Consiglio di
stato - Sezione VI - Decisione 11 gennaio 2010 n. 14
Contratti pubblici - Appalti di opere pubbliche -
requisiti per la partecipazione - Realizzazione di un'opera analoga -
Frazionabilità del requisito tra i componenti di un consorzio - Non
permessa - Equiparazione opere eseguite e lavori in corso di esecuzione
- Non possibile.
FATTO e
DIRITTO
1. Con bando di gara del
22 dicembre 2005, l’AdF Aeroporto di Firenze s.p.a. indiceva in via
d’urgenza, ai sensi dell’art. 13 comma 1 lett. d) del d. lgs n.
158/1995, una procedura negoziata per la realizzazione di lavori di
riqualifica strutturale della pista di volo dell’aeroporto “Amerigo
Vespucci” di Firenze, per un complessivo importo presunto di Euro
10.542.111,17. Il criterio di aggiudicazione prescelto era quello del
prezzo più basso, ai sensi dell’art. 24, primo comma, lett. a) d. lgs.
n. 158/95.
Sotto il profilo della
capacità tecnica, il bando prevedeva (punto III.2.1.3), oltre al
possesso dell’attestazione SOA, un ulteriore requisito consistente
nell’avere “eseguito, nei cinque anni precedenti la spedizione del
bando, o avere in corso di esecuzione, almeno un lavoro di
caratteristiche tecniche analoghe a quelle in oggetto, di importo
complessivo non inferiore ad Euro 9.000.000,00, come precisato nel
disciplinare”.
Alla gara partecipavano il
consorzio ABILS e l’ATI Pavimental e con nota del 26 gennaio 2006
l’Aeroporto di Firenze s.p.a. comunicava al Consorzio ABILS l’esclusione
dalla gara per “mancanza del requisito indicato a pena di esclusione al
punto III.2.1.3 del bando di gara, e formante oggetto della
dichiarazione richiesta a pena di esclusione dal punto C.1 – busta n. 1
– documentazione, lett. f) del disciplinare di gara”.
Il consorzio ABILS
proponeva ricorso davanti al Tar per la Toscana avverso il provvedimento
di esclusione e l’aggiudicazione disposta in favore dell’Ati Pavimental,
chiedendo anche il risarcimento del danno.
Il Tar respingeva il
ricorso con sentenza n. 782/07, avverso la quale il consorzio ABILS ha
proposto ricorso in appello per i motivi che saranno di seguito
esaminati.
Adf s.p.a. e l’Ati
Pavimental si sono costituiti in giudizio, chiedendo la reiezione del
ricorso.
All’odierna udienza la
causa è stata trattenuta in decisione.
2. L’oggetto del presente
giudizio è costituito dalla contestazione da parte del consorzio ABILS
degli atti della procedura negoziata indetta per la realizzazione di
lavori di riqualifica strutturale della pista di volo dell’aeroporto
“Amerigo Vespucci” di Firenze.
Alla gara hanno
partecipato solo due imprese e l’appellante contesta la propria
esclusione e l’aggiudicazione disposta in favore dell’Ati Pavimental.
Con riguardo al
provvedimento di esclusione, con un gruppo di censure il Consorzio
sostiene che aveva i requisiti richiesti dal bando per partecipare alla
gara e che, in particolare, per il requisito aggiuntivo consistente
nell’aver eseguito (o avere in corso di esecuzione) un unico lavoro
analogo di importo non inferiore ad Euro 9.000.000,00, si dovevano
cumulare i lavori svolti dalle singole imprese consorziate in
applicazione dell’art. 97, comma 4, dPR n. 554/99, trattandosi di
consorzio stabile, tenuto conto che i lavori indicati erano analoghi a
quello oggetto della gara.
Le censure sono prive di
fondamento.
