Pubblicato il 13/12/2017
N.
05854/2017REG.PROV.COLL.
N.
08861/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
Il
Consiglio di Stato
in sede
giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso in appello iscritto al numero di registro
generale 8861 del 2016, proposto da:
Show Solutions di Luca Pozzetto, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e
difesa dall'avvocato Gianna Di Danieli, con domicilio
eletto presso lo studio legale dell’avvocato Luigi
Cesaro in Roma, via Monte Santo, n. 25;
contro
Comune
di Trieste, in persona del Sindaco pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Serena
Giraldi, Maritza Filipuzzi ed Aldo Fontanelli, con
domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in
Roma, via Emilio De’ Cavalieri, n. 11;
nei
confronti di
Consip
s.p.a. e Ditta Individuale "Giemme Allestimenti", in
persona dei rispettivi legali rappresentanti pro
tempore, non costituiti in giudizio;
per la
riforma
della
sentenza del T.A.R. FRIULI VENEZIA GIULIA – TRIESTE,
SEZIONE I n. 00419/2016, resa tra le parti, concernente
l’affidamento del servizio di allestimento palchi e
service tecnici audio-luci, per la realizzazione
della manifestazione “Trieste Estate 2016”.
Visti il ricorso in
appello e i relativi allegati;
Visto
l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Trieste;
Viste le
memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2017 il
Cons. Valerio Perotti ed uditi per le parti gli avvocati
Di Danieli e Fontanelli;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con
ricorso al Tribunale amministrativo del Friuli Venezia
Giulia, la ditta Show Solution chiedeva l’annullamento
della determina del dirigente del Comune di Trieste 10
maggio 2016 avente ad oggetto il servizio di
allestimento palchi e servizi tecnici per la
manifestazione “Trieste estate 2016”, con la
quale si era stabilito di indire una procedura negoziata
ex art. 36, comma 2 lettera b) del d.lgs. 18 aprile
2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici) e di
acquisire il servizio tramite richiesta di offerta sul
mercato elettronico della pubblica amministrazione
(MePA).
Impugnava altresì la successiva determina dirigenziale
del 27 maggio 2016 avente ad oggetto l’aggiudicazione di
detto servizio, con richiesta di declaratoria di
inefficacia del contratto stipulato.
Oggetto
del contendere, la circostanza che il Comune aveva
limitato la partecipazione ai soggetti con i quali non
erano sorte contestazioni relativamente a servizi
precedentemente svolti, nel rispetto del principio di
rotazione. Tutti i soggetti invitati, inoltre, erano
operatori aventi sede nella Regione autonoma Friuli
Venezia Giulia ed in Veneto.
L’interessata chiariva poi di aver formalizzato la sua
volontà di essere invitata alla gara, senza tuttavia
ottenere alcun riscontro in merito.
Ad
avviso della ricorrente, i provvedimenti impugnati
violerebbero innanzitutto gli artt. 70, comma 5, lettera
c), nonché 83, comma 8 del d.lgs. n. 50 del 2016.
Deduceva inoltre la nullità della clausola escludente,
la violazione dei principi di parità di trattamento, non
discriminazione e proporzionalità, nonché difetto di
motivazione.
A tal
ultimo riguardo, in particolare, rilevava come le cause
di esclusione previste dalla normativa vigente – tutte
tassative – si riferiscano a gravi illeciti
professionali, tali da rendere dubbia l’integrità e
l’affidabilità dell’operatore economico; per l’effetto,
la stazione appaltante avrebbe dovuto adeguatamente
motivare tale esclusione, anche in ragione della nullità
di clausole di esclusione ulteriori rispetto a quelle
previste dall’art. 83 del citato decreto legislativo.
In
merito alle proprie precedenti contestazioni, le stesse
sarebbero state completamente risolte, né avrebbero
integrato gravi negligenze o espressione di
inattendibilità.
Anche la
clausola di limitazione territoriale posta dal Comune
avrebbe dovuto considerarsi nulla, poiché illegittima.
