Consiglio di
stato - Sezione VI - Decisione 30 ottobre 2006 n. 6449
Appalti di opere pubbliche - Qualificazione - False dichiarazioni - Collegamento di fatto
tra imprese concorrenti - Iscrizione annotazione sul casellario
dell'Osservatorio dei lavori pubblici - Conseguenza - Esclusione per la
durata di un anno alle gare.
FATTO E
DIRITTO
1. Le
ricorrenti EDIL M.A.S. s.r.l. ed EDILIMPIANTI s.r.l. hanno partecipato
in ATI alla licitazione privata indetta dalla Fondazione Enasarco con
il bando pubblicato nella G.U.R.I. n. 14 del 19.1.2005, per
l'affidamento dei lavori di manutenzione edile da eseguirsi negli
stabili di proprietà della fondazione siti in Roma, Pomezia e Milano (da
eseguirsi in 5 lotti: Roma Sud; Roma Est, Roma Nord, Roma Ovest, Milano
- Torino) e di essere risultate aggiudicatarie provvisorie del lotto
Roma SUD, per un importo pari a Euro 1.450.000.
Dopo
l’aggiudicazione provvisoria anche degli altri lotti l’amministrazione
riscontrava, a carico della ditta provvisoriamente aggiudicataria del
lotto Roma Nord, CO. SE.V. Lavori s.r.l., l’ annotazione sul Casellario
Informatico dell'Autorità di Vigilanza, ai sensi dell'art. 27 del
D.P.R. n. 34/2000, per situazione di collegamento sostanziale con
l'impresa CICCHETTI FERDINANDO, anch'essa partecipante alla procedura di
gara ed oggetto di analoga segnalazione da parte dell'Autorità di
Vigilanza. L’amministrazione quindi reputava che tale situazione
costituiva causa di esclusione dalla gara, ai sensi dell'art. 75,
lettera h), del D.P.R. 554/99 e s.m.i., come anche precisato
dall'Autorità di Vigilanza con determinazione n. 13 del 15/07/2003"; e
quindi annullava l’intera procedura,, anche con riferimento agli altri
lotti, facendo proprio il parere espresso dalla Commissione gare nella
seduta del 27.04.2004 "in merito all'opportunità di annullamento delle
gare, risultando alterati, per effetto dell'esclusione delle due
predette imprese concorrenti, i criteri per l'individuazione delle
offerte più convenienti”.
Il
Tribunale accoglieva quindi il ricorso proposto avverso detta
statuizione, in una con gli atti successivi con i quali
l’amministrazione, annullata la gara intera, aveva proceduto a
successivi affidamenti dei lotti in parola.
Enasarco
appella contestando gli argomenti posti a fondamento della decisione.
Resistono
le parti in origine ricorrenti.
All’esito
dell’odierna udienza la causa è stata trattenuta per la decisione.
2. Va
dichiarata infondata l’eccezione di sopravvenuta carenza di interesse
formulata dalla Fondazione ENASARCO con riferimento all’avvenuta
indizione di una nuova gara con conseguente stipula del contratto. L’ATI
non risulta infatti avere partecipato alla procedura. In ogni caso, per
giurisprudenza consolidata, la partecipazione ad una procedura non
implica ex se acquiescenza all’annullamento della prima gara di cui la
ricorrente è risultata aggiudicataria provvisoria. In forza della
giurisprudenza della Sezione, poi, l’annullamento della gara implica
caducazione automatica del contratto stipulato nelle more con altra
impresa; così come integra tutela in forma specifica della posizione
lesa in guisa da escludere la ricorrenza di, peraltro non
dimostrati, danni risarcibili per equivalente.
3. Va
respinto il primo motivo di appello con il quale la Fondazione
ricorrente torna a dedurre l’eccezione di difetto di giurisdizione del
giudice amministrativo, stante la non sussumibilità dell’ l'ENASARCO, ex
ente pubblico previdenziale di settore, nel novero degli organismi di
diritto pubblico.
