N.
05036/2018REG.PROV.COLL. N. 00979/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul
ricorso numero di registro generale 979 del 2018,
proposto da
Consorzio CMG Ambiente Trasporti e Sanità, in persona
del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dall'avvocato Luca Tozzi, con
domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia
e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via
Toledo, 323;
contro
ANM -
Azienda Napoletana Mobilità s.p.a., non costituita in
giudizio;
Consorzio Stabile Europeo Multiservice, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentato
e difeso dall'avvocato Lorenzo Lentini, con domicilio
digitale come da PEC da Registri di Giustizia e
domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in
Roma, via Barnaba Tortolini, 30;
per la
riforma
della
sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la
Campania (Sezione Quarta) n. 703/2018, resa tra le parti
Visti il
ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto
l'atto di costituzione in giudizio del Consorzio Stabile
Europeo Multiservice;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore
nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2018 il
Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati
Tozzi e Lentini;
Ritenuto
e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.- Con
atto notificato nei tempi e nelle forme di rito, il
Consorzio CMG Ambiente Trasporti e Sanità, come in atti
rappresentato e difeso, proponeva appello avverso la
sentenza n. 703/2018, distinta in epigrafe, con la quale
il Tribunale amministrativo per la Campania, Napoli
aveva, per un verso, relativamente alla procedura
evidenziale indetta dalla Azienda Napoletana Mobilità
s.p.a. per l’affidamento triennale di un appalto
multiservice avente ad oggetto immobili, veicoli e
servizi logistici, accolto solo in parte il proprio
ricorso nei confronti dell’ammissione del concorrente
Consorzio Stabile Europeo Multiservice e, per altro
verso, contestualmente accolto il ricorso incidentale
proposto da quest’ultima, per l’effetto disponendo
l’estromissione di entrambi dalla gara.
2.- A
sostegno del gravame premetteva:
a) che, nella
qualità di consorzio stabile ex art. 45 comma 2,
lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 operante, tra gli
altri, nel settore degli appalti pubblici di pulizie,
aveva preso parte alla procedura aperta indetta, con
bando pubblicato in data 20 settembre 2017, da ANM
S.p.a. per l’affidamento, con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, dell’appalto di pulizie
multiservice, relativo ad immobili, veicoli e
servizi logistici, per la durata di 36 mesi, con opzione
di rinnovo annuale;
b) che, ammessa
al prosieguo delle operazioni di gara insieme al
concorrente e interessato Consorzio CEM, con nota prot.
n. 1028/is del 29 novembre 2017 (resa a riscontro di
analoga comunicazione del Consorzio CEM, che ne
richiedeva a sua volta l’estromissione) aveva
rappresentato che il ridetto Consorzio dovesse essere
escluso, a causa della carenza dei requisiti di moralità
professionale ex art. 80, comma 5, lett. c)
d.lgs. n. 50 del 2016;
c) che, in
difetto di riscontro, con ricorso ex art. 120,
comma 2 bis Cod. proc. amm., notificato il 7
dicembre 2017, aveva impugnato il provvedimento di
ammissione del Consorzio CEM, il quale – a sua volta –
con ricorso incidentale notificato in data 3 dicembre
2017 – aveva invocato la propria estromissione;
d) che, con
sentenza n. 703/2018, il Tribunale amministrativo aveva:
1) accolto il ricorso principale, peraltro nei
limiti del prospettico riesame motivato del
provvedimento di ammissione del Consorzio CEM, in ordine
alla rilevanza di precedente revoca di aggiudicazione,
disposta in suo danno dal Comune di Mugnano; 2)
accolto, altresì, il ricorso incidentale, disponendo la
propria estromissione per carenza del dedotto requisito
soggettivo di qualificazione e per invalidità
dell’allegato contratto di avvalimento.
