Esclusione dalla gara del
concorrente che, in sede di avvalimento, ha indicato una impresa
ausiliaria con condanna penale passata in giudicato su grave
illecito professionale
Consiglio di Stato - Sez. III, ord.,
20 marzo 2020, n. 2005
Contratti della Pubblica amministrazione –
Avvalimento - Impresa ausiliaria - Dichiarazioni non veritiere
su condanna penale passata in giudicato su grave illecito
professionale – Esclusione del concorrente senza che possa
indicare altra ausiliaria – Rimessione alla Corte di Giustizia
Ue.
É rimessa alla Corte di
Giustizia UE la questione se l’art. 63 della direttiva 2014/24
del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014,
relativo all’istituto dell’avvalimento, unitamente ai principi
di libertà di stabilimento e di libera prestazione di servizi,
di cui agli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento
dell’Unione Europea (TFUE), osti all’applicazione della
normativa nazionale italiana in materia di avvalimento e di
esclusione dalle procedure di affidamento, contenuta nell’art.
89, comma 1, quarto periodo, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50,
secondo la quale nel caso di dichiarazioni non veritiere rese
dall’impresa ausiliaria riguardanti la sussistenza di condanne
penali passate in giudicato, potenzialmente idonee a dimostrare
la commissione di un grave illecito professionale, la stazione
appaltante deve sempre escludere l’operatore economico
concorrente in gara, senza imporgli o consentirgli di indicare
un’altra impresa ausiliaria idonea, in sostituzione della prima,
come stabilito, invece nelle altre ipotesi in cui i soggetti
della cui capacità l'operatore economico intende avvalersi non
soddisfano un pertinente criterio di selezione o per i quali
sussistono motivi obbligatori di esclusione (1).
(1) ha ricordato la Sezione che la
giurisprudenza nazionale, ormai consolidata, ritiene che: a) in
forza del combinato disposto dei citati artt. 80, comma 5,
lettera f-bis, e 89, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016, in caso di
avvalimento, la dichiarazione mendace presentata dall'impresa
ausiliaria comporta l'esclusione dalla procedura di gara
dell’operatore economico che si è avvalso della sua capacità per
integrare i prescritti requisiti di partecipazione; b)
nell’ipotesi di dichiarazione mendace o di attestazione non
veritiera dell’impresa ausiliaria sul possesso dei requisiti ex
art. 80, l'art. 89, comma 3, non è applicabile e, quindi,
l’operatore economico non può sostituire l’impresa ausiliaria.
Si ritiene, infatti, che l’art. 89 prevede
espressamente l’esclusione del concorrente in caso di
dichiarazioni mendaci provenienti dall’impresa di cui egli si
avvale (Cons. St., sez. V, n. 6529 del 2018; id. n. 69 del 2019;
Delibera Anac n. 337/2019). La sostituzione dell’impresa
ausiliaria è consentita solo nelle altre ipotesi in cui
risultano mancanti i pertinenti requisiti di partecipazione.
Questo indirizzo interpretativo risulta ormai
consolidato in giurisprudenza e la parte appellata non ha
indicato nuovi argomenti idonei a contrastarne la correttezza.
Ha aggiunto la Sezione che: a) la ratio
dell’istituto dell’avvalimento è quella di favorire la
massima partecipazione degli operatori economici al mercato
degli appalti pubblici, aprendolo ad imprese di per sé prive di
requisiti di carattere economico-finanziario,
tecnico-organizzativo e consentendo loro la dimostrazione dei
requisiti medesimi per relationem, attraverso il
concorso di terzi soggetti ausiliari; b) l’istituto dell’avvalimento
ha tradizionalmente goduto di ampio favore nella giurisprudenza
della Corte di Giustizia, che lo ha elaborato e ha contrastato
prassi interpretative e disposizioni normative nazionali che
potessero ostacolarne l’impiego.
Esemplificativa di questo indirizzo è la
sentenza del 10 ottobre 2013 in causa C-94/12, SWM Costruzioni,
con la quale la Corte ha risolto una questione per rinvio
pregiudiziale sollevata dalla Quinta Sezione del Consiglio di
Stato circa la compatibilità con il diritto UE della normativa
nazionale (art. 49, comma 6, d.lgs. n. 163 del 2006) che vietava
al concorrente in una pubblica gara di appalto di avvalersi -
salvo ipotesi eccezionali - di più di un’impresa ausiliaria.
In quella sede la Corte ha definito la
questione coniugando il principio della piena apertura
concorrenziale con quello dell’effettività della messa a
disposizione dei requisiti necessari. Secondo la Corte, infatti,
“la direttiva 2004/18 consente il cumulo delle capacità di più
operatori economici per soddisfare i requisiti minimi di
capacità imposti dall’Amministrazione aggiudicatrice, purché
alla stessa si dimostri che il candidato o l’offerente che si
avvale delle capacità di uno o di svariati altri soggetti
disporrà effettivamente dei mezzi di questi ultimi che sono
necessari all’esecuzione dell’appalto”.
La Corte ha richiamato il generale obiettivo
dell’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza “nella
misura più ampia possibile, obiettivo perseguito dalle direttive
in materia a vantaggio non soltanto degli operatori economici,
ma parimenti delle amministrazioni aggiudicatrici” (v., in tal
senso, sentenza del 23 dicembre 2009, Conisma, in causa
C-305/08).
Nello stesso senso viene in rilievo la
sentenza del 7 aprile 2016 in causa C-324/14, Partner Apelski
Dariusz, con la quale la Corte ha chiarito che le disposizioni
UE in tema di avvalimento riconoscono “il diritto di qualunque
operatore economico di fare affidamento, per un determinato
appalto, sulle capacità di altri soggetti (…), purché sia
dimostrato all’amministrazione aggiudicatrice che il candidato o
l’offerente disporrà effettivamente delle risorse di tali
soggetti che sono necessarie per eseguire detto appalto, e non è
escluso che l’esercizio di tale diritto possa essere limitato,
in circostanze particolari, tenuto conto dell’oggetto
dell’appalto in questione e delle finalità dello stesso (…)”.
La Corte ha tuttavia chiarito che eventuali
limiti nazionali all’esercizio del diritto di avvalimento devono
essere riguardati con rigore, alla luce dei principi di parità
di trattamento e non discriminazione.
Sulla stessa scia si pone, in ambito
nazionale, la pronuncia del Consiglio di Stato Ad. Plen., del 4
novembre 2016, n. 23, la quale afferma, con specifico
riferimento all’istituto dell’avvalimento, che “trattandosi di
obiettivi generali dell'ordinamento Eurounitario (e sulla base
di generali canoni ermeneutici di matrice UE), grava
sull'operatore nazionale l'obbligo di interpretare le categorie
del diritto nazionale in senso conforme ad essi (c.d. criterio
dell'interpretazione conforme) e di non introdurre in relazione
ad essi vincoli e limiti ulteriori e diversi rispetto a quelli
che operano in relazione alle analoghe figure del diritto
interno (si tratta di un corollario applicativo dei generali
principi di parità di trattamento e di non discriminazione che
devono assistere le posizioni giuridiche e gli istituti di
matrice Eurounitaria)”.
Fonte: Consiglio
di Stato - La Giustizia Amministrativa
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