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   Giurisprudenza  

Consiglio di stato - Sezione V - Decisione 7 ottobre 2008 n. 4850
Contratti pubblici - Procedure di gara - Partecipazione di imprese collegate - Tipo di collegamento - Collegamento sostanziale - Indici presuntivi del collegamento (Dlgs 163/2006 - Articolo 34)

F A T T O

Con sentenza n. 5552 del 7 luglio 2006, il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sez. II, rigettava il ricorso della D.P.A. Appalti e Costruzioni dei Fratelli Di Prospero s.n.c. mirante all’annullamento della nota prot. n. 18088 del 16 luglio 2004 con cui il Comune di Roma escludeva la ricorrente dalla gara per l’affidamento dei lavori di manutenzione straordinaria della scuola elementare sita in Via del Calice e degli interventi sui circoli didattici e sugli Istituti comprensivi ricadenti nel territorio del X Municipio di Roma, di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, nonché dei motivi aggiunti depositati l’11 febbraio 2005 ed il 17 giugno 2005.

L’appellante D.P.A. Appalti e Costruzioni dei Fratelli Di Prospero s.n.c. contrasta le argomentazioni del giudice di primo grado.

Si è costituito, per resistere all’appello, il Comune di Roma.

Non si sono costituite la Euro 90 S.r.l. e l’Autorità di Vigilanza sui lavori pubblici.

Con memorie depositate in vista dell'udienza le parti hanno insistito nelle proprie conclusioni.

Alla pubblica udienza del 12 febbraio 2008 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione, come da verbale.

D I R I T T O

L’appello è infondato.

1.      Con il primo motivo di ricorso l’appellante sostiene l’erroneità della decisione di primo grado in quanto ha ritenuto legittima la propria esclusione dalla gara decretata dall’Amministrazione. In particolare, la D.P.A. Appalti e Costruzioni evidenzia che il collegamento sostanziale fra la ricorrente ed altre imprese partecipanti alla stessa gara, riscontrato dal Comune di Roma e confermato dal T.A.R., sarebbe basato su motivazioni prive di qualunque fondamento, poiché desunto in via presuntiva e senza una verifica concreta sul piano sostanziale.

La doglianza non merita accoglimento.

Ai sensi dell’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/94, poi confluito nell’art. 34 del decreto legislativo 163/2003 (Codice dei contratti), le imprese che si trovano in una delle situazioni di controllo di cui all’art. 2359 c.c. non possono partecipare alle procedure di affidamento dei lavori pubblici.

Il Collegio ritiene opportuno richiamare in proposito i principi affermati dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato in ordine alla corretta interpretazione dell’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/1994.

Nelle numerose decisioni in cui è stata affrontata la questione (cfr., tra le altre, Cons. Stato, sez. IV, 19 ottobre 2006, n. 6212), è stato posto in rilievo come la scelta da parte della Pubblica amministrazione del soggetto con cui concludere un contratto di appalto di lavori pubblici si realizzi attraverso una serie procedimentale interamente regolata da norme pubblicistiche, preordinate all’individuazione del miglior contraente possibile, sia dal punto di vista soggettivo, con riferimento ai requisiti soggettivi, alle capacità tecniche, organizzative e finanziarie, sia dal punto di vista oggettivo, con riferimento all’economicità dell’offerta formulata e quindi al buon uso del denaro pubblico.

Nel rispetto dei principi di legalità, buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, enunciati dall’art. 97 Cost., la predetta serie procedimentale si impernia sui postulati di trasparenza ed imparzialità che, a loro volta, si concretizzano nel principio di par condicio tra tutti i concorrenti, realizzata attraverso la previa predisposizione del bando di gara, e nel principio di concorsualità, segretezza, completezza, serietà, autenticità e compiutezza delle offerte formulate rispetto alle prescrizioni ed alle previsioni della lex specialis, nonché nella previa predisposizione, da parte dell’amministrazione appaltante, dei criteri di valutazione delle offerte (cfr, fra tutte, Cons. Stato, IV, n. 6367/2004).

Le finalità pubblicistiche cui sono preordinati tali principi, che possono sintetizzarsi nella esigenza di individuazione del “giusto” contraente, implicano che al loro rispetto non sia vincolata soltanto la pubblica amministrazione, bensì anche coloro che intendono partecipare alla gara: su questi ultimi incombe, infatti, l’obbligo di presentare offerte che, al di là del loro profilo tecnico - economico, devono avere le caratteristiche della compiutezza, della completezza, della serietà, della indipendenza e della segretezza, le quali soltanto assicurano quel gioco della libera concorrenza e del libero confronto attraverso cui giungere all’individuazione del miglior contraente possibile.