La
questione della riconducibilità degli enti previdenziali trasformati in
fondazioni private in applicazione della riforma di cui al D.Lgs. 30
giugno 1994, n. 509 alla categoria degli organismi di diritto pubblico è
stata di recente risolta in senso positivo da questa Sezione con
decisione della VI Sezione, 23 gennaio 2006, n. 182.Si
riportano i passaggi essenziali della decisione.
“La
normativa di riforma (art. 1, trentaduesimo e trentatreesimo comma,
lettera a), punto 4 della legge 24 dicembre 1993, n. 537; art. 11 del
decreto legislativo 30 giugno 1994 n. 509), nel prevedere la possibilità
di privatizzare gli enti previdenziali che non usufruiscono di
finanziamenti pubblici, con garanzie di autonomia, mantiene "la
continuità della collocazione dell’ente del sistema, come centro
d’imputazione dei rapporti e soprattutto come soggetto preposto a
svolgere le attività previdenziali ed assistenziali in atto.
All’autonomia organizzativa, amministrativa e contabile riconosciuta ai
singoli enti in ragione della loro mutata veste giuridica fanno
riscontro un articolato sistema di poteri ministeriali di controllo sui
bilanci e d’intervento sugli organi di amministrazione, nonché una
generale funzione di controllo sulla gestione da parte della Corte dei
conti". Particolare attenzione ha poi posto il Legislatore al fine di
prevenire situazioni di crisi finanziaria e dunque di garantire
l’erogazione delle prestazioni: è stato così sancito il vincolo di una
riserva legale a copertura per almeno cinque anni delle pensioni in
essere (art. 2, secondo comma del decreto legislativo n. 509 del 1994)
e, più recentemente in sede di riforma del sistema pensionistico
generale, è stata prevista l’obbligatorietà della predisposizione di un
bilancio tecnico attuariale per un arco revisionale di almeno quindi
anni (art. 3, dodicesimo comma, della L. 8 agosto 1995 n. 335). Il già
citato quarto comma dell’art. 2 consente inoltre, nel caso di disavanzo
economico finanziario, la nomina di un commissario straordinario che
adotti i provvedimenti necessari per il riequilibrio della gestione; e
solo ove sia accertata l’impossibilità di tale operazione, dopo un
triennio dalla suddetta nomina, è previsto l’intervento di un
commissario liquidatore con i poteri attribuiti dalle norme in materia
di liquidazione coatta amministrativa". Ne risulta che "la suddetta
trasformazione ha lasciato immutato il carattere pubblicistico
dell’attività di previdenza ed assistenza svolta dagli enti,
articolandosi invece sul diverso piano di una modifica degli strumenti
di gestione e della differente qualificazione giuridica dei soggetti
stessi" (in tal senso cfr. Corte cost., sentenza 18 luglio 1997, n.
248), e che "l’interesse curato dalla Cassa è delimitato solo quanto ai
beneficiari diretti, ma è d’ordine generale e collettivo, secondo la
conformazione che la legge v’imprime in diretta esecuzione dell’art. 38
della Costituzione, con la conseguente impossibilità di riconoscere a
tale servizio d’interesse generale un carattere industriale o
commerciale, nel senso, cioè, che esso non è compiutamente realizzabile
fuori dallo schema dell’inderogabile assolvimento degli obblighi imposti
jure imperii dall’ordinamento generale". La contribuzione obbligatoria
ex artt. 10 e 11 della legge 29 gennaio 1986 n. 21, pur non assurgendo
di per sé ad un’obbligazione formalmente tributaria, in realtà ne
partecipa di tutto gli aspetti, di talché, concretandosi in
un’erogazione di denaro necessitata ex lege, realizza lo schema del
finanziamento pubblico della Cassa ancorché non nell’esclusivo interesse
di questa, ma pure per soddisfare esigenze solidaristiche, quali sono
quelle sottese ai tipi di trattamenti e di prestazioni erogabili agli
iscritti ai sensi della stessa legge n. 21/1986.
