Consiglio di
stato - Sezione VI - Decisione n. 2657 del 8 maggio 2012
Collegamento sostanziale con altre imprese
partecipanti alla stessa procedura, e i provvedimenti consequenziali di
escussione della garanzia fideiussoria, di segnalazione all’Autorità per
la vigilanza sui lavori pubblici
FATTO e
DIRITTO
1. Con la sentenza in
epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio respingeva
(a spese compensate) il ricorso n. 1979 del 2006, proposto dalla
CO.GE.MI. s.r.l. avverso
(i) il bando n. 91/2005
pubblicato il 26 ottobre 2005, con il quale il Comune di Milano aveva
indetto la gara d’appalto per l’affidamento dei lavori di sistemazione
del nodo stradale di via Cascina Gobba, 1° variante Olgettina, lotto 1,
al prezzo base d’asta di euro 4.823.944,98, secondo il criterio del
massimo ribasso,
(ii) l’esclusione della
ricorrente, disposta dalla commissione di gara nella seduta del 28
dicembre 2005 sul presupposto di un collegamento sostanziale con altre
imprese partecipanti alla stessa procedura, e
(iii) i provvedimenti
consequenziali di escussione della garanzia fideiussoria, di
segnalazione all’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (oggi,
Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e
forniture-Avpc) e di annotazione del provvedimento di esclusione nel
casellario informatico delle imprese ai sensi dell’art. 27, comma 2,
d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34.
L’adito Tribunale
amministrativo regionale ravvisava la sussistenza degli indici
rilevatori di un collegamento sostanziale tra la società ricorrente e la
Costruzioni Miotti s.p.a., pure partecipante alla gara, comportante
l’imputabilità delle relative offerte ad un unico centro decisionale, e
riteneva di conseguenza legittima l’esclusione disposta dalla stazione
appaltante.
2. Avverso tale sentenza
interponeva appello la ricorrente soccombente, deducendo i motivi come
di seguito testualmente rubricati:
a) “Inesistenza di
‘indici rivelatori del collegamento sostanziale’. Carenza di
motivazione; travisamento; immotivato contrasto con precedenti del
medesimo Tribunale”;
b) “Irrilevanza del
‘collegamento sostanziale’ ai fini della partecipazione alle gare.
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10, comma 1-bis, legge n.
109/1994 e succ. mod. e dell’art. 2359 c.c.; eccesso di potere per
violazione dei principi di legalità, di libertà di iniziativa economica
e di massimo accesso alle gare; eccesso di potere per sviamento”;
c) “Inesistenza dei
presupposti di legge per l’iscrizione dell’annotazione nel casellario
informatico. Violazione dell’art. 27 D.P.R. 25.1.2000 n. 34 e dell’art.
75 D.P.R. 21.12.1999 n. 554. Eccesso di potere per travisamento e
sviamento”;
d) “Illegittimità del
Patto di Integrità ed insussistenza dei presupposti per l’escussione
della cauzione provvisoria. Violazione dell’art. 1 L. n. 689/1981 e
degli artt. 10, comma 1-quater e 30 L. n. 109/1994. Eccesso di potere
per travisamento, sviamento, carenza di motivazione. Immotivato
contrasto con precedenti del medesimo Tribunale”.
L’appellante chiedeva
dunque, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso
in primo grado e l’annullamento dei gravati provvedimenti.
3. Costituendosi in
giudizio, l’appellato Comune di Milano contestava l’appello e ne
chiedeva la reiezione con vittoria di spese.
4. Si costituiva altresì
l’appellata Avcp, eccependo l’irricevibilità dell’appello, in quanto
proposto oltre il termine di centoventi giorni dalla pubblicazione della
sentenza di primo grado, di cui all’art. 23-bis, comma 7, l. 6
dicembre 1971, n. 1034. Per il resto, contestava la fondatezza
dell’appello, chiedendone il rigetto con vittoria di spese.
5. All’udienza pubblica
del 28 febbraio 2012 la causa veniva trattenuta in decisione.
5.1. L’eccezione di
irricevibilità dell’appello è infondata, in quanto per un verso dall’“avviso
di deposito sentenza” del 21 marzo 2008, comunicato dalla segreteria
del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ai difensori delle
parti, risulta che la sentenza “è stata depositata il 21/03/2008 con
il n. 2518/2008” – con ciò dovendosi ritener precisata in modo
univoco la data di pubblicazione, la quale invece non emerge in modo
chiaro e univoco dal timbro di intervenuta pubblicazione apposto sulla
sentenza, attesa l’illeggibilità del segno numerico indicante il mese di
pubblicazione nel senso che non è chiaro se si tratti della cifra “2”
oppure “3” –, e per altro verso il ricorso in appello risulta consegnato
all’ufficiale giudiziario per la notificazione il 18 luglio 2008, con
conseguente osservanza del termine di centoventi giorni dalla
pubblicazione della sentenza, non notificata, ex art. 23-bis,
comma 7, l. 6 dicembre 1971, n. 1034 (applicabile ratione temporis
alla fase introduttiva del presente giudizio d’impugnazione).
5.2. Posta con ciò la
rituale instaurazione del rapporto processuale d’appello, si osserva nel
merito che l’appello è da respingere.
5.2.1. Destituiti di
fondamento sono i motivi d’appello sub 2.a) e 2.b), tra di loro
connessi e da esaminare congiuntamente.
5.2.1.1. Giova premettere,
in linea di fatto, che il provvedimento di esclusione dell’odierna
appellante dalla gara in esame risulta motivata testualmente come segue:
“(…) Il Presidente, preso atto che le imprese COSTRUZIONI MIOTTI SPA
e CO.GE.MI. SRL, così come risulta dal Casellario Informatico
dell’Autorità di Vigilanza, sono stata escluse per collegamento
sostanziale da gare bandite dall’ANAS-Compartimento della Viabilità per
il Piemonte, esclude l’impresa COSTRUZIONI MIOTTI SPA e l’impresa
CO.GE.MI. SRL (in associazione temporanea d’impresa con F.M.S. F.LLI
MICHIELETTO STRADE SRL), per violazione del principio della segretezza
avendo riscontrato nella documentazione presentata elementi idonei ad
alterare la serietà e l’indipendenza delle offerte presentate da parte
delle diverse imprese. Sono stati infatti rilevati elementi tali da far
presumere forme di collegamento sostanziale tra le stesse riconducibili
ad un unico centro di interessi in contrasto con quanto dichiarato in
sede di gara nel documento di cui al punto 1 lettera j) del bando
integrale di gara ed in violazione a quanto previsto dal punto p) pag.
10 del bando integrale di gara e dal Patto d’integrità allegato al bando
stesso, sottoscritto dalle imprese partecipanti a pena di esclusione,
con il quale le ditte hanno espressamente dichiarato, tra l’altro, “di
non trovarsi in situazioni di controllo o collegamento (formale e/o
sostanziale) con altri concorrenti e che non si è accordata e non si
accorderà con altri partecipanti alla gara” (…).” (v. verbale di
seduta della Commissione di gara del 28 dicembre 2005). Segue
l’enunciazione analitica degli elementi di fatto assunti a suffragio
dell’affermato collegamento sostanziale tra le due imprese partecipanti,
comportante l’esclusione delle imprese dalla gara in esame.
Il bando di gara, per
quanto qui interessa, prevedeva che le imprese concorrente era tenute a
dichiarare, a pena di esclusione, “(…) l’inesistenza di forme di
controllo con altre imprese concorrenti ai sensi dell’art. 2359 del c.c.
nonché l’inesistenza di situazioni di collegamento e/o di collegamento
sostanziale con altre imprese concorrenti, quali ad esempio la non
comunanza con altre imprese concorrenti del legale
rappresentate/titolare/amministratori/soci/direttori tecnici/procuratori
con poteri di rappresentanza (…)” (v. così, testualmente, il punto
1)j) del bando di gara), e stabiliva che “(…) verranno escluse dalla
gara per violazione del principio di segretezza delle offerte (art. 75
del R.D. 23/5/1924 n. 827), fatta salva l’applicazione delle ulteriori
sanzioni previste dal Patto di Integrità, la cui sottoscrizione da parte
delle imprese concorrenti è condizione di ammissibilità della gara, le
imprese concorrenti fra le quali esistono forme di controllo ai sensi
dell’art. 2359 del C.C. o situazioni di collegamento e/o di collegamento
sostanziale quali ad esempio la non comunanza con altre imprese
concorrenti del legale
rappresentate/titolare/amministratori/soci/direttori tecnici/procuratori
con poteri di rappresentanza (…)”.
Nel c.d. “Patto di
integrità”, firmata dalle imprese partecipanti alla gara, le stesse
dichiaravano “(…) di non trovarsi in situazioni di controllo o di
collegamento (formale e/o sostanziale) con altri concorrenti (…)”,
assumendo l’obbligo di non “accordarsi” con altri partecipanti alla
gara.
5.2.1.2. In linea di
diritto, rileva il Collegio, in adesione a ormai consolidato
orientamento di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato. V, 30 novembre
2011, n. 6329; VI, 6 settembre 2010, n. 6469; VI, 27 luglio 2010, n.
4888; CIV, 19 ottobre 2006, n. 6212; VI, 13 giugno 2005, n. 3089), che
l’art. 10, comma 1-bis, l. 11 febbraio 1994, n. 109, aggiunto
dall’art. 3 l. 18 novembre 1998, n. 415 – applicabile ratione
temporis alla fattispecie dedotta in giudizio, ma ormai superato
dall’art. 34, comma 2, d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, ora confluito
nell’art. 38, comma lett. m-quater) –, il quale vietava la
partecipazione alle gare d’appalto per la realizzazione di lavori
pubblici alle imprese in situazione di collegamento ai sensi dell'art.
2359 Cod. civ., non può qualificarsi alla stregua di disposizione
tassativa di stretta interpretazione, preclusiva dell’individuazione di
fattispecie ulteriori di collegamento sostanziale tra imprese, che siano
lesive del principio di segretezza delle offerte e dunque falsino la
competizione e violino la par condicio tra le partecipanti alla
gara.
Premesso che il
collegamento sostanziale ricorre nel caso in cui le offerte, seppure
provenienti da imprese diverse, siano riconducibili ad un medesimo
centro di interessi, si osserva che tale fattispecie, delineata dal
richiamato orientamento giurisprudenziale sulla scorta della disciplina
comunitaria, secondo cui il sistema delle gare pubbliche può funzionare
solo se le imprese partecipanti si trovano in posizione di reciproca ed
effettiva concorrenza, ha poi avuto riconoscimento normativo nel d. lgs.
n. 163 del 2006 – dapprima, nell’art. 34, comma 2, ora, nell’art. 38,
comma 1 lett. m-quater), inserito dall’art. 3, comma 1, d.l. 25
settembre 2009, n. 135 –, che, in aggiunta alla fattispecie tipizzata
delle situazioni di controllo ex art. 2359 Cod. civ., contempla
espressamente, a ricognizione del principio già affermato in via
giurisprudenziale, le ipotesi di collegamenti, anche di fatto, tra
imprese partecipanti che comportino l’imputabilità delle relative
offerte ad un unico centro decisionale.
In sostanza, l’ipotesi
ex art. 2359 Cod. civ. integra una forma di presunzione iuris
tantum di collegamento tra ditte partecipanti, mentre l’ipotesi del
collegamento sostanziale va, di volta in volta, desunta dalla presenza
di elementi plurimi, precisi e concordanti, idonei a sorreggere in via
inferenziale la valutazione in fatto circa la sussistenza in concreto di
un tale collegamento tra imprese partecipanti alla gara, distorsivo
delle regole di gara.
