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   Giurisprudenza  

Consiglio di stato - Sezione V - Sentenza 1862 del 23 marzo 2012
Contratti d'Appalto -
Cautele a tutela della conservazione dei plichi d’offerta e sulla prioritaria esigenza di valutare le offerte tecniche prima delle offerte economiche

FATTO e DIRITTO

Il Comune di Sciacca indiceva un pubblico incanto per l’affidamento, con il sistema dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio di assistenza domiciliare agli anziani per la durata di 13 mesi.

La commessa veniva definitivamente aggiudicata alla società cooperativa a r.l. Agave (di seguito, la AGAVE) con atto del 24 settembre 2003.

L’esito della gara formava oggetto di impugnativa giurisdizionale dinanzi al T.A.R. per la Calabria da parte della concorrente Cooperativa sociale Artemide (d’ora in poi, la ARTEMIDE), seconda classificata.

La ricorrente deduceva l’illegittimità della riammissione in gara della AGAVE, e comunque della sua partecipazione alla procedura; l’erronea attribuzione dei punteggi da parte della Commissione; molteplici profili di difetto di motivazione ed ulteriori aspetti di illegittimità.

Resistevano all’impugnativa il Comune di Sciacca e la controinteressata, che eccepivano la tardività del gravame e in ogni caso la sua infondatezza.

Il Tribunale adìto, con la sentenza n. 369/2011 in epigrafe, disattesa l’eccezione delle resistenti di tardività del ricorso, e respinti i motivi primo (sulla riammissione della AGAVE), quindicesimo e sedicesimo (sulla legittimità del seggio di gara), accoglieva, invece, il terzo e quarto mezzo, con la precisazione che ciò avrebbe determinato una caducazione integrale della gara (cfr. pagg. 17 e 22 della decisione).

Avverso tale pronuncia insorgeva il Comune di Sciacca proponendo il presente appello, con il quale, sostanzialmente, insisteva sulla tardività del gravame di primo grado, e tornava a contestare la sussistenza dei vizi riscontrati dal TAR nella procedura.

Si costituiva in giudizio anche in questo grado la AGAVE, che aderiva all’appello comunale ed argomentava a suo sostegno.

La ARTEMIDE, dal canto suo, proponeva una memoria con appello incidentale, con la quale, oltre a confutare le censure e deduzioni avversarie, criticava a sua volta la sentenza in epigrafe “nella parte in cui, non avendo preso in considerazione gli altri motivi di ricorso, tutti fondati, proposti dalla Cooperativa Artemide in primo grado, ha concluso nel ritenere necessaria la riapertura della gara, invece di aggiudicare il servizio alla seconda classificata” (pag. 12 dell’appello incidentale).

L’appellante incidentale illustrava ulteriormente le proprie tesi con una successiva memoria.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello principale e quello incidentale vanno entrambi respinti.

1 La Sezione deve preliminarmente confermare l’impugnata decisione nella parte in cui ha respinto l’eccezione di tardività del ricorso di prime cure.

Occorre premettere che la tempestività dell’impugnativa va verificata rispetto all’atto di aggiudicazione definitiva, e non a quella provvisoria, la giurisprudenza avendo abbondantemente chiarito che è la prima, e non la seconda, l’atto da impugnare da parte di chi intenda contestare l’esito di una gara (così C.d.S., V, 20 giugno 2011, n. 3671, che ribadisce che l'aggiudicazione provvisoria di un appalto pubblico ha natura di atto endoprocedimentale, ad effetti ancora instabili e del tutto interinali, sicché è inidonea a produrre la definitiva lesione del soggetto non risultato aggiudicatario, che si verifica solo con l'aggiudicazione definitiva, la quale non costituisce atto meramente confermativo del precedente ed è l’unico in riferimento al quale va verificata la tempestività del ricorso; in termini cfr. anche, tra le più recenti, V, 11 gennaio 2011, n. 80; III, 11 marzo 2011, n. 1581; VI, 20 ottobre 2010, n. 7586).

Ciò posto, non si può non convenire con il primo Giudice che gli originari resistenti abbiano mancato di fornire la prova di un’antecedente piena conoscenza, da parte della ricorrente, dell’atto da impugnare.

A tal fine non può valere il contenuto dell’istanza di ARTEMIDE del 13 ottobre 2003, pur posteriore al perfezionamento dell’aggiudicazione definitiva.

