Consiglio di
stato - Sezione V - Sentenza 1862 del 23 marzo 2012
Contratti d'Appalto -
Cautele a tutela della conservazione dei
plichi d’offerta e sulla prioritaria esigenza di valutare le offerte
tecniche prima delle offerte economiche
FATTO e
DIRITTO
Il Comune di Sciacca
indiceva un pubblico incanto per l’affidamento, con il sistema
dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del servizio di assistenza
domiciliare agli anziani per la durata di 13 mesi.
La commessa veniva
definitivamente aggiudicata alla società cooperativa a r.l. Agave (di
seguito, la AGAVE) con atto del 24 settembre 2003.
L’esito della gara formava
oggetto di impugnativa giurisdizionale dinanzi al T.A.R. per la Calabria
da parte della concorrente Cooperativa sociale Artemide (d’ora in poi,
la ARTEMIDE), seconda classificata.
La ricorrente deduceva
l’illegittimità della riammissione in gara della AGAVE, e comunque della
sua partecipazione alla procedura; l’erronea attribuzione dei punteggi
da parte della Commissione; molteplici profili di difetto di motivazione
ed ulteriori aspetti di illegittimità.
Resistevano
all’impugnativa il Comune di Sciacca e la controinteressata, che
eccepivano la tardività del gravame e in ogni caso la sua infondatezza.
Il Tribunale adìto, con la
sentenza n. 369/2011 in epigrafe, disattesa l’eccezione delle resistenti
di tardività del ricorso, e respinti i motivi primo (sulla riammissione
della AGAVE), quindicesimo e sedicesimo (sulla legittimità del seggio di
gara), accoglieva, invece, il terzo e quarto mezzo, con la precisazione
che ciò avrebbe determinato una caducazione integrale della gara (cfr.
pagg. 17 e 22 della decisione).
Avverso tale pronuncia
insorgeva il Comune di Sciacca proponendo il presente appello, con il
quale, sostanzialmente, insisteva sulla tardività del gravame di primo
grado, e tornava a contestare la sussistenza dei vizi riscontrati dal
TAR nella procedura.
Si costituiva in giudizio
anche in questo grado la AGAVE, che aderiva all’appello comunale ed
argomentava a suo sostegno.
La ARTEMIDE, dal canto
suo, proponeva una memoria con appello incidentale, con la quale, oltre
a confutare le censure e deduzioni avversarie, criticava a sua volta la
sentenza in epigrafe “nella parte in cui, non avendo preso in
considerazione gli altri motivi di ricorso, tutti fondati, proposti
dalla Cooperativa Artemide in primo grado, ha concluso nel ritenere
necessaria la riapertura della gara, invece di aggiudicare il servizio
alla seconda classificata” (pag. 12 dell’appello incidentale).
L’appellante incidentale
illustrava ulteriormente le proprie tesi con una successiva memoria.
Alla pubblica udienza del
24 febbraio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
L’appello principale e
quello incidentale vanno entrambi respinti.
1 La Sezione deve
preliminarmente confermare l’impugnata decisione nella parte in cui ha
respinto l’eccezione di tardività del ricorso di prime cure.
Occorre premettere che la
tempestività dell’impugnativa va verificata rispetto all’atto di
aggiudicazione definitiva, e non a quella provvisoria, la giurisprudenza
avendo abbondantemente chiarito che è la prima, e non la seconda, l’atto
da impugnare da parte di chi intenda contestare l’esito di una gara
(così C.d.S., V, 20 giugno 2011, n. 3671, che ribadisce che
l'aggiudicazione provvisoria di un appalto pubblico ha natura di atto
endoprocedimentale, ad effetti ancora instabili e del tutto interinali,
sicché è inidonea a produrre la definitiva lesione del soggetto non
risultato aggiudicatario, che si verifica solo con l'aggiudicazione
definitiva, la quale non costituisce atto meramente confermativo del
precedente ed è l’unico in riferimento al quale va verificata la
tempestività del ricorso; in termini cfr. anche, tra le più recenti, V,
11 gennaio 2011, n. 80; III, 11 marzo 2011, n. 1581; VI, 20 ottobre
2010, n. 7586).
