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   Giurisprudenza  

Consiglio di stato - Sezione VI - Decisione 9 settembre 2005 n. 4685
Appalti - Valutazione dei requisiti - Criteri di aggiudicazione - Offerta economica più vantaggiosa - Metodo scelto - Confronto a coppie - Preventiva fissazione criteri valutazione - Necessaria

FATTO E DIRITTO

     1. Il primo giudice ha respinto il ricorso proposto dalla ******* s.r.l., in proprio e in qualità di mandataria del detto costituendo raggruppamento temporaneo, e dall’arch. ******* , in proprio, nonché in qualità di capogruppo del detto costituendo raggruppamento temporaneo e di direttore tecnico della *******  s.r.l., avverso:

     1) il verbale della commissione di gara 19 febbraio 2004, n. 9, con cui è stata conclusa la procedura per la progettazione definitiva ed esecutiva, nonché il coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, per la realizzazione della nuova sede dell’Archivio di Stato di Cremona;

     2) tutti i verbali assunti dalla detta commissione;

     3) ogni altro atto o provvedimento presupposto, conseguente o comunque connesso, compreso il decreto di nomina della detta commissione n. 1/2003 e il successivo decreto n. 3/2003.

     Veniva chiesto anche il risarcimento del danno.

     2. La sentenza viene appellata dagli stessi ricorrenti di primo grado per i seguenti motivi:

     1) violazione e falsa applicazione dell’art. 21 della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive integrazioni, nonché dei principi normativi in materia di gravami contro gli atti dei procedimenti di affidamento dei pubblici appalti; violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e seguenti del d.lgs. 17 marzo 1995, n. 157, dell’art. 3 del d.p.r. 21 dicembre 1999, n. 554, degli artt. 13, 14, 15, 16, 17 e 19 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, degli artt. 2, 7, 12 e 15 del d.p.r. 29 dicembre 2000, n. 441, del d.m. 4 dicembre 2002, del r.d. 23 maggio 1924, n. 827 e del d.p.r. n. 384/1981;

     2) violazione e falsa applicazione del coordinato disposto degli artt. 55 e 92 del d.p.r. n. 554/1999 e dell’art. 21, commi 5 e 6, della l. 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modifiche e integrazioni; omesso esame dei presupposti ed errata motivazione;

     3) violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del d.lgs. n. 157/1995, travisamento dei presupposti ed errata interpretazione del bando di gara, in violazione delle norme regolatrici; errore di motivazione;

     4) violazione e falsa applicazione dell’art. 23 del d.lgs. n. 157/1995, travisamento dei presupposti ed errata interpretazione del bando di gara, in violazione delle norme regolatrici; errore di motivazione sotto il profilo del mancato esame di motivi di impugnazione e dell’errata dichiarazione di irricevibilità degli stessi;

     5) tutti gli altri motivi proposti in primo grado, nel ricorso e nei motivi aggiunti, da intendersi completamente trascritti.

     Si sono costituiti in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali, Archivio di Stato di Cremona, e la Commissione di gara per la progettazione del nuovo archivio di Stato di Cremona, nonché l’arch.******* , resistendo al ricorso in appello.

     Gli appellanti e l’arch. *******  hanno prodotto memorie con le quali hanno ulteriormente illustrato le rispettive difese.

     3. La questione per cui è causa consegue a una gara di pubblico incanto, indetta dall’Archivio di Stato di Cremona, per la progettazione definitiva ed esecutiva, nonché il coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, della nuova sede dell’Archivio stesso; per un importo presunto di 664.000 euro (importo presunto dei lavori oggetto della progettazione di 7.710.000 euro), da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Nel bando si specificava che si trattava di “servizi attinenti all’architettura ed all’ingegneria anche integrata”, allegato 1, categoria 12, del d.lgs. n. 157/1995.

     In particolare, il disciplinare di gara prevedeva che la commissione giudicatrice avrebbe proceduto:

     - alla valutazione delle offerte, in conformità all’art. 23, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 157/1995, sulla base di quattro elementi: a) caratteristiche qualitative, metodologiche e tecniche ricavate dalla relazione di offerta di cui al punto 16-4 (massimo punti 45); b) merito tecnico, ricavato dai documenti di cui ai punti 16-1, 16-2 e 16-3 (massimo punti 30); c) offerta economica (massimo punti 15); d) offerta tempo (massimo punti 10);

     - all’attribuzione dei punteggi relativi agli elementi di valutazione a) e b) con il metodo del “confronto a coppie”.

     La gara veniva aggiudicata all’arch. ******* , in proprio e in qualità di mandatario del detto costituendo raggruppamento temporaneo.

     4.1. Il ricorso in appello è fondato in parte.

     Gli appellanti, con il primo motivo, denunciano che non sarebbe stato tardivo il motivo sull’incompetenza della direttrice dell’Archivio di Stato, a emanare il bando di gara e a nominare la commissione, a causa della sua qualifica impiegatizia e non dirigenziale.

     Il primo giudice ha ritenuto l’irricevibilità del motivo dedotto per la prima volta con motivi aggiunti (notificati il 22 giugno e il 12 luglio 2004, mentre il ricorso era stato notificato il 19 aprile 2004), in quanto si sarebbe dovuto proporre a decorrere dalla conoscenza degli atti consentita con l’accesso avvenuto il 22 marzo 2004, e poiché la qualifica impiegatizia della detta direttrice sarebbe stata conoscibile prima di accedere agli atti della gara.

     La sezione ritiene di non potere comunque pronunciare sul motivo.

