Consiglio di
stato - Sezione VI - Decisione 13 giugno 2005 n. 3089
Contratti della
Pubblica Amministrazione - Appalti Pubblici - Impugnazione
esclusione - Omessa impugnazione dell'aggiudicazione - Procedibilità
del ricorso - Sussite - Interesse tutelato con il ricorso - Interesse al
risarcimento danni
F A T T O
Con
il ricorso in appello in epigrafe l’Associazione Irrigazione Est Sesia
– Consorzio di irrigazione e di bonifica ha chiesto l’annullamento
della suindicata sentenza con la quale il Tar del Piemonte ha accolto il
ricorso proposto dall’impresa odierna appellata avverso il
provvedimento di esclusione da una gara di appalto di alcuni lavori
pubblici ed avverso il provvedimento di aggiudicazione provvisoria
dell’appalto ad altra società.
L’appello
viene proposto per i seguenti motivi:
1)
inammissibilità del ricorso di primo grado per l’omessa notificazione
all’aggiudicatario della gara e per l’omessa impugnazione
dell’aggiudicazione definitiva;
2)
erronea applicazione delle disposizioni della lex specialis della
gara, dell’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/1994, dell’art.
2359 c.c. con riguardo alla necessaria esclusione delle imprese
partecipanti alla gara che si trovano in situazione di controllo o
collegamento.
L’impresa
appellata si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione
dell’appello e successivamente ha rinunciato al ricorso di primo grado
nella parte relativa all’impugnazione del provvedimento di
aggiudicazione provvisoria.
All’odierna
udienza la causa è stata trattenuta in decisione.
D I R I T T O
1.
L’impresa ricorrente in primo grado è stata esclusa da una procedura
di gara per l’appalto di lavori pubblici perché ritenuta in
situazione di collegamento sostanziale con altre società partecipanti
alla gara, le cui offerte presentavano chiari indici della provenienza
da un unico centro decisionale.
Con
l’impugnata sentenza il Tar ha accolto il ricorso ed annullato gli
atti impugnati (provvedimento di esclusione e di aggiudicazione
provvisoria ad altra impresa), rilevando che:
a)
gli elementi di carattere formale e sostanziale riscontrati dalla
stazione appaltante con riguardo alle modalità di compilazione e
presentazione delle offerte, la cui identità o somiglianza hanno
indotto l’Associazione Irrigazione Est Sesia a desumere la loro
provenienza da un unico centro di interessi, non costituiscono elementi
che integrano la richiamata disciplina civilistica dettata in materia di
società dall’art. 2359 c.c. e richiamata dall’art. 10, comma 1 bis,
della legge n. 109/94;
b)
sia il bando, sia il capitolato speciale non prevedevano l’esclusione
dei concorrenti dalla gara in relazione ad ipotesi di collegamento
ulteriori rispetto a quelle di cui all’art. 10, comma 1 bis e
pertanto, la stazione appaltante non poteva procedere all’esclusione
della società ricorrente in assenza di una specifica clausola della lex
specialis che la autorizzasse ad esercitare tale potere.
2.
Con i primi due motivi di appello la stazione appaltante ripropone
l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado per
l’omessa notificazione all’aggiudicatario della gara e per
l’omessa impugnazione dell’aggiudicazione definitiva.
Va
segnalato che l’impresa appellata ha rinunciato al ricorso di primo
grado nella parte relativa all’impugnazione del provvedimento di
aggiudicazione provvisoria, affermando di conservare il solo interesse
all’annullamento del provvedimento di esclusione dalla gara e non
anche l’interesse diretto alla rinnovazione della procedura
concorsuale.
Di
conseguenza, si deve dare atto della rinuncia al ricorso di primo grado
nella parte relativa all’impugnazione del provvedimento di
aggiudicazione provvisoria.
Tale
rinuncia non determina alcun effetto di improcedibilità per carenza di
interesse in ordine alla restante parte della controversia (impugnazione
del provvedimento di esclusione).
In
primo luogo, infatti, tale provvedimento produce effetti negativi per
l’impresa esclusa ulteriori rispetto alla mancata partecipazione alla
gara, quali l’iscrizione nel casellario informatico dell’Autorità
di vigilanza sui lavori pubblici.