Ciò posto, non si può non
convenire con il primo Giudice che gli originari resistenti abbiano
mancato di fornire la prova di un’antecedente piena conoscenza, da parte
della ricorrente, dell’atto da impugnare.
A tal fine non può valere
il contenuto dell’istanza di ARTEMIDE del 13 ottobre 2003, pur
posteriore al perfezionamento dell’aggiudicazione definitiva.
Se è vero, infatti, che in
tale occasione ARTEMIDE si riferiva alla AGAVE come alla
“aggiudicataria”, ed esprimeva l’intento di proporre ricorso avverso
l’esito della gara, la potenziale significatività di tali elementi
subito si dissolve ove si consideri che lo stesso intento impugnatorio
era stato già esternato in occasione della precedente istanza della
società del 16 settembre 2003, dunque assai prima che l’aggiudicazione
definitiva vedesse la luce, e che sin dall’11 settembre ARTEMIDE aveva
ricevuto comunicazione dell’atto di aggiudicazione provvisoria alla
controinteressata, sicché già solo per tale ragione ben poteva riferirsi
ad essa come ad un’ “aggiudicataria”.
Quanto alla dichiarazione,
che si legge nella stessa istanza del 13 ottobre 2003, di avere “già
preso visione di quanto richiesto in data 30/9/2003”, una lettura
completa dell’atto rende evidente che con tale espressione il presidente
di ARTEMIDE si riferiva alla “documentazione prodotta dalla
Cooperativa AGAVE per la partecipazione alla trattativa”, la cui
ostensione aveva formato appunto oggetto della prima richiesta.
Non vi è dunque alcun
elemento che autorizzi a ritenere che la ricorrente in quest’ultima
occasione avesse già acquisito conoscenza anche dell’atto di
aggiudicazione definitiva. E l’affermazione in tal senso svolta dalle
originarie resistenti, rivelandosi solo un’illazione priva di riscontri,
non fornisce alcun fondamento all’eccezione, che pertanto è stata
correttamente respinta.
2 Deve essere disattesa
anche la rinnovata eccezione di inammissibilità del ricorso di prime
cure che poggia sulla mancanza di contestazioni agli atti della
procedura da parte del rappresentante della ARTEMIDE entro il termine di
sette giorni dall’espletamento della gara, richiamando il disposto
dell’art. 16 della L.R. n. 7 del 2003 (rectius, dell’art. 18
della L.R. n. 7 del 2002, che la norma posteriore si è limitata ad
estendere alle forniture di beni e servizi).
La norma invocata si
limita, infatti, a ricollegare al decorso del suddetto termine in
carenza di contestazioni un effetto di “definitività” del verbale di
gara, effetto che, rilevando sul mero piano del perfezionamento formale
della verbalizzazione, nulla potrebbe evidentemente togliere al diritto
della concorrente in ipotesi lesa di avvalersi della garanzia della
tutela giurisdizionale nei termini stabiliti dalle generali norme
statali sull’accesso alla giurisdizione amministrativa.
3 Non meritano migliore
sorte i restanti motivi a base dell’appello principale, che sono
indirizzati a contestare l’intervenuto accoglimento, da parte del
T.A.R., del terzo e quarto motivo del ricorso di primo grado.
3a Rispetto alla prima di
tali censure nell’appello comunale ci si limita, in sostanza,
all’assunto per cui l’integrità degli atti di gara, stante la mancanza
di un’apposita disposizione dettata al riguardo dalla lex specialis,
avrebbe dovuto ritenersi sufficientemente garantita dalla custodia dei
plichi in locali inaccessibili al pubblico, in una con l’avvenuta
apposizione, sui plichi stessi, delle sigle dei componenti il seggio.