La giurisprudenza
comunitaria, lungi dal porsi in contrasto con tale orientamento (come
adombra l’odierna appellante nella memoria difensiva del 9 febbraio
2012), tutt’al contrario tende ad avallarlo a presidio dei principi di
effettività e trasparenza della competizione tra le imprese partecipanti
alla gara. Infatti, la Corte di Giustizia CE nella causa C-538/07, con
sentenza 19 maggio 2009, affermando che il diritto comunitario si oppone
a che una disposizione nazionale (nel caso la l. n. 109/94) istituisca
un divieto assoluto a carico di imprese – fra le quali sussista un
rapporto di controllo o che siano fra loro collegate – di partecipare in
modo simultaneo e concorrenziale alla stessa gara d’appalto, senza
lasciar loro la possibilità di dimostrare che tale rapporto non
influisce sul rispettivo comportamento nell'ambito della procedura di
gara, si è limitata ad escludere che rapporti di mero collegamento
formale possano dimostrare di per sé l’esistenza o la potenzialità del
condizionamento, dovendo alle imprese sempre essere consentito
dimostrare l’inefficacia di tali rapporti. Ma la stessa Corte nella
citata sentenza ha, al contempo, affermato che rapporti fra imprese
partecipanti alla medesima gara d’appalto possono condizionare i
rispettivi comportamenti e falsare quel rapporto squisitamente
concorrenziale che costituisce la stessa ragion d’essere delle procedure
di evidenza pubblica, purché ne sia fornita la prova concreta caso per
caso e non siano introdotte fattispecie presuntive legali iuris et de
iure escludenti la possibilità di prova contraria.
5.2.1.3. Orbene,
applicando le enunciate coordinate normative e giurisprudenziali alla
fattispecie sub iudice, deve, in primo luogo, affermarsi la
legittimità delle impugnate previsioni della lex specialis di
gara e del c.d. “Patto di integrità”, sopra citate, in quanto
conformi all’enunciato principio della natura escludente di collegamenti
sostanziali tra imprese partecipanti lesivi dei canoni della segretezza
delle offerte e della serietà e trasparenza delle procedure di evidenza
pubblica.
In secondo luogo, merita
conferma la valutazione del Tribunale amministrativo regionale in ordine
alla sussistenza, nel caso concreto, di elementi indiziari plurimi,
precisi e concordanti, atti a suffragare il giudizio di riconducibilità
delle offerte provenienti dalla CO.GE.MI. s.r.l. e dalla Costruzioni
Miotti s.p.a. ad un unico centro d’interesse, falsante la competizione
tra le imprese concorrenti.
A favore di tale inferenza
probatoria militano, invero, gli indici presuntivi gravi, precisi e
concordanti, puntualmente messi in rilievo nell’impugnata sentenza
sub § 2.2., costituiti, imprimis, dagli intrecci personali
tra gli assetti societari delle due imprese, quali evincibili dalla
documentazione acquisita al giudizio (con riferimento all’epoca di
partecipazione alla gara):
- soci della CO.GE.MI.
s.r.l. erano Miotti Marianna al 99% e Calgaro Mario all’1%;
- soci della Costruzioni
Miotti s.p.a. erano Miotti Luigi al 50% e Miotti Stefano al 50%,
fratelli di Miotti Marianna, mentre la carica di legale rappresentante
era rivestita da Miotti Adriano, padre di quest’ultima, e le funzioni di
sindaco erano esercitate da Calgaro Mario (al contempo socio della
CO.GE.MI. s.r.l.);
- la carica di
amministratore unico della CO.GE.MI. s.r.l. fino al 1995 era ricoperta
da Miotti Adriano e successivamente, fino al 23 giugno 1999, da Miotti
Luigi;
- il 4 giugno 1999 Miotti
Luigi aveva ceduto la propria quota societaria nell’ambito della
CO.GE.MI. s.r.l. a Miotti Marianna, la quale a sua volta pochi giorni
dopo aveva ceduto ai fratelli e al padre la quota societaria posseduta
nell’ambito della Costruzioni Miotti s.p.a.
Se, poi, si tiene conto
delle circostanze, analiticamente evidenziate nell’impugnate sentenza,
della predisposizione di buste identiche, contenenti offerte, documenti
e richieste redatti in modo identico (nelle parti difformi e/o
aggiuntive rispetto ai moduli predisposti), delle certificazioni
ottenute il medesimo giorno, delle fideiussioni rilasciate dalla
medesima banca e autenticate con numero progressivo dallo stesso notaio,
e della spedizione con lo stesso corriere, non possono sussistere dubbi
in ordine alla riconducibilità delle due offerte a un medesimo centro
d’interessi, in violazione dei principi di trasparenza, segretezza e
serietà delle offerte poste a presidio della par condicio tra le
imprese partecipanti alla gara, per effetto delle rilevate condotte
idonee a incidere sul corretto svolgimento della gara.
Si aggiunga che nelle more
del presente giudizio d’appello è intervenuta la sentenza del Tribunale
penale di Milano n. 10988/08 del 16 ottobre 2008 – prodotta dalla difesa
dell’Amministrazione comunale, senza che vi si possa scorgere una
violazione del divieto del ius novorum in appello, trattandosi di
documentazione sopravvenuta alla proposizione dell’impugnazione –, con
la quale i legali rappresentanti della CO.GE.MI. s.r.l. (Miotti
Marianna) e della Costruzioni Motti s.p.a. (Miotti Adriano), con
riferimento all’appalto in esame, sono stati dichiarati responsabili dei
reati di tentata turbativa della libertà degli incanti ex artt.
56 e 353 Cod. pen. e di falsità ideologica commessa dal privato in atto
pubblico ex art. 483 Cod. pen. Va, al riguardo, precisato che le
relative risultanze processuali sono valutabili come elementi di fatto
ulteriormente suffraganti il sopra evidenziato quadro probatorio.
Ne consegue che i motivi
d’appello in esame devono essere disattesi, in quanto inidonei a
incrinare, in fatto e in diritto, le valutazioni in parte qua
compiute dal Tribunale amministrativo regionale.
5.2.2. Privi di pregio
sono, altresì, i motivi d’appello sub 2.c). e 2d), in quanto:
(i) la segnalazione del
provvedimento di esclusione all’Autorità di vigilanza sui lavori
pubblici e la conseguente annotazione nel casellario informatico delle
imprese (ex art. 27 d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, applicabile
ratione temporis) costituiscono atti dovuti, ed eventuali vizi
formali del procedimento d’iscrizione (quale la dedotta violazione delle
garanzie partecipative), in applicazione del principio di conservazione
sancito dall’art. 21-octies, comma 2, l. n. 241 del 1990,
sarebbero comunque inidonee ad inficiare la legittimità
dell’annotazione, poiché il contenuto dispositivo del provvedimento
comunque non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato;
(ii) in conformità a
orientamento consolidato di questo Consiglio di Stato, da cui non v’è
ragione di discostarsi, l’impresa partecipante alla gara, con la
sottoscrizione del c.d. “Patto di integrità”, accetta regole del
bando che rafforzano comportamenti già doverosi per coloro che sono
ammessi a partecipare alla gara, sicché l’incameramento della cauzione
ivi previsto in caso di violazione di tali doveri (nel caso di specie,
del divieto di “accordarsi” con altre imprese concorrenti, astrette da
legami sostanziali, in funzione manipolativa delle offerte) non assume
natura di sanzione amministrativa che, in quanto tale, sarebbe riservata
alla legge, ma costituisce la conseguenza dell’accettazione di regole e
doveri comportamentali accompagnati dalla previsione di una
responsabilità patrimoniale, aggiuntiva alla esclusione dalla gara,
assunti su base pattizia (v. in tal senso, ex plurimis, Cons.
Stato, V, 9 settembre 2011, n. 5066).
5.2.3. Per le esposte
ragioni, l’appello è da respingere, con assorbimento di ogni altra
questione, ormai irrilevante ai fini decisori.
6. Le spese del grado
seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando
sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto,
conferma l’impugnata sentenza; condanna l’appellante a rifondere alle
Amministrazioni appellate (Comune di Milano e Avcp) le spese del
presente grado di giudizio che si liquidano, in favore di ciascuna delle
stesse, nell’importo complessivo di euro 5.000,00 (cinquemila), oltre
agli accessori di legge.
Fonte:
Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa
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