La clausola del bando
richiedeva l’esecuzione, anche in corso, di un lavoro analogo di importo
non inferiore ad Euro 9.000.000,00 e il Consorzio aveva indicato due
lavori eseguiti da due imprese consorziate, il primo di importo di oltre
cinque milioni di euro e categoria prevalente OG3, il secondo di importo
di oltre quattro milioni di euro, categoria OG3.
La commissione di gara ha
accertato la mancanza del requisito in capo al Consorzio in quanto: a)
il requisito consistente nell’esecuzione di un lavoro di importo non
inferiore a nove milioni di euro è da intendersi non frazionabile; b) la
natura dei lavori indicati da ABILS sarebbe non analoga a quella dei
lavori oggetto dell’appalto; c) il requisito sarebbe parzialmente
posseduto da due diverse consorziate mentre il disciplinare prevede che
debba essere posseduto interamente da una qualsiasi delle imprese dell’ATI
o delle imprese indicate dal Consorzio.
I principi invocati
dall’appellante in tema di consorzi stabili non assumono rilievo nel
caso di specie, in quanto il bando era chiaro nel richiedere il
requisito di un unico lavoro di importo non inferiore a 9 milioni di
euro.
Si tratta con evidenza di
un requisito non frazionabile e i principi invocati dall’appellante
possono al più riguardare una fattispecie, ove la stazione appaltante
avesse richiesto l’esecuzione di più lavori di un certo importo ed
allora si sarebbe posto il problema se i lavori valutabili potevano
essere svolti da imprese diverse del Consorzio.
Ma il bando richiede di
aver eseguito almeno un lavoro di un determinato valore e tale valore
non può essere raggiunto “per sommatoria” di singoli lavori di importo
inferiore.
Di conseguenza, deve
ritenersi che l’esclusione disposta nei confronti dell’appellante è
conforme alla previsioni della lex specialis, senza necessità di
approfondire l’ulteriore questione dell’analogia dei lavori da questa
svolti.
3. Il Consorzio contesta
anche la legittimità della clausola del bando, deducendo che non poteva
essere introdotto un requisito ulteriore rispetto all’attestazione SOA.
Al riguardo, il giudice di
primo grado ha rilevato che:
- con il sistema di
qualificazione istituito ai sensi dell’art. 8 della legge n. 109 del
1994 e, in particolare, con l’obbligo per le amministrazioni appaltanti
di cui all’art. 1, comma 4, del D.P.R. n. 34 del 2000, il legislatore ha
voluto evitare che i requisiti di capacità tecnica ed
economico-finanziaria dovessero essere accertati di volta in volta nel
corso delle singole gare. In base alla normativa citata, è sufficiente,
quindi, che le stazioni appaltanti verifichino la formale corrispondenza
tra le categorie indicate dal bando e quelle provate dalle imprese
concorrenti con il sistema delle qualificazioni attestate dagli
organismi a ciò autorizzati;
- la clausola del bando
che richiede la realizzazione di un certo fatturato, invece, risponde al
diverso fine di chiedere la dimostrazione, che va oltre la
qualificazione formale documentalmente attestata della capacità
dell’impresa ad assumere determinati appalti, dell’entità complessiva
dei lavori della stessa natura di quelli specificamente oggetto
dell’appalto già svolti dall’impresa come indice di una sua affidabilità
concreta.
- la clausola del bando
nella specie censurata risponde a tale diversa esigenza della stazione
appaltante e, quindi, non è preclusa dal divieto prefigurato dall’art.1,
comma 4, del D.P.R. n. 34 del 2000.
Il Tar ha richiamato la
decisione della V Sezione del Consiglio di Stato n. 878/2006, con cui è
stata affermata la legittimità di una clausola di un procedura di gara
diretta a richiedere un requisito in termini di fatturato ulteriore
rispetto all’attestazione SOA.