Secondo la giurisprudenza comunitaria, ai fini della qualificazione di
un ente come organismo di diritto pubblico, se un semplice mero
controllo a posteriori non soddisfa il criterio del "controllo della
gestione", "soddisfa detto criterio una situazione in cui, da un lato i
poteri pubblici verificano non solo i conti annuali dell’organismo
considerato, ma anche l’esattezza, la regolarità, l’economicità, la
redditività e la razionalità dell’amministrazione corrente (cfr.
sentenza 373/00, 27 febbraio 2003, Adolf Truley); con la conseguenza che
"deve ritenersi sussistente un rapporto di stretta dipendenza della
Cassa nei confronti del potere pubblico. In sede di privatizzazione
delle Casse di previdenza e assistenza delle diverse categorie
professionali, il legislatore ha, infatti, espressamente disciplinato
l’ingerenza statale sulla gestione della contribuzione obbligatoria,
avendo previsto, all’art. 2 del D.Lgs. n. 509/1994, primo comma, una
autonomia gestionale, organizzativa e contabile degli enti “nel rispetto
dei principi stabiliti dal presente articolo nei limiti fissati dal
presente decreto in relazione alla natura pubblica dell’attività
svolta”;- che come specificato nell’art. 2, tali limiti sono così
stabiliti:
a)- La
gestione economico-finanziaria deve assicurare l’equilibrio di
bilancio…;
b)- In casi
di disavanzo economico-finanziario rilevato dai rendiconti annuali e
confermato dal bilancio tecnico di cui al comma 2, con decreto del
Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale, di concerto con i
Ministri di cui all’art. 3, comma 1, si provvede alla nomina di un
commissario straordinario, il quale adotta i provvedimenti necessari per
il riequilibrio della gestione;
c)- Sino al
ristabilimento dell’equilibrio finanziario sono sospesi tutti i poteri
degli organi di amministrazione delle associazioni e delle fondazioni;
d)- Nel caso
in cui gli organi di amministrazione e di rappresentanza si rendessero
responsabili di gravi violazioni di legge afferenti la corretta gestione
dell’associazione o della fondazione, Il Ministro del Lavoro e della
Previdenza Sociale, di concerto con i Ministri di cui all’art. 3, comma
1, nomina un commissario straordinario con il compito di salvaguardare
la corretta gestione dell’ente ed entro sei mesi dalla sua nomina avvia
e conclude la procedura per rileggere gli amministratori dell’ente
stesso".
Il
successivo art. 3 "disciplina la vigilanza dello Stato e le forme in cui
essa deve esercitarsi. A tal fine è previsto che nei collegi sindacali
deve essere assicurata la presenza di rappresentanti delle
Amministrazioni statali interessate; che il Ministro del Lavoro e della
Previdenza Sociale, di concerto con quello del Tesoro, deve approvare
tutti gli atti più importanti della cassa (lo statuto, i regolamenti e
le relative modifiche, nonché le delibere in materia di contributi e
prestazioni); che la Corte dei conti esercita il controllo generale
sulla gestione delle assicurazioni obbligatorie, per assicurare la
legalità e l’efficacia, e riferisce annualmente al Parlamento"; dal
"suesposto quadro normativo emerge l’esistenza di un controllo pubblico
di particolare intensità, tale da corrispondere al requisito della
“influenza pubblica” richiesta in sede comunitaria ai fini della
qualificazione dell’organismo di diritto pubblico".
Queste
considerazioni valgono anche con riferimento alla Fondazione Enasarco.
I tre
requisiti necessari per la configurazione degli organismi sono infatti
integrati.
Il primo
requisito, ossia il possesso della personalità giuridica, non è in
discussione.
Il secondo
requisito, ossia il profilo teleologico della torsione dell’ente al
soddisfacimento di bisogni non industriali e commerciali, è enunciato
dall’art. 1, commi 2 e 3 del decreto legislativo 509/1994 (che chiarisce
la continuazione nello svolgimento delle attività previdenziali ed
assistenziali in atto). Il carattere integrativo della contribuzione in
questione non induce a mutare conclusione, trattandosi sempre -
analogamente a quanto previsto dal precedente riportato relativo alla
Cassa per i dottori commercialisti - di contribuzione obbligatoria,
alla quale fanno riscontro una serie di prestazioni anche a carattere
solidaristico (cfr., da ultimo, il Regolamento ENASARCO 1 gennaio 2004).
