Consiglio di
stato - Sezione V - Sentenza n, 2821 del 10 gennaio 2013
Contratti della Pubblica Amministrazione -
Inapplicabilità
dell’art. 35 D.Lgs. 163/2006 in caso di gare ex All. II B del Codice e
insussistenza dell’obbligo dichiarativo ex art. 38 in capo ai
procuratori speciali e sull’inammissibilità dell’integrazione
successiva.
FATTO e
DIRITTO
Il Comune di Oristano
indiceva una procedura per l’affidamento dei servizi di aggregazione
sociale ed educativi, in forma associata con i Comuni di San Vero Milis
e Zeddiani, per il triennio dal 1°.1.2012 al 31.12.2014.
Alla procedura prendeva
parte, tra gli altri, la Cooperativa Sociale Passaparola, gestore
uscente della commessa, che all’esito impugnava dinanzi al T.A.R. per la
Sardegna la determinazione della Stazione appaltante n. 1401 del
9.11.2011, con la quale erano stati approvati gli atti di gara ed
affidato l’appalto al concorrente raggruppamento formato dal Consorzio
Regionale Territoriale Network Etico, soc. coop. sociale consortile
ONLUS, e dalla cooperativa Universiis.
La ricorrente formulava
anche una domanda risarcitoria.
Si costituivano in
giudizio in resistenza al gravame il Comune di Oristano ed il Consorzio
aggiudicatario, che ne deducevano l’infondatezza.
A conclusione del giudizio
il Tribunale adìto, con la sentenza n. 273/2012, respinti il secondo e
terzo motivo dell’impugnazione, ne accoglieva il primo mezzo, imperniato
sul dedotto inadempimento degli obblighi dichiarativi previsti dall’art.
38 del d.lgs. n. 163/2006 rispetto alla posizione di due procuratrici
della cooperativa Universiis del raggruppamento aggiudicatario, e per
tale ragione annullava l’aggiudicazione.
Da qui l’appello alla
Sezione dell’aggiudicataria contro tale decisione, della quale veniva
contestato il fondamento.
Si costituiva in giudizio
anche in questo grado il Comune di Oristano, che chiedeva l’accoglimento
dell’appello, illustrando la fondatezza delle sue ragioni e delle
critiche con esso rivolte alla sentenza.
La cooperativa appellata,
oltre a resistere all’appello della concorrente, spiegava a sua volta
appello incidentale avverso i capi della pronuncia del Tribunale
reiettivi di alcuni dei suoi motivi di ricorso, e riproponeva anche il
mezzo, di valenza subordinata, rimasto assorbito in primo grado.
Le tesi ed argomentazioni
delle parti venivano indi sviluppate con successive memorie e scritti di
replica.
La Sezione, con ordinanza
n. 2178 del 6 giugno 2012, accoglieva la domanda cautelare
dell’appellante principale.
Alla pubblica udienza del
16 novembre 2012 la causa è stata infine trattenuta in decisione.
L’appello principale è
fondato e deve essere accolto, mentre quello incidentale va disatteso.
1 Con la sentenza
impugnata il T.A.R. ha accolto il ricorso della Cooperativa Sociale
Passaparola, reputando fondata la censura di violazione dell’art. 38 del
Codice dei contratti pubblici (di seguito, il Codice) sotto il profilo
dell’omissione delle dichiarazioni riflettenti i c.d. requisiti morali
di due procuratrici della cooperativa Universiis del raggruppamento
aggiudicatario, in quanto dotate di ampi poteri di rappresentanza.
1a Di seguito, per
comodità espositiva, si riporta la motivazione del capo di decisione del
T.A.R. investito dall’appello principale.
“
Considerato: …
che, pur essendo il
Collegio consapevole della esistenza di contrapposti orientamenti
nell’ambito della giurisprudenza del Consiglio di Stato, ritiene di
dover confermare quanto statuito sul punto in precedenti occasioni (cfr.
TAR Sardegna sez. I, 17 marzo 2010, n. 337), secondo cui la mancanza
della formale qualifica di amministratore della società non può essere
considerata sufficiente per sottrarsi all’applicazione degli obblighi
dichiarativi imposti dalla norma richiamata, in particolar modo in
presenza di procuratori speciali cui siano stati conferiti poteri di
rappresentanza negoziale molto ampi, che hanno per oggetto anche la
sottoscrizione di atti relativi alle procedure di appalto e dei relativi
contratti (come nel caso di specie). La prevalente giurisprudenza del
Consiglio di Stato, condivisa dal Collegio, ha, infatti, chiarito che,
per l’individuazione dei soggetti tenutialle dichiarazioni sostitutive
finalizzate alla verifica del possesso dei requisiti di moralità, quando
si tratti di titolari di organi di persone giuridiche, al fine di
ricomprenderli nella nozione di “amministratori muniti di poteri di
rappresentanza” occorre esaminare i poteri, le funzioni e il ruolo
effettivamente e sostanzialmente attribuiti al soggetto considerato, al
di là delle qualifiche formali rivestite (in tal senso cfr. Cons. St.,
sez. VI, 8 febbraio 2007, n. 523, che nella categoria degli
amministratori, ai fini dell’art. 38 cit., fa rientrare sia i “soggetti
che abbiano avuto un significativo ruolo decisionale e gestionale
societario” sia i procuratori ai quali siano conferiti poteri di
“partecipare a pubblici appalti formulando le relative offerte”; sez.
VI, 12 ottobre 2006, n. 6089; sez. V, 28 giugno 2004, n. 4774; sez. V,
28 maggio 2004, n. 3466; sez. V, 09 giugno 2003, n. 3169; nonché,
recentemente, sez. IV, 1 aprile 2011, n. 2068; sez VI, 18 gennaio 2012,
n° 178; in senso contrario si veda sez. V n. 6136/2011; n.. 513/2011; n.
134/2011).
che, come risulta
dalla documentazione in atti e come, d’altronde, è indiscusso tra le
parti, di talisoggetti, muniti di poteri rappresentativi in nome e per
conto della cooperativa Universiis, non sono state prodotte in gara le
relative dichiarazioni sostitutive ai sensi dell’art. 38 cit., per cui
l’offerta del raggruppamento aggiudicatario avrebbe dovuto essere
esclusa;”.
1b Come ben ricorda
l’appellante, l’interpretazione normativa di cui è espressione la
sentenza in epigrafe è stata ormai da tempo disattesa dalla Sezione, con
precedenti da cui non si vede ragione per discostarsi.
Questa Sezione ha invero
già illustrato con approfondita motivazione la necessità di ancorare
l’applicazione della norma di cui si tratta a basi di oggettivo rigore
ermeneutico, sottolineando che occorre avere riguardo alla posizione
formale rivestita dal singolo nell’organizzazione societaria, piuttosto
che dedicarsi a problematiche quanto malcerte indagini
“sostanzialistiche” (Sez. V, 25 gennaio 2011, n. 513) che non sembrano
permesse dal dato normativo, ed i cui esiti sarebbero imprevedibili
ex ante da parte delle imprese e delle Stazioni appaltanti.
Più analiticamente, le
valutazioni esposte sono state le seguenti.
“L'interpretazione
del citato art. 38 con riferimento ai soggetti per i quali la
dichiarazione deve essere resa è stata oggetto di diversi orientamenti
giurisprudenziali, fra i quali permane un contrasto.
L'art. 38, comma 1,
lett. c), del d.lgs. n. 163/2006 fa riferimento, per le società di
capitali, agli "amministratori muniti del potere di rappresentanza".
Secondo una parte della
giurisprudenza, per l'individuazione dei soggetti tenuti alle
dichiarazioni sostitutive finalizzate alla verifica del possesso dei
requisiti di moralità, quando si tratti di titolari di organi di persone
giuridiche da ricondurre alla nozione di "amministratori muniti di
poteri di rappresentanza", occorre esaminare i poteri, le funzioni e il
ruolo effettivamente e sostanzialmente attribuiti al soggetto
considerato, al di là delle qualifiche formali rivestite (Cons. Stato,
V, 16 novembre 2010 n. 8059; VI, 8 febbraio 2007, n. 523, che nella
categoria degli amministratori, ai fini dell'art. 38 cit., fanno
rientrare sia i "soggetti che abbiano avuto un significativo ruolo
decisionale e gestionale societario", sia i procuratori ai quali siano
conferiti poteri di partecipare a pubblici appalti formulando le
relative offerte).
Altra giurisprudenza ha
… limitato la sussistenza dell'obbligo di dichiarazione ai soli
amministratori muniti di potere di rappresentanza e ai direttori
tecnici, e non anche a tutti i procuratori della società (T.A.R.
Basilicata, I, 22 aprile 2009 , n. 131; T.A.R. Liguria, II, 11 luglio
2008 , n. 1485; T.A.R. Calabria - Reggio Calabria, I, 08 luglio 2008 ,
n. 379). …
Il Collegio ritiene di
dover aderire - per le considerazioni di seguito esposte - alla seconda
tesi, che limita l'applicabilità della disposizione ai soli
amministratori della società, e non anche ai procuratori speciali.
Ai sensi
dell'art. 2380-bisc.c., la gestione dell'impresa spetta esclusivamente
agli amministratori e può essere concentrata in un unico soggetto
(amministratore unico) o affidata a più persone, che sono i componenti
del consiglio di amministrazione (in caso di scelta del sistema
monistico ex artt. 2380 e 2409-sexiesdecies c.c.) o del consiglio di
gestione (in caso di opzione in favore del
sistemadualistico ex artt. 2380 e
2409-octiesc.c.): ad essi, o a taluni tra essi, spetta la rappresentanza
istituzionale della società. …
L'art. 38 del d. lgs.
n. 163/06 richiede la compresenza della qualifica di amministratore e
del potere di rappresentanza (che può essere limitato per gli
amministratori ex art. 2384, comma 2, c.c.) e non vi è alcuna
possibilità per estendere l'applicabilità della disposizione a soggetti,
quali i procuratori, che amministratori non sono.
Del resto, si tratta di
una norma che limita la partecipazione alle gare e la libertà di
iniziativa economica delle imprese, essendo prescrittiva dei requisiti
di partecipazione e che, in quanto tale, assume carattere eccezionale ed
è, quindi, insuscettibile di applicazione analogica a situazioni
diverse, quale è quella dei procuratori.
Peraltro, anche
l'applicazione analogica sarebbe opinabile, in presenza di una radicale
diversitàdella situazione dell'amministratore, cui spettano compiti
gestionali e decisionali di indirizzi e scelte imprenditoriali e quella
del procuratore, il quale, benché possa essere munito di poteri di
rappresentanza, è soggetto dotato di limitati poteri rappresentativi e
gestionali, ma non decisionali (nel senso che i poteri di gestione sono
pur sempre circoscritti dalle direttive fornite dagli amministratori). …
Si deve, quindi,
prendere atto che l'art. 38 del d.lgs. n. 163/06 - nell'individuare i
soggetti tenuti a rendere la dichiarazione - fa riferimento soltanto
agli "amministratori muniti di potere di rappresentanza": ossia, ai
soggetti che siano titolari di ampi e generali poteri di
amministrazione, senza estendere l'obbligo ai procuratori.
La soluzione
accolta, oltre ad essere maggiormente rispondente al dato letterale del
citato art. 38, evita che l'obbligo della dichiarazione possa dipendere
da sottili distinzioni circa l'ampiezza dei poteri del procuratore,
inidonee a garantire la certezza del diritto sotto un profilo di
estremarilevanza per la libertà di iniziativa economica delle imprese,
costituito dalla possibilità di partecipare ai pubblici appalti”
(così la decisione Sez. V, 25 gennaio 2011, n. 513; nello stesso senso
cfr. anche, tra le altre, 24 marzo 2011, n. 1782; 21 novembre 2011, n.
6136; 6 giugno 2012, n. 3340).
L’interpretazione appena
esposta, imperniata dunque sulla stretta nozione tecnica di
”amministratore” societario, va pertanto seguita senz’altro anche nel
caso concreto, con la conseguenza che la censura accolta dal primo
Giudice risulta già per questa ragione infondata.
1c L’originaria ricorrente
si richiama all’esistenza anche di orientamenti diversi, presso altre
Sezioni di questo Consiglio.
Il Collegio rileva,
tuttavia, che la fattispecie concreta non sarebbe suscettibile di
decisione difforme neppure nell’ambito dell’impostazione alternativa che
viene talora effettivamente seguita da altre Sezioni.
Invero, l’interpretazione
sostanzialistica patrocinata dalla Cooperativa Sociale Passaparola
presuppone l’esistenza di procuratori investiti di poteri decisionali e
rappresentativi consistenti, al punto di permetterne l’assimilazione a
degli amministratori muniti di potere rappresentativo (la figura
specifica cui l’art. 38 cit. ha riguardo). L’indirizzo postula, cioè,
l’esistenza di posizioni procuratorie che, in forza della latitudine dei
poteri non solo rappresentativi, ma anche decisionali, loro attribuiti,
porrebbero gli interessati in una posizione assimilabile, in pratica, a
quella di un amministratore di fatto.
E’ stato infatti ritenuto
talora sussistente l'obbligo di dichiarazione previsto dall’art. 38
cit., oltre che per chi rivesta formalmente la carica di amministratore,
anche nei riguardi di colui che, in qualità di procuratore ad negotia,
abbia ottenuto il conferimento di poteri consistenti nella
rappresentanza dell'impresa e nel compimento di atti decisionali (VI, 18
gennaio 2012, n. 178). In questo ordine di idee viene rimarcata, quindi,
la necessità dell'oggettiva sussistenza di poteri gestori generali e
continuativi, sottolineandosi, peraltro, che l’esistenza di siffatti
poteri gestori non potrebbe ricavarsi dal conferimento del mero potere
di rappresentanza negoziale della società, anche ove comprensivo della
facoltà di partecipare alle gare e stipulare contratti con la pubblica
amministrazione (IV, 12 gennaio 2011, n. 134; sulla necessità che ai
fini in parola i procuratori speciali, al di là della loro qualifica
formale, gestiscano affari sociali, in ragione dei poteri loro in
sostanza conferiti, rivestendo un significativo ruolo decisionale e
gestionale, v. altresì VI, 15 giugno 2011, n. 3655).
Ebbene, la condizione,
appena vista, del potere decisionale riconosciuto ai procuratori nella
fattispecie concreta non ricorre.
Nel caso in esame non
emerge, infatti, che le sigg.re De Marchi e Dolso detenessero – come si
esprime la ricorrente di prime cure - i poteri di amministrazione e di
rappresentanza tipici e propri degli amministratori.
L’appellante principale,
in proposito, obietta perentoriamente che i poteri sostanziali
attribuiti alle suddette procuratrici non potrebbero in alcun modo
giustificare un’equiparazione a quelli di un amministratore: i primi
sarebbero, difatti, meramente esecutivi, in quanto avulsi da
un’effettiva funzione gestionale; e soltanto gli amministratori
sarebbero le figure deputate alla determinazione delle scelte e degli
indirizzi dell’azienda.
In linea con questa
obiezione, i passaggi della visura camerale all’uopo valorizzati dalla
difesa della Cooperativa Sociale Passaparola, se indubbiamente
riflettono dei significativi poteri rappresentativi, non forniscono,
però, elementi in ordine all’esistenza di un sottostante potere
decisionale attinente alle concrete scelte ed indirizzi inerenti alla
gestione dell’impresa.
La visura non solo attesta
come lo statuto si premuri di riservare “esclusivamente agli
amministratori” (che compiono le operazioni necessarie per l’attuazione
dell’oggetto sociale) la gestione dell’impresa, ma è eloquente anche nel
raffronto da essa offerto tra i poteri attribuiti alle due procuratrici,
da un lato, e quelli, invece, più ampi e soprattutto penetranti,
intestati ai consiglieri di amministrazione, che includono appunto,
oltre al potere di rappresentanza, le effettive funzioni gestorie.
In definitiva, non è
quindi dato rinvenire l’esistenza di elementi (di natura “sostanziale”)
che potrebbero ipoteticamente giustificare l’estensione degli obblighi
dichiarativi previsti dall’art. 38 cit. alla posizione delle due
procuratrici anzidette.
Per quanto già esposto,
risulta inoltre infondato anche il richiamo dell’originaria ricorrente
all’art. 10 della legge n. 575 del 1965 (l’art. 10 sexies della
stessa fonte non viene richiamato dall’art. 38 del Codice), atteso che
alla stregua della stessa impostazione della parte la doglianza
esigerebbe pur sempre una partecipazione del collaboratore alla
determinazione delle scelte ed indirizzi dell’impresa, condizione che
qui non si profila.
E per le stesse ragioni in
precedenza illustrate la Sezione non ritiene nemmeno di poter
raccogliere le sollecitazioni della difesa dell’originaria ricorrente ad
investire sul tema, in quanto materia di interpretazioni
giurisprudenziali divergenti, l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio.
1d Né vale invocare il
criterio da quest’ultima fornito con la decisione 4 maggio 2012 n. 10,
allorché l’Adunanza ha espresso il giudizio che nella (affine) causa di
esclusione che formava allora oggetto di esame non potesse non ricadere
“anche l’ipotesi in cui affiori l’intento di eludere la norma in
relazione a vicende in atto o prevedibili. Diversamente opinando si
finirebbe infatti col disattendere lo scopo stesso della preclusione di
legge, da individuarsi sicuramente in quello di impedire anche solo la
possibilità di inquinamento dei pubblici appalti di lavori, servizi e
forniture derivante dalla partecipazione alle relative procedure di
affidamento di soggetti di cui sia accertata la mancanza di rigore
comportamentale con riguardo a circostanze gravemente incidenti
sull’affidabilità morale e professionale.”
Questo per la semplice
quanto decisiva ragione che nella presente vicenda, ben diversamente dal
caso esaminato dall’Adunanza Plenaria, non sarebbe ravvisabile alcun
intento elusivo della disposizione del Codice, come si desume
dall’eloquente ragione che l’aggiudicataria, una volta appreso che
potesse esserle addebitata la mancata allegazione delle dichiarazioni,
pur non richieste dalla lex specialis, sui requisiti morali delle
due procuratrici della cooperativa Universiis, non ha avuto difficoltà a
produrre (sia pure oltre i termini di gara, in data 4 gennaio 2012) le
dichiarazioni in tesi omesse.
1e Per le ragioni esposte,
deve concludersi che la dichiarazione prevista dall’art. 38 cit. per le
due procuratrici non fosse dovuta.
Da cui l’inconsistenza
della censura che ha formato invece oggetto di adesione da parte del
T.A.R..
L’appello principale
merita, pertanto, accoglimento.
2 Formano, per converso,
oggetto di appello incidentale da parte della Cooperativa Sociale
Passaparola i capi della stessa decisione in epigrafe recanti il rigetto
di due ulteriori motivi del ricorso di primo grado.
2a Dinanzi al T.A.R.
l’originaria ricorrente aveva dedotto la violazione dell’art. 38 cit.
anche sotto il profilo dell’omessa presentazione della dichiarazione
sostitutiva sul possesso dei requisiti generali da parte dei
responsabili tecnici, richiamando il fatto che nell’organigramma della
coop Universiis figurava anche un responsabile tecnico di cui al D.M. n.
274/1997.
Il primo Giudice ha però
ritenuto infondato il rilievo, “concernente il responsabile tecnico
di cui al D.M. 274/1997, in quanto si tratta di operatore previsto
nell’ambito dei servizi di pulizia, di disinfezione, di disinfestazione,
di derattizzazione e di sanificazione, che non costituiscono l’oggetto
principale del contratto affidato con la procedura di gara in questione”.
Con l’appello incidentale
si torna ad insistere sull’equiparabilità del responsabile tecnico di
cui al D.M. n. 274/1997 al direttore tecnico cui ha riguardo l’art. 38
cit., puntualizzandosi che quest’ultima norma non esige che la posizione
di direttore tecnico inerisca, in concreto, all’oggetto della singola
gara.
Questa Sezione ha tuttavia
già avuto modo di osservare, in un simile caso in cui pure si discuteva
della possibilità dell’anzidetta equiparazione (V, 21 novembre 2011, n.
6136), che allorché la gara riguardi un settore del tutto diverso
(allora, un servizio di ristorazione collettiva) dalle operazioni di
pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione,
la predetta equiparazione debba essere esclusa.
E’ stato difatti
enunciato, allora, il criterio in base al quale il riferimento dell’art.
38 cit. alla figura del “direttore tecnico” vale a richiamare, sì, anche
la condizione di coloro che rivestano una posizione simile rispetto al
settore operativo nel quale la commessa si inscrive, ma non anche tutti
i preposti tecnici ai settori di attività implicate solo del tutto
marginalmente - o per nulla - nell’attività esecutiva dell’appalto.
In questa sede non sono
state fornite ragioni sufficienti a giustificare il superamento della
suddetta impostazione, che va quindi confermata.
Anche in questo caso può
dunque ritenersi che, ai fini della procedura oggetto di causa e alla
stregua del preciso oggetto dell’appalto da assegnare per suo tramite
(servizi di aggregazione sociale ed educativi), la posizione del
responsabile tecnico di cui al D.M. n. 274/1997 non possa essere
assimilata a quella di un “direttore tecnico”.
La prima, invero, è una
preposizione che attiene ad un settore tecnico ben ristretto e
specifico. Sicché, quando la gara da espletare riguardi un’area sulla
quale le attività proprie del suddetto settore non abbiano alcuna
apprezzabile incidenza (come nella fattispecie), la suddetta
equiparazione si presenta arbitraria, e come tale ingiustificabile, per
difetto del presupposto dell’eadem ratio legis (essendo anche,
per giunta, in conflitto con l’esigenza di certezza delle situazioni
giuridiche).
2b La Cooperativa Sociale
Passaparola aveva altresì dedotto la violazione del bando di gara nella
parte in cui questo fissava i requisiti di fatturato necessari per la
partecipazione alla procedura, richiedendo ai concorrenti l’avvenuto
conseguimento, in ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010, di un fatturato
di almeno 800.000 euro.
Il T.A.R. ha però respinto
anche questa censura, osservando che il Consorzio Network Etico aveva
dimostrato di aver maturato l’importo richiesto attraverso le
cooperative consorziate che erano state indicate per l’esecuzione del
servizio, e richiamando, a conferma di tale lettura, il precedente di
questa Sezione 8 ottobre 2010, n. 7346 (che proprio sul punto aveva
riformato la decisione n. 84/2010 dello stesso T.A.R. Sardegna).
L’attuale appellante
incidentale, in questa sede, ripropone la propria tesi sul disposto
dell’art. 35 del Codice, a mente del quale i requisiti di idoneità
tecnica e finanziaria per l’ammissione alle procedure degli appalti
pubblici devono essere posseduti e comprovati, di regola, direttamente
dai consorzi, con la sola eccezione - qui non rilevante - delle
tipologie di requisiti per i quali l’articolo consente, invece, a tali
soggetti di fruire degli elementi posseduti dalle singole imprese
consorziate.
La Sezione ritiene,
tuttavia, che la posizione da essa già assunta sul tema attraverso il
precedente n. 7346/2010 appena indicato (reso, tra l’altro, proprio nei
confronti dello stesso Consorzio Network Etico) debba trovare conferma,
non essendo state fornite ragioni sufficienti a discostarsene.
Come avverte l’art. 7 del
capitolato in atti, anche la procedura in esame riguarda servizi
rientranti nell’allegato II B al Codice (con il numero 25,
nell’allegato, sono difatti riportati i “servizi sanitari e sociali”),
come la specie a suo tempo decisa.
Ora, nella precedente
occasione la Sezione ha avuto già modo di vagliare la tesi per cui il
Consorzio Network Etico avrebbe dovuto dimostrare il possesso in proprio
dei requisiti previsti dal bando, giusta la disciplina posta dall’art.
35 del d.lgs. n. 163/2006, senza potersi intestare quelli posseduti
dalle sue consorziate, ancorché designate per l'esecuzione del servizio.
Ma tale tesi è stata
respinta con la seguente, condivisibile motivazione.
“Deve
ritenersi, infatti, che la normativa applicabile alla fattispecie rende
possibile, senza limitazioni, il cumulo dei requisiti, in forza del
rapporto organico che regola le società cooperative.
Pertanto, alla
fattispecie in esame, non va applicato l’art. 35 del D.Lgs. n. 165/06,
atteso che l'art. 20 dello stesso Decreto ed anche il bando, con
riferimento alla classificazione del servizio oggetto dell’ appalto come
servizio compreso nell'allegato II B del Codice dei contratti, limita
l'applicabilità del Codice stesso ai soli artt. 65, 68 e 225
(analogamente a quanto disposto dall'art. 20 della dir. CE n. 18/04).
Pertanto, al
Consorzio appellante andava applicata la disciplina specialistica (art.
8 L. n. 381/91), a prescindere da qualsivoglia rapporto di avvalimento
atteso che, nella fattispecie, si è in presenza di un rapporto organico
in conseguenza del quale l'attività posta in essere da ciascuna
cooperativa, nella sua qualità di consorziata, è immediatamente
imputabile al Consorzio (C.S. n. 3477/07, n. 2183/03 ), con conseguente
irrilevanza della mancanza dei requisiti di capacità tecnica
e di fatturato nell'ultimo triennio in capo al “Consorzio Network”,
atteso il possesso di tali requisiti da parte delle consorziate (C.S. n.
383/06)” (Sez. V, decisione cit. n. 7346 del 2010).
Tornando alla fattispecie
odierna, se è vero che il bando richiamava (alla pag. 3) l’art. 34,
comma 1, del Codice, ciò valeva, peraltro, solo ad indicare che anche i
Consorzi avrebbero potuto partecipare alla gara.
La lex specialis,
per contro, non richiamava l’art. 35: donde la sua inapplicabilità al
caso concreto, con la conseguente piena sovrapponibilità della vicenda
in esame a quella a suo tempo decisa.
Gli appalti di servizi
ricadenti nell’allegato II B al d.lgs. n. 163/2006 costituiscono,
infatti, una materia cui non sono applicabili le comuni norme del Codice
dei contratti pubblici, bensì solo quelle costituenti espressione dei
pertinenti principi generali.
L’art. 20 del Codice dei
contratti, invero, al primo comma recita: “L’aggiudicazione degli
appalti aventi per oggetto i servizi elencati nell’allegato II B è
disciplinata esclusivamente dall’art. 68 (specifiche tecniche),
dall’articolo 65 (avviso sui risultati della procedura di affidamento),
dall’articolo 225 (avvisi relativi agli appalti aggiudicati).”
Disposizione da integrare con quella del successivo art. 27, a norma del
quale l’affidamento dei contratti pubblici esclusi, in tutto o in parte,
dall’applicazione dello stesso Codice deve avvenire “nel rispetto dei
principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento,
trasparenza, proporzionalità”.
Ciò posto, pare agevole
convenire che a nessuno dei principi appena detti potrebbero essere
correttamente ricondotte le previsioni dell’art. 35 che sono allegate
alla base del mezzo in disamina.
Le dette previsioni, per
la loro specificità di precetti particolari, sono, del resto,
intrinsecamente inidonee ad integrare un “principio” : a meno di non
essere disposti a ravvisarne uno in ogni frammento del reticolato
normativo del Codice, secondo un ordine di idee, incline all’automatica
promozione di norme di dettaglio a norme di “principio”, che sarebbe,
però, incompatibile con la ben diversa logica, assai selettiva, sottesa
ai suoi artt. 20 e 27 (in tal senso v. già la dec. V, 6 agosto 2012, n.
4510).
Sicché anche questo mezzo
è stato dal Tribunale fondatamente respinto.
3 La cooperativa appellata
ripropone, infine, la propria censura subordinata, rimasta in primo
grado assorbita, con la quale si deduceva l’illegittimità per difetto
assoluto di motivazione di tutti gli atti di gara (a partire dal verbale
n. 2 e sino all’aggiudicazione definitiva), sul rilievo che i punteggi
numerici attribuiti dalla Commissione non sarebbero stati preceduti
dalla previsione di parametri articolati in misura sufficiente a
renderli comprensibili.
In proposito, come è noto,
l’orientamento della giurisprudenza è nel senso che, per quanto riguarda
la valutazione delle offerte da parte della commissione di gara
pubblica, l'attribuzione dei punteggi in forma soltanto numerica può
essere consentita quando il numero e lo schema delle sottovoci, con i
relativi punteggi, entro i quali ripartire i parametri di valutazione di
cui alle singole voci, sia sufficientemente analitico da delimitare il
giudizio nell'ambito di un minimo e di un massimo, rendendo così
evidente l'iter logico seguito nel valutare i singoli progetti
sotto il profilo tecnico in applicazione di puntuali criteri
predeterminati e permettendo di controllarne la logicità e congruità,
laddove altrimenti è necessaria una puntuale motivazione del punteggio
attribuito (Sez. V, 12 giugno 2012, n. 3445; sulla stessa linea v., ad
es., III, 11 marzo 2011, n. 1583; V, 17 gennaio 2011, n. 222; 3 dicembre
2010, n. 8410).
Ciò premesso, la Sezione è
dell’avviso che nella specie si verta nella prima delle due ipotesi,
stante la sufficiente articolazione dei criteri di valutazione previsti
dall’art. 8 del disciplinare, il quale ripartiva gli 80 punti riservati
all'offerta tecnica in tre criteri, a loro volta articolati in cinque
sub-criteri, gli uni e gli altri sufficientemente chiari e specifici,
per ciascuno dei quali era stato stabilito il punteggio massimo.
Sicché, non potendo dirsi
che nello specifico fosse stato concesso un illegittimo margine alle
valutazioni discrezionali della Commissione, e potendo ricostruirsi l'iter
logico attraverso il quale questa è pervenuta al proprio giudizio, deve
concludersi che il punteggio numerico poteva legittimamente integrare la
motivazione della valutazione dell’offerta tecnica.
4a L’accertata
infondatezza dell’azione impugnatoria proposta con il ricorso di primo
grado comporta, logicamente, anche il rigetto della domanda risarcitoria
che era stata originariamente introdotta dalla Cooperativa Sociale
Passaparola, per carenza del requisito dell’ingiustizia del danno
allegato.
4b Una domanda
risarcitoria è stata proposta, infine, anche dall’appellante principale.
Questo, tuttavia, solo subordinatamente alla particolare condizione (v.
pag. 15 dell’appello) che l’appalto fosse stato stipulato dalla Stazione
appaltante, nelle more, con la sua rivale, ed in questa sede venisse
negato ad essa appellante il relativo subentro. La condizione così
posta, però, non si è verificata (il contratto è stato stipulato, il 4
luglio 2012, proprio dal Consorzio Network Etico), e tale circostanza
esime la Sezione dal prendere in esame la domanda.
5 In conclusione, mentre
l’appello principale deve essere accolto quello incidentale va
disatteso, con il risultato finale del rigetto, in riforma della
sentenza appellata, del ricorso di primo grado.
Le incertezze registrabili
nella giurisprudenza sulla materia oggetto dell’appello principale
giustificano la compensazione delle spese processuali del doppio grado
tra tutte le parti in causa.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando
sulla causa in epigrafe, accoglie l’appello principale e respinge quello
incidentale, e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata,
respinge il ricorso di primo grado.
Compensa tra le parti le
spese del doppio grado di giudizio.
Fonte:
Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa
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