L’appellante invoca l’art
1, commi 3 e 4, del dPR n. 34/2000, che stabilisce che “l'attestazione
di qualificazione rilasciata a norma del presente regolamento
costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione
dell'esistenza dei requisiti di capacità tecnica e finanziaria ai fini
dell'affidamento di lavori pubblici” e che “le stazioni appaltanti non
possono richiedere ai concorrenti la dimostrazione della qualificazione
con modalità, procedure e contenuti diversi da quelli previsti dal
presente titolo, nonché dai titoli III e IV”.
Da tali previsioni si
ricava, quanto meno per i settori ordinari di lavori pubblici, che è
precluso alle stazioni appaltanti prevedere requisiti ulteriori rispetto
all'attestazione SOA, potendo al più essere richiesta una qualificazione
per categoria per lavori di importo maggiore rispetto alla categoria
ordinariamente necessaria, ma sempre tramite sistema SOA, e nel rispetto
del principio di proporzionalità (v. Cons. Stato, VI n. 2304/2007).
Tuttavia, la fattispecie
in esame, anteriore all’entrata in vigore del D. Lgs. n. 163/2006,
riguarda i settori speciali, per i quali l’applicazione del sistema
della qualificazione SOA era all’epoca limitata.
Infatti, l’art. 1, comma
2, del dPR n. 34/2000 stabilisce che “la qualificazione è obbligatoria
per chiunque esegua i lavori pubblici affidati dai soggetti di cui
all'articolo 2, comma 2, della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e
successive modificazioni dalle regioni anche a statuto speciale e dalle
province autonome di Trento e Bolzano, di importo superiore a 150.000
euro”.
Il rinvio operato all’art.
2, comma 2, della legge n. 109/94 determina una applicabilità limitata
del dPR n. 34/2000 per i settori speciali sia considerando il testo al
momento dell’entrata in vigore del citato dPR, che quello alla data di
approvazione del bando di gara.
Nel primo caso, infatti,
l’ambito di applicazione è limitato ai concessionari di servizi pubblici
e ai soggetti di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158,
qualora operino in virtù di diritti speciali o esclusivi, per lo
svolgimento di attività che riguardino i lavori, di qualsiasi importo,
individuati con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di
cui all'articolo 8, comma 6, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n.
158, e comunque i lavori riguardanti i rilevati aeroportuali e
ferroviari, sempre che non si tratti di lavorazioni che non possono
essere progettate separatamente e appaltate separatamente in quanto
strettamente connesse e funzionali alla esecuzione di opere comprese
nella disciplina del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158.
Il contenuto sostanziale
dell’ambito di applicazione della legge n. 109/94 è stato solo
parzialmente modificato sul punto e comunque deve tenersi conto che per
i settori speciali la precisazione è stata spostata nel comma 4
dell’art. 2, a cui non può che essere esteso il rinvio contenuto nel dPR
n. 34/2000 (all’epoca dell’entrata in vigore del dPR n. 34/00 il comma 4
atteneva ad altro e con ciò si spiega il rinvio al solo comma 2
dell’art. 2 della legge n. 109/94, da intendersi come rinvio ricettizio
o comunque come rinvio sostanziale alle modifiche introdotte
successivamente sul punto a prescindere dalla collocazione delle stesse
in determinati commi).
In entrambi i casi i
lavori oggetto della gara non rientravano in quelli inclusi nell’ambito
di applicazione e tale elemento, dedotto dagli appellati, non è stato
contraddetto in modo idoneo dall’appellante.
Da ciò deriva che, non
applicandosi il sistema di necessaria (e sufficiente) qualificazione
SOA. la stazione appaltante poteva prevedere requisiti ulteriori, sempre
conformi al principio di proporzionalità.
4. Il Consorzio appellante
non ha contestato la proporzionalità del requisito sotto il profilo
dell’importo richiesto, ma ha sostenuto l’illegittimità dello stesso per
essere stato esteso anche ai lavori in corso, e non limitato ai lavori
eseguiti.
Il Tar ha ritenuto la
carenza di interesse del ricorrente a far valere l’illogicità della
equiparazione tra “avere eseguito” e “avere in corso di esecuzione” il
lavoro indicato, rilevando che lo stesso Consorzio si trovava nella
situazione (censurata) prevista dal bando, avendo in corso di esecuzione
uno dei due lavori indicati, necessario per raggiungere l’importo
richiesto (cfr. doc. 7 prodotto dalla stazione appaltante).
Il giudice di primo grado
ha aggiunto che la richiamata equiparazione, in ogni caso, non è di per
sé irrazionale, posto che la situazione di chi abbia solo “in corso” dei
lavori dell’importo richiesto comporta, comunque, l’impegno tecnico ed
organizzativo adeguato per adempiere alla commessa ottenuta.
L’appellante contesta tale
profilo sia con riguardo al proprio provvedimento di esclusione, che con
riferimento all’aggiudicazione disposta in favore della
controinteressata (sia in primo grado che in appello è chiaro che il
motivo è dedotto non solo per sostenere che il ricorrente doveva essere
ammesso alla gara, ma anche per dimostrare l’illegittimità
dell’ammissione dell’aggiudicataria, come conferma il richiamo al
“precedente motivo” contenuto a pag. 50 dell’atto di appello).
Il Collegio ritiene che
sussista l’interesse alla censura limitatamente al secondo aspetto,
inerente l’aggiudicazione, in quanto la dimostrata assenza in capo al
Consorzio dello svolgimento di un unico lavoro dell’importo richiesto
rende irrilevante la questione della contestata equiparazione tra “avere
eseguito” e “avere in corso di esecuzione” il lavoro analogo ai fini
dell’ammissione del Consorzio alla gara.
Tuttavia, sussiste
l’interesse a contestare l’equiparazione al fine di dimostrare
l’illegittimità della clausola e la conseguente illegittimità della
partecipazione alla gara dell’appellata al fine strumentale della
ripetizione della gara (trattandosi di due soli concorrenti) o, ove non
più possibile, dell’esame della domanda risarcitoria.
Il motivo, oltre che
ammissibile, è anche fondato.
Infatti, anche seguendo il
ragionamento del Tar sulla differenza tra capacità tecnica ed economico
– finanziaria e requisito del fatturato per singolo lavoro come indice
di affidabilità ed esperienza concreta, non appare ragionevole estendere
il requisito anche ai lavori in corso, che potrebbero essere anche solo
appaltati o iniziati senza alcuna concreta valenza per l’affidabilità
dell’impresa.
E’ evidente la differenza,
e la conseguente irragionevolezza dell’equiparazione, tra la situazione
di una impresa che ha correttamente seguito determinati lavori per un
certo importo e chi, come l’aggiudicataria, ha solo ricevuto la consegna
o comunque iniziato dei lavori, potendo pregiarsi in sostanza solo di
essersi aggiudicata una gara.
L’illegittimità della
clausola sotto tale profilo è idonea a travolgere gli atti della gara,
compresa l’aggiudicazione, avendo peraltro l’Ati Pavimental beneficiato
della clausola per essere ammessa come unica partecipante.
5. Trattandosi di lavori
già da tempo eseguiti, il disposto annullamento degli atti della gara
non può avere l’effetto di determinare la ripetizione della procedura e
va, quindi, esaminata la domanda subordinata di risarcimento del danno
per equivalente.
Con riguardo alla
responsabilità della pubblica amministrazione per i danni causati
dall’esercizio illegittimo dell’attività amministrativa, questa Sezione
ha già aderito a quell’orientamento favorevole a restare all'interno dei
più sicuri confini dello schema e della disciplina della responsabilità
aquiliana, che rivelano una maggiore coerenza della struttura e delle
regole di accertamento dell'illecito extracontrattuale con i caratteri
oggettivi della lesione di interessi legittimi e con le connesse
esigenze di tutela (Cons. Stato, sez. V, 20 ottobre 2008 n. 5124; sez.
