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Pubblicato il 03/04/2019

N. 00491/2019 REG.PROV.COLL. N. 00106/2019 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 106 del 2019, proposto da
Itinera s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandataria di r.t.i. con Monaco s.p.a., rappresentata e difesa dall'avvocato Gianluigi Pellegrino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
 

contro

Anas s.p.a. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Danila Pratelli, Laura Antonacci, Maria Pacifico e Marta Fraioli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso la sede in Firenze, viale dei Mille n. 36;
 

nei confronti

Carena s.p.a. Impresa di Costruzioni in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale mandataria del r.t.i. con I.L.E.S.P. s.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Carullo e Ilaria Battistini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
I.L.E.S.P. s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore non costituita in giudizio;
 

per l'annullamento

- della Determina di Anas s.p.a. prot. CDG-0689344-I del 20.12.2018, comunicata via pec con nota n. 0691159 del 21.12.2018, con cui è stata disposta l'aggiudicazione della gara per la “Esecuzione dei lavori di realizzazione dell'itinerario internazionale E78 – S.G.C. Grosseto - Fano. Adeguamento a 4 corsie nel tratto Grosseto - Siena (S.S. n. 223 “di Paganico”) dal km 27+200 al km 30+038. Lotto4. Codice CIG: 7309642B64” in favore del RTI con mandataria Carena S.p.A. e mandante I.L.E.S.P. s.r.l. e di ogni atto e provvedimento presupposto, connesso e consequenziale, ivi compresi per quanto di ragione i verbali di gara DAA/UAL/GANO rep. n. 10358 e n. 10360 del 14.01.2018, nonché per la declaratoria di nullità, invalidità ed inefficacia del contratto eventualmente stipulato e per il conseguimento dell'aggiudicazione in capo alla ricorrente con suo subentro.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Anas s.p.a e di Carena s.p.a. Impresa di Costruzioni;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2019 il dott. Alessandro Cacciari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. ANAS s.p.a. ha indetto una procedura di gara per l’affidamento di lavori pubblici stradali, da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuato sulla base del miglior rapporto tra qualità e prezzo. All’esito della procedura è risultato primo classificato in graduatoria il raggruppamento temporaneo di imprese con mandataria Carena s.p.a. e mandante I.L.E.S.P. s.r.l., mentre secondo classificato è risultato il costituendo raggruppamento temporaneo di imprese guidato dall’impresa Itinera s.p.a. che ha impugnato gli atti della procedura con il presente ricorso, notificato il 18 gennaio 2019 e depositato il 23 gennaio 2019.

Lamenta la ricorrente, con primo motivo di gravame, che la mandataria Carena s.p.a. si trova in concordato preventivo con continuità aziendale e a norma dell’art. 186-bis, comma 6, R.d. 16 marzo 1942 n. 267, non può partecipare alle procedure per l’affidamento di contratti pubblici qualora, come nel caso di specie, rivesta la qualità di mandataria di un raggruppamento temporaneo di imprese. Inoltre essa sarebbe inadempiente gravemente al piano concordatario verificandosi così una causa di risoluzione del concordato. Tanto sarebbe dimostrato dall’informativa del Commissario Giudiziale al Giudice Fallimentare con cui l’organo di sorveglianza ha dovuto prendere atto che Carena s.p.a. non è stata in grado di rispettare l’obbligazione concordataria che prevedeva l’effettuazione del riparto a favore dei creditori chirografari entro il 31 dicembre 2018.

Con secondo motivo di gravame la ricorrente si duole che la stazione appaltante abbia omesso di procedere alla verifica di congruità dell’offerta presentata dal vincitore, che è risultato aggiudicatario con un ribasso economico pari al 35,018% e superiore alla metà alla media di ribassi registrati nella gara, nonché dieci volte superiore al differenziale qualitativo delle offerte con ciò manifestando, a suo dire, un forte sospetto di anomalia.

Si sono costituiti ANAS sp.a. e Carena s.p.a. eccependo tardività del primo motivo, poiché il provvedimento di ammissione è stato comunicato a tutti i concorrenti con nota del 26 ottobre 2018 e, pertanto, il vizio avrebbe dovuto essere fatto valere con ricorso ex art. 120, comma 2 bis, c.p.a. entro trenta giorni da tale data. La disposizione è stata dichiarata conforme alla normativa comunitaria con ordinanza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea 19 febbraio 2019, causa C 54/18. Nel merito, replicano alle deduzioni della ricorrente.

Alla camera di consiglio fissata per la trattazione della domanda cautelare, la stessa è stata oggetto di rinuncia.

La ricorrente, in memoria di replica, rileva che l’ammissione dei concorrenti alla gara comunicata nel provvedimento della stazione appaltante è avvenuta sulla base della regolarità formale della loro domanda, senza alcuna valutazione circa l’effettivo possesso dei requisiti di partecipazione dichiarati dai medesimi. Solo dopo la formazione della graduatoria finale, e ai fini dell’aggiudicazione, la stazione appaltante ha proceduto alla verifica del possesso dei requisiti partecipativi sicché la relativa censura a carico del vincitore sarebbe tempestivamente avanzata con il presente ricorso. La ricorrente inoltre propone questione di costituzionalità dell’art. 120, comma 2-bis, c.p.a. se interpretato nel senso di imporre l’immediato ricorso contro le ammissioni altrui con impugnazione di un atto endoprocedimentale che non produce alcuna attuale lesione, precludendo l’impugnazione allorché il relativo interesse sorga successivamente. La disposizione, sotto tale profilo, violerebbe l’art. 3 della Costituzione anche in rapporto agli articoli 24, 103 e 113 della stessa.

La difesa di ANAS chiede che venga espunta la memoria di replica della ricorrente in quanto in essa sono state concentrate tutte le difese, eludendo così il principio di parità delle altre parti nel processo.

All’udienza del 19 marzo 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. In via preliminare, è necessario scrutinare l’eccezione proposta dalla difesa della stazione appaltante con cui viene chiesta l’espunzione della memoria di replica della ricorrente.

L’eccezione è fondata.

Ai sensi dell’articolo 73, comma 1, del codice del processo amministrativo le parti possono, tra l’altro, “presentare repliche ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate in vista dell’udienza”. La norma evidenzia che funzione della memoria di replica è (solo) quella di contraddire ai nuovi documenti e alle nuove memorie depositate da controparte in vista dell'udienza di merito. Ne deriva che essa non può contenere argomentazioni che già non siano state dedotte poiché, diversamente opinando, le controparti non sarebbero in grado di controdedurre, se non oralmente all'udienza di discussione (T.A.R. Firenze II, 24 maggio 2018 n. 741). In proposito è stato statuito che ratio del citato art. 73 c.p.a. è anzitutto quella di impedire la proliferazione degli atti difensivi ma, anche, di garantire la par condicio delle parti, evitando elusioni dei termini per la presentazione delle memorie e, soprattutto, contrastare l'espediente processuale della concentrazione delle difese nelle memorie di replica rendendo così impossibile all'avversario di controdedurre per iscritto (T.A.R. Lazio Roma I, 28 giugno 2016 n. 7494).

Nel caso in esame la ricorrente, come correttamente eccepito alla difesa della stazione appaltante, ha concentrato tutte le proprie difese, in vista dell’udienza di merito, nella memoria di replica in spregio a questi principi e, addirittura, nella stessa propone una questione di legittimità costituzionale. Risulta quindi violato il principio secondo il quale nel processo amministrativo, con la memoria di replica, non possono essere proposte nuove eccezioni ma ci si deve limitare a replicare alle argomentazioni di controparte, per il rispetto del principio del contraddittorio processuale (T.A.R. Molise I, 4 giugno 2013 n. 399).

Non si terrà quindi conto della memoria di replica depositata dalla ricorrente, né di quella tardivamente depositata dalla controinteressata il 12 marzo 2019.

3. Sempre in via preliminare occorre affrontare l’eccezione di inammissibilità del primo motivo di gravame. Con questo viene dedotto che una causa di esclusione della controinteressata, vincitrice della procedura in esame, non sarebbe stata rilevata dalla stazione appaltante, il che avrebbe viziato il provvedimento di aggiudicazione. Le parti resistenti eccepiscono che, ai sensi dell’articolo 120, comma 2 bis, del codice del processo amministrativo tale censura avrebbe dovuto essere fatta valere nel termine di trenta giorni decorrenti dalla comunicazione con cui è stato reso noto il provvedimento di esclusione ed ammissione dei concorrenti alla gara.

È pacifico, in punto di fatto, che la comunicazione di tale provvedimento sia stata inoltrata regolarmente ai concorrenti con nota del 26 ottobre 2018.

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con ordinanza del 14 febbraio 2019, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità comunitaria proposta dal T.A.R. Piemonte con ordinanza 17 gennaio 2018, n. 88 relativamente al citato art. 120, comma 2 bis, c.p.a. Essa ha stabilito che la direttiva 89/665/CEE del Consiglio 21 dicembre 1989 non osta ad una normativa nazionale la quale prevede che i ricorsi avverso i provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici recanti ammissione o esclusione dalla partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici debbano essere proposti, a pena di decadenza, entro un termine di trenta giorni a decorrere dalla loro comunicazione agli interessati. Condizione di legittimità comunitaria è però che i provvedimenti comunicati siano accompagnati da una relazione indicante i motivi delle decisioni assunta, in modo tale da mettere gli interessati in condizione di conoscere eventuali violazioni del diritto. A tali condizioni, e solo a tali condizioni, è conforme al diritto eurounitario anche la previsione che in mancanza di ricorso contro detti provvedimenti delle amministrazioni aggiudicatrici sia preclusa la facoltà di eccepirne l’illegittimità nell’ambito di ricorsi contro gli atti successivi, in particolare avverso le aggiudicazioni.

Le imprese partecipanti alle gare di appalto, secondo la norma interna come interpretata dalla Corte di Giustizia, hanno quindi l’onere di far valere le censure avverso le ammissioni dei terzi concorrenti entro il termine di decadenza stabilito dalla stessa norma a condizione, però, che la stazione appaltante renda note le motivazioni delle decisioni assunte in proposito, in modo tale che gli interessati siano messi in grado di verificare non solo l’esistenza e la lesività del provvedimento, ma anche l’utilità di un eventuale ricorso giurisdizionale.

La norma processuale interna deve essere raccordata con le norme sostanziali di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50-Codice dei contratti pubblici e in particolare con il suo articolo 85, secondo cui ai fini dell’ammissione alla procedura di gara, il possesso dei relativi requisiti deve essere oggetto di una dichiarazione sostitutiva nel Documento di Gara Unico Europeo (DGUE). Il controllo sull’effettiva sussistenza dei requisiti di partecipazione autodichiarati dea concorrenti dovrà poi avvenire, ai sensi del comma cinque dell’articolo citato, obbligatoriamente nei confronti del vincitore della gara ovvero, a discrezione della stazione appaltante, in qualsiasi momento della procedura qualora l’operazione sia ritenuta opportuna.

Emerge quindi, da questa (non semplice) trama normativa, il principio secondo il quale l’onere di impugnare le decisione delle stazioni appaltanti in ordine all’ammissione dei concorrenti entro il termine di cui all’articolo 120, comma 2 bis, del codice del processo amministrativo sussiste solo relativamente a quei motivi escludenti, e non rilevati, che possono essere desunti dalle dichiarazioni sostitutive presentate per l’ingresso in gara e che, quindi, possano essere desunte al momento di pubblicazione del provvedimento di ammissione ed esclusione da parte della stazione appaltante.

Per venire al caso di specie, la ricorrente contesta violazione dell’art. 186-bis, comma 6, R.d. n. 267/1942, secondo cui l’impresa ammessa al concordato in continuità aziendale, e tale è la controinteressata, può concorrere nelle procedure per l’affidamento di contratti pubblici anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese purché non rivesta, come nel caso di specie, la qualità di mandataria.

Le parti resistenti replicano che la ricorrente conosceva, o comunque avrebbe dovuto conoscere, tale condizione al momento di pubblicazione del provvedimento di ammissione alla gara.

Esse però non forniscono prova sufficiente di tale circostanza. Non è infatti dato sapere se essa emergesse dal suddetto provvedimento o da quelli acquisibili nel momento in cui è stato reso noto e la relativa prova avrebbe dovuto essere fornita da loro in base al generale principio espresso dall’art. 2967 c.c. Non può poi ritenersi presuntivamente, come pretenderebbe la controinteressata, circostanza assodata che la sua ammissione al concordato in continuità aziendale fosse un fatto conosciuto della ricorrente in quanto operatrice del settore, poiché non vengono forniti indizi gravi, precisi e concordanti a supporto della stessa e l’essere “operatore di settore” non appare sufficiente a tale scopo.

Per tali ragioni deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del primo motivo di gravame formulato dalla ricorrente.

4. Venendo alla trattazione della censura nel merito, il Collegio è consapevole dell’esistenza di diversi orientamenti sulla questione proposte dalla ricorrente. Essa lamenta la mancata applicazione, da parte della stazione appaltante, della norma di cui all’articolo 186 bis, comma sesto, R.d. n. 267/1942 secondo cui l’impresa in concordato con continuità aziendale può concorrere nelle gare per pubblici appalti purché non rivesta la qualità di mandataria, come la controinteressata nel caso di specie. L’articolo 186 bis, e con esso l’istituto del concordato con continuità aziendale, è stato inserito nella legge fallimentare dall’articolo 33, comma 1, lett. h) del decreto legge 23 giugno 2012, n. 83 convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134.

Secondo una recente interpretazione l’omologazione del concordato, che è avvenuta nel caso di specie con decreto del Tribunale di Genova 24 novembre 2014, chiude la procedura concordataria a norma dell’art. 181 R.d. n. 267/1942; a seguito di tale provvedimento l’imprenditore ritorna in bonis e, pertanto, non vi è ragione di limitarne l’attività. L'art. 181 prevede genericamente che "la procedura di concordato preventivo si chiude... con l'omologazione" senza operare alcuna distinzione, pertanto, intervenuto il decreto di omologazione del Tribunale l'impresa non è più "in stato" di concordato né sarebbe più "in corso" la relativa procedura. Ne segue che non operano i divieti di legge con riferimento alla partecipazione alle pubbliche gare e neppure sussistono gli obblighi documentali che sarebbero esigibili limitatamente alle imprese che siano "in stato" o "in corso" di concordato (C.d.S. V, 29 maggio 2018 n. 3225).

In senso contrario, è stato stabilito che la chiusura del concordato la quale, ai sensi dell'art. 181 della legge fallimentare, fa seguito alla definitività del decreto o della sentenza di omologazione, pur determinando la cessazione del regime di amministrazione dei beni previsto, durante il corso della procedura, dall'art. 167 non comporta (salvo che alla data dell'omologazione il concordato sia stato già interamente eseguito) l'acquisizione in capo al debitore della piena disponibilità del proprio patrimonio. Questo infatti resta vincolato all'attuazione degli obblighi da lui assunti con la proposta omologata, dei quali il Commissario Giudiziale è tenuto a sorvegliare l'adempimento secondo le modalità stabilite nella sentenza (o nel decreto) di omologazione. Ne segue che la fase di esecuzione, nella quale si estrinseca l'adempimento del concordato, non può ritenersi scissa, e come a sé stante, rispetto alla fase procedimentale che l'ha preceduta (Cass. I, ord.za 10 gennaio 2018 n. 380) e non vi sarebbe quindi ragione per non ritenere operanti anche in tale fase i divieti di legge con riferimento alla partecipazione alle pubbliche gare.

Ritiene il Collegio che la questione debba essere risolta non indagando gli aspetti civilistici che regolamentano l’impresa ammessa al concordato preventivo con continuità aziendale, bensì a partire dal dato testuale normativo.

Le cause di esclusione dalle procedure per l’affidamento dei contratti pubblici, sotto il profilo (della mancanza) dei necessari requisiti soggettivi, sono stabilite dall’articolo 80 del Codice dei contratti pubblici. Per quanto rileva nella presente sede, la disposizione di cui al comma 5, lett. b) del medesimo statuisce che devono essere escluse dalla partecipazione alle gare d’appalto, tra le altre, le imprese che si trovino in stato di concordato preventivo “salvo il caso di concordato con continuità aziendale” e “fermo restando quanto previsto dall’articolo 110” del medesimo Codice. La norma quindi esclude dal proprio ambito di applicazione e, con ciò, dal novero delle circostanze espulsive la procedura di concordato con continuità aziendale.

Si manifesta quindi un contrasto tra questa disposizione e quella contenuta nella legge fallimentare, secondo cui alle imprese ammesse al concordato con continuità aziendale è interdetto partecipare alle gare d’appalto quali mandatarie di un raggruppamento temporaneo di imprese.

Il conflitto tra le norme può essere risolto secondo il criterio cronologico.

La disposizione della legge fallimentare, come sopra citato, è venuta alla luce con il decreto legge 23 giugno 2012, n. 83 convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134.