In tale prospettiva, la norma contenuta nell’articolo 10, comma 1 bis, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, secondo cui “non possono partecipare alla medesima gara imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo previste dall’articolo 2359 del codice civile” si inquadra nell’ambito dei divieti normativi di ammissione alla gara di offerte provenienti da soggetti che, in quanto legati da una stretta comunanza di interessi caratterizzata da una certa stabilità, non sono ritenuti dal legislatore capaci di formulare offerte contraddistinte dalla necessaria indipendenza, serietà ed affidabilità.

E’ ormai pacifico che si tratti di una norma di ordine pubblico che trova applicazione indipendentemente da una specifica previsione in tal senso da parte dell’amministrazione appaltante: l’oggetto giuridico tutelato è quello del corretto e trasparente svolgimento delle gare per l’appalto dei lavori pubblici nelle quali il libero gioco della concorrenza e del libero confronto, finalizzati, come delineato, alla scelta del “giusto” contraente, risulterebbero irrimediabilmente alterati dalla eventuale presentazione di offerte che, pur provenendo formalmente da due o più imprese giuridicamente diverse, siano sostanzialmente riconducibili ad un medesimo centro di interessi, tale essendo quello che - secondo la previsione del legislatore - si realizza concretamente nelle ipotesi di controllo o collegamento societario indicato dall’articolo 2359 del codice civile (ved. sempre, Cons. Stato, IV, n. 6367/2004, cui adde, fra le tante, VI, n. 3089/2005). Con la suddetta disposizione il legislatore ha inteso assicurare all’amministrazione appaltante una specifica e preventiva tutela dell’interesse pubblico alla scelta del miglior contraente possibile, introducendo nella serie procedimentale la normativa sul collegamento e controllo societario elaborata ai fini civilistici e basata esclusivamente su di una presunzione assoluta (“…sono considerate…”, così recita testualmente la norma), iuris et de iure, non suscettibile di prova contraria.

La giurisprudenza ha poi precisato che ciò non esclude che possano esistere altre ipotesi di collegamento o controllo societario atte ad alterare una gara di appalto, con il limite della loro ragionevolezza e logicità rispetto alla tutela che si intende perseguire, e cioè la corretta individuazione del “giusto” contraente (v., fra tutte, Cons. Stato, IV, n. 6424/2001; n. 923/2002; V, n. 2317/2004; VI, n. 5464/2004).

Invero, proprio in considerazione della peculiarità della materia e degli interessi pubblici tutelati, sarebbe irragionevole e contraddittorio richiedere nel bando la tipizzazione del fatto del collegamento o del controllo societario diverso da quello di cui all’articolo 2359 del codice civile, dal momento che una tale previsione farebbe refluire il perseguimento dell’interesse pubblico alla scelta del “giusto” contraente nel mero controllo della regolarità formale del procedimento, esponendo quindi l’interesse protetto al pericolo di situazioni concrete di fenomeni di effettivo controllo o di altre situazioni societarie capaci di alterare la gara, non facilmente prevedibili o ipotizzabili.

In particolare, questo Consiglio (cfr. Sez. IV, n. 5196/2004), premessa l’equivalenza tra la nozione interna di imprese controllate e quella di fonte comunitaria di imprese collegate, ha ribadito che la ratio della legge in materia di lavori pubblici consiste nell’evitare il turbamento nello svolgimento della gara, derivante da situazioni di influenza dominante tra più imprese, che possano incidere sulle offerte delle concorrenti, sulla loro media, e sulla conseguente soglia di anomalia, con connessa violazione dei principi di segretezza dell’offerta, della par condicio e della trasparenza.

In altri termini, il rispetto dei fondamentali principi della par condicio e della segretezza delle offerte, posti a garanzia della regolarità della procedura concorsuale, nell’interesse sia della pubblica amministrazione che dei partecipanti, postula necessariamente che fra i concorrenti ad una gara non venga in rilievo una relazione idonea a consentire un flusso formativo delle offerte, e informativo in merito alla fissazione dell’offerta, ovvero agli elementi valutativi ad essa sottostanti; in presenza di significativi indizi sintomatici, il rischio di una intesa preventiva si traduce in una seria e ragionevole presunzione che le offerte dei diversi concorrenti siano riconducibili al medesimo centro decisionale.

Si è, quindi, ritenuto che, anche a prescindere dall’inserimento di una apposita clausola nel bando di gara, in presenza di indizi gravi, precisi e concordanti attestanti la provenienza delle offerte da un unico centro decisionale, è consentita l’esclusione delle imprese, benché non si trovino in situazione di controllo ex art. 2359 c.c., altrimenti sarebbe facile eludere la descritta norma imperativa posta a tutela della concorrenza e della regolarità delle procedure di gara.

Tale orientamento si è, poi, consolidato all’interno del Consiglio di Stato, che ha precisato che la stessa circostanza che il bando di gara faccia esplicito riferimento solo all’art. 2359 c.c. non può precludere all’Amministrazione di disporre l’esclusione di imprese che vengano reputate in una situazione di collegamento sostanziale, se gli elementi che connotano il caso concreto facciano ritenere violati i principi generali in materia di pubbliche gare posti a garanzia della correttezza delle procedure.