IV, 29 luglio 2008 n. 3723; sez. VI, 19 giugno 2008 n. 3059; sez. VI, 23
giugno 2006 n. 3981; 9 novembre 2006 n. 6607; 9 marzo 2007 n. 1114; IV,
6 luglio 2004 n. 5012; 10 agosto 2004 n. 5500).
Tale conclusione è stata
confermata anche in caso di annullamento dell’aggiudicazione di un
pubblico appalto (Cons. Stato, VI, 3 aprile 2007 n. 1513), in cui ciò
che viene in rilievo non è la violazione delle regole di correttezza o
di condotta poste a tutela della libertà contrattuale, che dà luogo a
responsabilità precontrattuale, ma la violazione di norme imperative o
di principi generali, che pongono “regole di validità” a tutela di
interessi pubblici e tale violazione può dare luogo alla illegittimità
degli atti o dei provvedimenti relativi al procedimento amministrativo
di scelta del contraente, con possibile responsabilità extracontrattuale
per lesione di posizioni di interesse legittimo (per la distinzione tra
regole di condotta e regole di validità v. Tar Calabria, Catanzaro, 9
giugno 2009 n. 627).
Ciò premesso, sotto il
profilo dell’elemento oggettivo dell’illecito, si rileva che il
Consorzio appellante non può pretendere i danni per non essere risultato
aggiudicatario dell’appalto, in quanto l’errore commesso
dall’amministrazione è consistito nell’introduzione di una (illegittima)
clausola del bando, in base alla quale entrambe le concorrenti dovevano
essere escluse.
L’effetto conformativo del
giudicato di annullamento sarebbe dovuto essere la ripetizione della
gara, non più possibile essendo già stati eseguiti i lavori e, di
conseguenza, la lesione subita non può che essere limitata alla perdita
della chance di aggiudicarsi la gara, in ipotesi di ripetizione.
La perdita della chance di
partecipare alla gara costituisce, quindi, un danno che si pone in
rapporto di diretta consequenzialità con l’illegittimità accertata, non
assumendo rilievo la presunta anomalia dell’offerta, peraltro solo
ipotizzata dalla stazione appaltante, dovendo comunque la gara essere
ripetuta.
Per quanto concerne,
l’elemento soggettivo, sulla base dei richiamati precedenti
giurisprudenziali, va ribadito che non è comunque richiesto al privato
danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo un
particolare sforzo probatorio per dimostrare la colpa della p.a...
Infatti, pur non essendo configurabile, in mancanza di una espressa
previsione normativa, una generalizzata presunzione (relativa) di colpa
dell'amministrazione per i danni conseguenti ad un atto illegittimo o
comunque ad una violazione delle regole, possono invece operare regole
di comune esperienza e la presunzione semplice, di cui all'art. 2727
c.c., desunta dalla singola fattispecie.
Il privato danneggiato
può, quindi, invocare l’illegittimità del provvedimento quale indice
presuntivo della colpa o anche allegare circostanze ulteriori, idonee a
dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile.
Spetterà a quel punto
all’amministrazione dimostrare che si è trattato di un errore scusabile,
configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali
sull’interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da
poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza
determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità
derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della
norma applicata.
Si deve, peraltro, tenere
presente che molte delle questioni rilevanti ai fini della scusabilità
dell'errore sono questioni di interpretazione ed applicazione delle
norme giuridiche, inerenti la difficoltà interpretativa che ha causato
la violazione; in simili casi il profilo probatorio resta in larga parte
assorbito dalla questio iuris, che il giudice risolve autonomamente con
i propri strumenti di cognizione in base al principio iura novit curia.
Nel caso di specie, la
stazione appaltante ha introdotto, pur non essendone tenuta, una
clausola limitativa della partecipazione alla gara e, pur rientrando
tale facoltà nei limiti della discrezionalità, come in precedenza
osservato, la clausola è stata in concreto redatta in violazione del
generale principio della ragionevolezza e anche di proporzionalità, come
dimostra la ridotta partecipazione di sole due imprese.
