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   Giurisprudenza  

Consiglio di stato - Decisione 21 gennaio 2005 n. 9

Contratti della Pubblica Amministrazione - Appalti di progettazione - Impianti di videosorveglianza - Realizzazione o installazione- Differenze - Rilievo ai fini delle figure professionali necessarie

FATTO

1. Il Ministro delle poste – col decreto 3 maggio 1988, n. 7840 – ha indetto un concorso a 5032 posti di operatore specializzato di esercizio, di cui 406 posti riservati per gli uffici siti nella Regione Puglia.

All’esito del concorso, l’Amministrazione.

- nella graduatoria provvisoria, ha collocato il signor ....... al posto 407, con punti 14,183;

- nella graduatoria definitiva, ha collocato il medesimo signor ..... al posto 410 e la signora ..... al posto 409, con lo stesso punteggio di 14,183;

- ha disposto la nomina di 406 partecipanti al concorso, sino alla posizione n. 409 della signora ........ (nominata con decreto di data 27 luglio 1990).

2. Col ricorso n. 3072 del 1993, proposto al TAR per il Lazio, il signor ....... ha impugnato la graduatoria definitiva e la nomina della signora .......... e ne ha chiesto l’annullamento, nei limiti del suo interesse, in quanto avente titolo alla preferenza, perché figlio di invalido del lavoro.

Il TAR, con la sentenza n. 3096 del 2001, ha respinto il ricorso, rilevando che:

- il ricorrente non ha impugnato la graduatoria definitiva del concorso, depositata nel corso del giudizio;

- l’Amministrazione ha correttamente escluso che il ricorrente abbia titolo alla preferenza, non avendo egli prodotto a suo tempo la documentazione prevista dal bando del concorso.

3. Con il gravame in esame, l’appellante ha chiesto che, in riforma della sentenza impugnata, sia accolto il ricorso di primo grado, in quanto ammissibile e fondato.

Si sono costituite in giudizio la s.p.a. Poste Italiane e l’appellata, che hanno chiesto il rigetto dell’appello.

Nel corso del giudizio, le parti hanno depositato distinte memorie, con cui hanno illustrato le questioni controverse ed hanno insistito nelle già formulate conclusioni.

4. All’udienza del 29 ottobre 2004, la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Nel presente giudizio, è controversa la legittimità degli atti con cui il Ministero delle poste, in esito al concorso indetto con decreto 3 maggio 1988, n. 7840, in data 27 luglio 1990 ha nominato l’odierna appellata quale operatore specializzato di esercizio, in relazione all’ultimo dei 406 posti riservati per gli uffici postali siti nella Regione Puglia.

L’Amministrazione:

- ha disposto la nomina di 406 partecipanti al concorso, sino alla posizione n. 409;

- ha dapprima collocato l’appellante nella graduatoria provvisoria al posto 407, con punti 14,183;

- nella graduatoria definitiva approvata in data 24 marzo 1990, ha infine collocato l’appellante al posto 410 e l’appellata al posto 409 (con il medesimo punteggio di 14,183).

L’appellante, col ricorso di primo grado, ha dedotto che l’Amministrazione lo avrebbe dovuto inserire al posto 409 della graduatoria definitiva, con la conseguente nomina in ruolo, in quanto avente titolo alla preferenza, perché figlio di invalido del lavoro.

Con la sentenza gravata, il TAR per il Lazio ha respinto il ricorso, rilevando che:

- il ricorrente non ha impugnato la graduatoria definitiva del concorso, depositata nel corso del giudizio;

- l’Amministrazione ha correttamente escluso che il ricorrente abbia titolo alla preferenza, non avendo egli prodotto a suo tempo la documentazione prevista dal bando del concorso.

2. Con le doglianze di cui alle pp. 10-12 del gravame, l’appellante ha dedotto che, col ricorso di primo grado, ha ritualmente impugnato gli atti che hanno condotto alla nomina dell’appellata, non appena gli è stato comunicato che – in ragione della mancata valutazione del suo titolo di preferenza – ella aveva conseguito la nomina quale operatore specializzato di esercizio.

3. Ritiene la Sezione che tale censura (da esaminare con priorità perché attinente alla ammissibilità del ricorso di primo grado) risulta fondata e va accolta.

Dalla documentazione acquisita, risulta che l’Amministrazione – a seguito di una specifica istanza di accesso dell’interessato - con la nota m. DC/1/3/398/cap del 12 gennaio 1993 gli ha comunicato l’esito del concorso e la sua posizione nella graduatoria definitiva.

Col ricorso di primo grado, notificato nel successivo mese di febbraio 1993, l’interessato ha impugnato la medesima graduatoria, nonché la nomina dell’appellata, censurando specificamente gli atti in ragione della mancata valutazione del titolo di preferenza, invocato in base alle previsioni del bando di concorso.

