Contestazione del ricorso alla
procedura negoziata senza bando conseguente ad asserita
infungibilità del bene risultante da consultazione preliminari
di mercato
Consiglio di Stato - Sez. V, 20
novembre 2020, n. 7239
Contratti della Pubblica
amministrazione – Appalto fornitura – Procedura negoziata senza
bando – Conseguente ad asserita infungibilità del bene –
Decisione a seguito di consultazione preliminare di mercato –
Contestazione – Impugnazione dell’atto di avvio della procedura
– Necessità - Impugnazione dell’atto di avvio della
consultazione preliminari di mercato – Non occorre.
Ove all’esito
della consultazione di mercato sia tratto convincimento del
carattere infungibile del bene tale da giustificare
l’affidamento per procedura negoziata senza bando, l’operatore
economico che tale conclusione voglia contestare è tenuto ad
impugnare non l’avvio della consultazione di mercato ma l’atto
di avvio della procedura, che è diretta conseguenza dell’esito
della consultazione e, d’altra parte, costituisce il primo atto
lesivo della sua situazione soggettiva poiché, in ragione della
presunta natura infungibile del bene, gli preclude di concorrere
all’affidamento del contratto (1).
(1) Ha ricordato la Sezione che
nel
parere 14 febbraio 2019, n. 445, reso sulle Linee guida Anac
recanti “Indicazioni sulle consultazioni preliminari di
mercato”, la Sezione atti normativi del Consiglio di Stato ha
precisato come la consultazione preliminare di mercato per la
procedura negoziata senza pubblicazione del bando costituisca
uno strumento per le stazioni appaltanti con il quale è
possibile avviare un dialogo informale con gli operatori di
settore per acquisire le informazioni ritenute necessarie al
successivo svolgimento di una procedura di gara; ha aggiunto che
essa ben può costituire lo strumento attraverso il quale
accertare l’eventuale infungibilità dei beni, prestazioni e
servizi, ed assumere, su tale presupposto, scelte limitative del
confronto concorrenziale.
Le citate Linee guida dell’Anac
precisano pertanto (al punto 2.3.) che “La consultazione
preliminare di mercato non costituisce una procedura di
affidamento di un contratto pubblico”, trattandosi essere
soltanto di una fase di pre – gara.
Siccome le informazioni
acquisite attraverso le consultazioni preliminari di mercato
confluiscono nei successivi atti procedurali delle
amministrazioni (che dette consultazioni hanno avviato), chi
intenda contestarne gli esiti è ad essi (agli atti delle
procedure) che deve rivolgere le proprie contestazioni, ivi
inverandosi la scelta dell’amministrazione potenzialmente lesiva
della concorrenza.
Così, ove all’esito della
consultazione di mercato sia tratto convincimento del carattere
infungibile del bene tale da giustificare l’affidamento per
procedura negoziata senza bando, l’operatore economico che tale
conclusione voglia contestare è tenuto ad impugnare l’atto di
avvio della procedura, che è diretta conseguenza dell’esito
della consultazione e, d’altra parte, costituisce il primo atto
lesivo della sua situazione soggettiva poiché, in ragione della
presunta natura infungibile del bene, gli preclude di concorrere
all’affidamento del contratto.
L’onere di impugnazione non va,
invece, retratto fino all’avviso di avvio della consultazione
preliminare di mercato, proprio per la natura di fase pre - gara
finalizzata alla sola raccolta di informazioni, cui non è detto
segua la scelta di una procedura limitativa della concorrenza,
potendo l’amministrazione sempre determinarsi per la più ampia
apertura al mercato nella scelta del contraente.
Anche quando la consultazione
di mercato sia avviata con richiesta di requisiti
particolarmente stringenti per la fornitura, l’operatore che
avverta di poter essere escluso per la mancanza di tali
requisiti ha la facoltà, ma non l’onere a pena di decadenza, di
impugnazione, potendo attendere gli sviluppi della successiva
fase procedurale (id est. gli atti di indizione della procedura
di gara) contenenti le definitive scelte della stazione
appaltante per l’affidamento del contratto pubblico (Cons.
Stato, sez. III, 23 settembre 2019, n. 6302).
L’operatore che assume di
essere stato leso da tale condotta non è tenuto ad impugnare
l’avviso di consultazione preliminare di mercato, in quanto atto
non immediatamente lesivo, né è tenuto a prendere parte alla
procedura, potendo legittimamente decidere di non rispondere
all’invito dell’amministrazione.
L’art. 63 (Uso della procedura
negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara), al
comma 2, lett. b) prevede, tra i casi tassativi cui è possibile
far ricorso a tale modalità di scelta del contraente, “Quando i
lavori, le forniture o i servizi possono essere forniti
unicamente da un determinato operatore economico per una delle
seguenti ragioni: … 2) la concorrenza è assente per motivi
tecnici”. È poi specificato che “Le eccezioni di cui ai punti 2)
e 3) si applicano solo quando non esistono altri operatori
economici o soluzioni alternative ragionevoli e l’assenza di
concorrenza non è il risultato di una limitazione artificiale
dei parametri dell’appalto”.
Per effetto di tale
disposizione citata, secondo un condivisibile indirizzo
giurisprudenziale, è consentito alle stazioni appaltanti
ricorrere alla procedura negoziata – e nel caso di unico
operatore presente sul mercato all’affidamento diretto – se il
bene oggetto della fornitura sia infungibile (Cons. Stato,
sez. VI, 19 dicembre 2019, n. 8588; id.,
sez. VI, 13 giugno 2019, n. 3983; id.,
sez. III, 18 gennaio 2018, n. 310).
In tale condizione, infatti,
per l’assenza di mercato, lo svolgimento di una procedura di
gara aperta alla concorrenza sarebbe un inutile spreco di tempo,
contrastante con il principio di efficienza ed economicità
dell’azione amministrativa (Cons. Stato,
sez. V, 28 luglio 2014, n. 3997; id.,
sez. V, 30 aprile 2014, n. 2255).
In questi casi
l’amministrazione si viene a trovare in quella condizione che è
definita nelle Linee guida Anac n. 8 (intitolate “Ricorso a
procedure negoziate senza previa pubblicazione di un bando nel
caso di forniture e servizi ritenuti infungibili”) come lock
– in; una condizione di dipendenza da un singolo fornitore
che non è possibile sciogliere se non sopportando costi
ulteriori per transitare ad altro fornitore (dovuta, seguendo
ancora le indicazioni dell’Anac, all’impossibilità di recuperare
gli investimenti iniziali perché il cambio del fornitore avrebbe
l’effetto di condurre alla perdita degli stessi (sunk cost)
ovvero ai lunghi e costosi processi di apprendimento (learning)
per l’utilizzo ottimale di un bene che sarebbero persi in caso
di cambio di fornitore).
La condizione di lock – in
(lett. bloccare) si è determinata, come spesso accade, per gli
esiti della precedente procedura di gara conclusasi con
l’acquisto di un unico modello dal medesimo fornitore, ma è
suscettibile di perpetuarsi per un lungo (se non lunghissimo)
periodo di tempo.
È sufficiente por mente al
fatto che l’amministrazione, allorquando dovrà sostituire i
mezzi in uso, si troverà sempre a preferire il fornitore dal
quale ha già acquistato al fine di evitare il costo eccessivo
che il passaggio ad altro fornitore comporta, in un continuo
replicarsi dell’identica situazione di vincolo indotto.
Non è un caso che nelle citate
Linee guida siano fornite indicazioni alle amministrazioni per
evitare di trovarsi nella condizione di lock – in.
Ne segue, per quanto interessa
per il caso di specie, che se un’amministrazione si trova in una
condizione di lock – in il bene non è infungibile
perché non vi sono altri operatori sul mercato in grado di
fornire beni altrettanto idonei a soddisfare le sue esigenze, ma
è infingibile perché tale appare all’amministrazione che avverte
la gravità economica del cambio di operatore.
Per l’amministrazione il
fornitore si presenta pertanto come un monopolista naturale, pur
non essendolo nei fatti, con le conseguenze inevitabili che a
ciò consegue in punto di determinazione del prezzo di acquisto,
oltre che di accesso alle innovazioni e gli avanzamenti
tecnologici del prodotto che sia possibile reperire in libera
concorrenza tra gli operatori.
Proprio per tale ultima
considerazione v’è necessità per l’amministrazione – non solo di
evitare di cadere, ma anche – di uscire dalla condizione di
lock – in: trattandosi di fenomeno distorsivo della
concorrenza, i costi dovuti in prima battuta al cambio di
operatore, saranno nel lungo periodo recuperati attraverso il
risparmio di spesa che ne conseguirà e compensati dai vantaggi
qualitativi acquisibili.
L’uscita dalla condizione di
lock – in può avvenire solamente con una procedura
aperta in cui l’amministrazione si renda disponibile alla
fornitura di modelli equivalenti a quelli in uso.
L’amministrazione non può
ricorrere alla procedura negoziata senza pubblicazione del bando
ex art. 63, comma 2, lett. b), del Codice dei contratti pubblici
quando il bene da acquistare non è infungibile per l’assenza di
concorrenza dovuta a “motivi tecnici”, come richiesto dal
legislatore, ma per la distorta visuale indotta
nell’amministrazione dalla condizione in cui essa stessa si è
posta; condizione che la direttiva (del Parlamento europeo e del
Consiglio del 26 febbraio 2014) 2014/24/UE, al considerando n.
50, pone come ostativa al ricorso ad una procedura negoziata
senza pubblicazione del bando precisando che “L'esclusività
(ricorrente in caso di un solo operatore oggettivamente in grado
di eseguire l’appalto, n.d.s.) può anche trarre origine da altri
motivi, ma solo situazioni di reale esclusività possono
giustificare il ricorso alla procedura negoziata senza previa
pubblicazione, se la situazione di esclusività non è stata
creata dalla stessa amministrazione aggiudicatrice in vista
della futura gara di appalto”.
Fonte: Consiglio
di Stato - La Giustizia Amministrativa
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