In tale evenienza, infatti, prevale l’esigenza di assicurare l’effettiva ed efficace tutela della regolarità della gara ed in particolare la par condicio fra tutti i concorrenti nonché la serietà, compiutezza, completezza ed indipendenza delle offerte, in modo da evitare che, attraverso meccanismi di influenza societari, pur non integranti collegamenti o controlli di cui all’art. 2359 c.c., possa essere alterata la competizione, mettendo in pericolo l’interesse pubblico alla scelta del “giusto” contraente.

L’esclusione dalla gara deriva invero dall’applicazione diretta dei già richiamati principi posti a tutela della libera concorrenza, della segretezza delle offerte e della par condicio dei concorrenti.

Di tali principi, che costituiscono, come ricordato, ius receptum nella giurisprudenza di questo Consiglio e che sono stati, d’altra parte, cristallizzati nella formulazione dell’art. 34 del d. lgs. 163/2003, deve farsi applicazione anche nel caso di specie, in cui il Comune di Roma si è indotto a presumere il collegamento sostanziale fra la ricorrente ed altre imprese partecipanti alla medesima gara sulla base di una serie di elementi correttamente valutati: le polizze fideiussorie sono rilasciate dalla medesima compagnia con numero progressivo, per un verso a favore della ricorrente e di Artigiana Romana Impianti e per altro verso a favore di Mastel Group s.r.l., Costruzioni Frattini s.r.l., e CO.E.D. s.r.l.; le dichiarazioni di conformità all’originale delle attestazioni SOA e del certificato ISO sono presentate in maniera identica su foglio uso bollo; tutte le dichiarazioni sono presentate con identica formulazione su fogli uso bollo e recano tutte quale ultima dichiarazione gli estremi dell’iscrizione nel registro delle imprese presso la C.I.A.A. di Roma non richiesta dagli atti di gara; gli elenchi dei documenti e le domande di partecipazione sono presentate con identica formulazione e tutte su carta uso bollo; le buste contenenti le offerte economiche hanno la medesima etichettatura.

Tali elementi fanno ritenere verosimile la provenienza da un medesimo centro decisionale delle offerte presentate, e plausibile una reciproca conoscenza o condizionamento di queste ultime, inficiando, così, la regolarità e la correttezza della gara, atteso che gli elementi di fatto accertati, considerati nel loro complesso e con riferimento alla specifica situazione concreta, rappresentano in realtà indizi gravi, precisi e concordanti (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 17 settembre 2007, n. 4839), in presenza dei quali, secondo l’id quod plerumque accidit, è ragionevole presumere che si sia potuta verificare l’alterazione della par condicio dei concorrenti.

Né la presenza degli elementi che fanno presumere un collegamento sostanziale tra le società sopraindicate può essere giustificata dalla ricorrente in quanto tutte le ditte coinvolte si sono rivolte alla medesima società di servizi per la cura degli adempimenti amministrativi necessari per la partecipazione alla gara. Tale circostanza non fa diminuire i fondati rischi di turbamento della regolarità delle operazioni di gara, ma anzi accresce il convincimento in ordine alla possibilità che l’esito della gara possa essere stato influenzato e possano essere stati violati i principi della segretezza delle offerte e della par condicio tra i concorrenti.

3. Con il secondo motivo di ricorso l’appellante lamenta il vizio di motivazione della sentenza impugnata sostenendo che il giudice di primo grado avrebbe errato nel ritenere sussistente una identità di confezionamento delle buste contenenti le offerte economiche, che risultano invece spedite con date e modalità diverse.

La censura è priva di pregio.

Il giudice di primo grado, infatti, ha correttamente valutato che tra gli elementi indizianti, già indicati, che nella loro valenza complessiva fanno ragionevolmente presumere che le offerte potessero essere previamente conosciute dalle partecipanti rientra anche la circostanza che le relative buste presentano il medesimo confezionamento.

Detta circostanza rileva ben oltre il dato puramente esteriore, che si manifesta in una identità delle etichettature e delle diciture, in particolare con riferimento alla serie degli atti che occorre compiere per confezionare le buste, quindi all’assemblaggio del materiale necessario alla presentazione dell’offerta economica, che fa presumere la provenienza delle offerte da un unico centro volitivo in grado potenzialmente di turbare l’equilibrio e l’imparzialità della gara.

L’infondatezza dei motivi di ricorso determina, altresì, il rigetto della censura relativa alla condanna al pagamento, da parte dell’appellante, delle spese processuali, sulla base della regola della soccombenza, e l’inconfigurabilità della richiesta di risarcimento.

4. Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso in appello va rigettato.

5. Sussistono, comunque, giusti motivi, in considerazione della complessità delle questioni trattate, per compensare tra le parti le spese del secondo grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, rigetta l’appello.

Fonte: Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa

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