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   Giurisprudenza  

Consiglio di stato - Sezione V - Sentenza 3358 del 6 giugno 2012
Partecipazione gara d'appalto - Offerte - Condizioni per l’ammissibilità di varianti migliorative rispetto al piano di esproprio predisposto dalla stazione appaltante per la realizzazione delle opere

FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce, sez. III, con la sentenza n. 1659 del 27 settembre 2011, ha accolto il ricorso proposto dall’attuale appellato Ottomano Ing. Carmine s.r.l. e, per l’effetto, ha annullato l’impugnata determina n. 280 del 21 marzo 2011, comunicata in data 22 marzo 2011 con nota prot. n. 6962, assunta dal Responsabile del Servizio LL.PP. del Comune di Grottaglie.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, che, con il primo motivo di ricorso di primo grado, ritenuto di rilievo assorbente, l’attuale appellato Ottomano Ing. Carmine s.r.l. ha lamenta che l’aggiudicataria, odierna appellante, abbia proposto una variante migliorativa che prevedeva la realizzazione di parte delle opere appaltate su suoli estranei al piano particellare d’esproprio predisposto dalla stazione appaltante e allegato agli atti di gara.

Secondo il TAR, posto che la lex specialis contemplava la possibilità di offerte in variante, occorre verificare se la variante proposta dall’aggiudicataria abbia o meno stravolto l’idea progettuale posta in gara.

Sempre secondo il TAR è pacifico e incontestato che il progetto proposto dall’aggiudicataria prevede, per la realizzazione di una rotatoria, la modifica del tracciato originario e l’apprensione di una superficie maggiore di quella determinata nel piano particellare d’esproprio: l’opera proposta concerne, quindi, porzioni di terreno che non sono attualmente né nella disponibilità comunale né in quella dell’aggiudicataria e che vanno oltre i termini dell’appalto sul quale si sono confrontate le offerte dell’imprese concorrenti.

Pertanto, per il TAR, una tale difformità comporta l’esclusione dell’offerta dell’impresa aggiudicataria, poiché la previsione dei lavori su aree estranee al procedimento espropriativo, avviato dal Comune in relazione alla opera de qua, è allo stato irrealizzabile, come lo era al momento della presentazione delle offerte, non potendosi svolgere i lavori appaltati su aree che sono di proprietà di terzi estranei e che gli atti di gara predisposti dalla stazione appaltante hanno esplicitamente escluso dalla possibilità di intervento.

Né ha rilievo, ha concluso il TAR, che gli stessi terreni possano essere eventualmente acquisiti su base consensuale o forzosa attraverso il riavvio del procedimento ablatorio, atteso che la gara si è svolta su una determinata base competitiva delimitata anche dal piano particellare d’esproprio che costituisce un dato determinato dall’Amministrazione all’origine della procedura e immodificabile.

L’appellante contestava la sentenza del TAR chiedendo l’accoglimento dell’appello.

Si costituiva il Comune intimato, depositando memoria a favore dell’appellante, e il controinteressato, che chiedeva il rigetto dell’appello.

All’udienza pubblica dell’8 maggio 2012 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Collegio che la variante proposta dall’attuale appellante, ritenuta illegittima dal TAR, sia invece conforme ai criteri dettati dalla lex specialis e rispondente alle esigenze della P.A., esigenze volte a realizzare una rotatoria in corrispondenza dell’incrocio, oggetto dell’affidamento per cui è causa.

In sintesi, quindi, il Collegio ritiene che la sentenza impugnata non abbia correttamente valutato la situazione, in relazione a tale motivo di illegittimità, ritenuto assorbente dal TAR.

In via preliminare, deve essere ricordato che la possibilità di proporre varianti, generalizzata dall’art. 76 del D. Lgs. n. 163-06, intesa come possibilità di proporre variazioni migliorative al progetto proposto dalla stazione appaltante qualora il criterio di aggiudicazione sia, come nella specie, quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa, significa che il progetto medesimo può subire modifiche purché non si alterino le sue caratteristiche essenziali (i cd. requisiti minimi) delle prestazioni richieste dalla lex specialis per non ledere la par condicio (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 20 febbraio 2009, n. 1019; sez. V, 11 luglio 2008, n. 3481; sez. IV, 11 febbraio 1999, n. 149).

Tale facoltà era prevista anche dal punto 4, lett. B), del disciplinare di gara il quale, secondo il Collegio, presenta un contenuto dispositivo che contraddice l'interpretazione invece seguita dalla sentenza oggetto del presente appello, sia sotto il profilo del tenore letterale, sia sotto il profilo dell’interpretazione sistematica, ex art. 1362 c.c., applicabile, per nota giurisprudenza (cfr., da ultimo, Consiglio di Stato, sez. V, 5 settembre 2011, n. 4980), agli atti di gara.

In particolare, infatti, la variante migliorativa riguardante la rotatoria oggetto di controversia risponde ad una precisa esigenza della P.A., che era indicata e, quindi, esplicitata dallo stesso tenore letterale contenuto nel suddetto punto 4, lett. B), del disciplinare (“Sicurezza e riduzione dei disagi per l’utenza “), in quanto idonea a realizzare un “miglioramento delle condizioni di sicurezza stradale dell’incrocio lungo la S.P. Grottaglie-San Giorgio, di accesso alla Stazione Aeromobili Marina di Grottaglie, sia durante la fase di esecuzione dei lavori che a lavori ultimati

Inoltre, sotto il profilo sistematico, il disciplinare di gara, al punto 4, lett. A), prevede espressamente ed inequivocabilmente che qualunque variazione/integrazione/ampliamento proposti al progetto a base di gara comporta l’obbligo da parte del concorrente di predisporre, a sua cura e spese, la documentazione per richiedere eventuali conseguenti autorizzazioni integrative, con l’obbligo, altresì, di uniformare il progetto, senza oneri a carico della stazione appaltante, alle ulteriori variazioni richieste dagli Enti preposti per l’ottenimento delle prescritte autorizzazioni; ciò conferma che il piano particellare d’esproprio non può ritenersi costituire il limite delle varianti ammesse (come ha, invece, ritenuto il TAR), poiché, come detto, per raggiungere le finalità sopra esplicitate, lo stesso Disciplinare ammette la possibilità di richiedere nuove autorizzazioni, a spese invariate per l’Amministrazione, con ciò implicitamente ammettendo che il concorrente possa presentare varianti che comportino la necessità di procedere a nuove espropriazioni funzionali alla realizzazione di una migliore (e più sicura) rotatoria.

La circostanza secondo cui le migliorie proposte dovranno riguardare esclusivamente l’ambito territoriale oggetto del progetto a base di gara si deve ragionevolmente riferire al sito in cui inserire la variante e non allo specifico piano di esproprio.

In assenza di qualsiasi ulteriore delimitazione e precisazione della locuzione “ambito territoriale”, tale concetto, che in effetti costituisce il limite delle varianti ammesse, quanto a localizzazione, non può essere rappresentato dal piano particellare d’esproprio che costituisce sì un dato predeterminato dall’Amministrazione all’origine della procedura, rispetto al quale, tuttavia, l’Amministrazione stessa ha, però, consentito delle varianti.

Si deve dare rilievo, in sintesi, al riferimento, fatto al medesimo disciplinare di gara al punto 4, lett. A), in base al quale qualunque variazione/integrazione/ampliamento proposte al progetto a base di gara comporta l’obbligo da parte del concorrente di predisporre, a sua cura e spese, la documentazione per richiedere eventuali conseguenti autorizzazioni integrative, con l’obbligo, altresì, di uniformare il progetto, senza oneri a carico della stazione appaltante, alle ulteriori variazioni richieste dagli Enti preposti per l’ottenimento delle prescritte autorizzazioni; tale disposizione del disciplinare, infatti, deve essere letta in combinato disposto con la prima parte della medesima, la quale ammette varianti al progetto che trovano la loro possibilità di esecuzione proprio sulla base di quest’ultima disposizione del capitolato.

Sotto questo profilo, appare importante che l’esecuzione di tali varianti ammesse, così come il Collegio ritiene di interpretarle, siano semplificate dalla normativa in tema di espropriazioni applicabile nella specie; infatti, in base a quanto disposto dall’art. 8 della L.R. n. 3-05 (Disposizioni regionali in materia di espropriazioni per pubblica utilità), all’interno delle zone funzionali omogenee previste dagli strumenti urbanistici possono essere localizzate e dichiarate di pubblica utilità, con efficacia immediata e senza preventiva apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, opere di difesa del suolo, di consolidamento degli abitati e di infrastrutturazione a rete che non pregiudichino l’attuazione della destinazione prevista o, in quanto rivolte all’adeguamento funzionale di infrastrutture esistenti, risultino ricadenti nelle zone di rispetto delle medesime.

Inoltre, nei casi sopra previsti, l’approvazione del progetto deliberata ai soli fini urbanistici da parte del Consiglio Comunale del comune territorialmente competente, costituisce variante dello strumento urbanistico e apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, senza necessità di approvazione regionale.

Nella disposizione in esame, infatti, si utilizza la locuzione normativa di “zone funzionali omogenee”, locuzione che è chiaramente sovrapponibile concettualmente alla pur diversa locuzione utilizzata dal disciplinare citato (“ambito territoriale oggetto del progetto a base di gara”).

Conseguentemente, per sintetizzare quanto esposto, si deve ritenere che, nel caso di specie, risulta palese che le varianti migliorative ammesse non si possano ritenere quale diversa ideazione dell'oggetto del contratto, alternativa rispetto a quello voluta dall’Amministrazione.

Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere accolto, con la conseguenza che il ricorso originario deve essere respinto in quanto infondato.

Le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza dell’appellato Ottomano Ing. Carmine s.r.l.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta),

definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, respinge il ricorso di primo grado.

Fonte: Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa

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