rilevare anche degli errori nelle
relative somme, sia pur per importi non rilevanti); verifica a
conclusione della quale si è messo in luce che mentre i prezzi delle
materie prime in linea generale corrispondono ai prezzi di mercato,
viceversa si sono manifestate notevoli contrazioni dei tempi relativi
alle prestazioni di manodopera, fattore ritenuto dalla commissione
particolarmente rilevante, tenuto conto che si trattava di un intervento
nell’ambito di un complesso ospedaliero che doveva continuare a
rimanere in piena attività durante i lavori (di ristrutturazione e
ampliamento), ciò che non avrebbe permesso economia di manodopera ed
anzi ne avrebbe aumentato l’incidenza. Considerazioni che appaiono
immuni da vizi logici e che in sostanza non vengono contestate, così
come non vengono contestati alcuni dati forniti in proposito dall’appellante
Comune in memoria che evidenziano, per taluni voci di spesa riguardanti
la manodopera, differenze anche del 100% tra il progetto CO.GE.I (che
aveva offerto un ribasso del 26%) e il progetto Castelli (ribasso del
6%). Né vale opporre che, ove interpellata, l’istante sarebbe stata
in grado di fornire le necessarie giustificazioni, giacche tali
giustificazioni avrebbe dovuto fornire fin dall’inizio, secondo quanto
dettava la lettera di invito, non contestabile, per le ragioni dette, in
quanto non impugnata.
Infine non ha
pregio l’assunto secondo il quale la commissione di gara si sarebbe
limitata a prendere atto delle conclusioni istruttorie alle quali erano
pervenuti i due geometri incaricati dell’analisi dei prezzi e il
presidente della commissione nella sua relazione del 18 giugno. Dal
relativo verbale del 27 giugno risulta che il presidente ha dato lettura
della relazione predisposta dall’U.T.C. corredandola degli allegati
analitici concernenti le verifiche dei prezzi, e che la Commissione ha
approvato collegialmente la relazione dichiarando di condividerla e di
farla propria. Appare perciò indimostrato l’assunto dell’ istante
ove questi afferma che la determinazione finale della commissione non
sarebbe frutto di un giudizio proprio di questa. Né può ritenersi che
tale determinazione sia immotivata, essendo evidentemente la motivazione
da intendersi per rinvio a quella contenuta nella relazione del
presidente debitamente approvata, motivazione della cui congruità si è
detto in precedenza.
In definitiva i
due appelli vanno accolti, nella parte in cui impugnano la sentenza di
primo grado di accoglimento del ricorso proposto in primo grado dalla
CO.GE.I, e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, il
ricorso stesso deve essere dichiarato inammissibile.
Inammissibile,
per carenza di interesse, considerato l’esito pienamente satisfattivo
del disposto accoglimento, deve essere dichiarato invece l’appello
Castelli nella parte in cui è rivolto avverso la sentenza appellata ove
questa ha dichiarato inammissibile il rcorso di primo grado proposto
dalla medesima impresa Castelli.
Sussistono
validi motivi per compensare integralmente fra le parti le spese dei due
gradi di giudizio.
PQM
Il Consiglio di
Stato, in sede giurisdizionale (V Sez), definitivamente pronunciando:
previa riunione
degli appelli proposti dall’impresa Castelli e dal Comune di Ancona,
dichiara in
parte inammissibile l’appello Castelli;
accoglie per il
resto l’appello Castelli e integralmente l’appello del Comune di
Ancona e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara
inammissibile il ricorso proposto in primo grado dalla CO.GE.I.
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