Consiglio di
stato - Sezione V - Decisione n. 2257 del 18 aprile 2012
Procedimento di revoca
dell’aggiudicazione precedentemente disposta a proprio favore e della
conseguente lesione dei diritti partecipativi, nonché nelle
illegittimità consumatesi sotto vari profili nella verifica
dell’anomalia dell’offerta della controinteressata...
FATTO
Con la sentenza in
epigrafe il Tar del Lazio ha respinto il ricorso, integrato da motivi
aggiunti, con i quali la Igeco s.r.l. ha impugnato gli atti della
procedura di affidamento indetta dalla Provincia di Roma per
l’adeguamento delle condizioni di sicurezza della Via Ardeatina dal Km.
14,500 al Km 27,00 – Lotto II e III dal Km. 20,00 al Km 23,500 e 4
rotatorie, con un importo a base d’asta di € 5.810.000,00, da
aggiudicarsi con il criterio di aggiudicazione quello massimo ribasso
mediante offerta a prezzi unitari, nel quale si collocava al secondo
posto, con un ribasso del 48,3457%, mentre risultava prima classificato
l’RTI guidato dalla Cesa s.r.l., che aveva offerto un ribasso del
52,4776%, giudicato congruo dalla stazione appaltante.
Nel ricorso erano dedotte
censure:
- di violazione di legge (artt.
7 e 10 della L. 241/90) e dei principi del giusto procedimento, nonché
eccesso di potere in relazione alla revoca dell’aggiudicazione a proprio
favore, disposta in esecuzione della sentenza di questo Consiglio di
Stato n. 5184 del 4/8/2010, di annullamento dell’esclusione dell’RTI
controinteressato;
- di violazione degli artt.
86, 87 e 88 del d.lgs. 163/06 ed eccesso di potere per irragionevolezza
con riguardo alla verifica di anomalia dell’offerta di quest’ultimo.
Nei motivi aggiunti la
ricorrente impugnava il contratto di appalto stipulato con il RTI Cesa
il 18/5/2011, lamentando la violazione dello stand still previsto
dall’art. 11, commi 10 e 10 ter, del d.lgs. n. 163/2006.
Formulava inoltre domanda
di reintegrazione in forma specifica ed in subordine per equivalente.
Il Tar adito respingeva
tutte le domande osservando che:
- la revoca costituiva
atto vincolato in conseguenza del giudicato sull’illegittimità
dell’esclusione dell’RTI Cesa;
- la verifica sulla
congruità dell’offerta presentata da quest’ultima si era snodata
attraverso le analisi preventive dei prezzi unitari contenute
nell’offerta economica e nei successivi chiarimenti e documentazione
giustificativa resi in sede di sub-procedimento ex art. 88 d.lgs. n.
163/06, in modo complessivamente analitico ed approfondito, tale da
escludere gli elementi inattendibilità dedotti dalla ricorrente;
- la violazione dello
stand still in assenza dell’annullamento dell’aggiudicazione non può
condurre alla dichiarazione di inefficacia del contratto.
Appella la sentenza la
Igeco riproponendo le censure svolte in primo grado ivi compresa le
domande di reintegrazione in forma specifica o per equivalente.
Resistono al gravame la
Provincia di Roma e la Cesa s.r.l., anche quale mandataria del RTI
aggiudicatario, chiedendo la conferma della sentenza.
All’udienza del 20/3/2012
la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Giunge alla decisione di
questo Collegio l’impugnativa svolta dalla Igeco s.r.l., seconda
classificata nella procedura di affidamento in appalto del lavori di
messa in sicurezza della Via Ardeatina, lotti II e III, già oggetto di
separato giudizio con riguardo all’esclusione del RTI con capofila Cesa
s.r.l., odierna appellata, poi risultato aggiudicatario in luogo della
Igeco grazie al giudicato di cui alla sentenza di questa Sezione n.
5184/10.
Nell’appello sono
riproposti i motivi svolti nel ricorso di primo grado.
In particolare, la Igeco
insiste nella mancanza di comunicazione dell’avvio del procedimento di
revoca dell’aggiudicazione precedentemente disposta a proprio favore e
della conseguente lesione dei suoi diritti partecipativi, nonché nelle
illegittimità consumatesi sotto vari profili nella verifica
dell’anomalia dell’offerta della controinteressata.
Con riguardo al primo
motivo si stigmatizza la contraddittorietà del comportamento della
stazione appaltante per avere, con la revoca dell’aggiudicazione in
proprio favore, contenente anche l’avvio del sub-procedimento di
verifica dell’anomalia dell’offerta del RTI Cesa (determinazione n. 7459
del 26/10/2010), leso l’affidamento maturato successivamente alla
consegna dei lavori, assumendo che in ragione di esso la stazione
appaltante avrebbe dovuto limitarsi, in un’ottica di graduazione degli
effetti conformativi del giudicato favorevole alla predetta parte
controinteressata, sospendere l’aggiudicazione a proprio favore e
riammettere con riserva quest’ultima.
Il motivo è infondato.
Esattamente il Tar ha
infatti osservato che in presenza del giudicato di annullamento
dell’esclusione del RTI Cesa, di cui alla sentenza di questa Sezione n.
5184/10, l’amministrazione provinciale era vincolata a riaprire la
procedura di valutazione dell’offerta della medesima, sia a revocare
l’aggiudicazione nel frattempo disposta a favore dell’odierna
appellante.
Il ragionamento del
Giudice di primo grado è corretto perché quest’ultimo atto portava alle
estreme conseguenze la lesione patita dall’RTI Cesa a causa
dell’illegittimità procedimentale consumatasi in suo danno, sicché la
sua perdurante efficacia avrebbe vanificato il giudicato favorevole
conseguito sull’esclusione dell’offerta dallo stesso presentata, e
segnatamente a causa della quale detta aggiudicazione era stata emanata.
In altri termini, la
revoca si giustifica pienamente in ragione del rapporto di
consequenzialità tra la precedente esclusione in danno della odierna
controinteressa e l’aggiudicazione revocata, visto il superiore ribasso
presentato dalla prima rispetto a quella della Igeco.
Si può allora pure
sostenere, come fa quest’ultima, stante comunque la necessità di
esperire la previa verifica di anomalia dell’offerta in tal modo
riammessa, che anziché procedere con la revoca si sarebbe potuto prima
sospendere l’aggiudicazione, in attesa della definizione del
sub-procedimento ex art. 88 d.lgs. n. 163/06.
Tuttavia, in disparte il
fatto che la stessa Igeco non enuclea da ciò alcuna lesione sostanziale
dei propri interessi, l’asserzione in esame non consente di condurre ad
un accertamento di illegittimità della revoca, una volta chiarito che
essa traeva la propria base fondante nell’effetto conformativo
discendente dalla sentenza di questa Sezione n. 5184/10.
Il motivo si rivela
infondato anche in base ad una diversa considerazione, che trae spunto
dal rilievo della carente deduzione dell’appellante in ordine alla
concreta sussistenza di una vulnerazione di un proprio interesse
sostanziale.
Come già osservato da
questa Sezione (sent. n. 29/4/2009, n. 2723), anche all’indomani delle
modifiche introdotte dalla l. n. 15/05 alla legge sul procedimento
amministrativo n. 241/90, a fronte dell’adozione di un provvedimento
vincolato la comunicazione dell’avvio del relativo procedimento può
essere legittimamente omessa ai sensi dell’art. 21-octies, comma
2, secondo periodo, della legge da ultimo menzionata.
Tale disposizione deve
infatti essere interpretata nel senso di evitare che l’amministrazione
sia onerata in giudizio di una prova diabolica, e cioè della
dimostrazione che il provvedimento non avrebbe potuto avere contenuto
diverso in relazione a tutti i possibili contenuti ipotizzabili, per cui
si deve comunque porre previamente a carico del privato l’onere di
indicare, quanto meno in termini di allegazione processuale, quali
elementi conoscitivi avrebbe introdotto nel procedimento, se previamente
comunicatogli, onde indirizzare l’amministrazione verso una decisione
diversa da quella assunta.