Va soggiunto che, in base ad una quieta giurisprudenza comunitaria, la
contemporanea dedizione di un ente ad attività anche commerciali non
toglie, per elementari ragioni di certezza e trasparenza, che l’ente
vada qualificato in ogni caso come organismo con riguardo ad ogni ramo
di azienda e settore di intervento. Infatti, la qualificazione di
organismo è uno status che connota il soggetto senza che vi sia
bisogno di una verifica rivolta all’ attività interessata dalla
procedura di gara. Donde l’irrilevanza delle attività commerciali,
occasionalmente o anche sistematicamente, svolte in aggiunta a quelle
non commerciali.
Il terzo
requisito, ovvero il controllo pubblico, è infine soddisfatto, ex art.3,
comma 1, della medesima fonte legislativa, dalla vigilanza ministeriale,
congiuntamente alla presenza di rappresentanti di dette amministrazioni
in seno al collegio sindacale. Segnatamente, per il controllo sulla
gestione si rinvia alle indicazioni fornite nel precedente della Sezione
sopra riportato nei suoi passaggi salienti.
Conclusivamente,
l'eccezione di difetto di giurisdizione deve essere disattesa, dovendosi
ritenere applicabile alla Fondazione ENASARCO, che rientra nella
definizione di organismo di diritto pubblico di cui all'art. 2, comma 7,
lettera a) della L. n. 109/94, la disciplina contenuta nella medesima
legge ratione temporis vigente; il che rende operante la disposizione di
cui all'art. 6 della L. n. 205/2000, che prevede un'ipotesi di
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo al riguardo.
4. E’
invece fondato il motivo di appello con il quale si contesta la
statuizione di Primo Grado, nella parte in cui, muovendosi dalla
premessa dell’irrilevanza del collegamento sostanziale e dal carattere
non decisivo delle annotazioni al riguardo riportate nel casellario
informatico dei Lavori Pubblici, si è ritenuta illegittima l’esclusione
dalla procedura della società riuscita provvisoriamente aggiudicataria,
con conseguente annullamento di tutta la gara, esteso anche agli altri
lotti.
Ora, con
riferimento al problema del collegamento sostanziale , la Sezione non
può che rinviare alla propria consolidata giurisprudenza in merito alla
rilevanza, come causa di esclusione, oltre che dei casi di cui all’art.
2359 c.c., anche delle ipotesi non codificate di collegamento
sostanziale che testimonino della riconducibilità dei soggetti
partecipanti alla procedura ad un unico centro decisionale, con
conseguente vanificazione dei principi generali in tema di par
condicio, segretezza delle offerte e trasparenza della competizione
(da ultimo Cons. Stato, sez. VI, 14 giugno 2006 n. 3500). E tanto
specie laddove, come nel caso in questione, detta rilevanza del
collegamento anche sostanziale sia stata esplicitata nel bando.
Non è
persuasivo neanche l’argomento secondo cui l’iscrizione nel casellario
di una precedente esclusione non avrebbe rilievo nelle altre procedure.
La
previsione regolamentare di cui all'art. 75, lettera h), del D.P.R.
554/99, sancisce l'esclusione dagli appalti di lavori pubblici per
coloro "che nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando di
gara hanno reso false dichiarazioni in merito ai requisiti e alle
condizioni rilevanti per la partecipazione alle procedure di gara,
risultanti dai dati in possesso dell'Osservatorio dei lavori pubblici".
L’art. 27
del dp.r. n. 34/2000 prevede quindi l’inserzione nel casellario
informatico, alla lettera r), dei provvedimenti di esclusione adottati
dalle stazioni appaltanti, alla lettera s) , delle false dichiarazioni
in merito ai requisiti di partecipazione, e, alla lettera t), delle
altre notizie rilevanti. Leggendo in modo combinato le due disposizioni
si deve convenire, coerentemente con una ratio che conferisca effetto
utile all’iscrizione di dette notizie, che l’annotazione di un
provvedimento di esclusione nel casellario per sussistenza di una non
dichiarata e vietata partecipazione di imprese sostanzialmente collegate
di due imprese, implichi l’accertamento di una dichiarazione
sostanzialmente falsa in merito alla sussistenza dei requisiti
soggettivi di partecipazione atta a giustificare l’esclusione dalle
successive procedure. La ricordata decisione n. 3500/2006 della Sezione
ha al riguardo messo in rilievo che l’imputazione delle offerte ad un
unico centro decisionale merita di essere annotata e pubblicata mediante
la sua iscrizione nel Casellario informatico, trattandosi di notizia di
estrema rilevanza per la conduzione corretta delle gare e che
costituisce mendacio il tacere sull’esistenza di una situazione di
collegamento sostanziale fra imprese partecipanti ad una gara.
E tanto
senza considerare la sussistenza di elementi fattuali concretamente
idonei a dimostrare la concreta ricorrenza, anche nella procedura in
esame, degli indici dimostrativi del collegamento sostanziale, e quindi
a giustificare l’esclusione anche a prescindere dall’utilizzo del dato
ricavabile dal casellario
5. La
fondatezza del motivo di appello implica l’esame dei motivi di ricorso
di primo grado assorbiti in prime cure e riproposti in appello. La
Sezione reputa al riguardo fondato il motivo con cui si contesta
all’amministrazione di avere tratto dall’esclusione dell’aggiudicataria
del lotto Roma Nord, per la ricorrenza del ricordato profilo del
collegamento sostanziale, il corollario abnorme della caducazione della
procedura in via integrale,anche per gli altri lotti, piuttosto che
dell’adozione degli atti conseguenti nell’ambito della medesima
procedura in ossequio alle prescrizioni recate dalla lex specialis.
In base a
consolidata giurisprudenza, infatti, l’annullamento di una gara
pubblica, specie se in stato avanzato di espletamento e addirittura
culminata in una pur provvisoria aggiudicazione, implica la frustrazione
dell’affidamento ingenerato in capo ai partecipanti e, segnatamente,
all’aggiudicataria. Di qui la necessità, consacrata dal disposto
dell’art. 21 nonies della legge 241/1990, di una ragione di interesse
pubblico tale da giustificare comparativamente l’incisione delle
posizioni in rilievo. Ora, nella specie, la mera menzione, contenuta nel
parere espresso dalla Commissione gare nella seduta del 27.04.2004 "in
merito all'opportunità di annullamento risultando alterati, per effetto
dell'esclusione delle due predette imprese concorrenti, i criteri per
l'individuazione delle offerte più convenienti” non mette in luce
esigenze di pubblico interesse di rilievo tale da giustificare
ragionevolmente la lesione degli interessi delle imprese risultate
aggudicatarie. In definitiva, la semplice esigenza del ricalcolo della
soglia di anomalia, in una con le operazioni connesse, meramente
contabili, nell’ambito di una gara aggiudicata sulla base di semplici
criteri economici, evidenzia un dispendio di energie amministrative
certamente inferiore al quello derivante dalla ripetizione integrale
della procedura. Con la conseguenza che la soluzione imposta appare
essere contrastante con l’interesse pubblico all’efficienza
amministrativa e gestionale oltre che irragionevolmente penalizzante per
le imprese vulnerate dall’atto di autotutela.
5. Il
ricorso di primo grado va quindi accolto pur se sulla scorta di motivi
diversi da quelli reputati fondati dal Primo Giudice. Restano quindi
annullati gli atti conseguenziali all’illegittimo annullamento
dell’intera gara.
Le spese
seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura in dispositivo
specificata.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge
l’appello e conferma, con diversa motivazione, la sentenza appellata e
condanna l’ente appellante al pagamento delle spese di giudizio che
liquida nella misura di 10.000,00 (diecimila/00) euro.
Fonte:
Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa
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