Inoltre,
l’impresa esclusa da una gara, che ha limitato la propria impugnazione
al provvedimento di esclusione, conserva un interesse processualmente
rilevante a conseguire l'annullamento dell'esclusione, posto che da
questo ritrae, quantomeno, il significativo vantaggio, sufficiente a
sostenere la procedibilità del ricorso, di poter chiedere, in presenza
di tutti gli altri presupposti, il risarcimento del pregiudizio
patrimoniale sofferto in conseguenza della determinazione giudicata
illegittima (negli stessi termini, benché con riferimento ad un
provvedimento di esclusione da un concorso per il pubblico impiego, v.
Cons. Stato, V, n. 5196/2002).
Tale
principio si pone in linea con quanto affermato di recente dalla Sezione
circa la possibilità per un’impresa partecipante ad una pubblica gara
di rinunciare ad avvalersi degli effetti conformativi del giudicato (in
quel caso limitati alla durata residua del contratto) ed optare per il
solo risarcimento per equivalente (Cons. Stato, VI, n. 7256/2004).
3.1.
Si può quindi passare ad esaminare il merito della controversia.
Con
il provvedimento annullato dalla sentenza impugnata, l’amministrazione
ha escluso dalla gara tre imprese, tra cui quella appellata, ritenendo
che “le offerte delle stesse non provenissero da soggetti distinti,
bensì da un unico centro decisionale in situazione di collegamento
sostanziale, con evidente alterazione della par condicio dei
concorrenti”
In
particolare, venivano riscontrati i seguenti indizi della provenienza
delle offerte da un unico centro decisionale: caratteri simili ed
analoga impaginatura dei tre plichi; presentazione contemporanea allo
stesso ufficio postale, nella medesima ora e con numerazione
progressiva; intrecci di parentela, di abitazioni personali degli
amministratori e di sedi delle tre società; indicazione nell’offerta
del medesimo numero di fax cui inviare le comunicazioni della gara;
cauzioni provvisorie rilasciate dalla stessa società e anche in questo
caso con numerazione progressiva del modello; compilazione a mano della
stessa persona con la stessa grafia dei modelli forniti
dall’amministrazione per le dichiarazioni di cui al punto f) del
disciplinare di gara.
Come
già detto, il giudice di primo grado ha ritenuto non sufficienti tali
elementi ad integrare l’ipotesi di controllo di cui all’art. 2359
c.c., richiamato dall’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/94 ed
ha rilevato l’assenza nel bando di gara di una clausola idonea a
consentire l’esclusione per ipotesi di collegamento sostanziale
ulteriori rispetto a quelle previste dalla citata disposizione.
3.2.
Il ricorso in appello, con cui la stazione appaltante contesta tale
statuizione, è fondato.
Preliminarmente,
appare opportuno ricordare i principi affermati dalla giurisprudenza di
questo Consiglio di Stato in ordine alla corretta interpretazione
dell’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/1994.
Nelle
numerose decisioni, in cui è stata affrontata la questione, è stato
posto in rilievo come la scelta da parte della pubblica amministrazione
del soggetto con cui concludere un contratto di appalto di lavori
pubblici si realizzi attraverso una serie procedimentale interamente
regolata da norme pubblicistiche, preordinate all’individuazione del
miglior contraente possibile, sia dal punto di vista soggettivo (con
riferimento ai requisiti soggettivi, alle capacità tecniche,
organizzative e finanziarie), sia dal punto di vista oggettivo, con
riferimento all’economicità dell’offerta formulata e quindi al buon
uso del denaro pubblico. Nel rispetto dei principi di legalità, buon
andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, enunciati
dall’art. 97 della Costituzione, la predetta serie procedimentale si
impernia sui postulati di trasparenza ed imparzialità che, a loro
volta, si concretizzano nel principio della par condicio tra
tutti i concorrenti, realizzata attraverso la previa predisposizione del
bando di gara, e nel principio di concorsualità, segretezza,
completezza, serietà, autenticità e compiutezza delle offerte
formulate rispetto alle prescrizioni ed alle previsioni della lex
specialis, nonché nella previa predisposizione da parte
dell’amministrazione appaltante dei criteri di valutazione delle
offerte (v, fra tutte, Cons. Stato, IV, n. 6367/2004).
Le
finalità pubblicistiche cui sono preordinati tali principi (che possono
sintetizzarsi nella esigenza di individuazione del “giusto”
contraente) implicano che al loro rispetto non è vincolata soltanto la
pubblica amministrazione, bensì anche coloro che intendono partecipare
alla gara: su questi ultimi incombe, infatti, l’obbligo di presentare
offerte che, al di là del loro profilo tecnico – economico (specifico
oggetto della valutazione di merito da parte della stazione appaltante),
devono avere le caratteristiche della compiutezza, della completezza,
della serietà, della indipendenza e della segretezza, le quali soltanto
assicurano quel gioco della libera concorrenza e del libero confronto
attraverso cui giungere all’individuazione del miglior contraente
possibile.
In
tale prospettiva la norma contenuta nell’articolo 10, comma 1 bis,
della legge 11 febbraio 1994 n. 109, secondo cui “non possono
partecipare alla medesima gara imprese che si trovino fra di loro in una
delle situazioni di controllo previste dall’articolo 2359 del codice
civile” si inquadra nell’ambito dei divieti normativi di ammissione
alla gara di offerte provenienti da soggetti che, in quanto legati da
una stretta comunanza di interessi caratterizzata da una certa stabilità,
non sono ritenuti dal legislatore capaci di formulare offerte
contraddistinte dalla necessaria indipendenza, serietà ed affidabilità.
E’
ormai pacifico che si tratti di una norma di ordine pubblico che trova
applicazione indipendentemente da una specifica previsione in tal senso
da parte dell’amministrazione appaltante: l’oggetto giuridico
tutelato è quello del corretto e trasparente svolgimento delle gare per
l’appalto dei lavori pubblici nelle quali il libero gioco della
concorrenza e del libero confronto, finalizzati – come delineato -
alla scelta del “giusto” contraente, risulterebbero
irrimediabilmente alterati dalla eventuale presentazione di offerte che,
pur provenendo formalmente da due o più imprese giuridicamente diverse,
siano sostanzialmente riconducibili ad un medesimo centro di interessi,
tale essendo quello che – secondo la previsione del legislatore – si
realizza concretamente nelle ipotesi controllo o collegamento societario
indicato dall’articolo 2359 del codice civile (v. sempre, Cons. Stato,
IV, n. 6367/2004).
Con
la suddetta disposizione il legislatore ha inteso assicurare
all’amministrazione appaltante una specifica (e preventiva) tutela
dell’interesse pubblico alla scelta del miglior contraente possibile,
introducendo nella serie procedimentale la normativa sul collegamento e
controllo societario elaborata ai fini civilistici e basata
esclusivamente su di una presunzione assoluta (“…sono
considerate…”, così recita testualmente la norma), iuris et de
iure, non suscettibile di prova contraria.
La
giurisprudenza ha poi precisato che ciò non esclude che possano
esistere altre ipotesi di collegamento o controllo societario atte ad
alterare una gara di appalto, il che rende legittimo che
l’amministrazione appaltante possa introdurre clausole di esclusione
della gara in presenza di tali ulteriori ipotesi di fatto, con il limite
della loro ragionevolezza e logicità rispetto alla tutela che intende
perseguire e cioè la corretta individuazione del “giusto”
contraente (v., fra tutte, Cons. Stato, IV, n. 6424/2001; n. 923/2002;
V, n. 2317/2004; VI, n. 5464/2004).
La
stessa giurisprudenza ha precisato che, proprio in considerazione della
peculiarità della materia e degli interessi pubblici tutelati, sarebbe
irragionevole e contraddittorio richiedere nel bando la tipizzazione del
fatto del collegamento o del controllo societario diverso da quello di
cui all’articolo 2359 del codice civile, dal momento che una tale
previsione farebbe refluire il perseguimento dell’interesse pubblico
alla scelta del “giusto” contraente nel mero controllo della
regolarità formale del procedimento, esponendo quindi l’interesse
protetto al pericolo di situazioni concrete di fenomeni di effettivo
controllo o di altre situazioni societari capaci di alterare la gara,
non facilmente prevedibili o ipotizzabili
Mutuando
un concetto proprio della dottrina penalistica deve dirsi che la tutela
apprestata all’interesse pubblico alla corretta e regolare scelta del
“giusto” contraente è finalizzata ad evitare che il relativo bene
giuridico sia addirittura messo in pericolo: infatti, quand’esso fosse
già stato leso o vulnerato sarebbe molto difficile, se non addirittura
impossibile una restitutio in integrum, salva l’ipotesi
dell’annullamento della gara e la sua rinnovazione che però in ogni
caso comporterebbe, per il tempo occorrente e per le risorse umane e
finanziarie da impiegare e riallocare, un’offesa non riparabile ai
principi di economicità, speditezza, celerità ed adeguatezza
dell’azione amministrativa.
3.3.
Ciò premesso, va rilevato che la fattispecie oggetto del presente
giudizio si differenzia da quelle appena richiamate a causa
dell’assenza nel bando di gara di una clausola escludente per ipotesi
ulteriori rispetto a quelle previste dall’art. 2359 c.c. (il bando
richiedeva, infatti, solo una dichiarazione relativa alla situazione di
controllo ai sensi dell’art. 2359 c.c.).
Anche
in questo caso si tratta di una questione già esaminata dalla
giurisprudenza.
Con
la sentenza della IV Sezione del Consiglio di Stato n. 5196/2004,
premessa l’equivalenza tra la nozione interna di imprese controllate e
quella di fonte comunitaria di imprese collegate, è stato affermato che
la ratio della legge in materia di lavori pubblici consiste
nell’evitare il turbamento nello svolgimento della gara, derivante da
situazioni di influenza dominante tra più imprese, che possano influire
sulle offerte delle concorrenti, sulla loro media, e sulla conseguente
soglia di anomalia, con connessa violazione dei principi di segretezza
dell’offerta, della par condicio e della trasparenza.
Il
rispetto dei fondamentali principi della par condicio e della
segretezza delle offerte, posti a garanzia della regolarità della
procedura concorsuale, nell’interesse sia della pubblica
amministrazione che dei partecipanti, postula necessariamente che fra i
concorrenti ad una gara non venga in rilievo una relazione idonea a
consentire un flusso formativo (delle offerte), e informativo in merito
alla fissazione dell’offerta, ovvero agli elementi valutativi ad essa
sottostanti; in presenza di significativi indizi sintomatici, il rischio
di una intesa preventiva si traduce in una seria e ragionevole
presunzione che le offerte dei diversi concorrenti siano riconducibili
al medesimo centro decisionale.
Nella
citata decisione, la IV Sezione ha quindi ritenuto che, a prescindere
dall’inserimento di una apposita clausola nel bando di gara, in
presenza di indizi gravi, precisi e concordanti attestanti la
provenienza delle offerte da un unico centro decisionale, è consentita
l’esclusione delle imprese, benché non si trovino in situazione di
controllo ex art. 2359 c.c. (altrimenti sarebbe facile eludere la
descritta norma imperativa posta a tutela della concorrenza e della
regolarità delle procedure di gara).
Tale
orientamento è stato poi confermato dalla V Sezione del Consiglio di
Stato, che ha ribadito che la circostanza che il bando di gara faccia
esplicito riferimento, come nel caso di specie, solo all’art. 2359
c.c. non può precludere all’Amministrazione di disporre
l’esclusione di imprese che vengano reputate in una situazione di
collegamento sostanziale, se gli elementi che connotano il caso concreto
facciano ritenere violati i principi generali in materia di pubbliche
gare posti a garanzia della correttezza delle procedure. In tale
evenienza, infatti, prevale l’esigenza di assicurare l’effettiva ed
efficace tutela della regolarità della gara ed in particolare la par
condicio fra tutti i concorrenti nonché la serietà, compiutezza,
completezza ed indipendenza delle offerte, in modo da evitare che,
attraverso meccanismi di influenza societari, pur non integranti
collegamenti o controlli di cui all’art. 2359 c.c., possa essere
alterata la competizione, mettendo in pericolo l’interesse pubblico
alla scelta del “giusto” contraente. L’esclusione dalla gara
deriva dall’applicazione diretta dei già richiamati principi posti a
tutela della libera concorrenza, della segretezza delle offerte e della
par condicio dei concorrenti, anche a prescindere da una esplicita
previsione in tal senso operata dal bando di gara (Cons. Stato, V, n.
7894/2004).
3.4.
La Sezione ritiene di dover aderire a tale ultimo orientamento.
Alle
condivisibili considerazioni contenute nei richiamati precedenti, può
essere aggiunto quanto segue.
L’art.