Contrariamente a quanto rilevato dal TAR, risulta pertanto che l’interessato, con scrupolosa diligenza, ha ricostruito i fatti accaduti ed ha impugnato gli atti lesivi del suo interesse, deducendo lo specifico vizio da cui essi sarebbero affetti: non occorreva la proposizione di motivi aggiunti avverso la graduatoria definitiva (acquisita nel corso del giudizio di primo grado), in quanto essa era già stata specificamente ed espressamente impugnata (unitamente alla nomina dell’appellata), a seguito della comunicazione del suo contenuto col richiamato atto del 12 febbraio 1993.

Ciò comporta che le censure formulate col ricorso di primo grado risultano ammissibili.

4. Con le residue censure, l’appellante ha chiesto l’accoglimento dei motivi formulati in primo grado, per i quali gli atti impugnati sarebbero viziati, in quanto non hanno valutato il titolo di preferenza di figlio di invalido del lavoro, previsto nel bando di concorso.

Secondo l’assunto, nel corso del procedimento egli ha presentato la documentazione idonea e sufficiente per la valutazione del titolo.

5. Ritiene la Sezione che tale censura vada respinta.

L’art. 11 del bando di concorso, in ordine ai "titoli preferenziali", ha disposto:

- al terzo comma, lettera r), che "i figli di mutilati ed invalidi del lavoro dovranno documentare la loro qualifica presentando un certificato, rilasciato dal sindaco del comune di residenza, attestante che il padre o la madre sono mutilati ed invalidi del lavoro, ovvero apposita attestazione, rilasciata dall’I.N.A.I.L. con l’indicazione del grado di riduzione della capacità lavorativa";

- al comma 4, che "i figli degli invalidi di cui alle lettere g), h) ed l), dovranno, ove occorra, integrare il documento prodotto con un certificato del sindaco dal quale risulti il rapporto di parentela che intercorre tra il concorrente ed il caduto o l’invalido cui il documento stesso si riferisce".

Tale richiamo del comma 4 alla lettera l) (riguardante "i mutilati ed invalidi del lavoro") ha comportato la necessità della produzione del certificato del sindaco, attestante il rapporto di parentela, anche da parte del figlio dell’invalido del lavoro, preso in considerazione dalla lettera r) del terzo comma.

Pertanto, l’art. 11 del bando di concorso va interpretato nel senso che il titolo di preferenza in questione poteva essere comprovato alternativamente:

- o con la certificazione del sindaco, attestante sia l’invalidità del lavoro e la sua riferibilità al padre o della madre del concorrente;

- o con l’attestazione dell’INAIL, riguardante la posizione dell’invalido del lavoro, integrata dalla certificazione del sindaco attestante il rapporto di parentela tra l’invalido e il concorrente.

In tal modo, al fine di rendere snelle le operazioni di nomina, il bando di concorso ha prescritto la produzione di documenti tali da evitare ulteriori accertamenti, anche su eventuali omonimie, e tali da condurre senz’altro alle immissioni degli aventi titolo nei ruoli.

Ciò posto, dalla documentazione acquisita risulta che l’appellante, entro il termine prescritto, ha prodotto in sede amministrativa un certificato dell’INAIL attestante l’invalidità del signor ......... , senza però produrre l’ulteriore certificato comunale, attestante il rapporto di parentela.

Non può infatti essere considerato equivalente l’atto che l’appellante ha prodotto in sede amministrativa e in cui ha dichiarato che è suo padre il signore risultante dal certificato dell’INAIL, poiché il penultimo comma dell’art. 11 del bando ha espressamente previsto l’irrilevanza dei documenti "non conformi alle disposizioni" dei commi precedenti.

Inoltre, non può ritenersi meramente ‘irregolare’ e soggetta a regolarizzazione la documentazione prodotta, poiché questa è stata ammessa dall’ultimo comma dell’art. 11 solo nel caso di violazione della normativa sul bollo, e cioè in un caso in cui gli atti di nomina si sarebbero potuto nel frattempo senz’altro emanare.

Infine, non rileva la deduzione, formulata nell’atto di appello, per cui l’Amministrazione avrebbe dovuto valutare la sua dichiarazione sull’esistenza del rapporto di parentela, ai sensi dell’art. 2 della legge n. 15 del 1968 (vigente ratione temporis).

Sotto tale aspetto, rileva il secondo comma del medesimo art. 2, per il quale "la sottoscrizione delle dichiarazioni deve essere autenticata con le modalità dell’articolo 20", e cioè con l’autenticazione del pubblico ufficiale, attestante che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza, il che pacificamente non risulta avvenuto.

Risulta pertanto corretta la statuizione con cui il TAR ha ravvisato l’infondatezza del ricorso originario.

6. Per le ragioni che precedono, va respinto l’appello e va confermata la sentenza gravata, sia pure con correzione parziale della sua motivazione.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l’appello n. 10943 del 2001.

Fonte: Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa

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