     A prescindere dalla sua ricevibilità, le censure non vengono in alcun modo svolte dagli appellanti, che si limitano solo a sostenerne la tempestività. Gli appellanti, invece, avrebbero dovuto svolgere il motivo, illustrandone la fondatezza, non essendo allo scopo sufficiente il mero richiamo a tutti i motivi proposti in primo grado da intendersi “completamente trascritti”. Così che alla sezione non è consentito “riprendere” le argomentazioni sostenute dagli appellanti nel giudizio di primo grado.

     4.2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono l’applicabilità dell’art. 21 della l. n. 109/1994.

     La sezione, al riguardo, condivide l’assunto del primo giudice, secondo cui la norma non può applicarsi poiché riguarda le commissioni aggiudicatrici negli appalti di lavori pubblici. Invero, la commissione giudicatrice è sempre riferita, dall’art. 21 della l. n. 109/1994, all'aggiudicazione e all'affidamento di lavori (si vedano i commi 4 e 5). Nella specie, invece, trattandosi di appalto pubblico di servizi indetto (in applicazione dell’art. 17, comma 10, della l. n. 109/1994 ) ai sensi del d.lgs. n. 157/1995, rileva l’art. 55, comma 1, del d.p.r. n. 554/1999; secondo cui “la commissione giudicatrice per il concorso di idee, per il concorso di progettazione e per gli appalti di servizi è composta da un numero di membri tecnici non inferiore a tre, esperti nella materia oggetto del concorso o dell'appalto, di cui almeno uno dipendente della stazione appaltante”.

     Gli appellanti richiamano la decisione della sez. V di questo Consiglio 18 marzo 2004, n. 1408, con cui si è ritenuto che l’art. 21, comma 5, della l. n. 109/1994 codifichi “un principio immanente nell’ordinamento generale, che trascende il settore dei lavori pubblici, per rendersi operativo in qualsiasi gara, in quanto risponde ai criteri di rango costituzionale di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa”. La sezione osserva, tuttavia, che il principio è stato affermato solo relativamente all’esigenza che la commissione giudicatrice sia composta, “almeno prevalentemente, da persone fornite di specifica competenza tecnica o munite di qualificazioni professionali che tale competenza facciano presumere”.

     Nella specie, competenza e qualificazione non mancavano nei componenti della commissione giudicatrice. Inoltre, non vi sono elementi per ritenere che i tre architetti membri della commissione (Fabiani, Rinaldi e Signorini) non possano considerarsi “tecnici...esperti nella materia oggetto...dell’appalto”, come richiesto dall’art. 55 del d.p.r. n. 554/1999.

     E’, infine, generica la prospettazione sull’incompatibilità di alcuni componenti della commissione (la censura, nella specie, riguarda solo l’arch. Fabiani poiché l’arch. Tiballi è stato sostituito dall’arch. Signorini), siccome non suffragata da elementi concreti idonei a sostanziare profili di collegamento organico e di conflitti di interesse che vadano al di là di specifiche prestazioni d’opera intellettuale, le quali risultano fisiologhe per professionisti.

     4.3. Gli appellanti, con il terzo motivo, deducono che la commissione di gara non avrebbe indicato alcun criterio di valutazione delle caratteristiche qualitative, metodologiche e tecniche delle offerte e del merito tecnico delle stesse. I criteri, invece, si sarebbero dovuti predeterminare anche nell’ipotesi di valutazione delle offerte con il metodo del confronto a coppie.

     I primo giudice ha ritenuto che la predeterminazione dei criteri non occorresse nel confronto a coppie, in quanto, richiamandosi alla decisione di questa sezione 8 luglio 2003, n. 7251, “l’attribuzione dei punteggi nell’ambito di un confronto a coppie è metodo di giudizio di per sé esaustivo”.

     La censura è fondata.

     Secondo la prevalente giurisprudenza di questo Consiglio (sez. V, 28 maggio 2004, n. 3471 e 6 maggio 2003, n. 2379), alla quale la sezione intende uniformarsi, i criteri di massima relativi alla scelta del contraente devono essere previamente stabiliti anche con riguardo al così detto confronto a coppie. Ciò a garanzia dell’imparziale svolgimento di procedure selettive e per un’oggettiva verifica delle stesse, nonché in attuazione del principio di correttezza dell’azione amministrativa.

     Ne consegue che la commissione aggiudicatrice, nell’applicazione del metodo a coppie, può attribuire i punteggi solo dopo avere fissato i criteri di valutazione delle offerte.

     La fondatezza del terzo motivo dell’appello e la conseguente illegittimità degli atti del procedimento di gara, non essendosi previamente stabiliti i criteri di valutazione delle offerte sulla cui base effettuare il confronto a coppie, comporta l’assorbimento degli ulteriori motivi dedotti.

     4.4. Con riguardo, infine, al risarcimento del danno, chiesto dagli appellanti solo nell’epigrafe e nelle conclusioni del gravame, la domanda, data l’estrema genericità, non può essere accolta.

     5. Il ricorso in appello, pertanto, deve essere accolto in parte. In parziale riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va accolto in parte e i provvedimenti impugnati devono essere annullati nei sensi di cui in motivazione.

     Le spese e gli onorari del doppio grado di giudizio, sussistendo giusti motivi, possono essere compensati.

Per questi motivi

     il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta:

     a) accoglie in parte il ricorso in appello;

     b) in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte il ricorso di primo grado e annulla i provvedimenti impugnati nei sensi di cui in motivazione;

 

Fonte: Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa

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