L’assunto è privo di
pregio.
L’orientamento dominante
della giurisprudenza sul tema, invero, può essere così sintetizzato.
L'obbligo di predisporre
adeguate cautele a tutela dell'integrità delle buste recanti le offerte
delle imprese partecipanti a gare pubbliche, in mancanza di apposita
previsione da parte del legislatore, discende necessariamente dalla
stessa ratio che sorregge e giustifica il ricorso alla gara
pubblica per l'individuazione del contraente nei contratti delle
Pubbliche amministrazioni, in quanto l'integrità dei plichi contenenti
le offerte dei partecipanti all'incanto è uno degli elementi sintomatici
della segretezza delle offerte e della par condicio di tutti i
concorrenti, assicurando il rispetto dei principi di buon andamento ed
imparzialità consacrati dall'art. 97 Cost., ai quali deve uniformarsi
l'azione amministrativa (cfr. ad es. C.d.S., V, 29 dicembre 2009, n.
8817).
La commissione di gara,
quindi, deve predisporre specifiche cautele a tutela dell'integrità e
della conservazione delle buste contenenti le offerte, di cui deve farsi
menzione nel verbale di gara: e tale tutela deve essere assicurata in
astratto e comunque, a prescindere, cioè, dalla circostanza che sia
stata poi dimostrata una effettiva manomissione dei plichi.
Né la relativa
illegittimità potrebbe essere sanata dalla dichiarazione postuma del
presidente e del segretario della commissione sull’avvenuta
conservazione della documentazione in cassaforte, atteso che tale
dichiarazione non varrebbe a sostituire le funzioni del verbale di gara,
che è sottoscritto dai componenti della commissione (C.d.S., V, 21
maggio 2010, n. 3203).
Il Tribunale, facendo
dunque applicazione della giurisprudenza prevalente, ha posto in rilievo
come dagli atti di causa non emergesse l’avvenuta applicazione di alcuna
cautela per proteggere da manomissioni l’integrità dei plichi, atteso
l’assoluto silenzio dei verbali sul punto e la mancanza di altre
risultanze che in tal senso deponessero (la lettura degli atti rivela
anche l’assenza di riscontri a base dell’affermazione della AGAVE -pag.
4 della sua memoria- per cui all’atto della riapertura della gara il
Presidente del seggio avrebbe fatto constare l’integrità dei plichi ai
rappresentanti delle ditte).
Si deve inoltre convenire
con l’appellante incidentale che nella concreta vicenda l’esigenza di
salvaguardia dei plichi era particolarmente spiccata, dal momento che
l’andamento delle attività del seggio di gara aveva manifestato
complessivamente le seguenti anomalie : nella seduta del 25 agosto 2003
erano state aperte le offerte economiche di due sole concorrenti,
ARTEMIDE ed Halicus, con verbalizzazione dei loro contenuti; il 2
settembre si era fatto lo stesso per gli altri concorrenti riammessi; e
soltanto con verbale pubblicato a partire dall’8 settembre erano stati
espressi i punteggi attribuiti alle offerte tecniche.
Ora, poiché le anomalie
indicate (e in particolare quella dell’inversione dell’ordine di
valutazione tra offerta tecnica ed economica, di cui meglio si dirà nel
prossimo paragrafo) davano corpo ad uno specifico pericolo di
manomissioni, l’operato dell’Amministrazione risulterebbe censurabile
anche alla luce del più elastico orientamento giurisprudenziale (V, 22
febbraio 2011, n. 1094) secondo il quale per ritenere invalide le
operazioni di gara non sarebbe sufficiente un astratto rischio di
manomissione, ma occorrerebbe che sia stato fornito un principio di
prova della eventuale manomissione dei plichi o quanto meno di un
concreto pericolo di manomissione.