3.-
Sulle esposte premesse, impugnava la ridetta
statuizione, lamentando, con plurimo mezzo:
a) che
erroneamente il primo giudice aveva ritenuto, rigettando
l’eccezione e riconoscendo d’ufficio la scusabilità
dell’errore, la tempestività del ricorso incidentale,
proposto oltre il termine di trenta giorni dalla data
del provvedimento di ammissione e dal perfezionamento
dell’accesso;
b) che
erroneamente, in accoglimento del ricorso, era stata
ritenuta, a suo carico, la carenza dei requisiti di
qualificazione come consorzio stabile e l’inidoneità,
per genericità, dell’avvalimento: palesandosi il ricorso
incidentale inammissibile e infondato;
c) che
erroneamente il primo giudice, pur avendo accolto le
proprie doglianze, aveva respinto, perché senza idoneo
supporto probatorio, ‘allegazione della ricorrenza, in
danno della controparte, di autonoma causa di
esclusione, per violazione delle norme di contrattazione
collettiva e mancato pagamento delle retribuzioni dei
dipendenti.
4.- Si
costituiva in giudizio il Consorzio CEM, che resisteva
al gravame e, con distinto atto, proponeva ricorso
incidentale, che censurava l’accoglimento del ricorso
principale di prime cure.
L’Azienda Napoletana Mobilità s.p.a., ritualmente
intimata, non si costituiva in giudizio.
5.- Nel
contraddittorio delle parti, alla pubblica udienza del
10 maggio 2018 la causa veniva riservata per la
decisione.
DIRITTO
1.-
L’appello principale è, nei sensi delle considerazioni e
delle precisazioni che seguono, infondato. Parimenti
infondato è l’appello incidentale. Entrambi vanno
respinti.
2.- Con
il primo motivo di doglianza (che, per questo profilo,
si salda con il secondo motivo dell’appello incidentale,
da esaminare congiuntamente), l’appellante lamenta che
la sentenza abbia ritenuto ricevibile, sia pure per
errore scusabile, il ricorso incidentale di prime cure,
con il quale il Consorzio CEM aveva contestato la sua
ammissione alla procedura: il gravame era stato, invero,
notificato solo in data 3 gennaio 2018 e, cioè, oltre il
termine di trenta giorni dalla data di pubblicazione del
verbale di ammissione del Consorzio appellante al
prosieguo delle operazioni di gara (7 novembre 2017),
tanto più che, alla data del 17 novembre 2017, la
ricorrente incidentale aveva già perfezionato l’accesso
documentale e, dunque, ben avrebbe potuto rispettare gli
stringenti termini di legge.
Reciprocamente, l’appellante incidentale impugna il
medesimo capo della sentenza, nella parte in cui non ha
riconosciuto la tempestività del ricorso, ritenendo
fosse necessario riconoscere la scusabilità dell’errore.
2.1.-
Occorre circoscrivere i termini della thema
decidendum prospettato con gli incrociati gravami.
Va
anzitutto evidenziato che la sentenza impugnata,
all’esito di una accurata ed argomentata disamina della
problematica dei termini per proporre ricorso
incidentale (improprio e ad excludendum) nel
contesto del rito superaccelerato dell’art. 120, comma
2-bis,Cod. proc. amm.:
a) ha
richiamato giurisprudenza dello stesso giudice, per cui
il termine perentorio di trenta giorni decorre non già
della “ricevuta notificazione del ricorso principale”
(giusta la regola generale codificata all’art. 42, comma
1, Cod. proc. amm.), ma dalla pubblicazione, nelle forme
legali, del provvedimento lesivo (alla stessa stregua
del ricorso principale);
b) ha preso
atto di una sopravvenuta decisione della III Sezione del
Consiglio di Stato (10 novembre 2017, n. 5182), che –in
riforma del precedente del Tribunale amministrativo
della Campania, Napoli, n. 3226 del 13 giugno 2017) –
aveva affermato l’opposto principio, inteso a ribadire
la piena operatività, anche nel procedimento
dell’articolo 120, comma 2-bis, dei meccanismi
processuali ordinari, , ai sensi dell’articolo 42, sulla
proposizione del ricorso incidentale, inclusa la
scansione dei termini procedurali.;
c) ha,
nondimeno, chiarito (non essendo vincolata allo statuito
principio di diritto) che il richiamato orientamento del
Consiglio di Stato non meritasse condivisione, ribadendo
l’opposta interpretazione;
d) ha,
peraltro, vista la oscillazione giurisprudenziale,
escluso la consequenziale declaratoria di
irricevibilità, riconoscendo i presupposti di
scusabilità dell’errore e riconoscendo, d’ufficio (ex
art. 37 Cod. proc. amm.) il beneficio della
rimessione in termini.