10, comma 1 bis, della legge n. 109/1994 richiama le situazioni di
controllo ex art. 2359 c.c., ma si riferisce chiaramente a tutte le
imprese partecipanti alle pubbliche gare, anche se non costituite in
forma societaria.
L’art.
2359 c.c. prevede alcune fattispecie di controllo e di collegamento
riferite alle sole società.
Deve
però escludersi che il divieto di partecipazione (che determina
l’esclusione) si applichi solo alle società, perché è evidente che
la ratio del divieto, e lo stesso dato letterale del citato comma
1 bis, si riferiscono a qualsiasi tipo di impresa, altrimenti la
struttura di impresa non societaria costituirebbe soltanto lo strumento
per frodare la legge.
Deve
quindi ritenersi che l’esclusione prevista dall’art. 10, comma 1
bis, della legge n. 109/1994, riguardi non solo le ipotesi di influenza
dominante tipizzate dalle società dall’art. 2359 c.c., o le altre
fattispecie di controllo societario, ma ogni caso di reciproca influenza
tra le imprese partecipanti alla gara, idonea a violare il principio
della par condicio e della segretezza delle offerte.
Pertanto,
la previsione di cui al citato art. 10, comma 1 bis (applicabile, come
già detto, anche in assenza di specifiche previsioni nel bando) non è
limitata alle ipostesi di controllo societario ex art. 2359 c.c., ma si
estende a tutti quei casi in cui sussistano indizi chiari, gravi e
concordanti, non previamente tipizzabili, della provenienza delle
offerte da un unico centro decisionale.
Limitare
l’applicabilità della norma alle sole ipotesi di controllo societario
tipizzate dall’art. 2359 c.c. significherebbe svuotarne il contenuto e
consentirebbe di eludere facilmente la ratio del divieto.
Benché
sia preferibile che tale divieto venga rafforzato attraverso espresse
clausole del bando di gara, anche in assenza di tali previsioni nella lex
specialis la stazione appaltante deve comunque disporre
l’esclusione di quelle offerte, contenenti i richiamati indizi di una
concordata modalità di presentazione e formulazione, ovvero della
provenienza da un unico centro decisionale.
3.5.
Nel caso di specie, i già descritti comuni elementi di presentazione
delle offerte da parte delle tre imprese escluse costituiscono proprio
quegli indizi gravi, precisi e concordanti della provenienza delle
offerte da un unico centro decisionale (peraltro, si tratta di elementi
uguali od analoghi a quelli riscontrati nelle fattispecie oggetto dei
richiamati precedenti giurisprudenziali).
Nel
corso del giudizio, il Consorzio appellante ha inoltre fornito ulteriori
elementi idonei a rafforzare la prova già acquisita nella procedura di
gara: le offerte delle imprese presentano analogie anche nella concreta
formulazione del prezzo (scaglionate sempre per circa un punto
percentuale); dal casellario informatico dell’Autorità di vigilanza
sui lavori pubblici risulta che nell’anno 2004 altre due
amministrazioni hanno escluso le stesse tre imprese da procedure di
appalto per la medesima ragione (situazione di collegamento
sostanziale); le modalità di formulazione delle offerte ricorrono per
le tre imprese anche in altre procedure di gara, pur non essendo stata
disposta l’esclusione.
Si
tratta di meri elementi aggiuntivi, che rafforzano quanto già rilevato
dalla stazione appaltante in sede di procedura di gara.
Pertanto,
diversamente da quanto ritenuto dal giudice di primo grado, sussistevano
i presupposti per disporre l’esclusione delle tre imprese ai sensi
dell’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/1994, come interpretato
in precedenza, e dei principi generali soprarichiamati.
4.
In conclusione, deve essere dato atto della rinuncia al ricorso di primo
grado nella parte relativa all’impugnazione del provvedimento di
aggiudicazione provvisoria, mentre deve essere accolto nel resto il
ricorso in appello e, in riforma della sentenza impugnata, deve essere
respinto il ricorso proposto in primo grado avverso il provvedimento di
esclusione dalla gara.
Attesa
la parziale novità della questione, ricorrono giusti motivi per
compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P. Q. M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, dà atto
della rinuncia al ricorso di primo grado nella parte relativa
all’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione provvisoria.
Accoglie
il ricorso in appello e, in riforma della sentenza impugnata, respinge
il ricorso proposto in primo grado avverso il provvedimento di
esclusione dalla gara.
Fonte:
Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa
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