Veniva
infine dedotta la violazione degli articoli 30 e 36,
comma primo, del d.lgs. n. 50 del 2016, oltre che dei
principi di pubblicità e trasparenza, di buona
amministrazione, correttezza e giusto procedimento ex
artt. 3 e 97 Cost., alterazione della procedura e
violazione del principio di buona fede. Nella specie,
poiché i principi generali in materia di appalti trovano
applicazione anche per le gare cd. “sotto soglia” (quale
quella in questione), l’amministrazione avrebbe dovuto
pubblicare l’offerta sull’albo pretorio, avviare un
confronto competitivo tra gli operatori, procedere alla
scelta scaduto il termine di presentazione delle offerte
e stipulare il contratto nelle forme elettroniche.
Per
contro, nel caso di specie tale sequenza procedimentale
non sarebbe stata rispettata, tanto meno
l’amministrazione avrebbe già solo riscontrato la
richiesta di partecipazione della ricorrente.
Nel
costituirsi in giudizio il Comune di Trieste contestava
la fondatezza delle censure, chiedendone il rigetto.
Con
successive memorie la ricorrente ribadiva le proprie
doglianze, quantificando altresì il preteso danno.
Con
sentenza 4 ottobre 2016, n. 419, il Tribunale
amministrativo del Friuli Venezia Giulia rigettava il
gravame, sulla base del rilievo per cui alla fattispecie
in esame doveva applicarsi l’art 36, comma primo, del
d.lgs. n. 50 del 2016, il quale prevede espressamente il
“rispetto del principio di rotazione”. Ad avviso
del primo giudice, “Trattandosi di una norma speciale
relativa alle gare sotto soglia, essa prevale sulla
normativa sulle gare in generale”.
Avverso
tale decisione la Show Solutions interponeva appello,
articolato nei seguenti motivi di impugnazione:
Error in iudicando: violazione ed errata
applicazione dell’art. 36, co. 1 del D.Lgs. n. 50/2016 -
errata applicazione del criterio di rotazione -
violazione dei principi di trasparenza, pubblicità,
concorrenza e massima partecipazione, nonché del
principio di non discriminazione;
Error in iudicando per fondatezza del I°
e II° mezzo di doglianza articolati con il ricorso
introduttivo del giudizio; motivazione illogica e
insufficiente con riferimento ai punti 9 e 12 della
sentenza (pag. 4);
Error in procedendo – violazione ed
errata applicazione dell’art. 112 c.p.c. con riferimento
all’assorbimento degli altri vizi del provvedimento
impugnato (punti 12 e 13 a pag. 4);
Ribadiva
inoltre le argomentazioni già svolte nel precedente
grado di giudizio in merito alla dedotta istanza di
risarcimento per equivalente.
Costituitosi in giudizio, il Comune di Trieste eccepiva
l’infondatezza dell’appello, chiedendone il rigetto.
Successivamente le parti ulteriormente illustravano, con
apposite memorie, le proprie tesi difensive, e
all’udienza del 16 novembre 2017, dopo la rituale
discussione, la causa passava in decisione.
Ad un
complessivo esame degli atti di causa, l’appello non
appare fondato.
Con il
primo motivo di gravame, la Show Solutions deduce
l’errata applicazione del cd. “principio di rotazione”
di cui all’art. 36, comma primo d.lgs. n. 50 del 2016,
che da sé solo non potrebbe giustificare il mancato
invito dell’operatore economico che, nell’anno
precedente, era risultato affidatario dello stesso
servizio oggetto della gara: detto principio, infatti, “mira
ad impedire che si creino situazioni di privilegio per
gli operatori economici, cioè ad escludere rendite di
posizione derivanti dall’affidamento ripetuto di un
certo servizio o prestazione al medesimo operatore”,
di talché, per l’appellante, comporterebbe più
semplicemente “l’obbligo per l’amministrazione di
consultare diversi operatori economici per acquisire
molteplici offerte assicurandosi il servizio migliore ed
il naturale avvicendamento nella sua gestione”.
