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   Normativa Appalti Generale  

DECRETO LEGISLATIVO 9 aprile 2008 , n. 81

Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

Titolo I
PRINCIPI COMUNI
Capo I
Disposizioni generali

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76, 87 e 117 della Costituzione;
Vista la legge 3 agosto 2007, n. 123, recante: misure in tema di
tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo
per il riassetto e la riforma della normativa in materia;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, recante: norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n.
164, recante: norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro
nelle costruzioni;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, recante norme generali per l'igiene del lavoro;
Visto il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277, recante:
attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE, n.
83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione
dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti
chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma
dell'articolo 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212;
Visto il decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, recante:
attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE, 89/655/CEE,
89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE, 90/679/CEE,
93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE, 99/38/CE, 99/92/CE,
2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e 2004/40/CE riguardanti il
miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante
il lavoro;
Visto il decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, recante:
modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia di lavoro;
Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, recante
attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le prescrizioni
minime per la segnaletica di sicurezza e/o di salute sul luogo di
lavoro;
Visto il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494, recante
attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni
minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o
mobili;
Visto il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, recante
disciplina della responsabilita' amministrativa delle persone
giuridiche, delle societa' e delle associazioni anche prive di
personalita' giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge
29 settembre 2000, n. 300;
Visto il decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, recante
attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del
lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30;
Vista la direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle prescrizioni minime di sicurezza
e salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti
dagli agenti fisici (campi elettromagnetici);
Visto il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 187, recante
attuazione della direttiva 2002/44/CE sulle prescrizioni minime di
sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai
rischi derivanti da vibrazioni meccaniche;
Vista la direttiva 2006/25/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 5 aprile 2006, concernente le prescrizioni minime di
sicurezza e salute relative all'esposizione dei lavoratori ai rischi
derivanti dagli agenti fisici (radiazioni ottiche);
Vista la legge comunitaria 2006 del 6 febbraio 2007, n. 13 recante
disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee;
Visto il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 257, recante
attuazione della direttiva 2004/40/CE sulle prescrizioni minime di
sicurezza e di salute relative all'esposizione dei lavoratori ai
rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici);
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 6 marzo 2008;
Sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative
dei lavoratori e dei datori di lavoro;
Acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati
personali;
Acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
espresso nella riunione del 12 marzo 2008;
Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni parlamentari della
Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 1° aprile 2008;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e dei
Ministri del lavoro e della previdenza sociale, della salute, delle
infrastrutture, dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri
per le politiche europee, della giustizia, delle politiche agricole
alimentari e forestali, dell'interno, della difesa, della pubblica
istruzione, della solidarieta' sociale, dell'universita' e della
ricerca, per gli affari regionali e le autonomie locali e
dell'economia e delle finanze;
Emana
il seguente decreto legislativo:

Art. 1.
Finalita'

1. Le disposizioni contenute nel presente decreto legislativo
costituiscono attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007,
n. 123, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia
di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi
di lavoro, mediante il riordino e il coordinamento delle medesime in
un unico testo normativo. Il presente decreto legislativo persegue le
finalita' di cui al presente comma nel rispetto delle normative
comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, nonche' in
conformita' all'articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle
regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di
Bolzano, e alle relative norme di attuazione, garantendo
l'uniformita' della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul
territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con
riguardo alle differenze di genere, di eta' e alla condizione delle
lavoratrici e dei lavoratori immigrati.
2. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma,
della Costituzione e dall'articolo 16, comma 3, della legge
4 febbraio 2005, n. 11, le disposizioni del presente decreto
legislativo, riguardanti ambiti di competenza legislativa delle
regioni e province autonome, si applicano, nell'esercizio del potere
sostitutivo dello Stato e con carattere di cedevolezza, nelle regioni
e nelle province autonome nelle quali ancora non sia stata adottata
la normativa regionale e provinciale e perdono comunque efficacia
dalla data di entrata in vigore di quest'ultima, fermi restando i
principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, terzo comma , della
Costituzione.
3. Gli atti, i provvedimenti e gli adempimenti attuativi del
presente decreto sono effettuati nel rispetto dei principi del
decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.


Avvertenza:

Il testo delle note qui pubblicato e' stato redatto
dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle diposizioni di legge
modificate o alle quali e' operante il rinvio. Restano
invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi
qui trascritti.

Note alle premesse:

- Il testo dell'art. 76 della Costituzione e' il
seguente:
«Art. 76. L'esercizio della funzione legislativa non
puo' essere delegato al Governo se non con determinazione
di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo
limitato e per oggetti definiti.».
- L'art. 87 della Costituzione conferisce, al
Presidente della Repubblica il potere di promulgare le
leggi ed emanare i decreti aventi valore di legge e i
regolamenti.
- Il testo dell'art. 117 della Costituzione e' il
seguente:
«Art. 117. La potesta' legislativa e' esercitata dallo
Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione,
nonche' dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario
e dagli obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti
materie:
a) politica estera e rapporti internazionali dello
Stato; rapporti dello Stato con l'Unione europea; diritto
di asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non
appartenenti all'Unione europea;
b) immigrazione;
c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni
religiose;
d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato;
armi, munizioni ed esplosivi;
e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari;
tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema
tributario e contabile dello Stato; perequazione delle
risorse finanziarie;
f) organi dello Stato e relative leggi elettorali;
referendum statali; elezione del Parlamento europeo;
g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello
Stato e degli enti pubblici nazionali;
h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della
polizia amministrativa locale;
i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;
l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento
civile e penale; giustizia amministrativa;
m) determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che
devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;
n) norme generali sull'istruzione;
o) previdenza sociale;
p) legislazione elettorale, organi di governo e
funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citta'
metropolitane;
q) dogane, protezione dei confini nazionali e
profilassi internazionale;
r) pesi, misure e determinazione del tempo;
coordinamento informatico statistico e informatico dei dati
dell'amministrazione statale, regionale e locale; opere
dell'ingegno;
s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni
culturali.
Sono materie di legislazione concorrente quelle
relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea
delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza
del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni
scolastiche e con esclusione della istruzione e della
formazione professionale; professioni; ricerca scientifica
e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori
produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento
sportivo; protezione civile; Governo del territorio; porti
e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di
navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia;
previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei
bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e
del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e
ambientali e promozione e organizzazione di attivita'
culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di
credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e
agrario a carattere regionale. Nelle materie di
legislazione concorrente spetta alle regioni la potesta'
legislativa, salvo che per la determinazione dei principi
fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle Regioni la potesta' legislativa in
riferimento ad ogni materia non espressamente riservata
alla legislazione dello Stato.
Le Regioni e le Province autonome di Trento e di
Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle
decisioni dirette alla formazione degli atti normativi
comunitari e provvedono all'attuazione e all'esecuzione
degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione
europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da
legge dello Stato, che disciplina le modalita' di esercizio
del potere sostitutivo in caso di inadempienza.
La potesta' regolamentare spetta allo Stato nelle
materie di legislazione esclusiva, salva delega alle
Regioni. La potesta' regolamentare spetta alle Regioni in
ogni altra materia. I Comuni, le Province e le Citta'
metropolitane hanno potesta' regolamentare in ordine alla
disciplina dell'organizzazione e dello svolgimento delle
funzioni loro attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che
impedisce la piena parita' degli uomini e delle donne nella
vita sociale, culturale ed economica e promuovono la
parita' di accesso tra donne e uomini alle cariche
elettive.
La legge regionale ratifica le intese della Regione con
altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie
funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la Regione puo'
concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali
interni ad altro Stato, nei casi e con le forme
disciplinati da leggi dello Stato.».
- Il testo della legge 3 agosto 2007, n. 123 (Misure in
tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e
delega al Governo per il riassetto e la riforma della
normativa in materia), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 10 agosto 2007, n. 185.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
27 aprile 1955, n. 547 (Norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro), e' pubblicato nel Supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale 12 luglio 1955, n. 158.
- Il testo del decreto del Presedente delle Repubblica
7 gennaio 1956, n. 164 (Norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro nelle costruzioni), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 31 marzo 1956, n. 78, supplemento
ordinario.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
19 marzo 1956, n. 303 (Norme generali per l'igiene del
lavoro), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 aprile
1956, n. 105, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 15 agosto 1991, n.
277 (Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n.
82/605/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE,
in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi
derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e
biologici durante il lavoro, a norma dell'art. 7 della
legge 30 luglio 1990, n. 212), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 27 agosto 1991, n. 200, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 19 settembre 1994,
n. 626 (Attuazione delle direttive 89/391/CEE, 89/654/CEE,
89/655/CEE, 89/656/CEE, 90/269/CEE, 90/270/CEE, 90/394/CEE,
90/679/CEE, 93/88/CEE, 95/63/CE, 97/42/CE, 98/24/CE,
99/38/CE, 99/92/CE, 2001/45/CE, 2003/10/CE, 2003/18/CE e
2004/40/CE riguardanti il miglioramento della sicurezza e
della salute dei lavoratori durante il lavoro), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 12 novembre 1994, n.
265, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n.
758 (Modificazioni alla disciplina sanzionatoria in materia
di lavoro), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
26 gennaio 1995, n. 21, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 14 agosto 1996, n.
493 (Attuazione della direttiva 92/58/CEE concernente le
prescrizioni minime per la segnaletica di sicurezza e/o di
salute sul luogo di lavoro), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 23 settembre 1996, n. 223, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 14 agosto 1996, n.
494 (Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le
prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei
cantieri temporanei o mobili), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 23 settembre 1996, n. 223, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 8 giugno 2001, n.
231 (Disciplina della responsabilita' amministrativa delle
persone giuridiche, delle societa' e delle associazioni
anche prive di personalita' giuridica, a norma dell'art. 11
della legge 29 settembre 2000, n. 300), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 19 giugno 2001, n. 140.
- Il testo dell'art. 11 della legge 29 settembre 2000,
n. 300 (Ratifica ed esecuzione dei seguenti Atti
internazionali elaborati in base all'art. K. 3 del Trattato
sull'Unione europea: Convenzione sulla tutela degli
interessi finanziari delle Comunita' europee, fatta a
Bruxelles il 26 luglio 1995, del suo primo Protocollo fatto
a Dublino il 27 settembre 1996, del Protocollo concernente
l'interpretazione in via pregiudiziale, da parte della
Corte di giustizia delle Comunita' europee, di detta
Convenzione, con annessa dichiarazione, fatto a Bruxelles
il 29 novembre 1996, nonche' della Convenzione relativa
alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti
funzionari delle Comunita' europee o degli Stati membri
dell'Unione europea, fatta a Bruxelles il 26 maggio 1997 e
della Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di
pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche
internazionali, con annesso, fatta a Parigi il 17 dicembre
1997. Delega al Governo per la disciplina della
responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche e
degli enti privi di personalita' giuridica), e' il
seguente:
«Art. 11 (Delega al Governo per la disciplina della
responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche e
degli enti privi di personalita' giuridica). - 1. Il
Governo della Repubblica e' delegato ad emanare, entro otto
mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge,
un decreto legislativo avente ad oggetto la disciplina
della responsabilita' amministrativa delle persone
giuridiche e delle societa', associazioni od enti privi di
personalita' giuridica che non svolgono funzioni di rilievo
costituzionale, con l'osservanza dei seguenti principi e
criteri direttivi:
a) prevedere la responsabilita' in relazione alla
commissione dei reati di cui agli articoli 316-bis,
316-ter, 317, 318, 319, 319-bis, 319-ter, 320, 321, 322,
322-bis, 640, secondo comma, numero 1, 640-bis e 640-ter,
secondo comma, con esclusione dell'ipotesi in cui il fatto
e' commesso con abuso della qualita' di operatore del
sistema, del codice penale;
b) prevedere la responsabilita' in relazione alla
commissione dei reati relativi alla tutela dell'incolumita'
pubblica previsti dal titolo sesto del libro secondo del
codice penale;
c) prevedere la responsabilita' in relazione alla
commissione dei reati previsti dagli articoli 589 e 590 del
codice penale che siano stati commessi con violazione delle
norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o
relative alla tutela dell'igiene e della salute sul lavoro;
d) prevedere la responsabilita' in relazione alla
commissione dei reati in materia di tutela dell'ambiente e
del territorio, che siano punibili con pena detentiva non
inferiore nel massimo ad un anno anche se alternativa alla
pena pecuniaria, previsti dalla legge 31 dicembre 1962, n.
1860, dalla legge 14 luglio 1965, n. 963, dalla legge
31 dicembre 1982, n. 979, dalla legge 28 febbraio 1985, n.
47, e successive modificazioni, dal decreto-legge 27 giugno
1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge
8 agosto 1985, n. 431, dal decreto del Presidente della
Repubblica 24 maggio 1988, n. 203, dalla legge 6 dicembre
1991, n. 394, dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.
95, dal decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, dal
decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, dal decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive
modificazioni, dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n.
152, dal decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, dal
decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 372, e dal testo
unico delle disposizioni legislative in materia di beni
culturali e ambientali, approvato con decreto legislativo
29 ottobre 1999, n. 490;
e) prevedere che i soggetti di cui all'alinea del
presente comma sono responsabili in relazione ai reati
commessi, a loro vantaggio o nel loro interesse, da chi
svolge funzioni di rappresentanza o di amministrazione o di
direzione, ovvero da chi esercita, anche di fatto, poteri
di gestione e di controllo ovvero ancora da chi e'
sottoposto alla direzione o alla vigilanza delle persone
fisiche menzionate, quando la commissione del reato e'
stata resa possibile dall'inosservanza degli obblighi
connessi a tali funzioni; prevedere l'esclusione della
responsabilita' dei soggetti di cui all'alinea del presente
comma nei casi in cui l'autore abbia commesso il reato
nell'esclusivo interesse proprio o di terzi;
f) prevedere sanzioni amministrative effettive,
proporzionate e dissuasive nei confronti dei soggetti
indicati nell'alinea del presente comma;
g) prevedere una sanzione amministrativa pecuniaria
non inferiore a lire cinquanta milioni e non superiore a
lire tre miliardi stabilendo che, ai fini della
determinazione in concreto della sanzione, si tenga conto
anche dell'ammontare dei proventi del reato e delle
condizioni economiche e patrimoniali dell'ente, prevedendo
altresi' che, nei casi di particolare tenuita' del fatto,
la sanzione da applicare non sia inferiore a lire venti
milioni e non sia superiore a lire duecento milioni;
prevedere inoltre l'esclusione del pagamento in misura
ridotta;
h) prevedere che gli enti rispondono del pagamento
della sanzione pecuniaria entro i limiti del fondo comune o
del patrimonio sociale;
i) prevedere la confisca del profitto o del prezzo
del reato, anche nella forma per equivalente;
l) prevedere, nei casi di particolare gravita',
l'applicazione di una o piu' delle seguenti sanzioni in
aggiunta alle sanzioni pecuniarie:
1) chiusura anche temporanea dello stabilimento o
della sede commerciale;
2) sospensione o revoca delle autorizzazioni,
licenze o concessioni funzionali alla commissione
dell'illecito;
3) interdizione anche temporanea dall'esercizio
dell'attivita' ed eventuale nomina di altro soggetto per
l'esercizio vicario della medesima quando la prosecuzione
dell'attivita' e' necessaria per evitare pregiudizi ai
terzi;
4) divieto anche temporaneo di contrattare con la
pubblica amministrazione;
5) esclusione temporanea da agevolazioni,
finanziamenti, contributi o sussidi, ed eventuale revoca di
quelli gia' concessi;
6) divieto anche temporaneo di pubblicizzare beni e
servizi;
7) pubblicazione della sentenza;
m) prevedere che le sanzioni amministrative di cui
alle lettere g), i) e l) si applicano soltanto nei casi e
per i tempi espressamente considerati e in relazione ai
reati di cui alle lettere a), b) c) e d) commessi
successivamente alla data di entrata in vigore del decreto
legislativo previsto dal presente articolo;
n) prevedere che la sanzione amministrativa
pecuniaria di cui alla lettera g) e' diminuita da un terzo
alla meta' ed escludere l'applicabilita' di una o piu'
delle sanzioni di cui alla lettera l) in conseguenza
dell'adozione da parte dei soggetti di cui all'alinea del
presente comma di comportamenti idonei ad assicurare
un'efficace riparazione o reintegrazione rispetto
all'offesa realizzata;
o) prevedere che le sanzioni di cui alla lettera l)
sono applicabili anche in sede cautelare, con adeguata
tipizzazione dei requisiti richiesti;
p) prevedere, nel caso di violazione degli obblighi e
dei divieti inerenti alle sanzioni di cui alla lettera l),
la pena della reclusione da sei mesi a tre anni nei
confronti della persona fisica responsabile della
violazione, e prevedere inoltre l'applicazione delle
sanzioni di cui alle lettere g) e i) e, nei casi piu'
gravi, l'applicazione di una o piu' delle sanzioni di cui
alla lettera l) diverse da quelle gia' irrogate, nei
confronti dell'ente nell'interesse o a vantaggio del quale
e' stata commessa la violazione; prevedere altresi' che le
disposizioni di cui alla presente lettera si applicano
anche nell'ipotesi in cui le sanzioni di cui alla
lettera l) sono state applicate in sede cautelare ai sensi
della lettera o);
q) prevedere che le sanzioni amministrative a carico
degli enti sono applicate dal giudice competente a
conoscere del reato e che per il procedimento di
accertamento della responsabilita' si applicano, in quanto
compatibili, le disposizioni del codice di procedura
penale, assicurando l'effettiva partecipazione e difesa
degli enti nelle diverse fasi del procedimento penale;
r) prevedere che le sanzioni amministrative di cui
alle lettere g), i) e l) si prescrivono decorsi cinque anni
dalla consumazione dei reati indicati nelle
lettere a), b) c) e d) e che l'interruzione della
prescrizione e' regolata dalle norme del codice civile;
s) prevedere l'istituzione, senza nuovi o maggiori
oneri a carico del bilancio dello Stato, di un'Anagrafe
nazionale delle sanzioni amministrative irrogate nei
confronti dei soggetti di cui all'alinea del presente
comma;
t) prevedere, salvo che gli stessi siano stati
consenzienti ovvero abbiano svolto, anche indirettamente o
di fatto, funzioni di gestione, di controllo o di
amministrazione, che sia assicurato il diritto
dell'azionista, del socio o dell'associato ai soggetti di
cui all'alinea del presente comma, nei confronti dei quali
sia accertata la responsabilita' amministrativa con
riferimento a quanto previsto nelle lettere da a) a q), di
recedere dalla societa' o dall'associazione o dall'ente,
con particolari modalita' di liquidazione della quota
posseduta, ferma restando l'azione di risarcimento di cui
alle lettere v) e z); disciplinare i termini e le forme con
cui tale diritto puo' essere esercitato e prevedere che la
liquidazione della quota sia fatta in base al suo valore al
momento del recesso determinato a norma degli
articoli 2289, secondo comma, e 2437 del codice civile;
prevedere altresi' che la liquidazione della quota possa
aver luogo anche con onere a carico dei predetti soggetti,
e prevedere che in tal caso il recedente, ove non ricorra
l'ipotesi prevista dalla lettera l), numero 3), debba
richiedere al Presidente del tribunale del luogo in cui i
soggetti hanno la sede legale la nomina di un curatore
speciale cui devono essere delegati tutti i poteri
gestionali comunque inerenti alle attivita' necessarie per
la liquidazione della quota, compresa la capacita' di stare
in giudizio; agli oneri per la finanza pubblica derivanti
dall'attuazione della presente lettera si provvede mediante
gli ordinari stanziamenti di bilancio per liti ed
arbitraggi previsti nello stato di previsione del Ministero
della giustizia;
u) prevedere che l'azione sociale di responsabilita'
nei confronti degli amministratori delle persone giuridiche
e delle societa', di cui sia stata accertata la
responsabilita' amministrativa con riferimento a quanto
previsto nelle lettere da a) a q), sia deliberata
dall'assemblea con voto favorevole di almeno un ventesimo
del capitale sociale nel caso in cui questo sia inferiore a
lire cinquecento milioni e di almeno di un quarantesimo
negli altri casi; disciplinare coerentemente le ipotesi di
rinuncia o di transazione dell'azione sociale di
responsabilita';
v) prevedere che il riconoscimento del danno a
seguito dell'azione di risarcimento spettante al singolo
socio o al terzo nei confronti degli amministratori dei
soggetti di cui all'alinea del presente comma, di cui sia
stata accertata la responsabilita' amministrativa con
riferimento a quanto previsto nelle lettere da a) a q), non
sia vincolato dalla dimostrazione della sussistenza di
nesso di causalita' diretto tra il fatto che ha determinato
l'accertamento della responsabilita' del soggetto ed il
danno subito; prevedere che la disposizione non operi nel
caso in cui il reato e' stato commesso da chi e' sottoposto
alla direzione o alla vigilanza di chi svolge funzioni di
rappresentanza o di amministrazione o di direzione, ovvero
