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N. 05036/2018REG.PROV.COLL. N. 00979/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 979 del 2018, proposto da
Consorzio CMG Ambiente Trasporti e Sanità, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Luca Tozzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, via Toledo, 323;
 

contro

ANM - Azienda Napoletana Mobilità s.p.a., non costituita in giudizio;
Consorzio Stabile Europeo Multiservice, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Lorenzo Lentini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, 30;
 

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quarta) n. 703/2018, resa tra le parti

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Consorzio Stabile Europeo Multiservice;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2018 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Tozzi e Lentini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1.- Con atto notificato nei tempi e nelle forme di rito, il Consorzio CMG Ambiente Trasporti e Sanità, come in atti rappresentato e difeso, proponeva appello avverso la sentenza n. 703/2018, distinta in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo per la Campania, Napoli aveva, per un verso, relativamente alla procedura evidenziale indetta dalla Azienda Napoletana Mobilità s.p.a. per l’affidamento triennale di un appalto multiservice avente ad oggetto immobili, veicoli e servizi logistici, accolto solo in parte il proprio ricorso nei confronti dell’ammissione del concorrente Consorzio Stabile Europeo Multiservice e, per altro verso, contestualmente accolto il ricorso incidentale proposto da quest’ultima, per l’effetto disponendo l’estromissione di entrambi dalla gara.

2.- A sostegno del gravame premetteva:

a) che, nella qualità di consorzio stabile ex art. 45 comma 2, lett. c), d.lgs. n. 50 del 2016 operante, tra gli altri, nel settore degli appalti pubblici di pulizie, aveva preso parte alla procedura aperta indetta, con bando pubblicato in data 20 settembre 2017, da ANM S.p.a. per l’affidamento, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dell’appalto di pulizie multiservice, relativo ad immobili, veicoli e servizi logistici, per la durata di 36 mesi, con opzione di rinnovo annuale;

b) che, ammessa al prosieguo delle operazioni di gara insieme al concorrente e interessato Consorzio CEM, con nota prot. n. 1028/is del 29 novembre 2017 (resa a riscontro di analoga comunicazione del Consorzio CEM, che ne richiedeva a sua volta l’estromissione) aveva rappresentato che il ridetto Consorzio dovesse essere escluso, a causa della carenza dei requisiti di moralità professionale ex art. 80, comma 5, lett. c) d.lgs. n. 50 del 2016;

c) che, in difetto di riscontro, con ricorso ex art. 120, comma 2 bis Cod. proc. amm., notificato il 7 dicembre 2017, aveva impugnato il provvedimento di ammissione del Consorzio CEM, il quale – a sua volta – con ricorso incidentale notificato in data 3 dicembre 2017 – aveva invocato la propria estromissione;

d) che, con sentenza n. 703/2018, il Tribunale amministrativo aveva: 1) accolto il ricorso principale, peraltro nei limiti del prospettico riesame motivato del provvedimento di ammissione del Consorzio CEM, in ordine alla rilevanza di precedente revoca di aggiudicazione, disposta in suo danno dal Comune di Mugnano; 2) accolto, altresì, il ricorso incidentale, disponendo la propria estromissione per carenza del dedotto requisito soggettivo di qualificazione e per invalidità dell’allegato contratto di avvalimento.

3.- Sulle esposte premesse, impugnava la ridetta statuizione, lamentando, con plurimo mezzo:

a) che erroneamente il primo giudice aveva ritenuto, rigettando l’eccezione e riconoscendo d’ufficio la scusabilità dell’errore, la tempestività del ricorso incidentale, proposto oltre il termine di trenta giorni dalla data del provvedimento di ammissione e dal perfezionamento dell’accesso;

b) che erroneamente, in accoglimento del ricorso, era stata ritenuta, a suo carico, la carenza dei requisiti di qualificazione come consorzio stabile e l’inidoneità, per genericità, dell’avvalimento: palesandosi il ricorso incidentale inammissibile e infondato;

c) che erroneamente il primo giudice, pur avendo accolto le proprie doglianze, aveva respinto, perché senza idoneo supporto probatorio, ‘allegazione della ricorrenza, in danno della controparte, di autonoma causa di esclusione, per violazione delle norme di contrattazione collettiva e mancato pagamento delle retribuzioni dei dipendenti.

4.- Si costituiva in giudizio il Consorzio CEM, che resisteva al gravame e, con distinto atto, proponeva ricorso incidentale, che censurava l’accoglimento del ricorso principale di prime cure.

L’Azienda Napoletana Mobilità s.p.a., ritualmente intimata, non si costituiva in giudizio.

5.- Nel contraddittorio delle parti, alla pubblica udienza del 10 maggio 2018 la causa veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- L’appello principale è, nei sensi delle considerazioni e delle precisazioni che seguono, infondato. Parimenti infondato è l’appello incidentale. Entrambi vanno respinti.

2.- Con il primo motivo di doglianza (che, per questo profilo, si salda con il secondo motivo dell’appello incidentale, da esaminare congiuntamente), l’appellante lamenta che la sentenza abbia ritenuto ricevibile, sia pure per errore scusabile, il ricorso incidentale di prime cure, con il quale il Consorzio CEM aveva contestato la sua ammissione alla procedura: il gravame era stato, invero, notificato solo in data 3 gennaio 2018 e, cioè, oltre il termine di trenta giorni dalla data di pubblicazione del verbale di ammissione del Consorzio appellante al prosieguo delle operazioni di gara (7 novembre 2017), tanto più che, alla data del 17 novembre 2017, la ricorrente incidentale aveva già perfezionato l’accesso documentale e, dunque, ben avrebbe potuto rispettare gli stringenti termini di legge.

Reciprocamente, l’appellante incidentale impugna il medesimo capo della sentenza, nella parte in cui non ha riconosciuto la tempestività del ricorso, ritenendo fosse necessario riconoscere la scusabilità dell’errore.

2.1.- Occorre circoscrivere i termini della thema decidendum prospettato con gli incrociati gravami.

Va anzitutto evidenziato che la sentenza impugnata, all’esito di una accurata ed argomentata disamina della problematica dei termini per proporre ricorso incidentale (improprio e ad excludendum) nel contesto del rito superaccelerato dell’art. 120, comma 2-bis,Cod. proc. amm.:

a) ha richiamato giurisprudenza dello stesso giudice, per cui il termine perentorio di trenta giorni decorre non già della “ricevuta notificazione del ricorso principale” (giusta la regola generale codificata all’art. 42, comma 1, Cod. proc. amm.), ma dalla pubblicazione, nelle forme legali, del provvedimento lesivo (alla stessa stregua del ricorso principale);

b) ha preso atto di una sopravvenuta decisione della III Sezione del Consiglio di Stato (10 novembre 2017, n. 5182), che –in riforma del precedente del Tribunale amministrativo della Campania, Napoli, n. 3226 del 13 giugno 2017) – aveva affermato l’opposto principio, inteso a ribadire la piena operatività, anche nel procedimento dell’articolo 120, comma 2-bis, dei meccanismi processuali ordinari, , ai sensi dell’articolo 42, sulla proposizione del ricorso incidentale, inclusa la scansione dei termini procedurali.;

c) ha, nondimeno, chiarito (non essendo vincolata allo statuito principio di diritto) che il richiamato orientamento del Consiglio di Stato non meritasse condivisione, ribadendo l’opposta interpretazione;

d) ha, peraltro, vista la oscillazione giurisprudenziale, escluso la consequenziale declaratoria di irricevibilità, riconoscendo i presupposti di scusabilità dell’errore e riconoscendo, d’ufficio (ex art. 37 Cod. proc. amm.) il beneficio della rimessione in termini.

2.2.- In siffatto contesto, l’appello principale lamenta:

a) che avrebbe errato la sentenza a riconoscere la sussistenza dei presupposti per la scusabilità dell’errore: a fronte di un orientamento sufficientemente consolidato e storicamente risalente nella giurisprudenza di primo grado, noto agli operatori di settore, un solo precedente del Consiglio di Stato non sarebbe stato idoneo, per il carattere isolato, a prefigurare la “oscillazione giurisprudenziale” suscettibile di determinare “oggettive ragioni di incertezza” sull’esatta interpretazione della norma processuale (art. 37 Cod. proc. amm.);

b) in ogni caso, a fronte della pedissequa “scusabilità” dell’errore, una doverosa prudenza avrebbe imposto – in un contesto nel quale la parte era consapevole del quadro fattuale e normativo, tanto da averne fatto oggetto di diffida stragiudiziale,in data 21 novembre 2017 – di non frapporre indugi nel notificare il gravame: dovendosi, con ciò, assumere tale condotta negligente in termini di contraddizione con la riconosciuta “scusabilità”, che – per definizione – postula la “non imputabilità” dell’errore;

c) il richiamato precedente del Consiglio di Stato non era pertinente alla specie, perché riferito solo all’ipotesi del ricorso incidentale c.d. escludente, di cui qui – stante la obiettiva presenza in gara di altri operatori, i cui requisiti di qualificazione non erano in contestazione – non ricorrevano i presupposti, e difettava il requisito dell’interesse strumentale alla riedizione della gara: il primo giudice insomma avrebbe convertito un (tardivo) ricorso incidentale improprio in un ricorso principale autonomo, senza preventivo vaglio di ammissibilità sull’interesse (che, in concreto, mancava, trattandosi di concorrente comunque escluso dalla procedura);

d) allora il ricorso incidentale, proposto nel contesto del rito dell’art. 120, comma 2-bis, non potrebbe avere di suocarattere escludente (perché idoneo a paralizzare la partecipazione alla gara): perciò avrebbe potuto essere valutato solo se tempestivo.

2.3.- Fino a questo punto – avuto, cioè, riguardo alle doglianze principali – appare evidente che la questione dei tempi per proporre il ricorso incidentale nel rito dell’ art. 120, comma-2 bis esula dal thema decidendum (la soccombenza dell’appellante, legittimante l’interesse all’appello, discende solo dalla dedotta violazione dell’art. 37 Cod. proc. amm., essendo stata condivisa l’eccezione di irricevibilità del ricorso incidentale di prime cure, proposto dalla controinteressata).

2.4.- Sennonché, con il secondo motivo dell’appello incidentale, quest’ultima ha contestato la sentenza, nella parte in cui aveva ritenuto – disattendendo il precedente del Consiglio di Stato – la formale irricevibilità del proprio gravame, recuperandone l’ammissibilità solo in virtù del riconoscimento del beneficio remissorio.

Perciò la censura – bene devoluta al giudice d’appello e non in modo meramente ripropositivo ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm., perché rinveniente da parte del tutto vittoriosa nel merito su doglianza non assorbita: cfr. Cons. Stato, V, 12 marzo 2018, n. 1543) si innesta su appello incidentale, che appare proprio perché indirizzato, allo scopo di conservare l’esito favorevole della decisione, sul medesimo capo impugnato in via principale.

Se ne impone, per tal via, la prioritaria e pregiudiziale disamina. Questa impone al Collegio la valutazione della questione del ricorso incidentale nel rito specialissimo dell’art. 120, comma 2-bis.

2.5.- Il Collegio condivide la sentenza impugnata nella parte in cui affermato che il termine (di trenta giorni) per la proposizione del ricorso incidentale, da parte del concorrente che, nel quadro del rito di cui all’art. 120, comma 2-.bis Cod. proc. amm., ha subito in prevenzione l’impugnazione di altro concorrente della propria ammissione al prosieguo della gara (e che intenda far valere l’estromissione del ricorrente principale) decorra non – come nella fattispecie del ricorso incidentale ordinario di cui all’art. 42 Cod. proc. amm. - dalla ricevuta notifica del ricorso principale (che, nella ipotesi generale, attiva e fa insorgere l’interesse ad agire), ma dalla conoscenza, nelle forme legali, dell’avvenuta ammissione del ricorrente principale.

La conclusione – che si discosta dal precedente di Cons. Stato, III, n. 5182/2017, che non appare meritevole di essere condivisa – conferma la riflessione della dottrina che ha messo in luce le implicazioni, sul piano operativo, del rito superaccelerato sul regime del c.d. ricorso incidentale escludente.

In particolare, la presunzione assoluta di insorgenza immediata dell’interesse a ricorrere, che discende dall’onere di immediata impugnazione dell’art. 120, comma 2-bis, di suo conduce non solo alla successiva non configurabilità di un ricorso incidentale escludente a valle dell’impugnazione principale dell’aggiudicazione, com’è testualmente detto allo stesso comma 2 bis, penultimo periodo («L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale»); ma anche alla non configurabilità di analogo strumento, in senso proprio, come risposta a un ricorso immediato avverso l’altrui ammissione proposto in base al comma 2-bis, primo periodo, seconda parte.

Infatti, l’interesse a proporre un ricorso incidentale sorge soltanto per effetto dell’avvenuta proposizione del ricorso principale (art. 42, comma 1, Cod. proc. amm.: «Le parti resistenti e i controinteressati possono proporre domande il cui interesse sorge in dipendenza della domanda proposta in via principale, a mezzo di ricorso incidentale»).

Qui la presunzione assoluta e generalizzata di interesse a ricorrere per tutti i concorrenti anticipa figurativamente questa insorgenza dell’interesse a ricorrere “escludente” al momento ufficiale della conoscenza di quell’ammissione.

Sicché la medesima ragione che preclude una reiterazione nel tempo dell’interesse a ricorrere, che si è vista per il primo ricorso, preclude una reiterazione per quello che altrimenti sarebbe un ricorso incidentale. Anche per l’impresa di cui si contesta la legittimazione alla gara opera da subito la presunzione di interesse a contestare in giudizio l’ammissione dell’impresa che muove questa contestazione. In forza della presunzione, simile, simmetrico e simultaneo è il loro interesse alla reciproca esclusione: e questo, per virtuale che sia, tiene ormai luogo di ogni altra effettiva, successiva insorgenza di utilità a quei medesimi riguardi.

In termini pratici segue che l’impresa che immagina un’altrui contestazione della propria legittimazione alla gara dispone, per muovere una simmetrica contestazione in giustizia, dello stesso termine di trenta giorni per ricorrere e dal medesimo dies a quo. E il suo – se segue l’altro - non sarà comunque un ricorso incidentale, ma un ricorso formalmente autonomo: anche se, appunto, in risposta a un ricorso senza il quale non lo avrebbe mosso e comunque a quello stesso connesso.

2.6.- Le conclusioni che precedono hanno trovato puntuale conferma nella sentenza Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2018, n. 4, la quale ha chiarito:

a) che l’omessa attivazione del rimedio processuale entro il termine di trenta giorni preclude al concorrente non solo la possibilità di dedurre le relative censure in sede di impugnazione della successiva aggiudicazione, ma anche di paralizzare, mediante lo strumento del ricorso incidentale, il gravame principale proposto da altro partecipante avverso la sua ammissione alla procedura;

b) che una diversa lettura non potrebbe trarre contrario argomento dal comma 6-bis dell’art. 120 cit. («La camera di consiglio o l’udienza possono essere rinviate solo in caso di esigenze istruttorie, per integrare il contraddittorio, per proporre motivi aggiunti o ricorso incidentale») che, nel contemplare espressamente la possibilità di proporre ricorsi incidentali, potrebbe far propendere, a una prima lettura, per la permanenza del potere di articolare in sede di gravame incidentale, vizi afferenti l’ammissione alla gara del ricorrente principale anche dopo il decorso del termine fissato dal comma 2-bis. Invero, in senso contrario, va osservato che detta disposizione si riferisce, in realtà, ai gravami incidentali che hanno ad oggetto non vizi di legittimità del provvedimento di ammissione alla gara, ma un diverso oggetto (es. lex specialis ove interpretata in senso presupposto dalla ricorrente principale): diversamente opinando, si giungerebbe alla conclusione non coerente con il disposto di cui al comma 2-bis di consentire l’impugnazione dell’ammissione altrui oltre il termine stabilito dalla novella legislativa. Per tal via si violerebbe il comma 2-bis e la ratio sottesa al nuovo rito specialissimo che, come sottolineato in sede consultiva dal Consiglio di Stato (parere n. 782/2017 sul decreto correttivo al Codice degli appalti pubblici) è anche quello di “neutralizzare per quanto possibile […] l’effetto “perverso” del ricorso incidentale (anche in ragione della giurisprudenza comunitaria e del difficile dialogo con la Corte di Giustizia in relazione a tale istituto)”.

Da quanto sopra si trae conferma che, nella situazione in esame, il ricorso è “incidentale” solo per ragioni formali (id est, perché proposto per secondo, nel contesto di un processo già iniziato da altri), restando, invece, sostanzialmente autonomo (e cioè, si paret, incidentale improprio).

2.7.- Le esposte ragioni inducono a condividere, in parte qua, la sentenza impugnata e a respingere il secondo motivo dell’odierno appello incidentale.

2.8.- Va, di conseguenza, esaminato il primo motivo dell’appello principale, il quale – come chiarito – assume criticamente ad oggetto il riconoscimento dei presupposti dell’errore scusabile.

2.9.- Il motivo non è fondato.

Pur nel quadro di una interpretazione doverosamente restrittiva dell’istituto eccezionale della rimessione in termini (che, se oggetto di troppo lata e discrezionale concessione, ridonderebbe in grave vulnus dell'equiordinato principio della parità delle parti (art. 2, 1º comma, Cod. proc. amm.), sul versante del rispetto dei termini perentori stabiliti dall'ordinamento processuale: cfr. Cons. Stato, VI, 23 gennaio 2013, n. 394, sulla scia di Id., Ad. plen., 2 dicembre 2010, n. 3) la pronunzia della III Sezione del Consiglio di Stato, intervenuta in pendenza dei termini per la proposizione del ricorso, era di suo idonea, per provenienza ed autorevolezza, a ingenerare – a fronte del difforme orientamento ad allora maturato, che aveva motivatamente riformato – una obiettiva “incertezza”, non imputabile alla parte, sull’esatta portata della norma processuale.

Non rileva che si trattasse, come aggiunge l’appellante, di un “unico” (e, come tale, pretesamente insufficiente) precedente. Si trattava, in effetti, della prima occasione in cui il Consiglio di Stato aveva vagliato funditus la questione e, di conserva, della prima sua espressa pronunzia in materia, cui – per comune intendimento – non poteva che conferirsi il senso di un significativo impatto sulla giurisprudenza di prime cure. Ciò in ragione della attitudine nomofilattica, voluta dall’ordinamento, delle statuizioni del Consiglio di Stato, essenziale ai fini generali della sicurezza giuridica – che è bene di cui non è dato al singolo giudice disporre a sola difesa dei propri precedenti opinamenti - idonea ad adeguatamente orientare, per la necessaria prevedibilità del diritto, la prassi degli operatori di settore.

Bene dunque il primo giudice – pur dissentendo sulla portata della ridetta pronunzia – ha quanto meno riconosciuto (d’ufficio: ex art. 37 Cod. proc. amm.) la rimessione in termini.

Va, perciò, respinto – unitamente al secondo motivo dell’appello incidentale – anche il primo motivo dell’appello principale.

3.- Occorre, a questo punto, esaminare il secondo motivo dell’appello principale, con il quale – per violazioni di legge ed eccesso di potere – il Consorzio CMG si duole che, recependo le censure formulate dalla controinteressata con il ricorso incidentale di prime cure, il giudice abbia ritenuto a proprio carico: a) il mancato possesso dei requisiti per la qualificazione come consorzio stabile ex art. 45 comma 1 lett. c) d. lgs. N. 50 del 2016; b) l’inidoneità, per asserita genericità, del contratto di avvalimento stipulato con la ditta ausiliaria (Shining s.r.l.).

3.1 – Va premesso che la sentenza ha ritenuto inesistenti “in capo al consorzio ricorrente principale CGM i requisiti strutturali e funzionali tipici della categoria tipologica qui in rilievo”.

La conclusione è discesa dalla premessa per cui la giurisprudenza ritiene elemento essenziale per attribuire al consorzio la qualifica di consorzio stabile il c.d. elemento teleologico, ossia l'astratta idoneità del consorzio, esplicitamente consacrata nello statuto consortile, di operare con un'autonoma struttura di impresa, capace di eseguire, anche in proprio, ovvero senza l'ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate, le presentazioni previste nel contratto (ferma restando la facoltà per il consorzio, che abbia tale struttura, di eseguire le prestazioni, nei limiti consentiti, attraverso le consorziate) (cfr. Cons. Stato, V, 2 maggio 2017 n. 1984).

Il riferimento aggiuntivo del Codice dei contratti pubblici alla «comune struttura di impresa» ha portato a concludere che costituisce predicato indefettibile di tali soggetti l’esistenza di un’azienda consortile, nel senso privatistico di «complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa».

Di contro, qui la piana lettura dell’atto costitutivo e dello statuto allegato non avevano fatto emergere un detto, qualificante elemento, cioè lo scopo e la stessa obiettiva attitudine ad operare nel settore degli appalti pubblici con autonoma struttura ad impresa, capace di eseguire anche in proprio le prestazioni previste nel contratto.

L’art. 4 dello statuto, in particolare, nell’elencare le attività consortili faceva sempre ed esclusivamente riferimento ad attività svolte “per conto delle consorziate”. Nemmeno, sul piano fattuale (e dunque indipendentemente dai dati statutari), la odierna appellante avrebbe dimostrato l’esistenza di un’azienda consortile con le ridette caratteristiche.

Da ciò, la ritenuta illegittimità della disposta ammissione alla gara del consorzio (che aveva chiesto, nella relativa domanda, di partecipare in proprio e come soggetto distinto dalle imprese consorziate): considerazione cui andava ad aggiungersi l’omessa dichiarazione in ordine al possesso dei requisiti da ritenersi esigibili in capo a tutte le consorziate (art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016) e la non rispondenza al vero della dichiarazione di stabilità, in violazione degli artt. 45 e 80 d.lgs. n. 50 del 2016.

3.2.- L’appellante contesta le conclusioni della sentenza, allegando documentazione dalla quale sarebbe dato indurre – di là dalla formale previsione statutaria – la concreta e fattuale operatività “in proprio” del consorzio, con assunzione di personale proprio, assunzione di servizi in proprio, esistenza di più di quattro soci costituenti, esistenza di una stabile organizzazione (uffici, conti correnti, personale. ecc.).

Egli lamenta, altresì, che anche se fossero mancati i requisiti per il riconoscimento della “stabilità”, avrebbe dovuto essere riconosciuto (trattandosi pur sempre di consorzio “ordinario”) il soccorso istruttorio (che il primo giudice aveva, per contro, negato, ritenendo si trattasse di vizio genetico, involgente la stessa identità del soggetto partecipante alla gara.

3.3.- Il motivo è inammissibile.

L’accoglimento della doglianza è accompagnata, nella sentenza impugnata (con passaggio motivazionale che integra non una ratio decidendi, ma un autonomo capo decisorio, trattandosi di distinta e concorrente ragione di esclusione, in forza dell’art. 80 d. lgs. n. 50 del 2016, espressamente richiamato), dal rilievo della illegittimità dell’ammissione del consorzio appellante per “omessa dichiarazione in ordine al possesso dei requisiti da ritenersi esigibili in capo a tutte le consorziate”. Il capo in questione non è stato impugnato con “specifiche censure” (cfr. art. 101, comma 1 Cod. proc. amm.), di tal che la relativa acquiescenza (cfr. art. 329 Cod. proc. civ.) elide – trattandosi di autonoma ed autosufficiente ragione di esclusione – l’interesse alla disamina delle distinte ragioni di doglianza.

3.4.- Per questa considerazione, anche gli ulteriori motivi dell’appello principale – diretti a censurare la ritenuta inidoneità del contratto di avvalimento stipulato con la propria impresa ausiliaria e a lamentare l’omessa valorizzazione per difetto di prova, in danno della controinteressata, di autonoma causa di esclusione per inadempimenti relativi a distinti rapporti negoziali intrattenuti con pubbliche amministrazioni – va dichiarato inammissibile per carenza di interesse.

4.- Va, a questo punto, esaminato – trattandosi, per questo profilo, di appello incidentale improprio, la cui disamina non è condizionata alla sorte dell’appello principale (cfr. Cons. Stato, III, 1° agosto 2017, n. 3873) – il primo motivo dell’appello del Consorzio CEM: che ha contestato la sentenza nella parte in cui ha disposto la sua estromissione dalla gara per violazione di un obbligo dichiarativo, connesso alla circostanza che esso Consorzio risultava destinatario di un atto (determinazione dirigenziale n. 331 del 13 maggio 2016 del Comune di Mugnano) di revoca della aggiudicazione precedentemente disposta in suo favore in altra gara, per mancata comprova dei requisiti dichiarati: circostanza in ordine alla quale – essendo gli imposti obblighi dichiarativi strumentali al doveroso apprezzamento della sussistenza di possibili illeciti professionali, in grado di incidere sull’utile partecipazione alla procedura – la stazione appaltante avrebbe dovuto effettuare i necessari riscontri e le opportune verifiche.

4.1.- L’appellante incidentale contesta la decisione, assumendo:

a) che la delibera del Comune di Mugnano aveva disposto la revoca per fatti sostanzialmente imputabili soggetto distinto (segnatamente al Consorzio COMIM che, nella gara in questione, rivestiva la posizione di mandante, mentre il CEM era mandatario della costituita ATI);

b) che, per tale ragione, il provvedimento di revoca avrebbe potuto assumere rilevanza ostativa solo in danno del COMIM, che aveva omesso di rendere le prescritte dichiarazioni, senza potersi estendere in danno del CEM, che era autonomo e distinto operatore economico;

c) che la sola contestazione che aveva investito direttamente il CEM era limitata ad una presunta omessa dichiarazione di un precedente giudiziario (peraltro, per abuso di utilizzo di un contrassegno per disabili) a carico del Sig. Pinto, Consigliere di una Consorziata del CEM (CIS), che non era designata per la esecuzione dell’appalto;

d) che l’omissione dichiarativa non rilevava in modo preclusivo sulla affidabilità ed integrità professionale e morale del Consorzio CEM;

e) che – per l’effetto – nessuna violazione di obbligo dichiarativo le avrebbe potuto essere imputata, né ai fini di cui all’art. 80, comma 5 lett. c), né a quelli di cui alla successiva lett. f);

f) che l’omessa dichiarazione (non dolosa) non avrebbe potuto legittimare l’esclusione (ciò che – del resto – aveva correttamente indotto il primo giudice a rinviare, in prospettiva conformativa, ogni onere valutativo alla stazione appaltante).

4.2.- Il motivo non può essere accolto.

In capo ai soggetti partecipanti alle gare sussiste il dovere di dichiarare tutte le vicende pregresse, concernenti fatti risolutivi, errori o altre negligenze, comunque rilevanti, occorse in precedenti rapporti contrattuali con pubbliche amministrazioni diverse dalla stazione appaltante, giacché tale dichiarazione attiene ai principi di lealtà e affidabilità contrattuale e professionale che presiedono ai rapporti tra partecipanti e stazione appaltante, senza che a costoro sia consentito scegliere quali delle dette vicende dichiarare sulla base di un soggettivo giudizio di gravità, competendo quest'ultimo soltanto all'amministrazione committente (cfr., tra le tante, Cons. Stato, V, 28 marzo 2018, n. 1935; Id., 15 dicembre 2016, n. 5210; Id., 4 ottobre 2016, n. 4108; Id. 26 luglio 2016, n. 3375; Id., 19 maggio 2016, n. 2106).

Del resto – conformi, sul punto, al riassunto principio – anche le linee Guida ANAC n. 6 sono inequivocabili nello statuire che “la sussistenza delle cause di esclusione […] deve essere autocertificata dagli operatori economici mediante utilizzo del DGUE. La dichiarazione sostitutiva ha ad oggetto tutti i provvedimenti astrattamente idonei a porre in dubbio l’integrità o l’affidabilità del concorrente, anche se non ancora inseriti nel casellario informatico. È infatti rimesso in via esclusiva alla stazione appaltante il giudizio in ordine alla rilevanza in concreto dei comportamenti accertati ai fini dell’esclusione. La falsa attestazione dell’insussistenza di situazioni astrattamente idonee a configurare la causa di esclusione in argomento e l’omissione della dichiarazione di situazioni successivamente accertate dalla stazione appaltante comportano l’applicazione dell’art. 80, comma 1, lett. f bis) del codice”.

Il motivo deve, essere, in definitiva, disatteso.

5.- Dalle considerazioni che precedono, discende che deve dichiararsi in parte infondato e in parte inammissibile l’appello principale e deve essere integralmente respinto l’appello incidentale.

La complessità delle questioni trattate e la reciproca soccombenza giustificano l’integrale compensazione, tra le parti costituite, di spese e competenze di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposto, dichiara in parte inammissibile e in parte infondato l’appello principale e respinge l’appello incidentale.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Giuseppe Severini, Presidente

Roberto Giovagnoli, Consigliere

Valerio Perotti, Consigliere

Federico Di Matteo, Consigliere

Giovanni Grasso, Consigliere, Estensore

 

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Giovanni Grasso   Giuseppe Severini
     
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

 

Fonte: Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa

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