2.2.- In
siffatto contesto, l’appello principale lamenta:
a) che avrebbe
errato la sentenza a riconoscere la sussistenza dei
presupposti per la scusabilità dell’errore: a fronte di
un orientamento sufficientemente consolidato e
storicamente risalente nella giurisprudenza di primo
grado, noto agli operatori di settore, un solo
precedente del Consiglio di Stato non sarebbe stato
idoneo, per il carattere isolato, a prefigurare la “oscillazione
giurisprudenziale” suscettibile di determinare “oggettive
ragioni di incertezza” sull’esatta interpretazione
della norma processuale (art. 37 Cod. proc. amm.);
b) in ogni
caso, a fronte della pedissequa “scusabilità”
dell’errore, una doverosa prudenza avrebbe imposto – in
un contesto nel quale la parte era consapevole del
quadro fattuale e normativo, tanto da averne fatto
oggetto di diffida stragiudiziale,in data 21 novembre
2017 – di non frapporre indugi nel notificare il
gravame: dovendosi, con ciò, assumere tale condotta
negligente in termini di contraddizione con la
riconosciuta “scusabilità”, che – per definizione –
postula la “non imputabilità” dell’errore;
c) il
richiamato precedente del Consiglio di Stato non era
pertinente alla specie, perché riferito solo all’ipotesi
del ricorso incidentale c.d. escludente, di cui qui –
stante la obiettiva presenza in gara di altri operatori,
i cui requisiti di qualificazione non erano in
contestazione – non ricorrevano i presupposti, e
difettava il requisito dell’interesse strumentale alla
riedizione della gara: il primo giudice insomma avrebbe
convertito un (tardivo) ricorso incidentale improprio in
un ricorso principale autonomo, senza preventivo vaglio
di ammissibilità sull’interesse (che, in concreto,
mancava, trattandosi di concorrente comunque escluso
dalla procedura);
d) allora il
ricorso incidentale, proposto nel contesto del rito
dell’art. 120, comma 2-bis, non potrebbe avere di
suocarattere escludente (perché idoneo a paralizzare la
partecipazione alla gara): perciò avrebbe potuto essere
valutato solo se tempestivo.
2.3.-
Fino a questo punto – avuto, cioè, riguardo alle
doglianze principali – appare evidente che la questione
dei tempi per proporre il ricorso incidentale nel rito
dell’ art. 120, comma-2 bis esula dal thema
decidendum (la soccombenza dell’appellante,
legittimante l’interesse all’appello, discende solo
dalla dedotta violazione dell’art. 37 Cod. proc. amm.,
essendo stata condivisa l’eccezione di irricevibilità
del ricorso incidentale di prime cure, proposto dalla
controinteressata).
2.4.-
Sennonché, con il secondo motivo dell’appello
incidentale, quest’ultima ha contestato la sentenza,
nella parte in cui aveva ritenuto – disattendendo il
precedente del Consiglio di Stato – la formale
irricevibilità del proprio gravame, recuperandone
l’ammissibilità solo in virtù del riconoscimento del
beneficio remissorio.
Perciò
la censura – bene devoluta al giudice d’appello e non in
modo meramente ripropositivo ex art. 101, comma
2, Cod. proc. amm., perché rinveniente da parte del
tutto vittoriosa nel merito su doglianza non assorbita:
cfr. Cons. Stato, V, 12 marzo 2018, n. 1543) si innesta
su appello incidentale, che appare proprio perché
indirizzato, allo scopo di conservare l’esito favorevole
della decisione, sul medesimo capo impugnato in via
principale.
Se ne
impone, per tal via, la prioritaria e pregiudiziale
disamina. Questa impone al Collegio la valutazione della
questione del ricorso incidentale nel rito specialissimo
dell’art. 120, comma 2-bis.
2.5.- Il
Collegio condivide la sentenza impugnata nella parte in
cui affermato che il termine (di trenta giorni) per la
proposizione del ricorso incidentale, da parte del
concorrente che, nel quadro del rito di cui all’art.
120, comma 2-.bis Cod. proc. amm., ha subito in
prevenzione l’impugnazione di altro concorrente della
propria ammissione al prosieguo della gara (e che
intenda far valere l’estromissione del ricorrente
principale) decorra non – come nella fattispecie del
ricorso incidentale ordinario di cui all’art. 42
Cod. proc. amm. - dalla ricevuta notifica del ricorso
principale (che, nella ipotesi generale, attiva e fa
insorgere l’interesse ad agire), ma dalla conoscenza,
nelle forme legali, dell’avvenuta ammissione del
ricorrente principale.
La
conclusione – che si discosta dal precedente di Cons.
Stato, III, n. 5182/2017, che non appare meritevole di
essere condivisa – conferma la riflessione della
dottrina che ha messo in luce le implicazioni, sul piano
operativo, del rito superaccelerato sul regime del c.d.
ricorso incidentale escludente.
In
particolare, la presunzione assoluta di insorgenza
immediata dell’interesse a ricorrere, che discende
dall’onere di immediata impugnazione dell’art. 120,
comma 2-bis, di suo conduce non solo alla
successiva non configurabilità di un ricorso incidentale
escludente a valle dell’impugnazione principale
dell’aggiudicazione, com’è testualmente detto allo
stesso comma 2 bis, penultimo periodo («L’omessa
impugnazione preclude la facoltà di far valere
l’illegittimità derivata dei successivi atti delle
procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale»);
ma anche alla non configurabilità di analogo strumento,
in senso proprio, come risposta a un ricorso immediato
avverso l’altrui ammissione proposto in base al comma 2-bis,
primo periodo, seconda parte.
Infatti,
l’interesse a proporre un ricorso incidentale sorge
soltanto per effetto dell’avvenuta proposizione del
ricorso principale (art. 42, comma 1, Cod. proc. amm.:
«Le parti resistenti e i controinteressati possono
proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza
della domanda proposta in via principale, a mezzo di
ricorso incidentale»).
Qui la
presunzione assoluta e generalizzata di interesse a
ricorrere per tutti i concorrenti anticipa
figurativamente questa insorgenza dell’interesse a
ricorrere “escludente” al momento ufficiale della
conoscenza di quell’ammissione.
Sicché
la medesima ragione che preclude una reiterazione nel
tempo dell’interesse a ricorrere, che si è vista per il
primo ricorso, preclude una reiterazione per quello che
altrimenti sarebbe un ricorso incidentale. Anche per
l’impresa di cui si contesta la legittimazione alla gara
opera da subito la presunzione di interesse a contestare
in giudizio l’ammissione dell’impresa che muove questa
contestazione. In forza della presunzione, simile,
simmetrico e simultaneo è il loro interesse alla
reciproca esclusione: e questo, per virtuale che sia,
tiene ormai luogo di ogni altra effettiva, successiva
insorgenza di utilità a quei medesimi riguardi.
In
termini pratici segue che l’impresa che immagina
un’altrui contestazione della propria legittimazione
alla gara dispone, per muovere una simmetrica
contestazione in giustizia, dello stesso termine di
trenta giorni per ricorrere e dal medesimo dies a quo.
E il suo – se segue l’altro - non sarà comunque un
ricorso incidentale, ma un ricorso formalmente
autonomo: anche se, appunto, in risposta a un
ricorso senza il quale non lo avrebbe mosso e comunque a
quello stesso connesso.