Il Tribunale ha osservato
anche con chiarezza (pag. 19) come l’Amministrazione, pur affermando in
giudizio di avere provveduto ad adottare determinate misure di cautela,
di tanto non aveva fornito alcuna prova. E proprio il dato
dell’effettiva applicazione di cautele adeguate formava oggetto di
contestazione da parte dell’originaria ricorrente, e per conseguenza,
nel silenzio del verbale, costituiva materia di onus probandi da
parte dell’Amministrazione.
In questa sede tale onere
si conferma inadempiuto. L’assunto del Comune appellante, con il dare
per pacifico quanto (l’applicazione di sufficienti cautele) non è mai
stato in realtà dimostrato da parte sua, non vale, pertanto, a far
emergere alcun vizio nel ragionamento a base della decisione in
disamina, la quale va quindi confermata anche sotto questo profilo.
3b Con riferimento
all’avvenuto accoglimento da parte del primo Giudice del quarto motivo
l’appellante obietta, invece, che l’aggiudicazione del servizio di cui
si tratta è avvenuta in applicazione dell’art. 23, lett. b), del d.lgs.
n. 157/1995, che prescrive semplicemente di seguire criteri secondo un
ordine decrescente d’importanza, senza imporre il rispetto dell’ordine
procedurale indicato dal TAR, che riguarderebbe solo gli appalti
pubblici di lavori ma non anche quelli di servizi.
L’argomento è privo di
pregio.
Il Tribunale, sul punto,
ha seguito linearmente il consolidato indirizzo giurisprudenziale
secondo il quale, nelle procedure indette per l'aggiudicazione di
appalti con la Pubblica Amministrazione sulla base del criterio
dell'offerta economicamente più vantaggiosa, la commissione di gara è
tenuta a valutare prima i profili tecnici delle offerte, e solo
successivamente quelli economici. E’ irrilevante che il bando non
richiami una specifica disposizione di legge per stabilire quale delle
due offerte debba essere esaminata con priorità sull'altra, atteso che
l'esame delle offerte economiche prima di quelle tecniche costituisce
una palese violazione dei principi inderogabili di trasparenza e di
imparzialità che devono presiedere alle gare pubbliche, dal momento la
conoscenza preventiva dell'offerta economica consente di modulare il
giudizio sull'offerta tecnica in modo non conforme alla parità di
trattamento dei concorrenti, e tale possibilità, ancorché remota ed
eventuale, per il solo fatto di esistere inficia la regolarità della
procedura. (cfr., di recente, C.d.S., V, 25 maggio 2009, n. 3217; 8
settembre 2010, n. 6509; 21 marzo 2011, n. 1734).
Il principio appena detto,
giusta l’ampia valenza del suo fondamento giustificativo, ha una portata
generale. Per quanto già desumibile dall’art. 91 d.P.R. n. 554/1999,
esso si applica incontestabilmente anche alla materia degli appalti
pubblici di servizi (così, ad es., V, 2 ottobre 2006, n. 5735, proprio
in tema di servizi: “…è fermo e pacifico l'orientamento secondo cui
costituisce ordinario quanto inderogabile canone operativo, nelle
pubbliche gare, necessario a garantirne la trasparenza, la massima
obiettività nell'assegnazione dei punteggi e, in definitiva, la par
condicio tra i concorrenti, quello per cui l'assegnazione dei punteggi
tecnici - tanto più quando siano frutto di apprezzamento tecnico
ampiamente discrezionale, caratterizzato da una molteplicità di fattori
di valutazione differenziati - deve precedere la conoscenza delle
offerte economiche”).
Né può sostenersi che
l’art. 23 d.lgs. n. 157 del 17 marzo 1995 dettasse una disciplina
incompatibile con l’osservanza del canone esposto.
L’articolo, invero,
stabiliva semplicemente quanto segue :
“1
… gli appalti pubblici di servizi di cui al presente decreto sono
aggiudicati in base a uno dei seguenti criteri:
a) unicamente al prezzo
più basso; b) a favore dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
valutabile in base ad elementi diversi, variabili secondo il contratto
in questione, quali, ad esempio, il merito tecnico, la qualità, le
caratteristiche estetiche e funzionali, il servizio successivo alla
vendita, l'assistenza tecnica, il termine di consegna o esecuzione, il
prezzo.