Scendendo al secondo
motivo d’appello, l’Igeco deduce sotto numerosi profili le incongruenze
dell’offerta di controparte, non rilevate nel procedimento di verifica
ex art. 88 d.lgs. n. 163/06 avviato dalla stazione appaltante
successivamente alla revoca dell’aggiudicazione in proprio favore, ed in
particolare:
a) per la fuorviante
indicazione dei prezzi unitari e l’errato impiego delle metodologie di
calcolo dell’utile;
b) per la mancata
indicazione del numero e delle qualifiche degli operai, con conseguente
incompletezza dei dati sul costo della manodopera;
c) per l’incongruità dei
costi per i noli e le forniture.
Nei motivi aggiunti
proposti successivamente al deposito della motivazione della sentenza di
primo grado la Igeco critica il ragionamento del Tar per avere da un
lato rilevato l’irregolare compilazione delle schede relative ai prezzi
unitari e dall’altro lato reputato tale irregolarità superata dalle
giustificazioni fornite in sede di contraddittorio con la stazione
appaltante.
Con riguardo ai profili di
natura più strettamente procedimentale, l’appellante sostiene che la
verifica condotta dalla stazione appaltante si sarebbe limitata alla
verifica di un numero limitato di prezzi unitari, corrispondenti
all’esiguo valore 10% sull’offerta dell’RTI controinteressato nel suo
complesso e che illogicamente sono state reputate sufficienti
giustificazioni sui mezzi a disposizione non suffragate da alcuna
documentazione.
Si censura inoltre
l’omessa pronuncia da parte del Tar sul motivo nel quale si era dedotto
l’illegittimo svolgimento del procedimento di verifica, in quanto
caratterizzato dalla convocazione dei rappresentati dell’RTI poi
risultato aggiudicatario anziché dalla richiesta di chiarimenti ai sensi
dell’art. 88, comma 3, d.lgs. n. 163/06.
Nessuno dei profili in cui
si articola il motivo coglie tuttavia nel segno.
Con riguardo alla censura
da ultimo richiamata, è sufficiente osservare che la convocazione
dell’offerente costituisce una facoltà istruttoria di cui la stazione
appaltante può avvalersi ai sensi del comma 4 della disposizione sopra
menzionata del codice dei contratti pubblici in sede di verifica
dell’anomalia dell’offerta prima di procedere all’esclusione
dell’offerta.
Nel caso di specie il
responsabile unico del procedimento, una volta ritenute insufficienti le
giustificazioni presentate in via preventiva nell’ambito dell’offerta,
ha chiesto all’impresa documentazione giustificativa integrativa. Dopo
il riscontro da parte dell’RTI controinteressato a quest’ultima
richiesta, è stata disposta la convocazione dell’impresa mandataria
nella seduta del giorno 15/12/2010, all’esito della quale, valutati gli
ulteriori giustificativi, la Commissione ha formulato il giudizio di
congruità dell’offerta.
Risultano dunque
pienamente rispettate le prescrizioni imposte dai commi 3 e 4 dell’art.
88 più volte richiamato.
Anche il sub-motivo
indirizzato avverso l’asserita insufficienza del procedimento di
verifica si rivela infondato.
Con statuizione non
censurata in modo specifico ai sensi dell’art. 101 cod. proc. amm. il
Giudice di primo grado ha infatti rilevato che la verifica era stata
condotta su una molteplicità di voci che coprono – come dimostrato dal
controinteressato – oltre il 40% dell’importo dell’appalto.
Per quanto riguarda gli
altri profili, di tipo sostanziale, indirizzati alla congruità
dell’offerta di controparte, occorre innanzitutto richiamare il
consolidato indirizzo di questo Consiglio di Stato a mente del quale le
valutazioni della commissione di gara in sede di verifica dell’anomalia
dell’offerta si sostanziano in un’attività amministrativa di giudizio di
carattere essenzialmente tecnico, finalizzata alla ricerca non già di
specifiche e singole inesattezze dell’offerta, bensì ad accertare se
questa sia attendibile o inattendibile nel suo complesso e, quindi, se
dia o meno serio affidamento circa la corretta esecuzione dell’appalto
(ex multis: Sez. III, 14/2/2012, n. 210; Sez V, 8/9/2010, n. 6495;
18/3/2010, n. 1589; sez. VI, 21/5/2009, n. 3146).
A fronte di tale
manifestazione di discrezionalità tecnica, il sindacato giurisdizionale
è conseguentemente ristretto entro i limiti, propri delle forme del
controllo di tipo estrinseco, delle figure sintomatiche dell’eccesso di
potere per sviamento, travisamento dei fatti, arbitrarietà, illogicità
manifesta della motivazione.
In conseguenza di un
simile contrapposto atteggiarsi della sfera di apprezzamento dei fatti
riservata all’amministrazione da un lato e del potere del giudice di
ripercorrere l’iter decisionale della prima dall’altro, l’onere
di allegazione e prova a carico di colui che deduce i suddetti profili
di illegittimità - tanto più nel caso in cui la stazione appaltante
abbia proceduto ad un’analitica disamina degli elementi dell’offerta,
nel contraddittorio con l’interessata, pervenendo ad un giudizio finale
positivo sulla sua congruità - non può ritenersi assolto attraverso una
versione alternativa di parte, occorrendo invece enucleare specifici
punti in cui il positivo riscontro sull’attendibilità dell’offerta si
riveli, nel suo complesso, logicamente deficitario ed incongruamente
motivato (sez. V, 12/3/2012, n. 1369).
Il Tar ha fatto corretta
applicazione dei principi di diritto ora ricordati, valorizzando le
circostanze di fatto risultanti dalla documentazione versata in atti,
dalla quale emerge che la verifica di anomalia da parte della
Commissione di gara si era svolta attraverso un’istruttoria adeguata del
RUP, nel contraddittorio con l’RTI poi risultato aggiudicatario, il
quale aveva fornito giustificazioni idonee a supportare il giudizio di
congruo, in particolare alla luce dei chiarimenti resi a proposito dei
mezzi e alla manodopera a sua disposizione;
Per rispondere alle
censure formulate con il motivo d’appello in esame alla luce del
richiamato indirizzo giurisprudenziale è d’uopo soggiungere rispetto al
percorso motivazionale del Giudice di primo grado che:
- con riguardo alla
censura sub a), se da un lato è vero che le analisi dei costi fornite
nelle giustificazioni preventive dall’RTI Cesa presentano errori di
calcolo, così come dedotto dall’odierna appellante, è del pari vero che,
come già chiarito dal Giudice di primo grado, queste sono state superate
nell’ambito del procedimento di verifica condotto ex post, sulla
base dei puntuali chiarimenti offerti dalla controinteressata nel
contraddittorio con la stazione appaltante;
- pertanto,
l’approfondimento istruttorio debitamente esperito dalla stazione
appaltante comporta il superamento delle iniziali incongruenze,
dovendosi apprezzare il giudizio della Commissione di gara sulla
congruità dell’offerta nella sua globalità, senza che questo sia
scalfito dalle censure svolte dalla Igeco, in quanto indirizzate in
parte qua esclusivamente alla fase prodromica delle giustificazioni
preventive;
- per quanto concerne la
censura sub b), il Tar ha correttamente rilevato che prezzo di € 24,00
orari esposto dalla controparte per la propria manodopera è in linea con
le tabelle ministeriali, nelle quali sono peraltro previsti valori medi
calcolati su basi statistiche e dunque non riferibili alla singola
realtà aziendale, salvo il rispetto dei minimi salariali inderogabili,
nel caso di specie nemmeno posto in dubbio dall’odierna appellante;
- analoghe considerazioni
possono essere svolte in relazione alla censura sub c), essendo palese
in questo caso l’opinabilità del costo per i noli proposto in
alternativa dalla Igeco rispetto a quelli indicati dall’aggiudicataria
in sede di giustificazioni dell’offerta, senza dunque che possa in alcun
modo ritenersi inficiata l’attendibilità di quest’ultima.
Ne consegue il rigetto
dell’appello e la conseguente conferma della sentenza di primo grado.
In punto spese, liquidate
in dispositivo, non si ravvisano ragioni per derogare al criterio della
soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Fonte:
Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa
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