Se è vero, infatti, che in tale occasione ARTEMIDE si riferiva alla AGAVE come alla “aggiudicataria”, ed esprimeva l’intento di proporre ricorso avverso l’esito della gara, la potenziale significatività di tali elementi subito si dissolve ove si consideri che lo stesso intento impugnatorio era stato già esternato in occasione della precedente istanza della società del 16 settembre 2003, dunque assai prima che l’aggiudicazione definitiva vedesse la luce, e che sin dall’11 settembre ARTEMIDE aveva ricevuto comunicazione dell’atto di aggiudicazione provvisoria alla controinteressata, sicché già solo per tale ragione ben poteva riferirsi ad essa come ad un’ “aggiudicataria”.

Quanto alla dichiarazione, che si legge nella stessa istanza del 13 ottobre 2003, di avere “già preso visione di quanto richiesto in data 30/9/2003”, una lettura completa dell’atto rende evidente che con tale espressione il presidente di ARTEMIDE si riferiva alla “documentazione prodotta dalla Cooperativa AGAVE per la partecipazione alla trattativa”, la cui ostensione aveva formato appunto oggetto della prima richiesta.

Non vi è dunque alcun elemento che autorizzi a ritenere che la ricorrente in quest’ultima occasione avesse già acquisito conoscenza anche dell’atto di aggiudicazione definitiva. E l’affermazione in tal senso svolta dalle originarie resistenti, rivelandosi solo un’illazione priva di riscontri, non fornisce alcun fondamento all’eccezione, che pertanto è stata correttamente respinta.

2 Deve essere disattesa anche la rinnovata eccezione di inammissibilità del ricorso di prime cure che poggia sulla mancanza di contestazioni agli atti della procedura da parte del rappresentante della ARTEMIDE entro il termine di sette giorni dall’espletamento della gara, richiamando il disposto dell’art. 16 della L.R. n. 7 del 2003 (rectius, dell’art. 18 della L.R. n. 7 del 2002, che la norma posteriore si è limitata ad estendere alle forniture di beni e servizi).

La norma invocata si limita, infatti, a ricollegare al decorso del suddetto termine in carenza di contestazioni un effetto di “definitività” del verbale di gara, effetto che, rilevando sul mero piano del perfezionamento formale della verbalizzazione, nulla potrebbe evidentemente togliere al diritto della concorrente in ipotesi lesa di avvalersi della garanzia della tutela giurisdizionale nei termini stabiliti dalle generali norme statali sull’accesso alla giurisdizione amministrativa.

3 Non meritano migliore sorte i restanti motivi a base dell’appello principale, che sono indirizzati a contestare l’intervenuto accoglimento, da parte del T.A.R., del terzo e quarto motivo del ricorso di primo grado.

3a Rispetto alla prima di tali censure nell’appello comunale ci si limita, in sostanza, all’assunto per cui l’integrità degli atti di gara, stante la mancanza di un’apposita disposizione dettata al riguardo dalla lex specialis, avrebbe dovuto ritenersi sufficientemente garantita dalla custodia dei plichi in locali inaccessibili al pubblico, in una con l’avvenuta apposizione, sui plichi stessi, delle sigle dei componenti il seggio.

L’assunto è privo di pregio.

L’orientamento dominante della giurisprudenza sul tema, invero, può essere così sintetizzato.

L'obbligo di predisporre adeguate cautele a tutela dell'integrità delle buste recanti le offerte delle imprese partecipanti a gare pubbliche, in mancanza di apposita previsione da parte del legislatore, discende necessariamente dalla stessa ratio che sorregge e giustifica il ricorso alla gara pubblica per l'individuazione del contraente nei contratti delle Pubbliche amministrazioni, in quanto l'integrità dei plichi contenenti le offerte dei partecipanti all'incanto è uno degli elementi sintomatici della segretezza delle offerte e della par condicio di tutti i concorrenti, assicurando il rispetto dei principi di buon andamento ed imparzialità consacrati dall'art. 97 Cost., ai quali deve uniformarsi l'azione amministrativa (cfr. ad es. C.d.S., V, 29 dicembre 2009, n. 8817).

La commissione di gara, quindi, deve predisporre specifiche cautele a tutela dell'integrità e della conservazione delle buste contenenti le offerte, di cui deve farsi menzione nel verbale di gara: e tale tutela deve essere assicurata in astratto e comunque, a prescindere, cioè, dalla circostanza che sia stata poi dimostrata una effettiva manomissione dei plichi.