2.6.- Le
conclusioni che precedono hanno trovato puntuale
conferma nella sentenza Cons. Stato, Ad. plen., 26
aprile 2018, n. 4, la quale ha chiarito:
a) che l’omessa
attivazione del rimedio processuale entro il termine di
trenta giorni preclude al concorrente non solo la
possibilità di dedurre le relative censure in sede di
impugnazione della successiva aggiudicazione, ma
anche di paralizzare, mediante lo strumento del ricorso
incidentale, il gravame principale proposto da altro
partecipante avverso la sua ammissione alla procedura;
b) che una
diversa lettura non potrebbe trarre contrario argomento
dal comma 6-bis dell’art. 120 cit. («La camera
di consiglio o l’udienza possono essere rinviate solo in
caso di esigenze istruttorie, per integrare il
contraddittorio, per proporre motivi aggiunti o ricorso
incidentale») che, nel contemplare espressamente la
possibilità di proporre ricorsi incidentali, potrebbe
far propendere, a una prima lettura, per la permanenza
del potere di articolare in sede di gravame incidentale,
vizi afferenti l’ammissione alla gara del ricorrente
principale anche dopo il decorso del termine fissato dal
comma 2-bis. Invero, in senso contrario, va
osservato che detta disposizione si riferisce, in
realtà, ai gravami incidentali che hanno ad oggetto
non vizi di legittimità del provvedimento di ammissione
alla gara, ma un diverso oggetto (es. lex
specialis ove interpretata in senso presupposto
dalla ricorrente principale): diversamente opinando, si
giungerebbe alla conclusione non coerente con il
disposto di cui al comma 2-bis di consentire
l’impugnazione dell’ammissione altrui oltre il termine
stabilito dalla novella legislativa. Per tal via si
violerebbe il comma 2-bis e la ratio
sottesa al nuovo rito specialissimo che, come
sottolineato in sede consultiva dal Consiglio di Stato
(parere n. 782/2017 sul decreto correttivo al Codice
degli appalti pubblici) è anche quello di “neutralizzare
per quanto possibile […] l’effetto “perverso” del
ricorso incidentale (anche in ragione della
giurisprudenza comunitaria e del difficile dialogo con
la Corte di Giustizia in relazione a tale istituto)”.
Da
quanto sopra si trae conferma che, nella situazione in
esame, il ricorso è “incidentale” solo per ragioni
formali (id est, perché proposto per secondo, nel
contesto di un processo già iniziato da altri),
restando, invece, sostanzialmente autonomo (e
cioè, si paret, incidentale improprio).
2.7.- Le
esposte ragioni inducono a condividere, in parte qua,
la sentenza impugnata e a respingere il secondo motivo
dell’odierno appello incidentale.
2.8.-
Va, di conseguenza, esaminato il primo motivo
dell’appello principale, il quale – come chiarito –
assume criticamente ad oggetto il riconoscimento dei
presupposti dell’errore scusabile.
2.9.- Il
motivo non è fondato.
Pur nel
quadro di una interpretazione doverosamente restrittiva
dell’istituto eccezionale della rimessione in termini
(che, se oggetto di troppo lata e discrezionale
concessione, ridonderebbe in grave vulnus
dell'equiordinato principio della parità delle parti
(art. 2, 1º comma, Cod. proc. amm.), sul versante del
rispetto dei termini perentori stabiliti
dall'ordinamento processuale: cfr. Cons. Stato, VI, 23
gennaio 2013, n. 394, sulla scia di Id., Ad. plen., 2
dicembre 2010, n. 3) la pronunzia della III Sezione del
Consiglio di Stato, intervenuta in pendenza dei termini
per la proposizione del ricorso, era di suo idonea, per
provenienza ed autorevolezza, a ingenerare – a fronte
del difforme orientamento ad allora maturato, che aveva
motivatamente riformato – una obiettiva “incertezza”,
non imputabile alla parte, sull’esatta portata della
norma processuale.
Non
rileva che si trattasse, come aggiunge l’appellante, di
un “unico” (e, come tale, pretesamente insufficiente)
precedente. Si trattava, in effetti, della prima
occasione in cui il Consiglio di Stato aveva vagliato
funditus la questione e, di conserva, della prima
sua espressa pronunzia in materia, cui – per comune
intendimento – non poteva che conferirsi il senso di un
significativo impatto sulla giurisprudenza di prime
cure. Ciò in ragione della attitudine nomofilattica,
voluta dall’ordinamento, delle statuizioni del Consiglio
di Stato, essenziale ai fini generali della sicurezza
giuridica – che è bene di cui non è dato al singolo
giudice disporre a sola difesa dei propri precedenti
opinamenti - idonea ad adeguatamente orientare, per la
necessaria prevedibilità del diritto, la prassi degli
operatori di settore.
Bene
dunque il primo giudice – pur dissentendo sulla portata
della ridetta pronunzia – ha quanto meno riconosciuto
(d’ufficio: ex art. 37 Cod. proc. amm.) la rimessione in
termini.
Va,
perciò, respinto – unitamente al secondo motivo
dell’appello incidentale – anche il primo motivo
dell’appello principale.
3.-
Occorre, a questo punto, esaminare il secondo motivo
dell’appello principale, con il quale – per violazioni
di legge ed eccesso di potere – il Consorzio CMG si
duole che, recependo le censure formulate dalla
controinteressata con il ricorso incidentale di prime
cure, il giudice abbia ritenuto a proprio carico: a)
il mancato possesso dei requisiti per la qualificazione
come consorzio stabile ex art. 45 comma 1 lett.
c) d. lgs. N. 50 del 2016; b)
l’inidoneità, per asserita genericità, del contratto di
avvalimento stipulato con la ditta ausiliaria (Shining
s.r.l.).
3.1 – Va
premesso che la sentenza ha ritenuto inesistenti “in
capo al consorzio ricorrente principale CGM i requisiti
strutturali e funzionali tipici della categoria
tipologica qui in rilievo”.
La
conclusione è discesa dalla premessa per cui la
giurisprudenza ritiene elemento essenziale per
attribuire al consorzio la qualifica di consorzio
stabile il c.d. elemento teleologico, ossia l'astratta
idoneità del consorzio, esplicitamente consacrata nello
statuto consortile, di operare con un'autonoma struttura
di impresa, capace di eseguire, anche in proprio, ovvero
senza l'ausilio necessario delle strutture
imprenditoriali delle consorziate, le presentazioni
previste nel contratto (ferma restando la facoltà per il
consorzio, che abbia tale struttura, di eseguire le
prestazioni, nei limiti consentiti, attraverso le
consorziate) (cfr. Cons. Stato, V, 2 maggio 2017 n.
1984).
Il
riferimento aggiuntivo del Codice dei contratti pubblici
alla «comune struttura di impresa» ha portato a
concludere che costituisce predicato indefettibile di
tali soggetti l’esistenza di un’azienda consortile, nel
senso privatistico di «complesso dei beni organizzati
dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa».
Di
contro, qui la piana lettura dell’atto costitutivo e
dello statuto allegato non avevano fatto emergere un
detto, qualificante elemento, cioè lo scopo e la stessa
obiettiva attitudine ad operare nel settore degli
appalti pubblici con autonoma struttura ad impresa,
capace di eseguire anche in proprio le prestazioni
previste nel contratto.
L’art. 4
dello statuto, in particolare, nell’elencare le attività
consortili faceva sempre ed esclusivamente riferimento
ad attività svolte “per conto delle consorziate”.
Nemmeno, sul piano fattuale (e dunque indipendentemente
dai dati statutari), la odierna appellante avrebbe
dimostrato l’esistenza di un’azienda consortile con le
ridette caratteristiche.
Da ciò,
la ritenuta illegittimità della disposta ammissione alla
gara del consorzio (che aveva chiesto, nella relativa
domanda, di partecipare in proprio e come soggetto
distinto dalle imprese consorziate): considerazione cui
andava ad aggiungersi l’omessa dichiarazione in ordine
al possesso dei requisiti da ritenersi esigibili in capo
a tutte le consorziate (art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016) e
la non rispondenza al vero della dichiarazione di
stabilità, in violazione degli artt. 45 e 80 d.lgs. n.
50 del 2016.
3.2.-
L’appellante contesta le conclusioni della sentenza,
allegando documentazione dalla quale sarebbe dato
indurre – di là dalla formale previsione statutaria – la
concreta e fattuale operatività “in proprio” del
consorzio, con assunzione di personale proprio,
assunzione di servizi in proprio, esistenza di più di
quattro soci costituenti, esistenza di una stabile
organizzazione (uffici, conti correnti, personale.
ecc.).
Egli
lamenta, altresì, che anche se fossero mancati i
requisiti per il riconoscimento della “stabilità”,
avrebbe dovuto essere riconosciuto (trattandosi pur
sempre di consorzio “ordinario”) il soccorso istruttorio
(che il primo giudice aveva, per contro, negato,
ritenendo si trattasse di vizio genetico, involgente la
stessa identità del soggetto partecipante alla gara.
3.3.- Il
motivo è inammissibile.
L’accoglimento della doglianza è accompagnata, nella
sentenza impugnata (con passaggio motivazionale che
integra non una ratio decidendi, ma un autonomo
capo decisorio, trattandosi di distinta e concorrente
ragione di esclusione, in forza dell’art. 80 d. lgs. n.
50 del 2016, espressamente richiamato), dal rilievo
della illegittimità dell’ammissione del consorzio
appellante per “omessa dichiarazione in ordine al
possesso dei requisiti da ritenersi esigibili in capo a
tutte le consorziate”. Il capo in questione non è
stato impugnato con “specifiche censure” (cfr.
art. 101, comma 1 Cod. proc. amm.), di tal che la
relativa acquiescenza (cfr. art. 329 Cod. proc. civ.)
elide – trattandosi di autonoma ed autosufficiente
ragione di esclusione – l’interesse alla disamina delle
distinte ragioni di doglianza.
3.4.-
Per questa considerazione, anche gli ulteriori motivi
dell’appello principale – diretti a censurare la
ritenuta inidoneità del contratto di avvalimento
stipulato con la propria impresa ausiliaria e a
lamentare l’omessa valorizzazione per difetto di prova,
in danno della controinteressata, di autonoma causa di
esclusione per inadempimenti relativi a distinti
rapporti negoziali intrattenuti con pubbliche
amministrazioni – va dichiarato inammissibile per
carenza di interesse.
4.- Va,
a questo punto, esaminato – trattandosi, per questo
profilo, di appello incidentale improprio, la cui
disamina non è condizionata alla sorte dell’appello
principale (cfr. Cons. Stato, III, 1° agosto 2017, n.
3873) – il primo motivo dell’appello del Consorzio CEM:
che ha contestato la sentenza nella parte in cui ha
disposto la sua estromissione dalla gara per violazione
di un obbligo dichiarativo, connesso alla circostanza
che esso Consorzio risultava destinatario di un atto
(determinazione dirigenziale n. 331 del 13 maggio 2016
del Comune di Mugnano) di revoca della aggiudicazione
precedentemente disposta in suo favore in altra gara,
per mancata comprova dei requisiti dichiarati:
circostanza in ordine alla quale – essendo gli imposti
obblighi dichiarativi strumentali al doveroso
apprezzamento della sussistenza di possibili illeciti
professionali, in grado di incidere sull’utile
partecipazione alla procedura – la stazione appaltante
avrebbe dovuto effettuare i necessari riscontri e le
opportune verifiche.
4.1.-
L’appellante incidentale contesta la decisione,
assumendo:
a) che la
delibera del Comune di Mugnano aveva disposto la revoca
per fatti sostanzialmente imputabili soggetto distinto
(segnatamente al Consorzio COMIM che, nella gara in
questione, rivestiva la posizione di mandante, mentre il
CEM era mandatario della costituita ATI);
b) che, per
tale ragione, il provvedimento di revoca avrebbe potuto
assumere rilevanza ostativa solo in danno del COMIM, che
aveva omesso di rendere le prescritte dichiarazioni,
senza potersi estendere in danno del CEM, che era
autonomo e distinto operatore economico;
c) che la sola
contestazione che aveva investito direttamente il CEM
era limitata ad una presunta omessa dichiarazione di un
precedente giudiziario (peraltro, per abuso di utilizzo
di un contrassegno per disabili) a carico del Sig.
Pinto, Consigliere di una Consorziata del CEM (CIS), che
non era designata per la esecuzione dell’appalto;
d) che
l’omissione dichiarativa non rilevava in modo preclusivo
sulla affidabilità ed integrità professionale e morale
del Consorzio CEM;
e) che – per
l’effetto – nessuna violazione di obbligo dichiarativo
le avrebbe potuto essere imputata, né ai fini di cui
all’art. 80, comma 5 lett. c), né a quelli di cui
alla successiva lett. f);
f) che l’omessa
dichiarazione (non dolosa) non avrebbe potuto
legittimare l’esclusione (ciò che – del resto – aveva
correttamente indotto il primo giudice a rinviare, in
prospettiva conformativa, ogni onere valutativo alla
stazione appaltante).
4.2.- Il
motivo non può essere accolto.
In capo
ai soggetti partecipanti alle gare sussiste il dovere di
dichiarare tutte le vicende pregresse, concernenti fatti
risolutivi, errori o altre negligenze, comunque
rilevanti, occorse in precedenti rapporti contrattuali
con pubbliche amministrazioni diverse dalla stazione
appaltante, giacché tale dichiarazione attiene ai
principi di lealtà e affidabilità contrattuale e
professionale che presiedono ai rapporti tra
partecipanti e stazione appaltante, senza che a costoro
sia consentito scegliere quali delle dette vicende
dichiarare sulla base di un soggettivo giudizio di
gravità, competendo quest'ultimo soltanto
all'amministrazione committente (cfr., tra le tante,
Cons. Stato, V, 28 marzo 2018, n. 1935; Id., 15 dicembre
2016, n. 5210; Id., 4 ottobre 2016, n. 4108; Id. 26
luglio 2016, n. 3375; Id., 19 maggio 2016, n. 2106).
Del
resto – conformi, sul punto, al riassunto principio –
anche le linee Guida ANAC n. 6 sono inequivocabili nello
statuire che “la sussistenza delle cause di
esclusione […] deve essere autocertificata dagli
operatori economici mediante utilizzo del DGUE. La
dichiarazione sostitutiva ha ad oggetto tutti i
provvedimenti astrattamente idonei a porre in dubbio
l’integrità o l’affidabilità del concorrente, anche se
non ancora inseriti nel casellario informatico. È
infatti rimesso in via esclusiva alla stazione
appaltante il giudizio in ordine alla rilevanza in
concreto dei comportamenti accertati ai fini
dell’esclusione. La falsa attestazione
dell’insussistenza di situazioni astrattamente idonee a
configurare la causa di esclusione in argomento e
l’omissione della dichiarazione di situazioni
successivamente accertate dalla stazione appaltante
comportano l’applicazione dell’art. 80, comma 1, lett. f
bis) del codice”.
Il
motivo deve, essere, in definitiva, disatteso.
5.-
Dalle considerazioni che precedono, discende che deve
dichiararsi in parte infondato e in parte inammissibile
l’appello principale e deve essere integralmente
respinto l’appello incidentale.
La
complessità delle questioni trattate e la reciproca
soccombenza giustificano l’integrale compensazione, tra
le parti costituite, di spese e competenze di lite.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione
Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli,
come in epigrafe proposto, dichiara in parte
inammissibile e in parte infondato l’appello principale
e respinge l’appello incidentale.
Spese
compensate.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10
maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe
Severini, Presidente
Roberto
Giovagnoli, Consigliere
Valerio
Perotti, Consigliere
Federico
Di Matteo, Consigliere
Giovanni
Grasso, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
Giovanni
Grasso |
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Giuseppe
Severini |
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IL
SEGRETARIO
Fonte:
Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa |