REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA
AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 615 del 2018, proposto dall’Assessorato regionale delle
infrastrutture e della mobilità e dall’UREGA di Palermo, in
persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,
rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato, presso la
cui sede distrettuale, in Palermo, via Villareale n.6, sono
ex lege domiciliati;
contro
Comune di Termini Imerese e
Dusty s.r.l. in persona dei rispettivi rappresentanti legali,
non costituiti in giudizio;
Ciclat Trasporti Ambiente soc. coop., in persona del legale
rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Riccardo
Rotigliano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Palermo,
via Filippo Cordova, n. 95;
per la riforma
della sentenza n.1451 del
27.6.2018, resa dalla III^ sezione del Tribunale Amministrativo
Regionale per la Sicilia;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della
Ciclat Trasporti Ambiente soc. coop.;
Visti tutti gli atti della
causa;
Nominato Relatore nell'udienza
pubblica del giorno 21 marzo 2019 il cons. Carlo Modica de Mohac
e uditi per le parti l'avvocato dello Stato Fabio Caserta e
l’avv. Riccardo Rotigliano;
Ritenuto e considerato in fatto
e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con deliberazione di G.M. n.120
del 28.6.2016 il Comune di Termini Imerese approvava il progetto
di affidamento del servizio di igiene ambientale della
costituita A.R.O. (area raccolta ottimale) territoriale; ed
avviava la procedura di gara per l’affidamento del correlato
appalto per il “servizio integrato della gestione dei rifiuti
solidi urbani del territorio comunale” (per un valore a base
d’asta pari ad €.25.796.370,32, oltre costi per la sicurezza, ed
i.v.a.), da aggiudicare con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa.
Alla gara partecipavano nove
concorrenti, tra cui la ditta appellante, società cooperativa
Ciclat Trasporti Ambiente (d’ora innanzi denominata
semplicemente, per brevità, “Ciclat”).
Le operazioni del seggio di
gara (UREGA di Palermo) si protraevano - anche in ragione
dell’acquisizione dall’A.N.A.C. di un parere precontenzioso
(chiesto su sollecitazione di un concorrente inizialmente
escluso e poi riammesso) - dal 7.11.2016 fino al 14.2.2018.
All’esito di tali operazioni,
nella seduta pubblica del 17.1.2018 il Seggio di gara
aggiudicava l’appalto alla società Dusty s.r.l., che aveva
conseguito il punteggio complessivo di 80,05 punti (su cento),
immediatamente seguita dalla società Ciclat con 79,97 punti (su
cento), e dunque con un distacco di appena 0,08 punti.
2. Con ricorso innanzi al TAR
di Palermo (Sez. III^), la Ciclat impugnava l’aggiudicazione,
unitamente agli atti di gara.
Nel chiederne l’annullamento
per le conseguenti statuizioni reintegratorie, conformative e di
condanna, lamentava:
violazione e falsa applicazione
dell’art.95 del d.lgs. n.50 del 2016 (codice dei contratti
pubblici), nonché del paragrafo IV.2 del bando di gara e del
paragrafo 6 del disciplinare, ed eccesso di potere per difetto
di motivazione, deducendo che l’attribuzione di un punteggio
pari a “0” (dunque: la valutazione di “insufficienza
totale”) per le voci relative alle “migliorie”
(sub/criterio di giudizio “h.2”, previsto dal disciplinare di
gara) ed alle “novità assolute” (sub/criterio di giudizio
“h.3”) avrebbe dovuto essere assistito da un minimo di
motivazione volta a dar conto delle ragioni per le quali ben
quindici pagine del proposto progetto, dedicate ad illustrare
proprio taluni aspetti ‘migliorativi’ ed ‘innovativi’
(rispetto alle soluzioni tecniche del capitolato speciale), non
erano state neanche prese in considerazione;
violazione dell’art.34 del
d.lgs. n.50 del 2016 e del disciplinare di gara, nonché dell’art.1
del capitolato speciale, deducendo che l’offerta della società
Dusty avrebbe dovuto essere comunque esclusa per non aver
descritto talune specifiche tecniche - necessarie per il
rispetto delle norme a tutela dell’ambiente - dei prodotti
offerti.
Con ordinanza n.857
dell’11.4.2018, il TAR di Palermo (sez. III^) disponeva che
la Commissione di gara esplicitasse “le ragioni poste a supporto
della valutazione” - con la quale aveva attribuito un punteggio
pari a “0” - relativa agli aspetti sopra indicati.
Il 17.4.2018 la Commissione di
gara, ricostituitasi (in eguale composizione) in (asserita)
esecuzione all’ordinanza, confermava la sua valutazione
di totale insufficienza delle parti dell’offerta relative
alle “migliorie” ed alle “innovazioni”, continuando a non
fornire alcun ragguaglio in ordine alle ragioni e sui criteri
sui quali aveva basato un giudizio sì tranciante.
Con ricorso per motivi aggiunti
la Ciclat impugnava anche tale determinazione, lamentandone la
illegittimità per la stessa ragione per la quale aveva
contestato la precedente valutazione; e cioè per la rilevata
assoluta carenza di una motivazione idonea a supportare il
giudizio di totale insufficienza, tautologicamente
predicata.
Ritualmente costituitesi,
l’Amministrazione regionale, l’Amministrazione comunale e la
società Dusty, eccepivano l’infondatezza sia del ricorso che dei
motivi aggiunti.
3. Con sentenza n.1451 del
27.6.2018 la III^ sezione del TAR di Palermo accoglieva il
ricorso avendo ritenuto fondato (esclusivamente) il primo
motivo di gravame; e, per l’effetto, disponeva che una nuova
Commissione, costituita in diversa composizione,
provvedesse:
- a (ri)valutare, nel
progetto offerto dalla Ciclat, gli aspetti relativi ai cc.dd.
sub/criteri “h.2” ed “h.3” del bando (concernenti eventuali
‘migliorie’ ed ‘innovazioni’), attribuendo ad essi un punteggio;
- ed a supportare un
eventuale giudizio di totale insufficienza (con attribuzione
di un punteggio pari a “0”) in ordine alle voci in questione
(“h.2” ed “h.3”), con l’indicazione delle ragioni che lo
avessero determinato.
4. Con l’appello in esame
l’Assessorato regionale infrastrutture e mobilità e l’UREGA
hanno impugnato la sentenza in questione esclusivamente nella
parte in cui dispone che la Commissione di gara che dovrà
provvedere alla nuova ed eventualmente motivata valutazione (sul
punto specifico sopra descritto) sia “composta con soggetti
diversi da quelli che hanno composto la commissione in occasione
dell’espressione dei giudizi valutati illegittimi”.
Ritualmente costituitisi, la
società Ciclat - che non ha proposto appello incidentale - ha
eccepito l’infondatezza del ricorso.
La società Dusty non ha
proposto appello.
Nel corso del giudizio le parti
costituite hanno insistito nelle rispettive domande ed
eccezioni.
Con ordinanza n.547 del
13.9.2018, la domanda cautelare proposta dall’appellante è stata
respinta.
Infine, all’udienza fissata per
la discussione conclusiva sul merito dell’appello, la causa è
stata posta in decisione.
DIRITTO
5. L’appello è infondato.
Con unico mezzo di gravame,
l’Amministrazione regionale appellante (UREGA) lamenta
l’ingiustizia dell’impugnata sentenza per vizio di
ultra/petizione ed eccesso di potere giurisdizionale,
deducendo che il Giudice di primo grado ha errato nel
disporre che la commissione incaricata della rivalutazione
(di parte della offerta della ditta Ciclat Trasporti Ambiente)
dovrà essere costituita in diversa composizione.
Ad avviso dell’Amministrazione
appellante il Giudice di prime cure non avrebbe potuto disporre
la diversa composizione della Commissione; e ciò in quanto la
parte ricorrente non lo aveva chiesto espressamente.