2. Nel caso di
aggiudicazione ai sensi del comma 1, lettera b), le amministrazioni
aggiudicatrici devono menzionare, nel capitolato d'oneri o nel bando di
gara, i criteri di aggiudicazione di cui si prevede l'applicazione,
possibilmente nell'ordine decrescente d'importanza.”
3c Viene asserito, infine,
che la preventiva conoscenza dell’offerta economica di ARTEMIDE, essendo
questa particolarmente vantaggiosa per l’Amministrazione, avrebbe dovuto
giovare alla sua proponente, piuttosto che pregiudicarla.
L’argomentazione è però
con ogni evidenza arbitraria. Non è pertinente chiedersi quale dei
concorrenti possa presumibilmente trarre (più) vantaggio da una
violazione del canone che impone di valutare prima i profili tecnici
delle offerte e solo successivamente quelli economici. Semmai, si tratta
di trarre le conseguenze dell’illegittimità che discende dalla
violazione dello stesso canone.
3d Per tutto quanto
precede, anche questo mezzo deve essere quindi rigettato.
4 Una volta assodata
l’infondatezza dell’appello principale del Comune di Sciacca, si può
dunque procedere al vaglio di quello incidentale.
4a ARTEMIDE, nel
richiamare il primo motivo del proprio originario ricorso, espressamente
disatteso dal Tribunale, ribadisce l’assunto che l’avversaria non
avrebbe potuto essere riammessa alla procedura.
La doglianza è stata però
rettamente giudicata infondata
La sentenza in epigrafe
illustra difatti in modo nitido la contraddittorietà delle disposizioni
della lexspecialis regolanti il contenuto della busta “B”.
Queste, mentre per un verso prescrivevano che la busta non dovesse
contenere, oltre all’offerta economica, altri documenti, nello stesso
tempo, però, imponevano di dimostrare, “mediante idonea
documentazione da allegare”, il conferimento al legale
rappresentante della facoltà di adempiere “alle incombenze relative”.
Da qui la condivisibile
considerazione del primo Giudice che la AGAPE, al cospetto di una simile
ambiguità, si era comprensibilmente orientata a presentare una busta
recante la sola offerta economica, regolarmente siglata e sigillata,
includendola, però, in un più ampio plico recante l’ulteriore “idonea
documentazione da allegare”, concernente il conferimento al legale
rappresentante della facoltà di adempiere “alle incombenze relative”.
E altrettanto
condivisibilmente il Tribunale, sull’osservazione che le ambiguità della
legge di gara non potevano essere scaricate dalla Stazione appaltante
sui concorrenti, ha concluso per la piena legittimità della riammissione
alla procedura della AGAVE, che nella propria conforme istanza aveva
appunto posto in evidenza la contraddizione testé illustrata della
lex specialis.
In questa sede
l’appellante incidentale ripropone in pratica sic et simpliciter
la propria originaria censura. Senza farsi carico della pur evidente
ambiguità delle indicazioni della legge di gara, essa oppone
apoditticamente che il testo della medesima sarebbe stato, invece, di
tenore inequivocabile.
Va poi osservato, d’altra
parte, che la circostanza che il plico racchiudente la busta con
l’offerta economica non fosse stato a sua volta sigillato e
controfirmato non violava alcuna prescrizione della legge di gara, che
la sigillatura prescriveva, per quanto qui interessa, per la sola busta
recante l’offerta.
Il presente mezzo deve
quindi essere senz’altro respinto.
4b La stessa conclusione
vale per la censura immediatamente successiva, intesa a lamentare il
carattere asseritamente perplesso ed immotivato della riammissione alla
gara della AGAVE. Dall’esame degli atti risulta, infatti, con
sufficiente evidenza che l’Amministrazione, posta dalle motivate istanze
di tale concorrente dinanzi alle contraddizioni della propria
disciplina, con nota del 28 agosto del 2003 era addivenuta, proprio
sulla scorta delle ragioni che le erano state così rappresentate, alla
decisione di procedere al “riesame globale di tutta la documentazione”.
E indi la Commissione, nella seduta del 2 settembre 2003, proprio per le
stesse trasparenti ragioni, ribadita l’accoglibilità di principio delle
prospettazioni della AGAVE, e verificata in concreto la sostanziale
regolarità della sua documentazione, ne aveva conclusivamente disposto
la riammissione.
5 Ugualmente spedito può
essere l’esame del terzo, quarto e quinto motivo di appello incidentale,
con i quali sono stati reiterati degli ulteriori argomenti critici sulla
partecipazione dell’aggiudicataria alla gara.
Con tali censure ci si
duole, in sintesi: che l’avversaria su alcune dichiarazioni di gara
avrebbe apposto solo una sigla illegibile; che la medesima, per
adempiere alla prescrizione di dimostrare “mediante idonea
documentazione” il conferimento al proprio legale rappresentante
della facoltà di adempiere “alle incombenze relative”, aveva prodotto la
mera fotocopia di una delibera del proprio consiglio di amministrazione,
in luogo di una sua copia regolarmente autenticata; che, infine,
l’aggiudicazione era stata conferita alla concorrente benché questa non
avesse fornito alla Stazione appaltante idonee giustificazioni in merito
alla effettiva sostenibilità della propria offerta economica.
In contrario è tuttavia
agevole far notare, nell’ordine, quanto segue.
Non è indispensabile che
una sottoscrizione o sigla sia in concreto leggibile, sempre che sia
sufficientemente sicura la sua riferibilità soggettiva : dato, questo,
che nella specie può essere affermato -non essendo stati forniti
elementi deponenti in senso contrario- rispetto alla persona del
presidente p.t. della AGAVE, alle cui altre sottoscrizioni quella
apposta risulta corrispondere.
Il bando, inoltre, nel
richiedere “idonea documentazione” ai fini sopra indicati, non
esigeva, tanto meno a pena di esclusione, il rigore formale
dell’autenticazione delle copie prodotte. Né la circostanza che la
delibera versata risalisse a tre anni prima, e neppure la dedotta
incertezza sui precedenti incarichi societari ricoperti dal dott.
Sutera, possedevano attitudine alcuna a viziare la partecipazione alla
gara da parte della AGAVE.
Quanto, infine, alle
giustificazioni sulla sostenibilità dell’offerta economica della
medesima, sono principi acquisiti in giurisprudenza, per un verso,
quello che nelle procedure per l'aggiudicazione degli appalti pubblici
l'esame delle giustificazioni sulla non anomalia dell'offerta è vicenda
che rientra nella discrezionalità tecnica dell'Amministrazione, per cui
soltanto in caso di macroscopiche illogicità, vale a dire di errori di
valutazione evidenti e gravi, oppure di valutazioni abnormi o affette da
errori di fatto, il giudice della legittimità può intervenire, restando
per il resto la capacità di giudizio confinata entro i limiti
dell'apprezzamento tecnico proprio di tale tipo di discrezionalità
(C.d.S., V, 18 agosto 2010, n. 5848; 23 novembre 2010, n. 8148; 22
febbraio 2011, n. 1090); per altro verso, quello per cui il giudizio di
anomalia postula una motivazione rigorosa ed analitica ove si concluda
in senso sfavorevole all’offerente, mentre non si richiede, di contro,
una motivazione analitica nell’ipotesi di esito positivo della verifica,
nel qual caso è sufficiente motivare perrelationem con
riferimento alle giustificazioni presentate dal concorrente (sempre che
a loro volta adeguate); in questa seconda evenienza, di conseguenza,
incombe su chi contesti l'aggiudicazione l'onere di individuare gli
specifici elementi da cui il Giudice possa evincere che la valutazione
tecnico-discrezionale dell'Amministrazione sia stata manifestamente
irragionevole, ovvero basata su fatti erronei o travisati (VI, 3
novembre 2010, n. 7759; V, 22 febbraio 2011, n. 1090; 23 novembre 2010,
n. 8148).
Ciò posto, la Sezione
osserva che la commessa oggetto di controversia riguardava un servizio,
quello dell’assistenza domiciliare agli anziani, dalla fisionomia
semplice, in cui un elemento di indubbio rilievo era costituito dal
fattore dell’organizzazione locale eventualmente già disponibile per
l’assicurazione della prestazione. Da qui la pertinenza e consistenza
della giustificazione fornita dalla AGAVE, che aveva sottolineato
all’Amministrazione di poter mettere a disposizione per la bisogna “un
efficiente ufficio del personale che è già attivo per la gestione di
altri servizi, in particolare della Casa di riposo di nostra proprietà,
che la coop. svolge regolarmente a prescindere dal servizio aggiudicato”.
D’altra parte ARTEMIDE,
che aveva proposto in gara un ribasso ancora più marcato di quello
avversario, non ha offerto puntuali elementi dai quali si possa evincere
che la valutazione dell'Amministrazione sia stata manifestamente
irragionevole, ovvero inficiata da errori o travisamenti.
Anche questo motivo deve
allora essere disatteso.
6 Una volta confermata la
legittimità della partecipazione di AGAVE alla gara, vanno fatti i conti
con la doglianza di fondo residua dell’appellante incidentale, che
critica la decisione del primo Giudice in quanto questo, “non avendo
preso in considerazione gli altri motivi di ricorso … proposti dalla
Cooperativa Artemide in primo grado, ha concluso nel ritenere necessaria
la riapertura della gara, invece di aggiudicare il servizio alla seconda
classificata”.
Anche questa critica è
destituita di fondamento.
ARTEMIDE, per sottrarre la
procedura all’esito di caducazione integrale cui era stata destinata dal
primo Giudice, aveva l’onere argomentativo, alternativamente : di
addebitare al Tribunale di avere violato le regole sull’ordine logico da
seguire nella trattazione delle censure di legittimità; oppure di negare
che le doglianze accolte dallo stesso TAR potessero condurre ad un
simile effetto di invalidazione totale della gara (aggredendo dunque in
sede critica, segnatamente, il cruciale passaggio racchiuso nella
sentenza appellata alle pagg. 16-17).
Da parte dell’appellante
incidentale non è stata però esperita. né l’una né l’altra operazione.
Di conseguenza, posto che
la Sezione è già pervenuta (supra, paragr. 3a e 3b) alla conferma
dell’accoglimento, da parte del Tribunale, degli originari motivi terzo
e quarto, con l’effetto, loro connaturato, dell’invalidazione integrale
della procedura, devono ritenersi logicamente superate ed assorbite le
rimanenti doglianze di ARTEMIDE, intese semplicemente a postergare la
posizione di graduatoria della concorrente, oppure potenzialmente
idonee, anch’esse, a determinare un’invalidazione totale della procedura
(senza però aggiungere alcunché alle conseguenze cui è già pervenuto il
primo Giudice con l’accoglimento degli originari motivi terzo e quarto).
La deduzione dei motivi
che residuano, già assorbiti dal Tribunale, si rivela, pertanto, carente
di ogni interesse.
7 In conclusione, tanto
l’appello principale quanto quello incidentale devono essere respinti.
Le spese del giudizio,
stante l’esito della lite, possono essere equitativamente compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando
sulla controversia in epigrafe :
- respinge l’appello
principale proposto dal Comune di Sciacca;
- respinge l’appello
incidentale proposto dalla Cooperativa sociale Artemide.
Fonte:
Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa
|