La norma di cui all’articolo 80, comma 5, lett. b) del Codice dei contratti pubblici è invece venuta alla luce con il d.lgs. n. 50/2016 e, quindi, successivamente alla prima. Questa pertanto, in base al criterio cronologico di soluzione dei conflitti tra norme, deve ritenersi implicitamente abrogata.

La disposizione di cui al citato art. 80, comma 5, lett. b) d.lgs. n. 50/2016 ha innovato rispetto a quanto prevedeva il previgente d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 che all’articolo 38, comma 1, lett. a) comminava l’esclusione alle imprese che si trovassero in stato di concordato preventivo, senza effettuare alcuna distinzione. La differenza tra il precedente e l’attuale Codice dei contratti pubblici va interpretato quale indice della volontà legislativa di ammettere alle gare per l’affidamento dei contratti pubblici le imprese che si trovino in concordato preventivo con continuità aziendale, salva restando la necessità di autorizzazione del giudice delegato (elemento che non è in discussione nella presente controversia): in tali termini può essere interpretato il rimando effettuato dal citato articolo 80, comma 5, lett. b) del Codice dei contratti pubblici al proprio articolo 110 il quale, al comma 3, prevede che “il curatore del fallimento, autorizzato all'esercizio provvisorio, ovvero l'impresa ammessa al concordato con continuità aziendale, su autorizzazione del giudice delegato… possono:

a) partecipare a procedure di affidamento di concessioni e appalti di lavori, forniture e servizi ovvero essere affidatario di subappalto;

b) eseguire i contratti già stipulati dall'impresa fallita o ammessa al concordato con continuità aziendale”.

La sentenza del Consiglio di Stato 3 gennaio 2019, n. 69, citata dal procuratore della ricorrente in udienza a sostegno delle proprie ragioni, è inconferente rispetto al caso di specie poiché afferma la necessità, per l’impresa ammessa al concordato preventivo, di ottenere una preventiva autorizzazione giudiziaria a partecipare alle gare per l’affidamento dei contratti pubblici (che può essere anche contenuta nel decreto di omologazione): questo elemento non è in discussione nel caso di specie.

Sono poi irrilevanti eventuali inadempimenti della controinteressata al piano concordatario, finchè non sia stata giudiziariamente dichiarata la risoluzione del concordato. Le ragioni del piano di riparto presentato dalla controinteressata il 28 dicembre 2018 non possono essere oggetto di cognizione nella presente sede e devono essere valutate in sede concordataria, come essa correttamente pretende; diversamente opinando si verificherebbe una sovrapposizione tra il Giudice Amministrativo e il Giudice Fallimentare con uno straripamento di potere giurisdizionale a danno di quest’ultimo.

Per tali ragioni, il primo motivo di gravame deve essere respinto.

5. Non merita miglior sorte il secondo motivo di gravame, in quanto la soglia di anomalia non è stata raggiunta da nessun concorrente e la ricorrente non fornisce indizi di macroscopica irragionevolezza della scelta formulata dalla stazione appaltante, di non effettuare la verifica di anomalia facoltativa. A tal fine non è sufficiente la presenza di un ribasso che supera il 50% della media di quelli registrati in gara, se non sussistono ulteriori indizi di circa l’inaffidabilità dell’offerta.

La scelta della stazione appaltate di sottoporre o meno a verifica facoltativa di anomalia un'offerta è espressione di ampia discrezionalità, sindacabile solamente in caso di macroscopica irragionevolezza o di decisivo errore di fatto né richiede motivazione (C.d.S. V, 6 settembre 2018 n. 5231; 22 marzo 2019, n. 1922). La presenza di un ribasso particolarmente ampio, comunque non rientrante nella soglia di anomalia comportante la verifica obbligatoria, non è decisiva in quanto può essere spiegata da ragioni tecniche o commerciali, la cui assenza non è dimostrata alla ricorrente nemmeno in termini meramente indiziari.

6. In conclusione, per le ragioni sopradescritte il ricorso deve essere respinto.

Le spese processuali possono tuttavia essere integralmente compensate tra le parti in ragione della novità delle questioni affrontate.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio riconvocata del giorno 2 aprile 2019 con l'intervento dei magistrati:

 

Rosaria Trizzino, Presidente

Riccardo Giani, Consigliere

Alessandro Cacciari, Consigliere, Estensore

     
     
L'ESTENSORE   IL PRESIDENTE
Alessandro Cacciari   Rosaria Trizzino
     
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

 

Fonte: Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa

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