Né la relativa illegittimità potrebbe essere sanata dalla dichiarazione postuma del presidente e del segretario della commissione sull’avvenuta conservazione della documentazione in cassaforte, atteso che tale dichiarazione non varrebbe a sostituire le funzioni del verbale di gara, che è sottoscritto dai componenti della commissione (C.d.S., V, 21 maggio 2010, n. 3203).

Il Tribunale, facendo dunque applicazione della giurisprudenza prevalente, ha posto in rilievo come dagli atti di causa non emergesse l’avvenuta applicazione di alcuna cautela per proteggere da manomissioni l’integrità dei plichi, atteso l’assoluto silenzio dei verbali sul punto e la mancanza di altre risultanze che in tal senso deponessero (la lettura degli atti rivela anche l’assenza di riscontri a base dell’affermazione della AGAVE -pag. 4 della sua memoria- per cui all’atto della riapertura della gara il Presidente del seggio avrebbe fatto constare l’integrità dei plichi ai rappresentanti delle ditte).

Si deve inoltre convenire con l’appellante incidentale che nella concreta vicenda l’esigenza di salvaguardia dei plichi era particolarmente spiccata, dal momento che l’andamento delle attività del seggio di gara aveva manifestato complessivamente le seguenti anomalie : nella seduta del 25 agosto 2003 erano state aperte le offerte economiche di due sole concorrenti, ARTEMIDE ed Halicus, con verbalizzazione dei loro contenuti; il 2 settembre si era fatto lo stesso per gli altri concorrenti riammessi; e soltanto con verbale pubblicato a partire dall’8 settembre erano stati espressi i punteggi attribuiti alle offerte tecniche.

Ora, poiché le anomalie indicate (e in particolare quella dell’inversione dell’ordine di valutazione tra offerta tecnica ed economica, di cui meglio si dirà nel prossimo paragrafo) davano corpo ad uno specifico pericolo di manomissioni, l’operato dell’Amministrazione risulterebbe censurabile anche alla luce del più elastico orientamento giurisprudenziale (V, 22 febbraio 2011, n. 1094) secondo il quale per ritenere invalide le operazioni di gara non sarebbe sufficiente un astratto rischio di manomissione, ma occorrerebbe che sia stato fornito un principio di prova della eventuale manomissione dei plichi o quanto meno di un concreto pericolo di manomissione.

Il Tribunale ha osservato anche con chiarezza (pag. 19) come l’Amministrazione, pur affermando in giudizio di avere provveduto ad adottare determinate misure di cautela, di tanto non aveva fornito alcuna prova. E proprio il dato dell’effettiva applicazione di cautele adeguate formava oggetto di contestazione da parte dell’originaria ricorrente, e per conseguenza, nel silenzio del verbale, costituiva materia di onus probandi da parte dell’Amministrazione.

In questa sede tale onere si conferma inadempiuto. L’assunto del Comune appellante, con il dare per pacifico quanto (l’applicazione di sufficienti cautele) non è mai stato in realtà dimostrato da parte sua, non vale, pertanto, a far emergere alcun vizio nel ragionamento a base della decisione in disamina, la quale va quindi confermata anche sotto questo profilo.

3b Con riferimento all’avvenuto accoglimento da parte del primo Giudice del quarto motivo l’appellante obietta, invece, che l’aggiudicazione del servizio di cui si tratta è avvenuta in applicazione dell’art. 23, lett. b), del d.lgs. n. 157/1995, che prescrive semplicemente di seguire criteri secondo un ordine decrescente d’importanza, senza imporre il rispetto dell’ordine procedurale indicato dal TAR, che riguarderebbe solo gli appalti pubblici di lavori ma non anche quelli di servizi.

L’argomento è privo di pregio.

Il Tribunale, sul punto, ha seguito linearmente il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, nelle procedure indette per l'aggiudicazione di appalti con la Pubblica Amministrazione sulla base del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la commissione di gara è tenuta a valutare prima i profili tecnici delle offerte, e solo successivamente quelli economici. E’ irrilevante che il bando non richiami una specifica disposizione di legge per stabilire quale delle due offerte debba essere esaminata con priorità sull'altra, atteso che l'esame delle offerte economiche prima di quelle tecniche costituisce una palese violazione dei principi inderogabili di trasparenza e di imparzialità che devono presiedere alle gare pubbliche, dal momento la conoscenza preventiva dell'offerta economica consente di modulare il giudizio sull'offerta tecnica in modo non conforme alla parità di trattamento dei concorrenti, e tale possibilità, ancorché remota ed eventuale, per il solo fatto di esistere inficia la regolarità della procedura. (cfr., di recente, C.d.S., V, 25 maggio 2009, n. 3217; 8 settembre 2010, n. 6509; 21 marzo 2011, n. 1734).

Il principio appena detto, giusta l’ampia valenza del suo fondamento giustificativo, ha una portata generale. Per quanto già desumibile dall’art. 91 d.P.R. n. 554/1999, esso si applica incontestabilmente anche alla materia degli appalti pubblici di servizi (così, ad es., V, 2 ottobre 2006, n. 5735, proprio in tema di servizi: “…è fermo e pacifico l'orientamento secondo cui costituisce ordinario quanto inderogabile canone operativo, nelle pubbliche gare, necessario a garantirne la trasparenza, la massima obiettività nell'assegnazione dei punteggi e, in definitiva, la par condicio tra i concorrenti, quello per cui l'assegnazione dei punteggi tecnici - tanto più quando siano frutto di apprezzamento tecnico ampiamente discrezionale, caratterizzato da una molteplicità di fattori di valutazione differenziati - deve precedere la conoscenza delle offerte economiche”).

Né può sostenersi che l’art. 23 d.lgs. n. 157 del 17 marzo 1995 dettasse una disciplina incompatibile con l’osservanza del canone esposto.

L’articolo, invero, stabiliva semplicemente quanto segue :

1 … gli appalti pubblici di servizi di cui al presente decreto sono aggiudicati in base a uno dei seguenti criteri:

a) unicamente al prezzo più basso; b) a favore dell'offerta economicamente più vantaggiosa, valutabile in base ad elementi diversi, variabili secondo il contratto in questione, quali, ad esempio, il merito tecnico, la qualità, le caratteristiche estetiche e funzionali, il servizio successivo alla vendita, l'assistenza tecnica, il termine di consegna o esecuzione, il prezzo.

2. Nel caso di aggiudicazione ai sensi del comma 1, lettera b), le amministrazioni aggiudicatrici devono menzionare, nel capitolato d'oneri o nel bando di gara, i criteri di aggiudicazione di cui si prevede l'applicazione, possibilmente nell'ordine decrescente d'importanza.

3c Viene asserito, infine, che la preventiva conoscenza dell’offerta economica di ARTEMIDE, essendo questa particolarmente vantaggiosa per l’Amministrazione, avrebbe dovuto giovare alla sua proponente, piuttosto che pregiudicarla.

L’argomentazione è però con ogni evidenza arbitraria. Non è pertinente chiedersi quale dei concorrenti possa presumibilmente trarre (più) vantaggio da una violazione del canone che impone di valutare prima i profili tecnici delle offerte e solo successivamente quelli economici. Semmai, si tratta di trarre le conseguenze dell’illegittimità che discende dalla violazione dello stesso canone.

3d Per tutto quanto precede, anche questo mezzo deve essere quindi rigettato.

4 Una volta assodata l’infondatezza dell’appello principale del Comune di Sciacca, si può dunque procedere al vaglio di quello incidentale.

4a ARTEMIDE, nel richiamare il primo motivo del proprio originario ricorso, espressamente disatteso dal Tribunale, ribadisce l’assunto che l’avversaria non avrebbe potuto essere riammessa alla procedura.

La doglianza è stata però rettamente giudicata infondata

La sentenza in epigrafe illustra difatti in modo nitido la contraddittorietà delle disposizioni della lexspecialis regolanti il contenuto della busta “B”. Queste, mentre per un verso prescrivevano che la busta non dovesse contenere, oltre all’offerta economica, altri documenti, nello stesso tempo, però, imponevano di dimostrare, “mediante idonea documentazione da allegare”, il conferimento al legale rappresentante della facoltà di adempiere “alle incombenze relative”.

Da qui la condivisibile considerazione del primo Giudice che la AGAPE, al cospetto di una simile ambiguità, si era comprensibilmente orientata a presentare una busta recante la sola offerta economica, regolarmente siglata e sigillata, includendola, però, in un più ampio plico recante l’ulteriore “idonea documentazione da allegare”, concernente il conferimento al legale rappresentante della facoltà di adempiere “alle incombenze relative”.