Inoltre, ad avviso
dell’Amministrazione appellante, con la predetta statuizione
il Giudice in questione avrebbe, per così dire, usurpato poteri
organizzativi ad essa devoluti, debordando dalla sfera delle
attribuzioni giurisdizionali.
Le doglianze non meritano
accoglimento.
5.1. Il fatto che l’appellante
non avesse chiesto al Giudice di primo grado di disporre che la
Commissione di gara incaricata della rivalutazione fosse
costituta in diversa composizione, appare non del tutto vero
e comunque irrilevante.
5.1.1. E’ vero che nel
ricorso introduttivo non v’è traccia di alcuna richiesta di
sostituzione dei componenti della Commissione.
Ma è altrettanto vero
che l’esigenza di utilizzare una nuova commissione di
gara (in funzione valutativa) costituita in differente
composizione, è sorta solamente nel corso del giudizio di
primo grado (dunque successivamente alla proposizione della
domanda introduttiva della causa), allorquando la commissione
originariamente insediata ha mostrato la sua intenzione di non
ottemperare ad una precisa disposizione del Giudice (o
comunque ha mostrato di non voler fornire alcun ragguaglio in
ordine alle ragioni del suo giudizio, ritenendo che le stesse
fossero induttivamente ricavabili dalla votazione di totale
insufficienza riassunta nel voto, pari a “zero”, attribuito).
5.1.2. Per il resto, dagli atti
di causa risulta (cfr. ordinanza n.547 del 13.9.2018 di questo
Consiglio di giustizia amministrativa) che prima che la causa
andasse in decisione, la parte ricorrente ha chiesto
espressamente al Collegio che la commissione di gara
eventualmente chiamata ad esperire la motivata valutazione,
fosse costituita in diversa composizione.
Il che smentisce l’assunto che
l’Amministrazione pone a fondamento della sua doglianza.
5.1.3. La sussistenza di una
precisa istanza volta ad ottenere che il giudizio fosse devoluto
ad una diversa commissione di valutazione appare, comunque - e
come già preannunziato - sostanzialmente irrilevante.
E ciò per le considerazioni che
seguono.
Nel processo amministrativo,
il “principio dispositivo” vale senz’altro per quanto attiene
alla domanda giudiziale (nel senso che al Giudice è inibito
giudicare “ultra petita”), nonché, parzialmente, anche per il
meccanismo probatorio (che, com’è noto, è solamente in parte
nella disponibilità delle parti, ben potendo essere disposte
d’ufficio sia l’acquisizione di documenti, informazioni
e/o chiarimenti, sia la consulenza tecnica e la
verificazione), mentre non opera in relazione alle
‘specifiche modalità’ di assunzione e/o di acquisizione delle
prove (o dei documentati chiarimenti volti ad assumere la
consistenza di prove), nè in relazione alle ‘modalità di
attuazione’ delle ‘operazioni’ strumentali alla formazione della
prova.
Tali “modalità operative” sono
- di regola e per lo più - disciplinate dalla legge (come
nel caso della “c.t.u.”, per la quale la legge stabilisce le
regole volte ad assicurare il contraddittorio e l’imparzialità;
o nel caso della “prova testimoniale”, per la quale la legge
stabilisce le regole di assunzione, etc.,). Ma è evidente
che la concreta organizzazione di tutte le attività
processuali ed operazioni che non sono espressamente (e
meticolosamente) disciplinate dalla legge processuale, non può
che essere devoluta e riservata alla competenza del Giudice,
concretandosi in un’attività intimamente connessa alla sua
funzione, e nella quale si manifesta la sua abilità ed il suo
intuito nel perseguimento della ricerca della verità (e della
giustizia).
Ora, nella fattispecie per cui
è controversia, il Giudice di primo grado aveva disposto, in
fase istruttoria, che la Commissione di gara esplicitasse le
ragioni poste a supporto della sua valutazione.
Sicchè è evidente che si è
trattato, in termini tecnici, di una vera e propria richiesta
istruttoria volta ad acquisire documentati chiarimenti, ai sensi
dell’art.63, primo comma, del codice del processo amministrativo.
Senonchè, la Commissione di
gara ha ritenuto di non fornire i ragguagli richiesti,
limitandosi a confermare - id est: a reiterare, tale e
quale - il provvedimento impugnato, intendendo così - con
ogni probabilità - “chiarire” che la mera espressione del voto
in termini di insufficienza assoluta (e cioè mediante
l’uso dello “zero”) fosse di per sé indicativa e
sufficientemente rappresentativa delle ragioni che avevano
determinato la valutazione negativa.
A questo punto il Giudice di
primo grado è giunto alla conclusione, rappresentata
nell’appellata sentenza, che il provvedimento impugnato fosse
immotivato “in parte qua”; e nell’accogliere il ricorso
ha disposto, in omaggio al “principio di conservazione degli
atti amministrativi” che l’Amministrazione provvedesse ad
emendare il vizio di parziale difetto di motivazione - gravante
sul provvedimento impugnato - mediante un’attività
valutativo-esplicativa, integrativa.
E ciò ha fatto, all’evidenza,
anche in funzione acceleratoria.
Non appare revocabile in
dubbio, infatti, che se avesse adottato - in alternativa a
quanto ha fatto - una decisione di accoglimento in funzione
puramente cassatoria del provvedimento ritenuto immotivato,
corredata - come sarebbe stato corretto in un caso del genere -
dalla consueta clausola volta a salvare gli ulteriori atti e
provvedimenti dell’Amministrazione (doverosamente diretti alla
conclusione della procedura di gara), l’effetto finale - a parte
l’allungamento dei tempi - non sarebbe stato molto diverso:
sarebbe stato comunque necessario procedere alla rinnovazione
del segmento procedimentale viziato, e dunque alla
riconvocazione della commissione.
Ed anche in quell’ipotesi
sarebbe sorta la questione della corretta composizione della
stessa, questione che il Giudice ha ritenuto di affrontare e di
decidere - con un giudizio, per così dire, kantianamente
“sintetico ed a priori” - fin da subito.
E, come appare logico (anzi
ovvio), ha ritenuto che la competenza per svolgere tale
attività integrativa non potesse essere devoluta ad un organo
composto dalle stesse persone che - seppur già precedentemente
invitate dallo stesso Organo giudiziario - avevano già deciso di
non svolgerla.
D’altro canto, se il Giudice di
prime cure non avesse così disposto, la sentenza conclusiva
del giudizio di primo grado si sarebbe risolta in un atto
giudiziario meramente ripetitivo dell’ordinanza già adottata e
rimasta ineseguita; e dunque in una espressione di inefficienza
(e di impotenza) giudiziaria. E anche l’esito
provvedimentale finale - in esecuzione della stessa - sarebbe
stato prevedibilmente scontato, connotandosi come un evento
inevitabilmente annunziato.
Sicchè non si vede in cosa
il Giudice di primo grado abbia travalicato i suoi poteri;
né la ragione per la quale la statuizione appellata sarebbe da
considerare viziata da ultra/petizione.
Come se al Giudice fosse
preclusa, nell’esercizio della sua funzione, ogni attività
creativa coerente ed efficace - quale strumento al fine -
sol perché espressamente non richiesta o non menzionata da una
delle parti processuali.
Come se nella fattispecie per
cui è causa il Giudice avesse disposto la “rinnovazione”
dell’organo valutativo inopinatamente ed immotivatamente,
mentre è fin troppo evidente che la “misura” in questione è
stata la necessaria conseguenza della (rectius:
l’obbligato rimedio alla) condotta processuale di quest’ultimo.
Come - infine - se il Giudice
di primo grado avesse - sia consentita l’espressione
immaginifica - “ultra/sodisfatto”, e di sua personale
iniziativa, l’interesse del ricorrente, sì da
“ultra/pregiudicare” quello delle parti resistenti.
Mentre è vero, casomai, proprio
il contrario; e cioè che la statuizione del Giudice di prime
cure è stata “meno incisiva” - o meno “pervasiva” e dirompente -
di quanto avrebbe potuto essere. E che ha lasciato
impregiudicate le posizioni di tutte le parti.
Non appare revocabile in
dubbio, infatti, che una volta accertato il difetto di
motivazione, il Giudice di primo grado ben avrebbe anche potuto
spingersi - ulteriore ed estrema alternativa a quella
prima ipotizzata - fino ad annullare l’aggiudicazione (e
finanche l’intera procedura). Se lo avesse fatto avrebbe
certamente realizzato il c.d. “interesse strumentale” della
ricorrente alla celebrazione di una nuova gara. Ma è evidente
che non avendolo fatto, ed essendosi limitato a disporre
la reiterazione di un segmento di attività, ha comunque
imparzialmente tutelato gli interessi di entrambi i contendenti,
nessuno dei quali appare - allo stato - pregiudicato.
Il che dimostra
inequivocabilmente come non abbia affatto deciso “ultra petita”
rispetto alla domanda proposta dalla ditta ricorrente, e che -
anzi - la ha “sezionata” in modo tale da ridurne al massimo la
portata tendenzialmente distruttiva (rectius:
dirompente), non pregiudicando definitivamente la posizione (di
aggiudicataria virtuale) della contro-interessata ditta Dusty.
5.2. Del resto, e sotto altro
profilo, va sottolineato che non si vede quale sia l’interesse
dell’Amministrazione, a fronte di una sì equilibrata ed
imparziale decisione - che, lo si ribadisce, allo stato attuale
non ha ancora pregiudicato alcuna delle parti aspiranti
all’aggiudicazione - alla proposizione dell’appello.
Il cui unico scopo sembra
essere quello di impedire l’affermazione di un principio
giuridico volto a garantire l’imparzialità.
5.3. Un’ultima osservazione.
Non ignora il Collegio che
l’art.77, comma 11, del nuovo codice dei contratti pubblici che
sancisce il principio secondo cui “In caso di rinnovo del
procedimento di gara, a seguito di annullamento
dell’aggiudicazione o di annullamento dell’esclusione di taluno
dei concorrenti, è riconvocata la medesima commissione, fatto
salvo il caso in cui l’annullamento sia derivato da un vizio
nella composizione della commissione”.
Ma non può non rilevarsi che la
norma richiamata mal si attaglia al caso di specie.
E’ sufficiente osservare al
riguardo che nel caso dedotto in giudizio l’aggiudicazione non è
stata “annullata”, essendo ancora in itinere il
procedimento di valutazione volto a verificare quale debba
essere la ditta alla quale aggiudicare l’appalto; né è stata
annullata l’esclusione di un concorrente.
Sicchè appare evidente che
difettano i presupposti di fatto - consistenti, per l’appunto,
nell’avvenuto “annullamento dell’aggiudicazione” o nella
avvenuta “esclusione di un concorrente” - per l’applicazione
della norma in questione.
La verità è che la norma in
esame si applica allorquando venga in rilievo un vizio che abbia
inficiato l’aggiudicazione, mentre nella fattispecie in esame la
necessità di modificare la composizione della commissione di
gara è sorta nell’ambito del processo amministrativo, in
conseguenza di una decisione giudiziaria - poco importa se più o
meno condivisibile - rimasta ineseguita, ed al fine di
consentirne la corretta attuazione.
6. In considerazione delle
superiori osservazioni, l’appello va respinto.
La novità della questione
suggerisce la compensazione delle spese fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia
Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede
giurisdizionale, respinge l’appello.
Compensa le spese fra le parti.
Ordina che la presente sentenza
sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella
camera di consiglio del giorno 21 marzo 2019.
Fonte:
Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa |