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   Giurisprudenza  

Consiglio di stato - Sezione VI - Sentenza n. 3646 del 21 giugno 2012
Aggiudicazione provvisoria di gara di appalto di lavori - Principi in tema di cauzione provvisoria nelle gare

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso di primo grado il Consorzio odierno appaltante, già aggiudicatario provvisorio di gara di appalto di lavori pubblici, ha impugnato il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione provvisoria, di incameramento della cauzione provvisoria, di segnalazione del fatto all’Autorità di vigilanza, di nuova aggiudicazione alla seconda classificata.

I provvedimenti sono motivati con la acclarata mancanza, in sede di verifica ai sensi dell’art. 48, d.lgs. n. 163/2006, del requisito di cui all’art. 38, comma 1, lett. g), d.lgs. citato.

2. Il Tar adito con la sentenza in epigrafe (6 novembre 2009 n. 275) ha respinto il ricorso.

3. La sentenza è stata gravata dal Consorzio originario ricorrente con appello parziale, ritualmente e tempestivamente notificato e depositato.

4. L’appello investe il solo capo di sentenza che ha ritenuto legittimo l’incameramento della cauzione provvisoria per l’accertata mancanza di un requisito di ordine generale ai sensi dell’art. 38 citato.

I motivi di appello sono esposti da pag. 29 in poi del relativo atto (le pagine precedenti espongono lo svolgimento del processo).

Sostiene parte appellante che ai sensi dell’art. 75, in combinato disposto con l’art. 48, codice appalti, la cauzione provvisoria potrebbe essere incamerata solo per difetto dei requisiti di ordine speciale.

Osserva che vi sarebbe un nutrito orientamento giurisprudenziale in tal senso, ingiustamente disatteso dal Tar.

Vi sarebbe stata pertanto una inammissibile applicazione analogica dell’art. 48 - che prevede l’incameramento della cauzione per difetto dei requisiti speciali - al diverso caso del difetto dei requisiti generali.

Né l’incameramento della cauzione provvisoria per difetto dei requisiti generali potrebbe trovare il suo fondamento nell’art. 75, atteso che “il fatto dell’affidatario” ivi previsto, impediente la stipulazione del contratto, si riferirebbe a condotte successive all’aggiudicazione.

A sostegno della tesi si adducono argomenti esegetici di carattere storico, fondati sull’evoluzione normativa anteriore al codice appalti.

Si adduce inoltre che la interpretazione fatta propria dal Tar determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra primo e secondo classificato.

Si lamenta, ancora, che il provvedimento di incameramento della cauzione sarebbe privo di adeguata motivazione.

Si deduce poi violazione della legislazione della provincia di Trento in materia di incameramento della cauzione nelle gare di appalto.

Infine, vengono sollevate censure di illegittimità costituzionale e comunitaria della disciplina, se interpretata nel senso fatto proprio dal Tar.

5. L’appello è infondato.

5.1. La questione di diritto sottoposta al Collegio è unica, e attiene al se l’incameramento della cauzione provvisoria, nei confronti dell’aggiudicatario, possa essere o meno disposta nel caso di difetto dei requisiti generali di cui all’art. 38 codice appalti.

5.2. La Sezione non ravvisa elementi per discostarsi, su tale questione di diritto, dall’orientamento espresso dall’adunanza plenaria 4 maggio 2012 n. 8, che a sua volta fa proprio un diffuso orientamento giurisprudenziale [Cons. St., sez. VI, 4 agosto 2009, nn. 4905 e 4907; sez. V, 12 febbraio 2007, n. 554; sez. IV, 7 settembre 2004, n. 5792] secondo cui la possibilità di incamerare la cauzione provvisoria in caso di difetto dei requisiti generali discende dall'art. 75, comma 6, d.lgs. n. 163 del 2006, che riguarda tutte le ipotesi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario, intendendosi per fatto dell'affidatario qualunque ostacolo alla stipulazione a lui riconducibile, dunque non solo il rifiuto di stipulare o il difetto di requisiti speciali, ma anche il difetto di requisiti generali di cui all'art. 38 citato.

5.3. Non rileva, pertanto, che l’art. 48, codice appalti, preveda il controllo a campione e il controllo sull’aggiudicatario e sul secondo classificato solo quanto ai requisiti speciali, e contempli l’incameramento della cauzione solo per l’acclarato difetto dei requisiti speciali.

Si tratta, infatti, di una ipotesi speciale rispetto alla regola generale recata dal citato art. 75, comma 6, secondo cui la cauzione provvisoria copre tutti i casi di mancata sottoscrizione del contratto per fatto dell’affidatario. Ed è tale la mancata sottoscrizione del contratto perché l’affidatario risulta privo dei requisiti generali, come è accaduto nel caso di specie.

5.4. Non si tratta, dunque, come sostiene l’appellante, di applicazione analogica della tassativa disposizione sanzionatoria recata dall’art. 48, perché il fondamento dell’incameramento della cauzione provvisoria in caso di difetto dei requisiti generali non è nell’art. 48, ma nell’art. 75, comma 6.

5.5. Non può essere condivisa la lettura restrittiva dell’art. 75, comma 6, codice appalti, proposta dall’appellante, secondo cui i fatti dell’affidatario, impedienti la stipulazione del contratto, e che giustificano l’incameramento della cauzione provvisoria, sarebbero solo i comportamenti successivi all’aggiudicazione, quale il rifiuto di stipulare il contratto.

Siffatta limitazione non si desume in alcun modo: la ratio della cauzione provvisoria è di garantire la serietà dell’offerta e di coprire forfettariamente i costi che incontra la stazione appaltante se viene coinvolta in inutili trattative. Il che accade ogni qual volta non si possa far luogo a stipulazione del contratto per fatto dell’aggiudicatario, ed è tale qualunque fatto che impedisce la stipulazione: non solo i fatti successivi all’aggiudicazione, e relativi dunque solo alla mancata stipulazione, ma anche i fatti che afferiscono all’aggiudicazione e che, imponendo il ritiro dell’aggiudicazione, impediscono consequenzialmente anche la stipulazione del contratto.

5.6. Neppure possono condividersi gli argomenti esegetici che parte appellante pretende di trarre dall’evoluzione normativa anteriore al codice appalti; infatti la vicenda si è svolta nel vigore del codice appalti, e l’interpretazione “storica” delle sue disposizioni, alla luce di quelle previgenti, non può prevalere sul chiaro tenore testuale delle disposizioni del codice, vale a dire:

- la previsione generale dell’art. 75, comma 6, codice appalti, che sanziona con l’incameramento della cauzione provvisoria, in termini generalissimi, tutti i casi di mancata stipulazione del contratto per fatto dell’aggiudicatario;

- la previsione speciale dell’art. 48, che sanziona con l’incameramento della cauzione il difetto dei requisiti speciali, acclarato in sede di controllo a campione, ovvero di controllo sull’aggiudicatario e sul secondo classificato.

5.7. Neppure sussiste la lamentata irragionevole disparità di trattamento tra primo e secondo classificato.

L’appellante assume, infatti, che, in base al combinato disposto degli artt. 48 e 75 codice appalti, il primo classificato verrebbe colpito da cauzione provvisoria sia in caso di difetto di requisiti generali, sia in caso di difetto di requisiti speciali, invece il secondo classificato solo in caso di difetto di requisiti speciali. Tale discriminazione sarebbe irragionevole.

La tesi non è condivisibile per due ordini di ragioni:

- lo scopo della cauzione, come detto, è ripagare i costi che incontra la stazione appaltante se viene coinvolta in inutili trattative; tali costi sono maggiori nel caso in cui non si proceda a stipulazione con l’aggiudicatario, per fatto dell’aggiudicatario, rispetto ai costi in cui la stazione appaltante incorre se taluno dei concorrenti, ivi compreso il secondo classificato, è privo dei requisiti speciali; infatti una volta avvenuta l’aggiudicazione, la stazione appaltante avvia, nei soli confronti dell’aggiudicatario, e non anche del secondo classificato, una serie complessa di adempimenti e controlli (verifica di tutti i requisiti in capo all’aggiudicatario, approvazione dell’aggiudicazione, verifiche antimafia);

- d’altro canto, se la prima aggiudicazione non va a buon fine, l’amministrazione procede ai medesimi controlli nei confronti del secondo classificato, e dunque anche costui incorrerà nell’incameramento della cauzione provvisoria, se privo dei requisiti generali.

In definitiva non vi è una irragionevole disparità di trattamento tra primo e secondo classificato, atteso che l’incameramento della cauzione per mancata stipulazione è correttamente applicato solo nei confronti del soggetto che impedisce la stipulazione, e tale è solo il primo classificato.

5.8. E’ infondata la censura di difetto di motivazione del provvedimento che incamera la cauzione.

Essendo l’incameramento della cauzione un atto dovuto per legge, ogni qualvolta il contratto non venga stipulato per fatto dell’aggiudicatario, non occorreva una motivazione ulteriore e specifica, essendo sufficiente l’indicazione del fatto che la stipulazione non era avvenuta per difetto di un requisito in capo all’aggiudicatario.

Né vizia il provvedimento la circostanza che lo stesso citi l’art. 48 e non l’art. 75 codice appalti, in quanto l’erroneo riferimento normativo non inficia il provvedimento che sia nella sostanza fondato su norme di legge vigenti.

5.9. Devono essere assorbite per difetto di interesse le censure fondate sulla legislazione provinciale, tese a dimostrare che essa sarebbe inapplicabile al caso di specie, atteso che il fondamento dell’incameramento della cauzione nel caso di specie si rinviene nella normativa statale, sicuramente applicabile al caso di specie (Corte cost. 23 novembre 2007 n. 401, par. 12, secondo cui la disciplina della cauzione provvisoria ex art. 75 codice appalti rientra nella materia della tutela della concorrenza, ascritta alla potestà legislativa esclusiva dello Stato; Corte cost. 12 febbraio 2010 n. 45).

5.10. Vanno infine esaminate le dedotte censure di illegittimità costituzionale e comunitaria.

Si lamenta anzitutto che vi sarebbe irragionevole disparità di trattamento tra il primo classificato, il secondo, e gli altri concorrenti, perché il difetto dei requisiti generali verrebbe sanzionato con l’incameramento della cauzione solo nei confronti del primo classificato.

Sotto tale profilo si lamenta violazione dell’art. 3 e dell’art. 97 Cost., e del “principio di parità di concorrenza e non discriminazione tra operatori economici”.

Si sono già esposte le ragioni per cui tale disparità non è irragionevole, sicché la questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata.

Neppure sono violati i principi comunitari di tutela della concorrenza e par condicio, che il diritto comunitario pone a tutela degli operatori economici che partecipano alle gare di appalto.

Il principio di parità e non discriminazione dettato dall’ordinamento comunitario va interpretato nel senso che non possono essere discriminate situazioni identiche, e che la par condicio riguarda la fase di svolgimento della gara.

Nel caso di specie, non vi è una discriminazione per situazioni identiche, atteso che la posizione dell’aggiudicatario è differenziata da quella degli altri concorrenti, e inoltre l’incameramento della cauzione a carico dell’aggiudicatario si colloca in un momento successivo alla conclusione della gara, e attiene ad un rapporto bilaterale tra stazione appaltante e affidatario.

Inoltre il diritto comunitario degli appalti pubblici non disciplina né la fase di controllo del possesso dei requisiti, né la cauzione provvisoria, lasciando perciò agli Stati membri la scelta di disciplinare tali istituti e di individuare le pertinenti sanzioni in caso di difetto dei requisiti o di condotte scorrette nella fase delle trattative.

E’ ovvio che qualsiasi istituto contrattuale degli appalti pubblici, introdotto di propria iniziativa dal legislatore nazionale, in spazi lasciati in bianco dal diritto comunitario, debba rispettare i principi del Trattato a tutela della concorrenza; ma nel caso di specie, l’incameramento della cauzione nei confronti dell’aggiudicatario, perché lo stesso, non avendo i requisiti, ha coinvolto la stazione appaltante in inutili trattative, è una misura ragionevole e proporzionata, non discriminatoria, che non viola alcun principio proconcorrenziale.

5.11. Deve infine essere assorbita la censura di illegittimità costituzionale della l.p. di Trento, proposta in via tuzioristica per l’ipotesi in cui tale legge sia ritenuta applicabile al caso di specie.

Dal momento che il Collegio ha ritenuto applicabile la legge statale e irrilevante la l.p., ogni censura di incostituzionalità della l.p. resta assorbita per difetto di rilevanza.

6. L’appello va in conclusione respinto.

La parziale novità delle censure sollevate e la soluzione solo recente della questione da parte dell’adunanza plenaria, giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

 

Fonte: Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa

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