E altrettanto condivisibilmente il Tribunale, sull’osservazione che le ambiguità della legge di gara non potevano essere scaricate dalla Stazione appaltante sui concorrenti, ha concluso per la piena legittimità della riammissione alla procedura della AGAVE, che nella propria conforme istanza aveva appunto posto in evidenza la contraddizione testé illustrata della lex specialis.

In questa sede l’appellante incidentale ripropone in pratica sic et simpliciter la propria originaria censura. Senza farsi carico della pur evidente ambiguità delle indicazioni della legge di gara, essa oppone apoditticamente che il testo della medesima sarebbe stato, invece, di tenore inequivocabile.

Va poi osservato, d’altra parte, che la circostanza che il plico racchiudente la busta con l’offerta economica non fosse stato a sua volta sigillato e controfirmato non violava alcuna prescrizione della legge di gara, che la sigillatura prescriveva, per quanto qui interessa, per la sola busta recante l’offerta.

Il presente mezzo deve quindi essere senz’altro respinto.

4b La stessa conclusione vale per la censura immediatamente successiva, intesa a lamentare il carattere asseritamente perplesso ed immotivato della riammissione alla gara della AGAVE. Dall’esame degli atti risulta, infatti, con sufficiente evidenza che l’Amministrazione, posta dalle motivate istanze di tale concorrente dinanzi alle contraddizioni della propria disciplina, con nota del 28 agosto del 2003 era addivenuta, proprio sulla scorta delle ragioni che le erano state così rappresentate, alla decisione di procedere al “riesame globale di tutta la documentazione”. E indi la Commissione, nella seduta del 2 settembre 2003, proprio per le stesse trasparenti ragioni, ribadita l’accoglibilità di principio delle prospettazioni della AGAVE, e verificata in concreto la sostanziale regolarità della sua documentazione, ne aveva conclusivamente disposto la riammissione.

5 Ugualmente spedito può essere l’esame del terzo, quarto e quinto motivo di appello incidentale, con i quali sono stati reiterati degli ulteriori argomenti critici sulla partecipazione dell’aggiudicataria alla gara.

Con tali censure ci si duole, in sintesi: che l’avversaria su alcune dichiarazioni di gara avrebbe apposto solo una sigla illegibile; che la medesima, per adempiere alla prescrizione di dimostrare “mediante idonea documentazione” il conferimento al proprio legale rappresentante della facoltà di adempiere “alle incombenze relative”, aveva prodotto la mera fotocopia di una delibera del proprio consiglio di amministrazione, in luogo di una sua copia regolarmente autenticata; che, infine, l’aggiudicazione era stata conferita alla concorrente benché questa non avesse fornito alla Stazione appaltante idonee giustificazioni in merito alla effettiva sostenibilità della propria offerta economica.

In contrario è tuttavia agevole far notare, nell’ordine, quanto segue.

Non è indispensabile che una sottoscrizione o sigla sia in concreto leggibile, sempre che sia sufficientemente sicura la sua riferibilità soggettiva : dato, questo, che nella specie può essere affermato -non essendo stati forniti elementi deponenti in senso contrario- rispetto alla persona del presidente p.t. della AGAVE, alle cui altre sottoscrizioni quella apposta risulta corrispondere.

Il bando, inoltre, nel richiedere “idonea documentazione” ai fini sopra indicati, non esigeva, tanto meno a pena di esclusione, il rigore formale dell’autenticazione delle copie prodotte. Né la circostanza che la delibera versata risalisse a tre anni prima, e neppure la dedotta incertezza sui precedenti incarichi societari ricoperti dal dott. Sutera, possedevano attitudine alcuna a viziare la partecipazione alla gara da parte della AGAVE.

Quanto, infine, alle giustificazioni sulla sostenibilità dell’offerta economica della medesima, sono principi acquisiti in giurisprudenza, per un verso, quello che nelle procedure per l'aggiudicazione degli appalti pubblici l'esame delle giustificazioni sulla non anomalia dell'offerta è vicenda che rientra nella discrezionalità tecnica dell'Amministrazione, per cui soltanto in caso di macroscopiche illogicità, vale a dire di errori di valutazione evidenti e gravi, oppure di valutazioni abnormi o affette da errori di fatto, il giudice della legittimità può intervenire, restando per il resto la capacità di giudizio confinata entro i limiti dell'apprezzamento tecnico proprio di tale tipo di discrezionalità (C.d.S., V, 18 agosto 2010, n. 5848; 23 novembre 2010, n. 8148; 22 febbraio 2011, n. 1090); per altro verso, quello per cui il giudizio di anomalia postula una motivazione rigorosa ed analitica ove si concluda in senso sfavorevole all’offerente, mentre non si richiede, di contro, una motivazione analitica nell’ipotesi di esito positivo della verifica, nel qual caso è sufficiente motivare perrelationem con riferimento alle giustificazioni presentate dal concorrente (sempre che a loro volta adeguate); in questa seconda evenienza, di conseguenza, incombe su chi contesti l'aggiudicazione l'onere di individuare gli specifici elementi da cui il Giudice possa evincere che la valutazione tecnico-discrezionale dell'Amministrazione sia stata manifestamente irragionevole, ovvero basata su fatti erronei o travisati (VI, 3 novembre 2010, n. 7759; V, 22 febbraio 2011, n. 1090; 23 novembre 2010, n. 8148).

Ciò posto, la Sezione osserva che la commessa oggetto di controversia riguardava un servizio, quello dell’assistenza domiciliare agli anziani, dalla fisionomia semplice, in cui un elemento di indubbio rilievo era costituito dal fattore dell’organizzazione locale eventualmente già disponibile per l’assicurazione della prestazione. Da qui la pertinenza e consistenza della giustificazione fornita dalla AGAVE, che aveva sottolineato all’Amministrazione di poter mettere a disposizione per la bisogna “un efficiente ufficio del personale che è già attivo per la gestione di altri servizi, in particolare della Casa di riposo di nostra proprietà, che la coop. svolge regolarmente a prescindere dal servizio aggiudicato”.

D’altra parte ARTEMIDE, che aveva proposto in gara un ribasso ancora più marcato di quello avversario, non ha offerto puntuali elementi dai quali si possa evincere che la valutazione dell'Amministrazione sia stata manifestamente irragionevole, ovvero inficiata da errori o travisamenti.

Anche questo motivo deve allora essere disatteso.

6 Una volta confermata la legittimità della partecipazione di AGAVE alla gara, vanno fatti i conti con la doglianza di fondo residua dell’appellante incidentale, che critica la decisione del primo Giudice in quanto questo, “non avendo preso in considerazione gli altri motivi di ricorso … proposti dalla Cooperativa Artemide in primo grado, ha concluso nel ritenere necessaria la riapertura della gara, invece di aggiudicare il servizio alla seconda classificata”.

Anche questa critica è destituita di fondamento.

ARTEMIDE, per sottrarre la procedura all’esito di caducazione integrale cui era stata destinata dal primo Giudice, aveva l’onere argomentativo, alternativamente : di addebitare al Tribunale di avere violato le regole sull’ordine logico da seguire nella trattazione delle censure di legittimità; oppure di negare che le doglianze accolte dallo stesso TAR potessero condurre ad un simile effetto di invalidazione totale della gara (aggredendo dunque in sede critica, segnatamente, il cruciale passaggio racchiuso nella sentenza appellata alle pagg. 16-17).

Da parte dell’appellante incidentale non è stata però esperita. né l’una né l’altra operazione.

Di conseguenza, posto che la Sezione è già pervenuta (supra, paragr. 3a e 3b) alla conferma dell’accoglimento, da parte del Tribunale, degli originari motivi terzo e quarto, con l’effetto, loro connaturato, dell’invalidazione integrale della procedura, devono ritenersi logicamente superate ed assorbite le rimanenti doglianze di ARTEMIDE, intese semplicemente a postergare la posizione di graduatoria della concorrente, oppure potenzialmente idonee, anch’esse, a determinare un’invalidazione totale della procedura (senza però aggiungere alcunché alle conseguenze cui è già pervenuto il primo Giudice con l’accoglimento degli originari motivi terzo e quarto).

La deduzione dei motivi che residuano, già assorbiti dal Tribunale, si rivela, pertanto, carente di ogni interesse.

7 In conclusione, tanto l’appello principale quanto quello incidentale devono essere respinti.

Le spese del giudizio, stante l’esito della lite, possono essere equitativamente compensate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sulla controversia in epigrafe :

- respinge l’appello principale proposto dal Comune di Sciacca;

- respinge l’appello incidentale proposto dalla Cooperativa sociale Artemide.

 

Fonte: Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa

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