Si è trattato, quindi, di
un errore, che in alcun modo può essere ritenuto scusabile e ciò conduce
a ritenere sussistente l’elemento della colpa della stazione appaltante.
Sotto il profilo della
quantificazione del danno, la perdita di chance va rapportata in termini
percentuali all’utile in astratto conseguibile in ipotesi di
aggiudicazione della gara rinnovata.
L’utile economico che
sarebbe derivato all’impresa dall’esecuzione dell’appalto viene
presuntivamente quantificato nel 10% dell’importo a base d’asta, come
ribassato dall’offerta presentata (Cons. Stato, V, 8 luglio 2002 n.
3796; Cons. Stato, IV, 6 luglio 2004 n. 5012), ma tale percentuale viene
spesso ridotta al 5 % nel caso in cui l’impresa non dimostra di non aver
potuto utilizzare mezzi e maestranze per l’espletamento di altri servizi
(Cons. Stato, V 24 ottobre 2002 n. 5860; VI, 9 novembre 2006 n. 6607).
Tuttavia, l’utilizzo di
tali presunzioni non esonera le parti dal dedurre specifici elementi, in
base a cui quantificare il danno e, nel caso in esame, nelle
giustificazioni dell’offerta presentata dall’appellante è stato indicato
proprio l’utile del 5 %, come dedotto da AdF e non contestato.
Come già detto, quando il
ricorrente allega solo la perdita di una chance a sostegno della pretesa
risarcitoria, la somma commisurata all’utile d’impresa deve essere
proporzionalmente ridotta in ragione delle concrete possibilità di
vittoria (Cons. Stato, VI, 8 maggio 2002 n. 2485).
Nel caso di specie, si
deve presumere che a fronte di una rinnovazione della procedura e di una
lex specialis meno restrittiva, la partecipazione sarebbe stata più
ampia e si può ipotizzare che avrebbero partecipato almeno cinque
imprese.
Pertanto, la perdita della
chance può essere quantificata in un quinto dell’utile di impresa,
presumendo le stesse possibilità di aggiudicarsi la gara per ogni
concorrente.
Tali percentuali possono
essere così applicate alla fattispecie in esame:
- importo a base di gara
pari a euro 10.542.111,17, di cui euro 277.500,00 per oneri di sicurezza
non soggetti a ribasso;
- su tale importo va
applicata la percentuale di ribasso, individuata in via equitativa in
quella offerta dall’appellante pari al 35,30 %, arrivando quindi ad un
importo dell’ipotetica commessa pari a euro 6.918.703,43 (percentuale
non applicata sugli oneri di sicurezza);
- l’utile pari al 5 %
corrisponde ad euro 345.935,17, il cui quinto (la chance) è pari ad euro
69.187,00, da intendersi attualizzato ad oggi.
6. In conclusione, il
ricorso in appello va in parte accolto e per l'effetto, in riforma della
sentenza impugnata, va in parte accolto il ricorso proposto in primo
grado, con annullamento dei provvedimenti impugnati nella sola parte in
cui è stata consentita la partecipazione alla gara dell’Ati Pavimental e
con condanna di AdF s.p.a. al risarcimento del danno nella misura di
euro 69.187,00, oltre agli interessi computati nella misura legale dalla
data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo.
Alla soccombenza di AdF
seguono le spese del doppio grado di giudizio nella misura indicata in
dispositivo, mentre in considerazione della parziale reciproca
soccombenza sussistono i presupposti per compensare le spese tra
l’appellante e l’Ati controinteressata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale, Sezione Sesta, accoglie in parte il ricorso in
appello indicato in epigrafe e per l'effetto, in riforma della sentenza
impugnata, accoglie in parte il ricorso proposto in primo grado,
annullando i provvedimenti impugnati nella sola parte in cui è stata
consentita la partecipazione alla gara della Pavimental e condannando
AdF s.p.a. al risarcimento del danno nella misura indicata in parte
motiva.
Fonte:
Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa
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