Esclusione per
inadempimento contrattuale e risoluzione disposta da
altra amministrazione sub judice
Tar Napoli Sezione I, 11 aprile 2018, n.
2390
Contratti della Pubblica amministrazione
– Esclusione dalla gara – Inadempimenti contrattuali –
Art. 80, comma 5, lett. c, d.lgs. n. 50 del 2018 –
Risoluzione disposta da altra Amministrazione –
Impugnazione pendente – Legittimità dell’esclusione
E’ legittima l’esclusione dalla gara ex art. 80,
comma 5, lett. c), d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50,
disposta perché la concorrente è iscritta al casellario
informatico dell’ANAC per essersi resa colpevole di
violazioni in tema in inadempimento contrattuale, a
nulla rilevando che la risoluzione, disposta da altra
stazione appaltante per fatto ritenuto grave, sia stata
giudizialmente contestata innanzi al Tribunale con
giudizio ancora pendente (1).
(1) Ha chiarito il
Tar che ad essere dirimente della questione, attualmente
oggetto di discussione in giurisprudenza (Cons.
St., sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299;
id.
27 aprile 2017, n. 1955)
è la portata meramente esemplificativa delle ipotesi di
grave illecito professionale, contemplate nel secondo
periodo della disposizione citata; ne consegue la piena
autonomia della fattispecie contemplata nel periodo
precedente, che, nell’assumere una portata generale, si
affranca dai requisiti specifici richiamati nei
predicati casi esemplificativi.
In
particolare, il legame esistente tra ipotesi generale e
fattispecie tipizzate è rintracciabile nella
«dimostrazione con mezzi adeguati» che la norma impone
alla stazione appaltante, onere che, nell’ipotesi
generale, non risente di alcuna conformazione
particolare, restando, di conseguenza, verificabile, pro
caso, alla stregua dei consueti parametri di
imparzialità dal punto di vista della non manifesta
irragionevolezza e proporzionalità della valutazione
compiuta; invece, nel secondo caso, per effetto della
naturale differenziazione, propria della tecnica
redazionale di esemplificazione, l’esistenza di
presunzioni sulla formazione della prova del grave
illecito professionale restringe l’ambito di valutazione
della stazione appaltante. Tale maggiore intensità
descrittiva della fattispecie trova un punto di
equilibrio tra l’alleggerimento dell’onere probatorio
che grava sulla stazione appaltante – compito che si
risolve nella sola acquisizione di una sentenza che
abbia qualificato grave l’illecito professionale, magari
con statuizione di condanna dell’impresa – e la
possibilità per il contraente di neutralizzare tale
effetto vincolante, avvalendosi di una giudiziale
contestazione con cui gli venga consentito di opporsi ad
un contestato inadempimento contrattuale.
Tuttavia,
l’esistenza di una contestazione giudiziale della
risoluzione non implica che la fattispecie concreta
ricada esclusivamente nell’ipotesi esemplificativa, con
applicazione del relativo regime operativo; difatti, il
“fatto” in sé di inadempimento resta pur sempre un
presupposto rilevante ai fini dell’individuazione di un
grave illecito professionale, secondo l’ipotesi generale
(Cons.
St., sez. V, 2 marzo 2018, n. 1299); invero,
come visto tra le due fattispecie esiste un rapporto di
parziale sovrapponibilità, sussistendo una relazione di genus
ad speciem; a differenza della seconda ipotesi, nel
caso generale, la stazione appaltante non può avvalersi
dell’effetto presuntivo assoluto di gravità derivante
dalla sentenza pronunciata in giudizio, né, per
converso, l’impresa può opporne la pendenza per porre
nell’irrilevante giuridico il comportamento contrattuale
indiziato.
In
altri termini, scomponendo la fattispecie concreta, ben
può la stazione appaltante qualificare il fatto, inteso
come comportamento contrattuale del concorrente, quale
grave illecito professionale, dovendo tuttavia
dimostrarne l’incidenza in punto di inaffidabilità, e
quindi prescindendo dalla pendenza di un giudizio che
viene a collocarsi all’esterno della fattispecie
normativa utilizzata.
Fonte:
Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa |