Consiglio di
Stato - Sezione VI - Decisione 15 febbraio 2001 n. 805
Offerte
Anomale - Appalti di lavori - Illegittima ammissione di piu' imprese -
Impugnazione aggiudicazione - Annullamento aggiudicazione - Potere
dell'amministrazione di esclusione di altre imprese - Sussistente
Fatto
1. Con un
bando di data 11 novembre 1999, il Comune di Civitavecchia ha indetto
una licitazione privata per l’affidamento dei lavori di bonifica e
di riconversione del tratto terminale del bacino idrografico del Fosso
della Fiumaretta.
Il Comune,
col successivo provvedimento di data 28 dicembre 1999, ha aggiudicato
i lavori alla impresa M.G.A. Costruzioni.
2. Col
ricorso n. 1922 del 2000, proposto al TAR per il Lazio, il Consorzio
Ravennate delle cooperative di produzione e lavoro ha impugnato l’atto
di aggiudicazione e gli atti presupposti, rilevando che l’Amministrazione
avrebbe dovuto escludere l’Impresa risultata aggiudicataria e che,
conseguentemente, il ricorrente medesimo avrebbe avuto titolo all’aggiudicazione.
Nel corso del
giudizio, il Consorzio ha chiesto altresì la condanna dell’Amministrazione
al risarcimento dei danni subiti.
Con la
sentenza n. 3911 del 2000, il TAR:
- ha accolto
il ricorso ed ha annullato gli atti impugnati, rilevando che l’Impresa
aggiudicataria non era in possesso di tutti i requisiti prescritti dal
bando di gara;
- ha
dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno, poiché
formulata con una memoria non notificata;
- ha
compensato tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
3. La
sentenza del TAR è stata impugnata:
a) con l’appello
principale, dal Comune di Civitavecchia, il quale ha chiesto che il
ricorso di primo grado sia dichiarato inammissibile o infondato;
b) dal
Consorzio ricorrente in primo grado, il quale ha chiesto che sia
ritenuta ammissibile e fondata la domanda di risarcimento del danno.
Nel corso del
giudizio, l’appellante principale e l’appellante incidentale hanno
illustrato le loro argomentazioni ed hanno insistito nelle già
formulate conclusioni.
Non si è
costituita in giudizio l’impresa risultata aggiudicataria della
gara.
4. All’udienza
del 12 gennaio 2001 la causa è stata trattenuta per la decisione e la
Sezione ha pubblicato il dispositivo, ai sensi dell’art. 4 della
legge 21 luglio 2000, n. 205
Diritto
1. Nel
presente giudizio, è controversa la legittimità degli atti con cui
il Comune di Civitavecchia ha aggiudicato all’Impresa
controinteressata in primo grado i lavori di bonifica e di
riconversione del tratto terminale del bacino idrografico del Fosso
della Fiumaretta.
Il Comune ha
indetto la gara col bando dell’11 novembre 1999 ed ha aggiudicato i
lavori con il successivo provvedimento di data 28 dicembre 1999.
Col ricorso
di primo grado, gli atti di gara sono stati impugnati innanzi al TAR
per il Lazio dal Consorzio (ora appellante incidentale), il quale ha
dedotto che l’aggiudicazione doveva essere disposta in suo favore,
poiché l’Amministrazione avrebbe dovuto escludere l’Impresa
aggiudicataria.
Nel corso del
giudizio, il Consorzio ha depositato una memoria, con cui ha chiesto
anche la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni
subiti.
Con la
sentenza gravata, il TAR:
- ha accolto
il ricorso ed ha annullato gli atti impugnati, rilevando che l’Impresa
aggiudicataria non era in possesso di tutti i requisiti prescritti dal
bando di gara;
- ha
dichiarato inammissibile la domanda di risarcimento del danno, poiché
formulata con una memoria non notificata.
La sentenza
è stata impugnata:
a) con l’appello
principale, dal Comune di Civitavecchia, il quale ha chiesto che il
ricorso di primo grado sia dichiarato inammissibile o infondato;
b) con l’appello
incidentale, dal Consorzio, il quale ha chiesto che sia ritenuta
ammissibile e fondata la domanda di risarcimento del danno.
2. Col primo
motivo dell’appello principale, il Comune di Civitavecchia ha
dedotto che il TAR avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso
di primo grado, poiché:
- il
Consorzio ha dedotto che il bando prescriveva i requisiti dell’iscrizione
nell’albo nazionale dei costruttori per le tre categorie (G8, G3 e
G1) e che, pertanto, l’Impresa aggiudicataria doveva essere esclusa
perché iscritta in una sola delle tre medesime categorie;
- risulta che
altre due Imprese hanno partecipato alla gara, versando in situazione
identica a quella dell’aggiudicataria, perché non risultano
iscritte per tutte le categorie;
- la
rideterminazione della soglia di anomalia delle offerte (non
calcolando quella dell’aggiudicataria e quelle delle altre due
Imprese che non potevano essere ammesse, nel caso di fondatezza del
ricorso) avrebbe comportato l’anomalia della stessa offerta del
Consorzio ricorrente;
- anche se l’Amministrazione
resistente non può proporre un ricorso incidentale avverso un proprio
atto (nella specie, gli atti di ammissione delle altre due Imprese non
iscritte nelle tre categorie), il TAR avrebbe dovuto comunque
esaminare la questione se la fondatezza della censura del Consorzio
gli avrebbe potuto far conseguire la contestata aggiudicazione.
Pertanto,
secondo l’assunto, il TAR prima di esaminare la fondatezza del
ricorso originario avrebbe dovuto esaminare l’eccezione in tal senso
formulata in primo grado.
Il Consorzio
sul punto si è difeso rilevando la correttezza della sentenza
impugnata, per la quale, in assenza di impugnazioni rivolte contro gli
atti di ammissione della gara delle altre due Imprese in ipotesi prive
dei prescritti requisiti di partecipazione, la soglia di anomalia
delle offerte (nel caso di accertata fondatezza del ricorso di primo
grado) andrebbe ricalcolata senza calcolare la sola offerta dell’Impresa
aggiudicataria, restando ferma la rilevanza delle offerte delle altre
due Imprese che si trovano in posizione identica.
3. Ritiene la
Sezione che tale motivo d’appello ha evidenziato l’erroneità
della ratio decidendi della statuizione del TAR in ordine all’eccezione
di inammissibilità del ricorso.
Se nel corso
della gara d’appalto sono ammesse varie Imprese, prive dei
prescritti requisiti e le cui offerte sono state considerate per la
determinazione della c.d. soglia di anomalia, qualora col ricorso
avverso gli atti di gara si censuri l’illegittima ammissione della
sola Impresa risultata aggiudicataria e si prospetti che la ricorrente
avrebbe titolo all’aggiudicazione in luogo dell’aggiudicataria, da
un lato va considerato sussistente l’interesse strumentale a
ricorrere e dall’altro conservano rilievo gli eventuali vizi degli
atti di ammissione alla gara delle altre Imprese, le cui offerte sono
state decisive per il calcolo della soglia di anomalia.
L’illegittimità
di tali atti di ammissione:
- può essere
dedotta, in linea di principio, dalla stessa aggiudicataria, con un
formale ricorso incidentale, al fine di far accertare in sede
giurisdizionale se l’Impresa ricorrente sia titolare di un effettivo
interesse;
- può essere
accertata dall’Amministrazione, quale titolare del suo generale
potere di autotutela, in base al quale (a seguito dell’annullamento
dell’aggiudicazione e in sede di emanazione degli atti ulteriori)
essa può verificare se tutti gli atti di gara siano legittimi, alla
luce dei principi enunciati dal giudice amministrativo.
In altri
termini, se l’Impresa ricorrente (come è avvenuto nella specie)
deduce che l’aggiudicataria andava esclusa perché priva dei
requisiti prescritti dal bando, in ogni caso conservano rilevanza i
profili di illegittimità degli atti che hanno ammesso alla gara le
altre Imprese: nel caso di annullamento dell’aggiudicazione da parte
del giudice amministrativo, in sede di rinnovazione degli atti di gara
l’Amministrazione può escludere le Imprese che versino nella
identica situazione di quella già risultata aggiudicataria in base al
provvedimento oramai annullato.
A maggior
ragione, essendovi un evidente interesse pubblico per la legittima
determinazione della c.d. soglia di anomalia, in sede di rinnovazione
degli atti l’Amministrazione può escludere le Imprese prive dei
prescritti requisiti e le cui offerte siano state decisive per la
individuazione di tale soglia, dal momento che il provvedimento
finale, emesso in sede di esecuzione della sentenza amministrativa,
deve risultare obiettivamente legittimo e non solo immune dai vizi
già riscontrati in sede giurisdizionale.
Del resto,
tale soluzione preclude radicalmente che l’Impresa ricorrente in
sede giurisdizionale possa influire sull’esito della gara, mediante
la contestazione dell’ammissione di una o più Imprese al dichiarato
fine di fare rideterminare la soglia di anomalia in modo tale che la
propria risulti la migliore tra quelle non anomale.
Ciò comporta
che l’eccezione formulata dal Comune (e reiterata con l’appello)
va respinta per la parte in cui ha chiesto che il ricorso originario
sia dichiarato inammissibile, poiché essa non ha di per sé sollevato
una questione concernente l’ammissibilità del ricorso originario:
- il
Consorzio ricorrente, quale titolare di un interesse strumentale, ben
poteva dedurre l’illegittimità della aggiudicazione, perché
disposta in favore di una Impresa priva dei prescritti requisiti;
- poiché nel
corso del giudizio di primo grado l’Impresa controinteressata non ha
proposto alcun ricorso incidentale, e in mancanza di atti comunali di
autotutela aventi per oggetto gli atti di ammissione alla gara, il
ricorso originario risulta ammissibile.
Le deduzioni
del Comune sono però fondate per la parte in cui hanno lamentato che
il TAR ha erroneamente delimitato i suoi poteri esercitabili nel caso
di annullamento degli atti impugnati.
Proprio in
considerazione del suo generale potere di autotutela, infatti, resta
fermo il potere dell’Amministrazione di rivedere le posizioni delle
altre due Imprese (e di rideterminare, conseguentemente, la soglia di
anomalia), qualora effettivamente risulti che esse versano in una
situazione identica a quella dell’Impresa risultata aggiudicataria
(malgrado la mancata iscrizione nelle tre categorie previste nel
bando).
4. Il Comune
ha altresì dedotto che il ricorso di primo grado sarebbe
inammissibile per la mancata impugnazione dell’atto n. 756 del 30
novembre 1999, che ha invitato le Imprese risultate "in possesso
dei requisiti richiesti, con riserva di ulteriore verifica della
documentazione presentata in sede di gara": secondo l’assunto,
la mancata impugnazione di tale atto precluderebbe l’esame delle
censure formulate avverso gli atti di ammissione e di aggiudicazione
disposti in favore della Impresa controinteressata in primo grado.
5. La
deduzione va respinta per un duplice ordine di ragioni.
In primo
luogo, la stessa Amministrazione si è riservata di approfondire le
questioni concernenti la sussistenza dei prescritti requisiti di
partecipazione, sicché il successivo mancato riscontro di essi
riguarda aspetti di legittimità dei successivi atti, di per sé senz’altro
lesivi.
In secondo
luogo, va fatta applicazione del principio generale per cui non è
autonomamente impugnabile l’atto interno del procedimento, anche se
di ammissione di una Impresa ad una gara, poiché l’attualità dell’interesse
a ricorrere deriva dal provvedimento finale di aggiudicazione,
concretamente lesivo.
6. Col
secondo articolato motivo d’appello, è dedotto che:
- il bando di
gara non richiedeva l’iscrizione all’albo nazionale per le tre
categorie G8, G3 e G1;
- il TAR
avrebbe errato nell’interpretare il bando alla luce dell’art. 23,
primo comma, del decreto legislativo n. 406 del 1991;
- il TAR
avrebbe altresì errato nel ritenere che sussistessero tutte le
ragioni tecniche per richiedere l’iscrizione nelle tre categorie,
poiché tale norma invece dispone che l’Amministrazione possa
espressamente richiedere l’iscrizione in categorie diverse da quella
prevalente, solo nel caso di comprovata presenza di motivi tecnici
evidenziati in sede progettuale.
7. Ritiene la
Sezione che tale motivo d’appello vada respinto, anche se ha posto
in evidenza l’insufficienza della motivazione della sentenza
impugnata.
7.1.Contrariamente
a quanto ha ritenuto il TAR, il bando della gara va interpretato in
base alle sue effettive prescrizioni riguardanti la categoria o le
categorie di iscrizione nell’albo nazionale, mentre in sede
giurisdizionale non può verificarsi se l’Amministrazione avesse o
meno dovuto o potuto chiedere l’iscrizione nelle varie categorie in
ragione di comprovati motivi tecnici.
Infatti, per
la giurisprudenza di questo Consiglio (Sez. V, 26 giugno 1996, n.
803):
- l’art.
23, primo comma, ha attribuito alle Amministrazioni aggiudicatrici il
potere di richiedere l’iscrizione all’albo nazionale dei
costruttori non solo nella categoria prevalente, ma anche in altre
categorie di lavori;
- la regola
generale è quella della sufficienza dell’iscrizione all’albo
nella sola categoria prevalente:
- il potere
di cui al primo comma, tuttavia, può essere esercitato in presenza di
"comprovati motivi tecnici evidenziati in sede
progettuale", da cui deve risultare "indispensabile"
tale determinazione al fine della corretta esecuzione del contratto.
L’Amministrazione,
pertanto, può chiedere l’iscrizione in categorie diverse da quella
avente il carattere prevalente, sulla base di un motivato
provvedimento (espressione di un potere tecnico-discrezionale), da cui
possano evincersi le ragioni che hanno indotto l'Amministrazione ad
avvalersi del relativo potere di chiedere ulteriori requisiti non
stabiliti in termini generali dalla legge.
Ciò comporta
che, non risultando tali espresse e specifiche valutazioni dell’Amministrazione,
la sentenza impugnata non poteva trarre argomenti, per affermare la
necessità dell’iscrizione delle tre categorie, dalla obiettiva
complessità dei lavori da realizzare.
In mancanza
di specifiche e tempestive impugnazioni rivolte avverso il bando di
gara, in questa sede è del resto irrilevante ogni deduzione secondo
la quale il bando avrebbe prescritto senza motivazione l’iscrizione
nelle tre categorie.
7.2. Ciò
posto, ritiene la Sezione che effettivamente il bando abbia prescritto
per la partecipazione la contestuale iscrizione alle tre categorie G8,
G3 e G1.
La pagina 1
dell’invito alla licitazione privata, sul punto, è chiara: senza
alcun richiamo all’art. 23, primo comma, del decreto legislativo n.
406 del 1991, e senza neppure indicare quale potesse essere
considerata la categoria prevalente, l’invito ha prescritto l’iscrizione
nelle tre categorie "per partecipare alla gara".
Poiché è
pacifico che l’Impresa risultata aggiudicataria non è in possesso
di tali requisiti, è pertanto sostanzialmente corretta la statuizione
del TAR di annullamento degli atti con cui tale impresa è stata
ammessa alla gara e ne è risultata aggiudicataria.
7.3. L’appello
principale, nel suo complesso, risulta pertanto infondato e va
respinto, nel senso che resta fermo l‘annullamento già disposto dal
TAR degli atti che hanno riguardato l’aggiudicataria.
L’Amministrazione,
ai sensi dell’art. 26 della legge n. 1034 del 1971, può emanare i
provvedimenti ulteriori, esercitando i propri poteri di autotutela al
fine di dare attuazione alle concrete previsioni del bando, in
attuazione della regola della par condicio tra le imprese.
8. Deve ora
passarsi all’esame dell’appello incidentale, con cui il Consorzio
originario ricorrente ha lamentato che il TAR avrebbe erroneamente
dichiarato inammissibile la sua domanda volta ad ottenere il
risarcimento dei danni, a seguito dell’emanazione degli atti
risultati illegittimi.
Secondo l’assunto,
dopo la proposizione del ricorso d’annullamento sarebbe possibile
una mera emendatio libelli, con la quale si potrebbe chiedere,
con una memoria non notificata, il risarcimento del danno subito in
conseguenza del provvedimento impugnato: la domanda di risarcimento,
così formulata, dovrebbe ammettersi "in un’ottica di
superamento" della distinzione tra diritto e interesse legittimo,
anche per ragioni di economia processuale.
Il Consorzio
ha conseguentemente svolto deduzioni per la determinazione concreta
del risarcimento.
9. Osserva la
Sezione che, contrariamente a quanto è stato dedotto nell’appello
incidentale, non sussistono tutti i presupposti per affermare che l’aggiudicazione
sarebbe dovuta spettare al Consorzio originario ricorrente.
Per le
ragioni sopra esposte al punto 3., e in considerazione dell’ampio
dibattito svoltosi nel corso del presente giudizio, risulta che deve
ancora accertarsi se l’offerta del Consorzio debba o meno
considerarsi anomala, in considerazione delle offerte formulate dalle
Imprese da ammettere alla gara.
Solo a
seguito di tale concreta verifica, e nella propria sede
amministrativa, può verificarsi la fondatezza della deduzione del
Consorzio, secondo cui esso doveva risultare aggiudicatario della
gara.
10. Inoltre,
va confermata la statuizione di inammissibilità della domanda, come
pronunciata dal TAR.
In linea di
principio, va considerata ammissibile la domanda di risarcimento del
danno subito dal titolare di un interesse legittimo, formulata (con un
atto ritualmente notificato al soggetto che si assume debitore) nel
corso del giudizio da questi tempestivamente proposto avverso il
provvedimento autoritativo.
Quando il
provvedimento costituente espressione di un potere è impugnato entro
il prescritto termine di decadenza innanzi al giudice amministrativo
(in sede di giurisdizione esclusiva o di legittimità), ben può il
ricorrente notificare una ulteriore domanda che, senza attendere l’esito
del pendente giudizio di annullamento, sottoponga all’esame del
giudice anche le questioni riguardanti la pretesa risarcitoria: tali
questioni, per la loro stretta connessione e per esigenze di economia
dei giudizi, possono essere decise contestualmente.
Nella specie,
tuttavia, nel corso del giudizio di primo grado il Consorzio
originario ricorrente ha formulato la domanda risarcitoria (aggiuntiva
e nuova rispetto a quella di annullamento, e non costituente una mera emendatio
libelli), mediante il deposito di una memoria non notificata al
Comune.
Per
consentire l’adeguata difesa in giudizio del soggetto nei cui
confronti è formulata la domanda di risarcimento del danno (e per
fargli valutare quali siano le più opportune difese volte a
contestare specificamente tale domanda), non trova eccezione la regola
generale per cui qualsiasi domanda, rivolta al giudice amministrativo,
risulta ammissibile (sia essa proposta a tutela di un diritto o di un
interesse legittimo) solo se formulata con un atto ritualmente
notificato alla controparte, nel rispetto dei principi sulla difesa e
sul contraddittorio.
Ogni
contraria tesi contrasta con i valori espressi dall’art. 24 della
Costituzione e con le regole generali sulla notifica dei ricorsi
giurisdizionali amministrativi, sempre sancite dalle leggi sulla
giustizia amministrativa, ribadite dalle leggi n. 1034 del 1971 e n.
205 del 2000 e applicabili per qualsiasi domanda e senza alcuna
eccezione, anche nei casi in cui sussista la giurisdizione piena o
esclusiva del giudice amministrativo.
11. Per le
ragioni che precedono, l’appello principale e quello incidentale
vanno respinti e la sentenza impugnata va confermata, sia pure con
diversa motivazione.
Sussistono
giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del
secondo grado del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio
di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello
principale n. 6712 del 2000 e respinge l’appello incidentale. Per l’effetto,
conferma la sentenza impugnata, nei sensi di cui in motivazione.
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