L’interpretazione fornita dall’appellante non è
condivisibile, dovendosi piuttosto fare applicazione del
precedente di Cons. Stato, VI, 31 agosto 2017, n. 4125 –
dal quale non v’è ragione di discostarsi, nel caso di
specie – che ribadisce l’obbligatorietà del principio di
rotazione per le gare di lavori, servizi e forniture
negli appalti cd. “sotto soglia”, come quello in esame.
In
particolare, il principio di rotazione ‒ che per
espressa previsione normativa deve orientare le stazioni
appaltanti nella fase di consultazione degli operatori
economici da consultare e da invitare a presentare le
offerte ‒ trova fondamento nella esigenza di evitare il
consolidamento di rendite di posizione in capo al
gestore uscente (la cui posizione di vantaggio deriva
soprattutto dalle informazioni acquisite durante il
pregresso affidamento), soprattutto nei mercati in cui
il numero di agenti economici attivi non è elevato.
Pertanto, anche al fine di ostacolare le pratiche di
affidamenti senza gara ripetuti nel tempo che ostacolino
l’ingresso delle piccole e medie imprese e di favorire,
per contro, la distribuzione temporale delle opportunità
di aggiudicazione tra tutti gli operatori potenzialmente
idonei, il principio in questione comporta, in linea
generale, che l’invito all’affidatario uscente riveste
carattere eccezionale.
Per
l’effetto, ove la stazione appaltante intenda comunque
procedere all’invito di quest’ultimo, dovrà puntualmente
motivare tale decisione, facendo in particolare
riferimento al numero (eventualmente) ridotto di
operatori presenti sul mercato, al grado di
soddisfazione maturato a conclusione del precedente
rapporto contrattuale ovvero all’oggetto e alle
caratteristiche del mercato di riferimento (in tal
senso, cfr. la delibera 26 ottobre 2016, n. 1097
dell’Autorità nazionale anticorruzione, linee guida n.
4).
Nel caso
su cui si verte, dunque, la stazione appaltante aveva
solo due possibilità: non invitare il gestore uscente o,
in caso contrario, motivare attentamente le ragioni per
le quali riteneva di non poter invece prescindere
dall’invito.
La
scelta del Comune di Trieste di optare per la prima
soluzione deve dunque ritenersi del tutto legittima, né
appaiono convincenti i rilievi di parte appellante circa
le possibili conseguenze in danno della concorrenza di
un tale principio.
Invero,
quest’ultimo è in realtà volto proprio a tutelare le
esigenze della concorrenza in un settore, quale quello
degli appalti “sotto soglia”, nel quale è maggiore il
rischio del consolidarsi, ancor più a livello locale, di
posizioni di rendita anticoncorrenziale da parte di
singoli operatori del settore risultati in precedenza
aggiudicatari della fornitura o del servizio.
Già nel
precedente Codice dei contratti pubblici (d.lgs.
n. 163 del 2006), in particolare al comma 6 dell’art.
57, al comma 7 dell’art. 59, al comma 7 dell’art. 122 ed
al comma 11 dell’art. 123, si faceva espresso
riferimento al principio da ultimo menzionato,
attraverso la cui effettiva applicazione è possibile
ottenere l’avvicendamento dei partecipanti alle gare
d’appalto.
In
particolare, per effetto del principio di rotazione
l’impresa che in precedenza ha svolto un determinato
servizio non ha più alcuna possibilità di vantare una
legittima pretesa ad essere invitata ad una nuova
procedura di gara per l’affidamento di un contratto
pubblico di importo inferiore alle soglie di rilevanza
comunitaria, né di risultare aggiudicataria del relativo
affidamento.
Nella
vigenza della precedente normativa, l’AVCP aveva
evidenziato che “il criterio di rotazione ha come
finalità quella di evitare che la stazione appaltante
possa consolidare rapporti solo con alcune imprese
venendo meno così al rispetto del principio di
concorrenza” (Determinazione n. 2 del 6 aprile
2011).
Orientamento successivamente ribadito nelle Linee
guida relative a “Procedure per l’affidamento dei
contratti pubblici di importo inferiore alle soglie di
rilevanza comunitaria, indagini di mercato e formazione
e gestione degli elenchi di operatori economici”,
deliberate dal Consiglio dell’ANAC nell’adunanza del 28
giugno 2016 e rispetto alle quali è stato richiesto il
parere del Consiglio di Stato.
Con il
secondo motivo di appello, invece, viene riproposta la
censura (già formulata nel corso per primo grado di
giudizio, ma considerata assorbita, dal giudice di prime
cure, nel riconoscimento dell’applicabilità del
principio di rotazione) della scelta del comune di
Trieste di prendere in considerazione solo soggetti con
i quali non fossero insorte “generiche contestazioni,
ancorché minori, ossia prive di quel carattere di
gravità richiesto dalle disposizioni del nuovo Codice
dei contratti (art. 80, comma 5, lett. c), D.Lgs.
50/2016) ed in assenza di motivata valutazione”.
Veniva
altresì nuovamente censurata “la scelta di invitare
solo operatori locali, aventi sede in Friuli Venezia
Giulia e nel vicino Veneto”.
Va
doverosamente premesso che la reiezione del primo motivo
di appello ha comunque carattere assorbente di ogni
altra censura attinente in merito della controversia
(comprese quelle attualmente in esame); solo per
completezza va però detto che le doglianze
dell’appellante non appaiono fondate.
Circa la
questione delle inadempienze contrattuali, nel caso di
specie risulta dagli atti (si veda quanto documentato
dal Comune di Trieste nella propria comparsa di
costituzione nel precedente grado di giudizio) che nel
corso della precedente gestione erano sorte
contestazioni tra la stazione appaltante e la Show
Solution, che avevano comportato l’applicazione di una
penale – non contestata in sede giudiziaria o
amministrativa – da recuperarsi all’atto del pagamento
della seconda tranche delle spettanze
dell’appaltatrice (provvedimento dirigenziale n. 2207
del 2015), come poi in effetti avvenuto.
Va
inoltre ricordato che la Show Solutions era risultata
altresì aggiudicataria, nel frattempo, di altri servizi
nell’interesse della medesima amministrazione, il che –
da un lato – ulteriormente porta ad escludere ipotetici
intenti discriminatori in suo danno da parte di
quest’ultima, dall’altro ancor più conferma – in
funzione pro concorrenziale – l’opportunità del ricorso
al principio di rotazione negli affidamenti, proprio ad
evitare anomale concentrazioni – anche solo di fatto –
in tale delicato settore.
Circa
invece la questione della territorialità dei soggetti
invitati, va richiamato il principio espresso da Cons.
Stato, V, 20 agosto 2015, n. 3954, secondo cui la
questione va risolta, caso per caso, alla luce delle
concrete caratteristiche della prestazione oggetto di
gara.
Ora,
anche a prescindere dai dubbi sulla sussistenza di un
obiettivo interesse all’accoglimento di tale motivo di
ricorso in capo alla Show Solution, trattandosi di
impresa avente sede legale nella Regione autonoma Friuli
Venezia Giulia (precisamente in San Dorligo della Valle
- TS) e, dunque, non discriminata dalla clausola del
bando impugnata, ritiene il Collegio che nel caso di
specie l’obiezione sia infondata.
Invero,
è l’oggetto stesso del servizio da effettuarsi in favore
del Comune di Trieste, articolato nell’allestimento
palchi e service tecnici audio-luci per la
realizzazione della manifestazione “Trieste Estate
2016”, che ha ragionevolmente indotto la stazione
appaltante a privilegiare, nell’ambito della piattaforma
informatica, del Me Pa, (che prevede la possibilità di
selezionare gli operatori su base regionale o
provinciale), le imprese in grado di offrire
tempestivamente le prestazioni richieste,
incontestabilmente riferite ad un ben preciso territorio
e ad un arco temporale circoscritto.
Elementi, quindi, del tutto coerenti con l’esigenza,
avvertita dalla stazione appaltante, che le ditte
incaricate avessero la propria sede in un’area
geografica non troppo distante dalla sede di esecuzione
dell’appalto, al fine di garantire la costanza
dell’intervento operativo e tecnico, nonché di supporto,
nel corso delle giornate di svolgimento dell’evento.
Con
terzo ed ultimo profilo di impugnazione la Show Solution
deduce infine la presunta violazione dell’art. 112 Cod.
proc. civ., con riferimento all’assorbimento degli altri
vizi del provvedimento impugnato.
Ad
avviso dell’appellante, infatti, una volta ritenuto
applicabile il principio di rotazione, il primo giudice
avrebbe dovuto comunque pronunciarsi espressamente anche
sulle altre autonome censure, dovendosi ritenere che “il
cd. assorbimento dei motivi sia, in linea di principio,
da considerarsi vietato”.
La
doglianza appare però inammissibile e, comunque,
infondata.
Sotto il
primo profilo, va evidenziato come l’appellante, lungi
dal riproporre i motivi di appello non esaminati nel
corso del primo grado di giudizio, si limiti ad una
formula di mero stile, inidonea però ad assolvere
l’onere minimo di allegazione in capo all’appellante.
Non
diversamente può intendersi infatti, la generica
indicazione per cui “I motivi giudicati assorbiti con
il provvedimento impugnato sono in ogni caso riproposti
nel presente atto d’appello conformemente alle
disposizioni dell’art. 101, comma 2 c.p.a.”, laddove
i suddetti motivi neppure vengono esplicitamente
enunciati, anche solo a scopo riassuntivo.
In ogni
caso, deve respingersi la tesi secondo cui
l’assorbimento dei motivi di ricorso dovrebbe
considerarsi in linea di principio vietato
dall’ordinamento processuale amministrativo: invero, la
stessa Ad. plen. 27 aprile 2015, n. 5 di questo
Consiglio, richiamata dall’appellante, non esclude certo
tale principio, chiarendo (p.to 9.2 delle motivazioni)
che “nel processo amministrativo, la tecnica
dell’assorbimento dei motivi deve ritenersi legittima
quando è espressione consapevole del controllo
esercitato dal giudice sull’esercizio della funzione
pubblica e se è rigorosamente limitata ai soli casi
disciplinati dalla legge ovvero quando sussista un
rapporto di stretta e chiara continenza, pregiudizialità
o implicazione logica tra la censura accolta e quella
non esaminata”.
Al
riguardo, la stessa pronuncia enuncia il principio per
cui, nel giudizio impugnatorio di legittimità, l’unicità
o pluralità di domande proposte dalle parti, mediante
ricorso principale, motivi aggiunti o ricorso
incidentale, si determina esclusivamente in funzione
della richiesta di annullamento di uno o più
provvedimenti.
In
particolare, laddove il giudice ritenga che, a fronte di
una domanda di annullamento basata su diversi motivi,
sia configurabile pur sempre un’unica domanda (come
giustappunto accade nel caso in esame), allora sarà
anche possibile predicare il possibile assorbimento dei
sottesi motivi.
Nel caso
di specie, il giudice di prime cure aveva fatto ricorso
al principio dell’assorbimento per ragioni di economia
processuale, come nel caso di reiezione fondata su una
pluralità di ragioni ostative, ognuna delle quali
autonomamente idonea a supportare la determinazione
finale negativa: ipotesi nella quale è sufficiente che
anche una sola delle ragioni ostative resista al vaglio
del giudice (come si era appunto verificato, una volta
ammessa l’operatività del principio di rotazione),
perché l’impugnativa avverso il provvedimento negativo
venga respinta (ex multis, Cons. Stato, VI, 4
marzo 2015, n. 1059; V, 10 febbraio 2015; VI, 20 ottobre
2014, n. 5159).
Per le
ragioni sovra espose, l’appello va dunque respinto e con
esso pure le istanze risarcitorie di Show Solution.
La
particolarità delle questioni trattate giustifica
peraltro, ad avviso del Collegio, l’integrale
compensazione – tra le parti – delle spese di lite del
presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come
in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa
integralmente tra le parti le spese di lite del presente
grado di giudizio.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16
novembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Paolo
Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere
Fabio
Franconiero, Consigliere
Raffaele
Prosperi, Consigliere
Valerio
Perotti, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
Valerio
Perotti |
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Francesco
Caringella |
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IL
SEGRETARIO
Fonte:
Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa |