Consiglio di Stato - Sezione V
- Decisione 15 novembre 2001 n. 5843
Gare
Bando - Lettera di invito -
Prescrizioni di gara - Contrasto con legge sopravveniente -
Disapplicazione prescrizione di gara - Inammissibile
Ritenuto in
fatto
Viene in decisione l’appello
avverso la sentenza in epigrafe indicata con la quale il Tribunale
amministrativo regionale per la Lombardia Sezione staccata di Brescia ha
respinto il ricorso della Master s.c.a.r.l. diretto all’annullamento
della deliberazione della Giunta comunale di Brembate di Sopra n. 434
del 26 giugno 1996 recante aggiudicazione dell’appalto di fornitura
del servizio di "integrazione del personale A.S.A. per il periodo 1
luglio 1995 – 30 giugno 1998 presso la locale Casa di riposo" e
di ogni altro atto preordinato e connesso e segnatamente del verbale d’asta
in data 23 giugno 1995, nella parte in cui disponeva l’esclusione
della odierna appellante dalla partecipazione alla gara e, occorrendo,
del bando di gara dell’11 maggio 1995.
L’amministrazione comunale di
Brembate di Sopra si è costituita in giudizio e ha dispiegato appello
incidentale sul capo della sentenza di prime cure che ha disposto la
compensazione delle spese del giudizio.
All’udienza del 16 ottobre
2001 parti e causa sono state assegnate in decisione.
Considerato in diritto
L’appello è infondato.
La questione fondamentale,
prospettata nel gravame, è la seguente: se, ai sensi dell’articolo 5,
comma primo della legge 8 ottobre 1984, n. 687 fosse o meno dovuta la
cauzione provvisoria anche nei procedimenti concorsuali per l’affidamento
di forniture e servizi.
La disposizione così recitava:
"Nei procedimenti concorsuali per l'affidamento dei pubblici
appalti non è dovuta la cauzione provvisoria prevista dall'articolo 332
della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F, dall'articolo 2 del
capitolato generale d'appalto per le opere di competenza del Ministero
dei lavori pubblici approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 16 luglio 1962, n. 1063, e da ogni altra disposizione."
A favore della tesi dell’appellante,
che estende il su riportato precetto anche ai pubblici appalti per
forniture e servizi, possono richiamarsi due argomenti di ordine
letterale:
il primo si desume dalla
rubrica della legge n. 687 del 1984, che, recando "modifiche delle
leggi 10 dicembre 1981, n. 741, 8 agosto 1977, n. 584, 2 febbraio 1973,
n. 1, e di norme in materia di cauzione provvisoria e di
pubblicità", lasciava intravedere l’introduzione nell’ordinamento
di un duplice corpus di norme, l’uno di stretta attinenza ai lavori
pubblici per l’esplicito riferimento alle modifiche di leggi di
settore quali sopra indicate e l’altro di più generale portata, come
la generica formulazione di norme in materia di cauzione provvisoria e
di pubblicità avrebbe consentito di arguire,
il secondo si trova nel corpo
della disposizione in esame, essendo ben evidente che sia il riferimento
generico alle procedure di pubblici appalti sia la previsione di
chiusura contenuta all’espressione "e da ogni altra
disposizione" sicuramente militano a favore della generale
estensione del precetto a tutte le gare, riguardino esse lavori
pubblici, forniture o servizi.
Si tratta, tuttavia, di
argomenti assolutamente non decisivi e resi perplessi da ulteriori
considerazioni. Si osserva, infatti:
la formula generale contenuta
nella rubrica della legge può spiegarsi agevolmente con la necessità
di non aggravare ulteriormente il testo, nel quale sono citate le
modificazioni specifiche a ben tre leggi, pur nell’ambito di una
disciplina innovativa relativa solo ai lavori pubblici. Nella rubrica,
in altre parole, il legislatore ha preferito limitarsi a indicare solo i
provvedimenti di settore espressamente modificati, anche se la
disciplina conteneva, in concreto, ulteriori innovazioni sempre relative
alla stessa materia. Anche questa interpretazione si rivela plausibile e
coerente con il quadro normativo sull’assorbente considerazione che
tutte le altre undici disposizioni di cui si compone il testo
legislativo in esame disciplinano esclusivamente la materia dei lavori
pubblici;
i contenuti precettivi dello
stesso articolo 5 della legge 8 ottobre 1984, n. 687, i cui commi
successivi al primo regolano le ipotesi di aggiudicazione a soggetto
iscritto (o non ancora iscritto) all’albo nazionale dei costruttori di
cui alla legge 10 febbraio 1962, n. 57, relative, cioè, alla tipica
materia dei lavori pubblici;
la stessa formulazione
letterale della disposizione che, prima della previsione di chiusura,
indica alcune norme che innova, cioè l’articolo 332 della legge 20
marzo 1865, n.2248 allegato F, l’articolo 2 del capitolato generale
per le opere di competenza del Ministero dei lavori pubblici approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1962, n. 1063,
prospettando così una casistica di riferimento univocamente orientata
ai lavori pubblici.
Alla stregua di tali
considerazioni, anche l’interpretazione sistematica dell’articolo 5
della legge n. 687 del 1984 collide con un’estensione della norma a
ipotesi diverse da quelle del contesto unitariamente considerato della
legge stessa e non consente, per l’effetto, di ritenerla applicabile
alle fattispecie di appalti di forniture e di servizi.
Ulteriore conferma è data
dalla abrogazione della legge 8 ottobre 1984, n. 687 a opera dell’articolo
231, comma 1 lettera t) del decreto del Presidente della Repubblica 21
dicembre 1999, n. 554, recante il regolamento di attuazione della legge
11 febbraio 1994, n. 109, legge quadro in materia di lavori pubblici e
successive modificazioni: ora è evidente che se la norma abrogativa si
rinviene in un testo relativo esclusivamente a quella materia, ne
discende come l’intera disciplina abrogata dovesse avere (anche nella
mens del legislatore: vedi articolo 30 della legge 11 febbraio 1994, n.
109) per oggetto quest’ultima.
Dalla ritenuta non
applicabilità all’appalto in questione della norma alla fattispecie
di appalto di servizi, dal quale scaturisce la vicenda contenziosa,
derivano con ogni evidenza le conseguenze nitidamente esposte nella
sentenza impugnata. In particolare:
non assume rilievo, ai fini del
decidere, la disciplina comunitaria introdotta con decreto legislativo
17 marzo 1995, n. 157, in attuazione della direttiva 92/50/CEE in
materia di appalti di servizi, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 104
del 6 maggio 1995 e entrato in vigore il successivo quindicesimo giorno,
cioè circa dieci giorni dopo l’emissione del bando di gara, per cui
è controversia, che data 11 maggio 1995: infatti, in sede di gara
indetta per l'aggiudicazione di un contratto, la Pubblica
amministrazione è tenuta ad applicare le regole fissate nel bando,
atteso che questo, unitamente alla lettera d'invito, costituisce la lex
specialis della gara e non può essere disapplicato nel corso del
procedimento, neppure nel caso in cui talune delle regole in essa
contenute risultino non più conformi allo jus superveniens (C.d.S., V,
11 maggio 1998, n. 224);
in sede di gara per appalti
pubblici, la cauzione di cui deve essere corredata l'offerta,
costituisce, ai fini dell'ammissione, una condizione vincolante e
permanente fino all'aggiudicazione, posto che la cauzione stessa è
intesa a garantire l'affidabilità dell'offerta, non solo in vista
dell'eventuale aggiudicazione, ma anche, e in primo luogo, a tutela
della serietà e della correttezza del procedimento di gara, per cui
legittimamente è stata disposta l’esclusione della cooperativa
appellante, che non aveva fornito quel fondamentale elemento di
valutazione, pure richiesto in bando (C.d.S., V, 18 maggio 1998, n.
128);
le clausole del bando rivolte a
assicurare la serietà e correttezza del procedimento di gara sono
evidentemente ispirate al mantenimento della par condicio dei
concorrenti;
in sede di aggiudicazione dei
contratti della Pubblica Amministrazione, l’inosservanza delle
prescrizioni del bando o della lettera di invito circa le modalità di
presentazione delle offerte implica l’esclusione dalla gara quando si
tratti, come nel caso di specie, di prescrizioni sia rispondenti a un
particolare interesse dell’Amministrazione appaltante sia poste a
garanzia, secondo quanto osservato, della par condicio dei concorrenti (C.d.S.,
IV, 20 novembre 1998, n. 1619);
il principio ermeneutico da
osservare nell’ipotesi che la lex specialis della gara non indichi in
modo espresso l’essenzialità di una propria prescrizione e il
conseguente effetto esclusivo nei confronti dei concorrenti che non vi
ottemperino è, in definitiva, quello teleologico, attesa la peculiare
funzione assegnata alla clausola in esame rispetto ai criteri che
presidiano le procedure a evidenza pubblica;
ne deriva che il metodo
esegetico favorevole alla più numerosa partecipazione alla gara per
consentire la selezione tra un più ampio ventaglio di offerte deve
considerarsi recessivo tutte le volte che, attraverso quella
interpretazione, si determini un obiettivo vulnus dei principi che
attengono al rispetto delle condizioni relative alla serietà e
correttezza della procedura e alla par condicio dei concorrenti.
E’, infine, erronea la
deduzione contenuta nel quinto motivo, secondo il quale la richiesta
della cauzione indicata nel bando si riferisce alla fase successiva allo
svolgimento della gara e presuppone l’aggiudicazione.
Dalla piana lettura degli atti
emerge, infatti, come l’appellante confonda la cauzione provvisoria
(dovuta da tutti i partecipanti alla gara a sostegno della serietà e
congruenza dell’offerta) con la cauzione definitiva (dovuta solo dall’aggiudicatario
a garanzia della corretta esecuzione dell’appalto).
Anche l’appello incidentale
autonomo, incentrato sulla mancata condanna di parte soccombente in
primo grado alle spese del giudizio, è infondato.
La Sezione richiama, per
semplicità argomentativa, i principi stabiliti con propria decisione n.
3364 del 25 giugno 2001 e osserva come la questione sottoposta al
giudizio di primo grado e qui riesaminata fosse sostanzialmente nuova,
quanto meno nella particolare prospettazione di parte ricorrente, e come
probabilmente la vertenza non sarebbe stata neppure instaurata se il
Comune appellato avesse usato maggiore cura nella redazione degli atti
della gara, le cui clausole poco chiare hanno comportato dubbi,
perplessità e articolate ricostruzioni esegetiche.
Sussistono giusti motivi per
compensare le spese anche di questa fase del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale – Sezione Quinta respinge l’appello principale e l’appello
incidentale autonomo.
|