esercita, anche di fatto, poteri di gestione e di
controllo, quando la commissione del reato e' stata resa
possibile dall'inosservanza degli obblighi connessi a tali
funzioni;
z) prevedere che le disposizioni di cui alla
lettera v) si applicano anche nell'ipotesi in cui l'azione
di risarcimento del danno e' proposta contro l'azionista,
il socio o l'associato ai soggetti di cui all'alinea del
presente comma che sia stato consenziente o abbia svolto,
anche indirettamente o di fatto, funzioni di gestione, di
controllo o di amministrazione, anteriormente alla
commissione del fatto che ha determinato l'accertamento
della responsabilita' dell'ente.
2. Ai fini del comma 1, per «persone giuridiche» si
intendono gli enti forniti di personalita' giuridica,
eccettuati lo Stato e gli altri enti pubblici che
esercitano pubblici poteri.
3. Il Governo e' altresi' delegato ad emanare, con il
decreto legislativo di cui al comma 1, le norme di
coordinamento con tutte le altre leggi dello Stato, nonche'
le norme di carattere transitorio.».
- Il testo del decreto legislativo 10 settembre 2003,
n. 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione
e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003,
n. 30), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 ottobre
2003, n. 235, supplemento ordinario.
- Il testo della direttiva 2004/40/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulle
prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli
agenti fisici (campi elettromagnetici) (diciottesima
direttiva particolare ai sensi dell'art. 16, paragrafo 1,
della direttiva 89/391/CEE), e'. pubblicato nella G.U.U.E.
30 aprile 2004, n. L 159. Entrata in vigore il 30 aprile
2004.
- Il testo del decreto legislativo 19 agosto 2005, n.
187 (Rettifica di errori materiali contenuti nella
Del.Aut.en.el. e gas 4 agosto 2005, n. 177/05.
(Deliberazione n. 187/05)), e' pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 23 settembre 2005, n. 222.
- Attuazione della direttiva 2002/44/CE sulle
prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti da
vibrazioni meccaniche), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 21 settembre 2005, n. 220.
- Il testo della direttiva 2006/25/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, sulle
prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli
agenti fisici (radiazioni ottiche artificiali)
(diciannovesima direttiva particolare ai sensi dell'art.
16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), e' pubblicato
nella G.U.U.E. 27 aprile 2006, n. L 114. Entrata in vigore
il 27 aprile 2006.
- Il testo della legge 6 febbraio 2007, n. 13
(Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee -
legge comunitaria 2006), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 17 febbraio 2007, n. 40, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 19 novembre 2007, n.
257 (Attuazione della direttiva 2004/40/CE sulle
prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative
all'esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli
agenti fisici (campi elettromagnetici)), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 11 gennaio 2008, n. 9.
Note all'art. 1:
- Il testo dell'art. 1 della citata legge n. 123 del
2007, e' il seguente:
«Art. 1 (Delega al Governo per il riassetto e la
riforma della normativa in materia di tutela della salute e
della sicurezza sul lavoro). - 1. Il Governo e' delegato ad
adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, uno o piu' decreti legislativi per il
riassetto e la riforma delle disposizioni vigenti in
materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei luoghi di
lavoro, in conformita' all'art. 117 della Costituzione e
agli statuti delle Regioni a statuto speciale e delle
province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative
norme di attuazione, e garantendo l'uniformita' della
tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso
il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo
alle differenze di genere e alla condizione delle
lavoratrici e dei lavoratori immigrati.
2. I decreti di cui al comma 1 sono adottati,
realizzando il necessario coordinamento con le disposizioni
vigenti, nel rispetto dei seguenti principi e criteri
direttivi generali:
a) riordino e coordinamento delle disposizioni
vigenti, nel rispetto delle normative comunitarie e delle
convenzioni internazionali in materia, in ottemperanza a
quanto disposto dall'art. 117 della Costituzione;
b) applicazione della normativa in materia di salute
e sicurezza sul lavoro a tutti i settori di attivita' e a
tutte le tipologie di rischio, anche tenendo conto delle
peculiarita' o della particolare pericolosita' degli stessi
e della specificita' di settori ed ambiti lavorativi, quali
quelli presenti nella pubblica amministrazione, come gia'
indicati nell'art. 1, comma 2, e nell'art. 2, comma 1,
lettera b), secondo periodo, del decreto legislativo
19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, nel
rispetto delle competenze in materia di sicurezza
antincendio come definite dal decreto legislativo 8 marzo
2006, n. 139, e del regolamento (CE) n. 1907/2006 del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006,
nonche' assicurando il coordinamento, ove necessario, con
la normativa in materia ambientale;
c) applicazione della normativa in materia di tutela
della salute e sicurezza sul lavoro a tutti i lavoratori e
lavoratrici, autonomi e subordinati, nonche' ai soggetti ad
essi equiparati prevedendo:
1) misure di particolare tutela per determinate
categorie di lavoratori e lavoratrici e per specifiche
tipologie di lavoro o settori di attivita';
2) adeguate e specifiche misure di tutela per i
lavoratori autonomi, in relazione ai rischi propri delle
attivita' svolte e secondo i principi della raccomandazione
2003/134/CE del Consiglio, del 18 febbraio 2003;
d) semplificazione degli adempimenti meramente
formali in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nei
luoghi di lavoro, nel pieno rispetto dei livelli di tutela,
con particolare riguardo alle piccole, medie e micro
imprese; previsione di forme di unificazione documentale;
e) riordino della normativa in materia di macchine,
impianti, attrezzature di lavoro, opere provvisionali e
dispositivi di protezione individuale, al fine di operare
il necessario coordinamento tra le direttive di prodotto e
quelle di utilizzo concernenti la tutela della salute e la
sicurezza sul lavoro e di razionalizzare il sistema
pubblico di controllo;
f) riformulazione e razionalizzazione dell'apparato
sanzionatorio, amministrativo e penale, per la violazione
delle norme vigenti e per le infrazioni alle disposizioni
contenute nei decreti legislativi emanati in attuazione
della presente legge, tenendo conto della responsabilita' e
delle funzioni svolte da ciascun soggetto obbligato, con
riguardo in particolare alla responsabilita' del preposto,
nonche' della natura sostanziale o formale della
violazione, attraverso:
1) la modulazione delle sanzioni in funzione del
rischio e l'utilizzazione di strumenti che favoriscano la
regolarizzazione e l'eliminazione del pericolo da parte dei
soggetti destinatari dei provvedimenti amministrativi,
confermando e valorizzando il sistema del decreto
legislativo 19 dicembre 1994, n. 758;
2) determinazione delle sanzioni penali
dell'arresto e dell'ammenda, previste solo nei casi in cui
le infrazioni ledano interessi generali dell'ordinamento,
individuati in base ai criteri ispiratori degli articoli 34
e 35 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive
modificazioni, da comminare in via esclusiva ovvero
alternativa, con previsione della pena dell'ammenda fino a
euro ventimila per le infrazioni formali, della pena
dell'arresto fino a tre anni per le infrazioni di
particolare gravita', della pena dell'arresto fino a tre
anni ovvero dell'ammenda fino a euro centomila negli altri
casi;
3) previsione della sanzione amministrativa
consistente nel pagamento di una somma di denaro fino ad
euro centomila per le infrazioni non punite con sanzione
penale;
4) la graduazione delle misure interdittive in
dipendenza della particolare gravita' delle disposizioni
violate;
5) il riconoscimento ad organizzazioni sindacali ed
associazioni dei familiari delle vittime della possibilita'
di esercitare, ai sensi e per gli effetti di cui agli
articoli 91 e 92 del codice di procedura penale, i diritti
e le facolta' attribuiti alla persona offesa, con
riferimento ai reati commessi con violazione delle norme
per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative
all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una
malattia professionale;
6) previsione della destinazione degli introiti
delle sanzioni pecuniarie per interventi mirati alla
prevenzione, a campagne di informazione e alle attivita'
dei dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie
locali;
g) revisione dei requisiti, delle tutele, delle
attribuzioni e delle funzioni dei soggetti del sistema di
prevenzione aziendale, compreso il medico competente, anche
attraverso idonei percorsi formativi, con particolare
riferimento al rafforzamento del ruolo del rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza territoriale; introduzione
della figura del rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza di sito produttivo;
h) rivisitazione e potenziamento delle funzioni degli
organismi paritetici, anche quali strumento di aiuto alle
imprese nell'individuazione di soluzioni tecniche e
organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela
della salute e sicurezza sul lavoro;
i) realizzazione di un coordinamento su tutto il
territorio nazionale delle attivita' e delle politiche in
materia di salute e sicurezza sul lavoro, finalizzato
all'emanazione di indirizzi generali uniformi e alla
promozione dello scambio di informazioni anche sulle
disposizioni italiane e comunitarie in corso di
approvazione, nonche' ridefinizione dei compiti e della
composizione, da prevedere su base tripartita e di norma
paritetica e nel rispetto delle competenze delle regioni e
delle province autonome di cui all'art. 117 della
Costituzione, della commissione consultiva permanente per
la prevenzione degli infortuni e l'igiene del lavoro e dei
comitati regionali di coordinamento;
l) valorizzazione, anche mediante rinvio legislativo,
di accordi aziendali, territoriali e nazionali, nonche', su
base volontaria, dei codici di condotta ed etici e delle
buone prassi che orientino i comportamenti dei datori di
lavoro, anche secondo i principi della responsabilita'
sociale, dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati,
ai fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti
legislativamente;
m) previsione di un sistema di qualificazione delle
imprese e dei lavoratori autonomi, fondato sulla specifica
esperienza, ovvero sulle competenze e conoscenze in materia
di tutela della salute e sicurezza sul lavoro, acquisite
attraverso percorsi formativi mirati;
n) definizione di un assetto istituzionale fondato
sull'organizzazione e circolazione delle informazioni,
delle linee guida e delle buone pratiche utili a favorire
la promozione e la tutela della salute e sicurezza sul
lavoro, anche attraverso il sistema informativo nazionale
per la prevenzione nei luoghi di lavoro, che valorizzi le
competenze esistenti ed elimini ogni sovrapposizione o
duplicazione di interventi;
o) previsione della partecipazione delle parti
sociali al sistema informativo, costituito da Ministeri,
regioni e province autonome, Istituto nazionale per
l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL),
Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA) e
Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del
lavoro (ISPESL), con il contributo del Consiglio nazionale
dell'economia e del lavoro (CNEL), e del concorso allo
sviluppo del medesimo da parte degli organismi paritetici e
delle associazioni e degli istituti di settore a carattere
scientifico, ivi compresi quelli che si occupano della
salute delle donne;
p) promozione della cultura e delle azioni di
prevenzione attraverso:
1) la realizzazione di un sistema di governo per la
definizione, tramite forme di partecipazione tripartita, di
progetti formativi, con particolare riferimento alle
piccole, medie e micro imprese, da indirizzare, anche
attraverso il sistema della bilateralita', nei confronti di
tutti i soggetti del sistema di prevenzione aziendale;
2) il finanziamento degli investimenti in materia
di salute e sicurezza sul lavoro delle piccole, medie e
micro imprese, i cui oneri siano sostenuti dall'INAIL,
nell'ambito e nei limiti delle spese istituzionali
dell'Istituto. Per tali finanziamenti deve essere garantita
la semplicita' delle procedure;
3) la promozione e la divulgazione della cultura
della salute e della sicurezza sul lavoro all'interno
dell'attivita' scolastica ed universitaria e nei percorsi
di formazione, nel rispetto delle disposizioni vigenti e in
considerazione dei relativi principi di autonomia didattica
e finanziaria;
q) razionalizzazione e coordinamento delle strutture
centrali e territoriali di vigilanza nel rispetto dei
principi di cui all'art. 19 del decreto legislativo
19 dicembre 1994, n. 758, e dell'art. 23, comma 4, del
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni, al fine di rendere piu' efficaci gli
interventi di pianificazione, programmazione, promozione
della salute, vigilanza, nel rispetto dei risultati
verificati, per evitare sovrapposizioni, duplicazioni e
carenze negli interventi e valorizzando le specifiche
competenze, anche riordinando il sistema delle
amministrazioni e degli enti statali aventi compiti di
prevenzione, formazione e controllo in materia e prevedendo
criteri uniformi ed idonei strumenti di coordinamento;
r) esclusione di qualsiasi onere finanziario per il
lavoratore e la lavoratrice subordinati e per i soggetti ad
essi equiparati in relazione all'adozione delle misure
relative alla sicurezza e alla salute dei lavoratori e
delle lavoratrici;
s) revisione della normativa in materia di appalti
prevedendo misure dirette a:
1) migliorare l'efficacia della responsabilita'
solidale tra appaltante ed appaltatore e il coordinamento
degli interventi di prevenzione dei rischi, con particolare
riferimento ai subappalti, anche attraverso l'adozione di
meccanismi che consentano di valutare l'idoneita'
tecnico-professionale delle imprese pubbliche e private,
considerando il rispetto delle norme relative alla salute e
sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro quale
elemento vincolante per la partecipazione alle gare
relative agli appalti e subappalti pubblici e per l'accesso
ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della
finanza pubblica;
2) modificare il sistema di assegnazione degli
appalti pubblici al massimo ribasso, al fine di garantire
che l'assegnazione non determini la diminuzione del livello
di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori;
3) modificare la disciplina del codice dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture,
di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163,
prevedendo che i costi relativi alla sicurezza debbano
essere specificamente indicati nei bandi di gara e
risultare congrui rispetto all'entita' e alle
caratteristiche dei lavori, dei servizi o delle forniture
oggetto di appalto;
t) rivisitazione delle modalita' di attuazione della
sorveglianza sanitaria, adeguandola alle differenti
modalita' organizzative del lavoro, ai particolari tipi di
lavorazioni ed esposizioni, nonche' ai criteri ed alle
linee guida scientifici piu' avanzati, anche con
riferimento al prevedibile momento di insorgenza della
malattia;
u) rafforzare e garantire le tutele previste
dall'art. 8 del decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 277;
v) introduzione dello strumento dell'interpello
previsto dall'art. 9 del decreto legislativo 23 aprile
2004, n. 124, e successive modificazioni, relativamente a
quesiti di ordine generale sull'applicazione della
normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro,
individuando il soggetto titolare competente a fornire
tempestivamente la risposta.
3. I decreti di cui al presente articolo non possono
disporre un abbassamento dei livelli di protezione, di
sicurezza e di tutela o una riduzione dei diritti e delle
prerogative dei lavoratori e delle loro rappresentanze.
4. I decreti di cui al presente articoli sono adottati
nel rispetto della procedura di cui all'art. 14 della legge
23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri del lavoro
e della previdenza sociale, della salute, delle
infrastrutture, limitatamente a quanto previsto dalla
lettera s) del comma 2, dello sviluppo economico,
limitatamente a quanto previsto dalla lettera e) del
comma 2, di concerto con il Ministro per le politiche
europee, il Ministro della giustizia, il Ministro
dell'economia e delle finanze e il Ministro della
solidarieta' sociale, limitatamente a quanto previsto dalla
lettera l) del comma 2, nonche' gli altri Ministri
competenti per materia, acquisito il parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e
sentite le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro.
5. Gli schemi dei decreti legislativi, a seguito di
deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, sono
trasmessi alla Camera dei deputati ed al Senato della
Repubblica perche' su di essi siano espressi, entro
quaranta giorni dalla data di trasmissione, i pareri delle
Commissioni competenti per materia e per i profili
finanziari. Decorso tale termine i decreti sono emanati
anche in mancanza dei pareri. Qualora il termine per
l'espressione dei pareri parlamentari di cui al presente
comma scada nei trenta giorni che precedono la scadenza dei
termini previsti ai commi 1 e 6 o successivamente, questi
ultimi sono prorogati di tre mesi.
6. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore
dei decreti di cui al comma 1, nel rispetto dei principi e
criteri direttivi fissati dal presente articolo, il Governo
puo' adottare, attraverso la procedura di cui ai commi 4 e
5, disposizioni integrative e correttive dei decreti
medesimi.
7. Dall'attuazione dei criteri di delega recati dal
presente articolo, con esclusione di quelli di cui al
comma 2, lettera p), numeri 1) e 2), non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A
tale fine, per gli adempimenti dei decreti attuativi della
presente delega le amministrazioni competenti provvedono
attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse,
umane, strumentali ed economiche, allo stato in dotazione
alle medesime amministrazioni.
7-bis. Per l'attuazione del principio di delega di cui
al comma 2, lettera p), e' previsto uno stanziamento di 50
milioni di euro a decorrere dal 1° gennaio 2008.».
- Per il testo dell'art. 117 della Costituzione, si
veda nota alle premesse.
- Il testo dell'art. 16, comma 3, della legge
4 febbraio 2005, n. 11 (Norme generali sulla partecipazione
dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e
sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari),
e' il seguente:
«Art. 16 (Attuazione delle direttive comunitarie da
parte delle regioni e delle province autonome). - 1.-2.
(Omissis).
3. Ai fini di cui all'art. 117, quinto comma, della
Costituzione, le disposizioni legislative adottate dallo
Stato per l'adempimento degli obblighi comunitari, nelle
materie di competenza legislativa delle regioni e delle
province autonome, si applicano, per le regioni e le
province autonome, alle condizioni e secondo la procedura
di cui all'art. 11, comma 8, secondo periodo.».
- Il testo del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
196 (Codice in materia di protezione dei dati personali),
e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 29 luglio 2003, n.
174, supplemento ordinario.

Titolo I
PRINCIPI COMUNI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 2.
Definizioni

1. Ai fini ed agli effetti delle disposizioni di cui al presente
decreto legislativo si intende per:
a) «lavoratore»: persona che, indipendentemente dalla tipologia
contrattuale, svolge un'attivita' lavorativa nell'ambito
dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o
senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere,
un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e
familiari. Al lavoratore cosi' definito e' equiparato: il socio
lavoratore di cooperativa o di societa', anche di fatto, che presta
la sua attivita' per conto delle societa' e dell'ente stesso;
l'associato in partecipazione di cui all'articolo 2549, e seguenti
del codice civile; il soggetto beneficiario delle iniziative di
tirocini formativi e di orientamento di cui all'articolo 18 della
legge 24 giugno 1997, n. 196, e di cui a specifiche disposizioni
delle leggi regionali promosse al fine di realizzare momenti di
alternanza tra studio e lavoro o di agevolare le scelte professionali
mediante la conoscenza diretta del mondo del lavoro; l'allievo degli
istituti di istruzione ed universitari e il partecipante ai corsi di
formazione professionale nei quali si faccia uso di laboratori,
attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici, fisici e biologici,
ivi comprese le apparecchiature fornite di videoterminali
limitatamente ai periodi in cui l'allievo sia effettivamente
applicato alla strumentazioni o ai laboratori in questione; il
volontario, come definito dalla legge 1° agosto 1991, n. 266; i
volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della protezione
civile; il volontario che effettua il servizio civile; il lavoratore
di cui al decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive
modificazioni;
b) «datore di lavoro»: il soggetto titolare del rapporto di
lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il
tipo e l'assetto dell'organizzazione nel cui ambito il lavoratore
presta la propria attivita', ha la responsabilita'
dell'organizzazione stessa o dell'unita' produttiva in quanto
esercita i poteri decisionali e di spesa. Nelle pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per datore di lavoro si intende il
dirigente al quale spettano i poteri di gestione, ovvero il
funzionario non avente qualifica dirigenziale, nei soli casi in cui
quest'ultimo sia preposto ad un ufficio avente autonomia gestionale,
individuato dall'organo di vertice delle singole amministrazioni
tenendo conto dell'ubicazione e dell'ambito funzionale degli uffici
nei quali viene svolta l'attivita', e dotato di autonomi poteri
decisionali e di spesa. In caso di omessa individuazione, o di
individuazione non conforme ai criteri sopra indicati, il datore di
lavoro coincide con l'organo di vertice medesimo;
c) «azienda»: il complesso della struttura organizzata dal datore
di lavoro pubblico o privato;
d) «dirigente»: persona che, in ragione delle competenze
professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla
natura dell'incarico conferitogli, attua le direttive del datore di
lavoro organizzando l'attivita' lavorativa e vigilando su di essa;
e) «preposto»: persona che, in ragione delle competenze
professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati
alla natura dell'incarico conferitogli, sovrintende alla attivita'
lavorativa e garantisce l'attuazione delle direttive ricevute,
controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed
esercitando un funzionale potere di iniziativa;
f) «responsabile del servizio di prevenzione e protezione»:
persona in possesso delle capacita' e dei requisiti professionali di
cui all'articolo 32 designata dal datore di lavoro, a cui risponde,
per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
g) «addetto al servizio di prevenzione e protezione»: persona in
possesso delle capacita' e dei requisiti professionali di cui
all'articolo 32, facente parte del servizio di cui alla lettera l);
h) «medico competente»: medico in possesso di uno dei titoli e
dei requisiti formativi e professionali di cui all'articolo 38, che
collabora, secondo quanto previsto all'articolo 29, comma 1, con il
datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi ed e' nominato
dallo stesso per effettuare la sorveglianza sanitaria e per tutti gli
altri compiti di cui al presente decreto;
i) «rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»: persona
eletta o designata per rappresentare i lavoratori per quanto concerne
gli aspetti della salute e della sicurezza durante il lavoro;
l) «servizio di prevenzione e protezione dai rischi»: insieme
delle persone, sistemi e mezzi esterni o interni all'azienda
finalizzati all'attivita' di prevenzione e protezione dai rischi
professionali per i lavoratori;
m) «sorveglianza sanitaria»: insieme degli atti medici,
finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei
lavoratori, in relazione all'ambiente di lavoro, ai fattori di
rischio professionali e alle modalita' di svolgimento dell'attivita'
lavorativa;
n) «prevenzione»: il complesso delle disposizioni o misure
necessarie anche secondo la particolarita' del lavoro, l'esperienza e
la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel
rispetto della salute della popolazione e dell'integrita'
dell'ambiente esterno;
o) «salute»: stato di completo benessere fisico, mentale e
sociale, non consistente solo in un'assenza di malattia o
d'infermita';
p) «sistema di promozione della salute e sicurezza»: complesso
dei soggetti istituzionali che concorrono, con la partecipazione
delle parti sociali, alla realizzazione dei programmi di intervento
finalizzati a migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei
lavoratori;
q) «valutazione dei rischi»: valutazione globale e documentata di
tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti
nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria
attivita', finalizzata ad individuare le adeguate misure di
prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure
atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e
sicurezza;
r) «pericolo»: proprieta' o qualita' intrinseca di un determinato
fattore avente il potenziale di causare danni;
s) «rischio»: probabilita' di raggiungimento del livello
potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad
un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione;
t) «unita' produttiva»: stabilimento o struttura finalizzati alla
produzione di beni o all'erogazione di servizi, dotati di autonomia
finanziaria e tecnico funzionale;
u) «norma tecnica»: specifica tecnica, approvata e pubblicata da
un'organizzazione internazionale, da un organismo europeo o da un
organismo nazionale di normalizzazione, la cui osservanza non sia
obbligatoria;
v) «buone prassi»: soluzioni organizzative o procedurali coerenti
con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate
volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui
luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi e il
miglioramento delle condizioni di lavoro, elaborate e raccolte dalle
regioni, dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza
del lavoro (ISPESL), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli organismi paritetici
di cui all'articolo 51, validate dalla Commissione consultiva
permanente di cui all'articolo 6, previa istruttoria tecnica
dell'ISPESL, che provvede a assicurarne la piu' ampia diffusione;
z) «linee guida»: atti di indirizzo e coordinamento per
l'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza
predisposti dai Ministeri, dalle regioni, dall'ISPESL e dall'INAIL e
approvati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano;
aa) «formazione»: processo educativo attraverso il quale
trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di
prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla
acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei
rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione
e alla gestione dei rischi;
bb) «informazione»: complesso delle attivita' dirette a fornire
conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione
dei rischi in ambiente di lavoro;
cc) «addestramento»: complesso delle attivita' dirette a fare
apprendere ai lavoratori l'uso corretto di attrezzature, macchine,
impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e
le procedure di lavoro;
dd) «modello di organizzazione e di gestione»: modello
organizzativo e gestionale per la definizione e l'attuazione di una
politica aziendale per la salute e sicurezza, ai sensi
dell'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo
8 giugno 2001, n. 231, idoneo a prevenire i reati di cui agli
articoli 589 e 590, terzo comma, del codice penale, commessi con
violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute
sul lavoro;
ee) «organismi paritetici»: organismi costituiti a iniziativa di
una o piu' associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale, quali sedi
privilegiate per: la programmazione di attivita' formative e
l'elaborazione e la raccolta di buone prassi a fini prevenzionistici;
lo sviluppo di azioni inerenti alla salute e alla sicurezza sul
lavoro; l'assistenza alle imprese finalizzata all'attuazione degli
adempimenti in materia; ogni altra attivita' o funzione assegnata
loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento;
ff) «responsabilita' sociale delle imprese»: integrazione
volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle aziende e
organizzazioni nelle loro attivita' commerciali e nei loro rapporti
con le parti interessate.


Note all'art. 2:
- Il testo dell'art. 2549 del codice civile, e' il
seguente:
«Art. 2549 (Nozione). - Con il contratto di
associazione in partecipazione l'associante attribuisce
all'associato una partecipazione agli utili della sua
impresa o di uno o piu' affari verso il corrispettivo di un
determinato apporto».
- Il testo dell'art. 18 della legge 24 giugno 1997, n.
196 (Norme in materia di promozione dell'occupazione), e'
il seguente:
«Art. 18 (Tirocini formativi e di orientamento). -
1. Al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e
lavoro e di agevolare le scelte professionali mediante la
conoscenza diretta del mondo del lavoro, attraverso
iniziative di tirocini pratici e stages a favore di
soggetti che hanno gia' assolto l'obbligo scolastico ai
sensi della legge 31 dicembre 1962, n. 1859, con decreto
del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di
concerto con il Ministro della pubblica istruzione,
dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica,
da adottarsi ai sensi dell'art. 17 della legge 23 agosto
1988, n. 400, sono emanate, entro nove mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, disposizioni nel
rispetto dei seguenti principi e criteri generali:
a) possibilita' di promozione delle iniziative, nei
limiti delle risorse rese disponibili dalla vigente
legislazione, anche su proposta degli enti bilaterali e
delle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei
lavoratori, da parte di soggetti pubblici o a
partecipazione pubblica e di soggetti privati non aventi
scopo di lucro, in possesso degli specifici requisiti
preventivamente determinati in funzione di idonee garanzie
all'espletamento delle iniziative medesime e in
particolare: agenzie regionali per l'impiego e uffici
periferici del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale; universita'; provveditorati agli studi;
istituzioni scolastiche non statali che rilascino titoli di
studio con valore legale; centri pubblici di formazione e/o
orientamento, ovvero a partecipazione pubblica o operanti
in regime di convenzione ai sensi dell'art. 5 della legge
21 dicembre 1978, n. 845; comunita' terapeutiche enti
ausiliari e cooperative sociali, purche' iscritti negli
specifici albi regionali, ove esistenti; servizi di
inserimento lavorativo per disabili gestiti da enti
pubblici delegati dalla regione;
b) attuazione delle iniziative nell'ambito di
progetti di orientamento e di formazione, con priorita' per
quelli definiti all'interno di programmi operativi quadro
predisposti dalle regioni, sentite le organizzazioni
sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale;
c) svolgimento dei tirocini sulla base di apposite
convenzioni intervenute tra i soggetti di cui alla
lettera a) e i datori di lavoro pubblici e privati;
d) previsione della durata dei rapporti non
costituenti rapporti di lavoro, in misura non superiore a
dodici mesi, ovvero a ventiquattro mesi in caso di soggetti
portatori di handicap, da modulare in funzione della
specificita' dei diversi tipi di utenti;
e) obbligo da parte dei soggetti promotori di
assicurare i tirocinanti mediante specifica convenzione con
l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (INAIL) e per la responsabilita'
civile e di garantire la presenza di un tutore come
responsabile didattico-organizzativo delle attivita'; nel
caso in cui i soggetti promotori siano le agenzie regionali
per l'impiego e gli uffici periferici del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, il datore di lavoro
ospitante puo' stipulare la predetta convenzione con
l'INAIL direttamente e a proprio carico;
f) attribuzione del valore di crediti formativi alle
attivita' svolte nel corso degli stages e delle iniziative
di tirocinio pratico di cui al comma 1 da utilizzare, ove
debitamente certificati, per l'accensione di un rapporto di
lavoro;
g) possibilita' di ammissione, secondo modalita' e
criteri stabiliti con decreto del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale, e nei limiti delle risorse
finanziarie preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo di
cui all'art. 1 del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
n. 236, al rimborso totale o parziale degli oneri
finanziari connessi all'attuazione di progetti di tirocinio
di cui al presente articoli a favore dei giovani del
Mezzogiorno presso imprese di regioni diverse da quelle
operanti nella predetta area, ivi compresi, nel caso in cui
i progetti lo prevedano, gli oneri relativi alla spesa
sostenuta dall'impresa per il vitto e l'alloggio del
tirocinante;
h) abrogazione, ove occorra, delle norme vigenti;
i) computabilita' dei soggetti portatori di handicap
impiegati nei tirocini ai fini della legge 2 aprile 1968,
n. 482, e successive modificazioni, purche' gli stessi
tirocini siano oggetto di convenzione ai sensi degli
articoli 5 e 17 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e
siano finalizzati all'occupazione.».
- Il testo della legge 1° agosto 1991, n. 266
(Legge-quadro sul volontariato), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 22 agosto 1991, n. 196.
- Il testo del decreto legislativo 1° dicembre 1997, n.
468 (Revisione della disciplina sui lavori socialmente
utili, a norma dell'art. 22 della legge 24 giugno 1997, n.
196), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 gennaio
1998, n. 5.
- Il testo dell'art. 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche), e' il seguente:
«Art. 1 (Finalita' ed ambito di applicazione). -
1. (Omissis).
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le
amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e
scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative,
le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita'
montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni
universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le
Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici
nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le
aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale,
l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300.».
- Il testo dell'art. 6, comma 1, lettera a) del decreto
legislativo 8 giugno 2001, n. 231 (Disciplina della
responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche,
delle societa' e delle associazioni anche prive di
personalita' giuridica, a norma dell'art. 11 della legge
29 settembre 2000, n. 300), e' il seguente:
«Art. 6 (Soggetti in posizione apicale e modelli di
organizzazione dell'ente). - 1. Se il reato e' stato
commesso dalle persone indicate nell'art. 5, comma 1,
lettera a), l'ente non risponde se prova che:
a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente
attuato, prima della commissione del fatto, modelli di
organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della
specie di quello verificatosi;».
- Il testo degli articoli 589 e 590, terzo comma del
codice penale, e' il seguente:
«Art. 589 (Omicidio colposo). - Chiunque cagiona per
colpa la morte di una persona e' punito con la reclusione
da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto e' commesso con violazione delle norme
sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle
per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena e'
della reclusione da due a cinque anni.
Nel caso di morte di piu' persone, ovvero di morte di
una o piu' persone e di lesioni di una o piu' persone, si
applica la pena che dovrebbe infliggersi per la piu' grave
delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la
pena non puo' superare gli anni dodici.
«Art. 590 (Lesioni personali colpose). - (Omissis).
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con
violazione delle norme sulla disciplina della circolazione
stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro la pena per le lesioni gravi e' della reclusione da
tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e
la pena per le lesioni gravissime e' della reclusione da
uno a tre anni.».

Titolo I
PRINCIPI COMUNI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 3.
Campo di applicazione

1. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i settori di
attivita', privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio.
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento
dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile,
dei servizi di protezione civile, nonche' nell'ambito delle strutture
giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalita'
istituzionali alle attivita' degli organi con compiti in materia di
ordine e sicurezza pubblica, delle universita', degli istituti di
istruzione universitaria, delle istituzioni dell'alta formazione
artistica e coreutica, degli istituti di istruzione ed educazione di
ogni ordine e grado, delle organizzazioni di volontariato di cui alla
legge 1° agosto 1991, n. 266, e dei mezzi di trasporto aerei e
marittimi, le disposizioni del presente decreto legislativo sono
applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse
al servizio espletato o alle peculiarita' organizzative, individuate
entro e non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo con decreti emanati, ai sensi
dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, dai
Ministri competenti di concerto con i Ministri del lavoro e della
previdenza sociale, della salute e per le riforme e le innovazioni
nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, sentite le organizzazioni sindacali
comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale nonche',
relativamente agli schemi di decreti di interesse delle Forze armate,
compresa l'Arma dei carabinieri ed il Corpo della Guardia di finanza,
gli organismi a livello nazionale rappresentativi del personale
militare; analogamente si provvede per quanto riguarda gli archivi,
le biblioteche e i musei solo nel caso siano sottoposti a particolari
vincoli di tutela dei beni artistici storici e culturali. Con i
successivi decreti, da emanare entro dodici mesi dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17,
comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri
competenti, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e della salute, acquisito il parere della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, si provvede a dettare le
disposizioni necessarie a consentire il coordinamento con la
disciplina recata dal presente decreto della normativa relativa alle
attivita' lavorative a bordo delle navi, di cui al decreto
legislativo 27 luglio 1999, n. 271, in ambito portuale, di cui al
decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, e per il settore delle
navi da pesca, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298,
e l'armonizzazione delle disposizioni tecniche di cui ai titoli dal
II al XII del medesimo decreto con la disciplina in tema di trasporto
ferroviario contenuta nella legge 26 aprile 1974, n. 191, e relativi
decreti di attuazione.
3. Fino alla scadenza del termine di cui al comma 2, sono fatte
salve le disposizioni attuative dell'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, nonche' le disposizioni di cui
al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, al decreto legislativo
27 luglio 1999, n. 272, al decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
298, e le disposizioni tecniche del decreto del Presidente della
Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e del decreto del Presidente della
Repubblica 7 gennaio 1956, n. 164, richiamate dalla legge 26 aprile
1974, n. 191, e dai relativi decreti di attuazione; decorso
inutilmente tale termine, trovano applicazione le disposizioni di cui
al presente decreto.
4. Il presente decreto legislativo si applica a tutti i lavoratori
e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonche' ai soggetti ad essi
equiparati, fermo restando quanto previsto dai commi successivi del
presente articolo.
5. Nell'ipotesi di prestatori di lavoro nell'ambito di un contratto
di somministrazione di lavoro di cui agli articoli 20, e seguenti,
del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni, fermo restando quanto specificamente previsto dal
comma 5 dell'articolo 23 del citato decreto legislativo n. 276 del
2003, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione di cui al
presente decreto sono a carico dell'utilizzatore.
6. Nell'ipotesi di distacco del lavoratore di cui all'articolo 30
del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a
carico del distaccatario, fatto salvo l'obbligo a carico del
distaccante di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici
generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali
egli viene distaccato. Per il personale delle pubbliche
amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che presta servizio con rapporto
di dipendenza funzionale presso altre amministrazioni pubbliche,
organi o autorita' nazionali, gli obblighi di cui al presente decreto
sono a carico del datore di lavoro designato dall'amministrazione,
organo o autorita' ospitante.
7. Nei confronti dei lavoratori a progetto di cui agli articoli 61,
e seguenti, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e
successive modificazioni, e dei collaboratori coordinati e
continuativi di cui all'articolo 409, primo comma, n. 3, del codice
di procedura civile, le disposizioni di cui al presente decreto si
applicano ove la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di
lavoro del committente.
8. Nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni
occasionali di tipo accessorio, ai sensi dell'articolo 70 e seguenti
del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni e integrazioni, il presente decreto legislativo e tutte
le altre norme speciali vigenti in materia di sicurezza e tutela
della salute si applicano con esclusione dei piccoli lavori domestici
a carattere straordinario, compresi l'insegnamento privato
supplementare e l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani,
agli ammalati e ai disabili.
9. Nei confronti dei lavoratori a domicilio di cui alla legge
18 dicembre 1973, n. 877, e dei lavoratori che rientrano nel campo di
applicazione del contratto collettivo dei proprietari di fabbricati
trovano applicazione gli obblighi di informazione e formazione di cui
agli articoli 36 e 37. Ad essi devono inoltre essere forniti i
necessari dispositivi di protezione individuali in relazione alle
effettive mansioni assegnate. Nell'ipotesi in cui il datore di lavoro
fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali
attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al
titolo III.
10. A tutti i lavoratori subordinati che effettuano una prestazione
continuativa di lavoro a distanza, mediante collegamento informatico
e telematico, compresi quelli di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 8 marzo 1999, n. 70, e di cui all'accordo-quadro europeo
sul telelavoro concluso il 16 luglio 2002, si applicano le
disposizioni di cui al titolo VII, indipendentemente dall'ambito in
cui si svolge la prestazione stessa. Nell'ipotesi in cui il datore di
lavoro fornisca attrezzature proprie, o per il tramite di terzi, tali
attrezzature devono essere conformi alle disposizioni di cui al
titolo III. I lavoratori a distanza sono informati dal datore di
lavoro circa le politiche aziendali in materia di salute e sicurezza
sul lavoro, in particolare in ordine alle esigenze relative ai
videoterminali ed applicano correttamente le direttive aziendali di
sicurezza. Al fine di verificare la corretta attuazione della
normativa in materia di tutela della salute e sicurezza da parte del
lavoratore a distanza, il datore di lavoro, le rappresentanze dei
lavoratori e le autorita' competenti hanno accesso al luogo in cui
viene svolto il lavoro nei limiti della normativa nazionale e dei
contratti collettivi, dovendo tale accesso essere subordinato al
preavviso e al consenso del lavoratore qualora la prestazione sia
svolta presso il suo domicilio. Il lavoratore a distanza puo'
chiedere ispezioni. Il datore di lavoro garantisce l'adozione di
misure dirette a prevenire l'isolamento del lavoratore a distanza
rispetto agli altri lavoratori interni all'azienda, permettendogli di
incontrarsi con i colleghi e di accedere alle informazioni
dell'azienda, nel rispetto di regolamenti o accordi aziendali.
11. Nei confronti dei lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222
del codice civile si applicano le disposizioni di cui agli
articoli 21 e 26.
12. Nei confronti dei componenti dell'impresa familiare di cui
all'articolo 230-bis del codice civile, dei piccoli imprenditori di
cui all'articolo 2083 del codice civile e dei soci delle societa'
semplici operanti nel settore agricolo si applicano le disposizioni
di cui all'articolo 21.
13. In considerazione della specificita' dell'attivita' esercitata
dalle imprese medie e piccole operanti nel settore agricolo, il
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i
Ministri della salute e delle politiche agricole, alimentari e
forestali, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, nel rispetto dei livelli generali di tutela di cui
alla normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro,
e limitatamente alle imprese che impiegano lavoratori stagionali
ciascuno dei quali non superi le cinquanta giornate lavorative e per
un numero complessivo di lavoratori compatibile con gli ordinamenti
colturali aziendali, provvede ad emanare disposizioni per
semplificare gli adempimenti relativi all'informazione, formazione e
sorveglianza sanitaria previsti dal presente decreto, sentite le
organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente piu'
rappresentative del settore sul piano nazionale. I contratti
collettivi stipulati dalle predette organizzazioni definiscono
specifiche modalita' di attuazione delle previsioni del presente
decreto legislativo concernenti il rappresentante dei lavoratori per
la sicurezza nel caso le imprese utilizzino esclusivamente la
tipologia di lavoratori stagionali di cui al precedente periodo.


Note all'art. 3:
- Per i riferimenti della legge n. 266 del 1991, si
veda nota all'art. 2.
- Il testo dell'art. 17, commi 2 e 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di
Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei
Ministri), e' il seguente:
«Art. 17 (Regolamenti). - 1. (Omissis).
2. Con decreto del Presidente della Repubblica, previa
deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il
Consiglio di Stato, sono emanati i regolamenti per la
disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta
di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi
della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potesta'
regolamentare del Governo, determinano le norme generali
regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle
norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle
norme regolamentari.
3. Con decreto ministeriale possono essere adottati
regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di
autorita' sottordinate al Ministro, quando la legge
espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per
materie di competenza di piu' Ministri, possono essere
adottati con decreti interministeriali, ferma restando la
necessita' di apposita autorizzazione da parte della legge.
I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono
dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati
dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente
del Consiglio dei Ministri prima della loro emanazione.».
- Il testo del decreto legislativo 27 luglio 1999, n.
271 (Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute
dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili da
pesca nazionali, a norma della legge 31 dicembre 1998, n.
485), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1999,
n. 185, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 27 luglio 1999, n.
272 (Adeguamento della normativa sulla sicurezza e salute
dei lavoratori nell'espletamento di operazioni e servizi
portuali, nonche' di operazioni di manutenzione,
riparazione e trasformazione delle navi in ambito portuale,
a norma della legge 31 dicembre 1998, n. 485), e pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1999, n. 185, supplemento
ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
298 (Attuazione della direttiva 93/103/CE relativa alle
prescrizioni minime di sicurezza e di salute per il lavoro
a bordo delle navi da pesca), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 27 agosto 1999, n. 201.
- Il testo della legge 26 aprile 1974, n. 191
(Prevenzione degli infortuni sul lavoro nei servizi e negli
impianti gestiti dall'Azienda autonoma delle ferrovie dello
Stato), e' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 24 maggio
1974, n. 134.
- Il testo dell'art. 1, comma 2, del citato decreto
legislativo n. 626 del 1994, e' il seguente:
«Art. 1 (Campo di applicazione). - 1. (Omissis).
2. Nei riguardi delle Forze armate e di Polizia, dei
servizi di protezione civile, nonche' nell'ambito delle
strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate
per finalita' istituzionali alle attivita' degli organi con
compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, delle
universita', degli istituti di istruzione universitaria,
degli istituti di istruzione ed educazione di ogni ordine e
grado, degli archivi, delle biblioteche, dei musei e delle
aree archeologiche dello Stato delle rappresentanze
diplomatiche e consolari e dei mezzi di trasporto aerei e
marittimi, le norme del presente decreto sono applicate
tenendo conto delle particolari esigenze connesse al
servizio espletato, individuate con decreto del Ministro
competente di concerto con i Ministri del lavoro e della
previdenza sociale, della sanita' e della funzione
pubblica.».
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
27 aprile 1955, n. 547 (Norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro), e' pubblicato nel Supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale 12 luglio 1955, n. 158.
- Per i riferimenti del citato decreto del Presidente
delle Repubblica n. 164 del 1956, si veda nota alle
premesse.
- Gli articoli da 20 a 28 del citato decreto
legislativo n. 276 del 2003 sono compresi nel titolo III
capo I (Somministrazione di lavoro) dello stesso decreto.
- Il testo dell'art. 23, comma 5 del citato decreto
legislativo n. 276 del 2003, e' il seguente:
«Art. 23 (Tutela del prestatore di lavoro esercizio del
potere disciplinare e regime della solidarieta). - 1.-4.
(Omissis).
5. Il somministratore informa i lavoratori sui rischi
per la sicurezza e la salute connessi alle attivita'
produttive in generale e li forma e addestra all'uso delle
attrezzature di lavoro necessarie allo svolgimento della
attivita' lavorativa per la quale essi vengono assunti in
conformita' alle disposizioni recate dal decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni ed integrazioni. Il contratto di
somministrazione puo' prevedere che tale obbligo sia
adempiuto dall'utilizzatore; in tale caso ne va fatta
indicazione nel contratto con il lavoratore. Nel caso in
cui le mansioni cui e' adibito il prestatore di lavoro
richiedano una sorveglianza medica speciale o comportino
rischi specifici, l'utilizzatore ne informa il lavoratore
conformemente a quanto previsto dal decreto legislativo
19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni ed
integrazioni. L'utilizzatore osserva altresi', nei
confronti del medesimo prestatore, tutti gli obblighi di
protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti ed
e' responsabile per la violazione degli obblighi di
sicurezza individuati dalla legge e dai contratti
collettivi.».
- Il testo dell'art. 30 del citato decreto legislativo
n. 276 del 2003, e' il seguente:
«Art. 30 (Distacco). - 1. L'ipotesi del distacco si
configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un
proprio interesse, pone temporaneamente uno o piu'
lavoratori a disposizione di altro soggetto per
l'esecuzione di una determinata attivita' lavorativa.
2. In caso di distacco il datore di lavoro rimane
responsabile del trattamento economico e normativo a favore
del lavoratore.
3. Il distacco che comporti un mutamento di mansioni
deve avvenire con il consenso del lavoratore interessato.
Quando comporti un trasferimento a una unita' produttiva
sita a piu' di 50 km da quella in cui il lavoratore e'
adibito, il distacco puo' avvenire soltanto per comprovate
ragioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive.
4. Resta ferma la disciplina prevista dall'art. 8,
comma 3, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993,
n. 236.
4-bis. Quando il distacco avvenga in violazione di
quanto disposto dal comma 1, il lavoratore interessato puo'
chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell'art. 414
del codice di procedura civile, notificato anche soltanto
al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la
costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di
quest'ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto
dell'art. 27, comma 2.».
- Il testo dell'art. 1, comma 2, del citato decreto
legislativo n. 165 del 2001, e' il seguente:
«Art. 1 (Finalita' ed ambito di applicazione). - 1.
(Omissis).
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le
amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e
scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative,
le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento
autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita'
montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni
universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le
Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e
loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici
nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le
aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale,
l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300.».
- Gli articoli da 61 a 69 del citato decreto
legislativo n. 276 del 2003 sono compresi nel titolo VII,
capo I (Lavoro a progetto e lavoro occasionale) dello
stesso decreto.
- Il testo dell'art. 409, primo comma, n. 3, del codice
di procedura civile, e' il seguente:
«Art. 409 (Controversie individuali di lavoro). Si
osservano le disposizioni del presente capo nelle
controversie relative a:
1)-2) (Omissis).
3) rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale
ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in
una prestazione di opera continuativa e coordinata,
prevalentemente personale, anche se non a carattere
subordinato;».
- Gli articoli da 70 a 74 del citato decreto
legislativo n. 276 del 2003 sono compresi nel titolo VII -
capo II (Prestazioni occasionali di tipo accesssorio rese
da particolari soggetti) dello stesso decreto.
- Il testo della legge 18 dicembre 1973, n. 877 (Nuove
norme per la tutela del lavoro a domicilio), e pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 5 gennaio 1974, n. 5.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
8 marzo 1999, n. 70 (Regolamento recante disciplina del
telelavoro nelle pubbliche amministrazioni, a norma
dell'art. 4, comma 3, della legge 16 giugno 1998, n. 191),
e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 25 marzo 1999, n.
70.
- Il testo dell'art. 2222 del codice civile e' il
seguente:
«Art. 2222 (Contratto d'opera). - Quando una persona si
obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un
servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza
vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si
applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto
abbia una disciplina particolare nel libro IV.».
- Il testo dell'art. 230-bis del codice civile e' il
seguente:
«Art. 230-bis (Impresa familiare). - Salvo che sia
configurabile un diverso rapporto, il familiare che presta
in modo continuativo la sua attivita' di lavoro nella
famiglia o nell'impresa familiare ha diritto al
mantenimento secondo la condizione patrimoniale della
famiglia e partecipa agli utili dell'impresa familiare ed
ai beni acquistati con essi nonche' agli incrementi
dell'azienda, anche in ordine all'avviamento, in
proporzione alla quantita' e qualita' del lavoro prestato.
Le decisioni concernenti l'impiego degli utili e degli
incrementi nonche' quelle inerenti alla gestione
straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione
dell'impresa sono adottate, a maggioranza, dai familiari
che partecipano all'impresa stessa. I familiari
partecipanti all'impresa che non hanno la piena capacita'
di agire sono rappresentati nel voto da chi esercita la
potesta' su di essi.
Il lavoro della donna e' considerato equivalente a
quello dell'uomo.
Ai fini della disposizione di cui al primo comma si
intende come familiare il coniuge, i parenti entro il terzo
grado, gli affini entro il secondo; per impresa familiare
quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo
grado, gli affini entro il secondo.
Il diritto di partecipazione di cui al primo comma e
intrasferibile, salvo che il trasferimento avvenga a favore
di familiari indicati nel comma precedente col consenso di
tutti i partecipi. Esso puo' essere liquidato in danaro
alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione del
lavoro, ed altresi' in caso di alienazione dell'azienda. Il
pagamento puo' avvenire in piu' annualita', determinate, in
difetto di accordo, dal giudice.
In caso di divisione ereditaria o di trasferimento
dell'azienda i partecipi di cui al primo comma hanno
diritto di prelazione sull'azienda. Si applica, nei limiti
in cui e' compatibile, la disposizione dell'art. 732.
Le comunioni tacite familiari nell'esercizio
dell'agricoltura sono regolate dagli usi che non
contrastino con le precedenti norme.».
- Il testo dell'art. 2083 del codice civile e' il
seguente:
«Art. 2083 (Piccoli imprenditori). - Sono piccoli
imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli
artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano
un'attivita' professionale organizzata prevalentemente con
il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.».

Titolo I
PRINCIPI COMUNI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 4.
Computo dei lavoratori

1. Ai fini della determinazione del numero di lavoratori dal quale
il presente decreto legislativo fa discendere particolari obblighi
non sono computati:
a) i collaboratori familiari di cui all'articolo 230-bis del
codice civile;
b) i soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi
e di orientamento di cui all'articolo 18 della legge 24 giugno 1997,
n. 196, e di cui a specifiche disposizioni delle leggi regionali
promosse al fine di realizzare momenti di alternanza tra studio e
lavoro o di agevolare le scelte professionali mediante la conoscenza
diretta del mondo del lavoro;
c) gli allievi degli istituti di istruzione e universitari e i
partecipanti ai corsi di formazione professionale nei quali si faccia
uso di laboratori, attrezzature di lavoro in genere, agenti chimici,
fisici e biologici, ivi comprese le attrezzature munite di
videoterminali;
d) i lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo
determinato, ai sensi dell'articolo 1 del decreto legislativo
6 settembre 2001, n. 368, in sostituzione di altri prestatori di
lavoro assenti con diritto alla conservazione del posto di lavoro;
e) i lavoratori che svolgono prestazioni occasionali di tipo
accessorio ai sensi degli articoli 70, e seguenti, del decreto
legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni,
nonche' prestazioni che esulano dal mercato del lavoro ai sensi
dell'articolo 74 del medesimo decreto.
f) i lavoratori di cui alla legge 18 dicembre 1973, n. 877, ove
la loro attivita' non sia svolta in forma esclusiva a favore del
datore di lavoro committente;
g) i volontari, come definiti dalla legge 11 agosto 1991, n. 266,
i volontari del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e della
protezione civile e i volontari che effettuano il servizio civile;
h) i lavoratori utilizzati nei lavori socialmente utili di cui al
decreto legislativo 1° dicembre 1997, n. 468, e successive
modificazioni;
i) i lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del codice
civile, fatto salvo quanto previsto dalla successiva lettera l);
l) i collaboratori coordinati e continuativi di cui
all'articolo 409, primo comma, n. 3, del codice di procedura civile,
nonche' i lavoratori a progetto di cui agli articoli 61 e seguenti
del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni, ove la loro attivita' non sia svolta in forma
esclusiva a favore del committente.
2. I lavoratori utilizzati mediante somministrazione di lavoro ai
sensi degli articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo
10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, e i lavoratori
assunti a tempo parziale ai sensi del decreto legislativo 25 febbraio
2000, n. 61, e successive modificazioni, si computano sulla base del
numero di ore di lavoro effettivamente prestato nell'arco di un
semestre.
3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 4, nell'ambito delle
attivita' stagionali definite dal decreto del Presidente della
Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525 e successive modificazioni,
nonche' di quelle individuate dai contratti collettivi nazionali
stipulati dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro
comparativamente piu' rappresentative, il personale in forza si
computa a prescindere dalla durata del contratto e dall'orario di
lavoro effettuato.
4. Il numero dei lavoratori impiegati per l'intensificazione
dell'attivita' in determinati periodi dell'anno nel settore agricolo
e nell'ambito di attivita' diverse da quelle indicate nel comma 3,
corrispondono a frazioni di unita-lavorative-anno (ULA) come
individuate sulla base della normativa comunitaria.


Note all'art. 4:
- Per il testo dell'art. 230-bis del Codice civile, si
veda nota all'art. 3.
- Per il testo dell'art. 18 della citata legge n. 196
del 1997, si veda nota all'art. 2.
- Il testo dell'art. 1 del decreto legislativo
6 settembre 2001, n. 368, (Attuazione della direttiva
1999/70/CE relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo
determinato concluso dall'UNICE, dal CEEP e dal CES), e' il
seguente:
«Art. 1 (Apposizione del termine). - 01. Il contratto
di lavoro subordinato e' stipulato di regola a tempo
indeterminato.
1. E' consentita l'apposizione di un termine alla
durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di
ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o
sostitutivo.
2. L'apposizione del termine e' priva di effetto se non
risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto nel
quale sono specificate le ragioni di cui al comma 1.
3. Copia dell'atto scritto deve essere consegnata dal
datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni
lavorativi dall'inizio della prestazione.
4. La scrittura non e' tuttavia necessaria quando la
durata del rapporto di lavoro, puramente occasionale, non
sia superiore a dodici giorni.».
- Il testo dell'art. 74 del citato decreto legislativo
n. 276 del 2003, e' il seguente:
«Art. 74 (Prestazioni che esulano dal mercato del
lavoro). - 1. Con specifico riguardo alle attivita'
agricole non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro
autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti e
affini sino al terzo grado in modo meramente occasionale o
ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo
aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di
compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione
dei lavori.».
- Il testo della legge 18 dicembre 1973, n. 877 (Nuove
norme per la tutela del lavoro a domicilio), e pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale del 5 gennaio 1974, n. 5.
- Per i riferimenti della citata legge n. 266 del 1991,
del decreto legislativo n. 468 del 1997, si veda nota
all'art. 2.
- Per il testo dell'art. 2222 del codice civile,
dell'art. 409, primo comma, n. 3, del codice di procedura
civile, si veda nota all'art. 3.
- Per i riferimenti agli articoli da 20 a 28 e da 61 a
69 del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, si veda
nota all'art. 3.
- Il testo del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n.
61, (Attuazione della direttiva 97/81/CE relativa
all'accordo-quadro sul lavoro a tempo parziale concluso
dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 20 marzo 2000, n. 66.
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
7 ottobre 1963, n. 1525, (Elenco che determina le attivita'
a carattere stagionale di cui all'art. 1, comma secondo,
lettera a), della legge 18 aprile 1962, n. 230, sulla
disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 novembre 1963, n.
307.

Capo II
Sistema istituzionale

Art. 5.
Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e
per il coordinamento nazionale delle attivita' di vigilanza in
materia di salute e sicurezza sul lavoro

1. Presso il Ministero della salute, il Comitato per l'indirizzo e
la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento
nazionale delle attivita' di vigilanza in materia di salute e
sicurezza sul lavoro. Il Comitato e' presieduto dal Ministro della
salute ed e' composto da:
a) due rappresentanti del Ministero della salute;
b) due rappresentanti del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale;
c) un rappresentante del Ministero dell'interno;
d) cinque rappresentanti delle regioni e province autonome di
Trento e di Bolzano.
2. Al Comitato partecipano, con funzione consultiva, un
rappresentante dell'INAIL, uno dell'ISPESL e uno dell'Istituto di
previdenza per il settore marittimo (IPSEMA).
3. Il Comitato di cui al comma 1, al fine di garantire la piu'
completa attuazione del principio di leale collaborazione tra Stato e
regioni, ha il compito di:
a) stabilire le linee comuni delle politiche nazionali in materia
di salute e sicurezza sul lavoro;
b) individuare obiettivi e programmi dell'azione pubblica di
miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori;
c) definire la programmazione annuale in ordine ai settori
prioritari di intervento dell'azione di vigilanza, i piani di
attivita' e i progetti operativi a livello nazionale, tenendo conto
delle indicazioni provenienti dai comitati regionali di coordinamento
e dai programmi di azione individuati in sede comunitaria;
d) programmare il coordinamento della vigilanza a livello
nazionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro;
e) garantire lo scambio di informazioni tra i soggetti
istituzionali al fine di promuovere l'uniformita' dell'applicazione
della normativa vigente;
f) individuare le priorita' della ricerca in tema di prevenzione
dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori.
4. Ai fini delle definizioni degli obbiettivi di cui al comma 2,
lettere a), b), e), f), le parti sociali sono consultate
preventivamente. Sull'attuazione delle azioni intraprese e'
effettuata una verifica con cadenza almeno annuale.
5. Le modalita' di funzionamento del comitato sono fissate con
regolamento interno da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto
al numero dei componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da
personale del Ministero della salute appositamente assegnato.
6. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a partecipare
ai sensi del comma 1, non spetta alcun compenso, rimborso spese o
indennita' di missione.

Capo II
Sistema istituzionale

Art. 6.
Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul
lavoro

1. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e'
istituita la Commissione consultiva permanente per la salute e
sicurezza sul lavoro. La Commissione e' composta da:
a) un rappresentante del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale che la presiede;
b) un rappresentante del Ministero della salute;
c) un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
d) un rappresentante del Ministero dell'interno;
e) un rappresentante del Ministero della difesa;
f) un rappresentante del Ministero delle infrastrutture;
g) un rappresentante del Ministero dei trasporti;
h) un rappresentante del Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali;
i) un rappresentante del Ministero della solidarieta' sociale;
l) un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri
- Dipartimento della funzione pubblica;
m) dieci rappresentanti delle regioni e delle province autonome
di Trento e di Bolzano, designati dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano;
n) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei
lavoratori comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale;
o) dieci esperti designati delle organizzazioni sindacali dei
datori di lavoro, anche dell'artigianato e della piccola e media
impresa, comparativamente piu' rappresentative a livello nazionale.
2. Per ciascun componente puo' essere nominato un supplente, il
quale interviene unicamente in caso di assenza del titolare. Ai
lavori della Commissione possono altresi' partecipare rappresentanti
di altre amministrazioni centrali dello Stato in ragione di
specifiche tematiche inerenti le relative competenze, con particolare
riferimento a quelle relative alla materia dell'istruzione per le
problematiche di cui all'articolo 11, comma 1, lettera c).
3. All'inizio di ogni mandato la Commissione puo' istituire
comitati speciali permanenti, dei quali determina la composizione e
la funzione.
4. La Commissione si avvale della consulenza degli istituti
pubblici con competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro e
puo' richiedere la partecipazione di esperti nei diversi settori di
interesse.
5. I componenti della Commissione e i segretari sono nominati con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, su
designazione degli organismi competenti e durano in carica cinque
anni.
6. Le modalita' di funzionamento della commissione sono fissate con
regolamento interno da adottarsi a maggioranza qualificata rispetto
al numero dei componenti; le funzioni di segreteria sono svolte da
personale del Ministero del lavoro e della previdenza sociale
appositamente assegnato.
7. Ai componenti del Comitato ed ai soggetti invitati a partecipare
ai sensi del comma 1, non spetta alcun compenso, rimborso spese o
indennita' di missione.
8. La Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza
sul lavoro ha il compito di:
a) esaminare i problemi applicativi della normativa di salute e
sicurezza sul lavoro e formulare proposte per lo sviluppo e il
perfezionamento della legislazione vigente;
b) esprimere pareri sui piani annuali elaborati dal Comitato di
cui all'articolo 5;
c) definire le attivita' di promozione e le azioni di prevenzione
di cui all'articolo 11;
d) validare le buone prassi in materia di salute e sicurezza sul
lavoro;
e) redigere annualmente, sulla base dei dati forniti dal sistema
informativo di cui all'articolo 8, una relazione sullo stato di
applicazione della normativa di salute e sicurezza e sul suo
possibile sviluppo, da trasmettere alle commissioni parlamentari
competenti e ai presidenti delle regioni;
f) elaborare, entro e non oltre il 31 dicembre 2010, le procedure
standardizzate di effettuazione della valutazione dei rischi di cui
all'articolo 29, comma 5, tenendo conto dei profili di rischio e
degli indici infortunistici di settore. Tali procedure vengono
recepite con decreto dei Ministeri del lavoro e della previdenza
sociale, della salute e dell'interno acquisito il parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e
province autonome di Trento e di Bolzano;
g) definire criteri finalizzati alla definizione del sistema di
qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi di cui
all'articolo 27. Il sistema di qualificazione delle imprese e'
disciplinato con decreto del Presidente della Repubblica, acquisito
il parere della Conferenza per i rapporti permanenti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanarsi
entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto;
h) valorizzare sia gli accordi sindacali sia i codici di condotta
ed etici, adottati su base volontaria, che, in considerazione delle
specificita' dei settori produttivi di riferimento, orientino i
comportamenti dei datori di lavoro, anche secondo i principi della
responsabilita' sociale, dei lavoratori e di tutti i soggetti
interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela definiti
legislativamente;
i) valutare le problematiche connesse all'attuazione delle
direttive comunitarie e delle convenzioni internazionali stipulate in
materia di salute e sicurezza del lavoro;
l) promuovere la considerazione della differenza di genere in
relazione alla valutazione dei rischi e alla predisposizione delle
misure di prevenzione;
m) indicare modelli di organizzazione e gestione aziendale ai
fini di cui all'articolo 30.

Capo II
Sistema istituzionale

Art. 7.
Comitati regionali di coordinamento

1. Al fine di realizzare una programmazione coordinata di
interventi, nonche' uniformita' degli stessi ed il necessario
raccordo con il Comitato di cui all'articolo 5 e con la Commissione
di cui all'articolo 6, presso ogni regione e provincia autonoma opera
il comitato regionale di coordinamento di cui al decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri in data 21 dicembre 2007,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 6 febbraio 2008.

Capo II
Sistema istituzionale

Art. 8.
Sistema informativo nazionale per la prevenzione nei luoghi di lavoro

1. E' istituito il Sistema informativo nazionale per la prevenzione
(SINP) nei luoghi di lavoro al fine di fornire dati utili per
orientare, programmare, pianificare e valutare l'efficacia della
attivita' di prevenzione degli infortuni e delle malattie
professionali, relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti
agli enti assicurativi pubblici, e per indirizzare le attivita' di
vigilanza, attraverso l'utilizzo integrato delle informazioni
disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite
l'integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati
unificate.
2. Il Sistema informativo di cui al comma 1 e' costituito dal
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal Ministero della
salute, dal Ministero dell'interno, dalle regioni e dalle province
autonome di Trento e di Bolzano, dall'INAIL, dall'IPSEMA e
dall'ISPESL, con il contributo del Consiglio nazionale dell'economia
e del lavoro (CNEL). Allo sviluppo del medesimo concorrono gli
organismi paritetici e gli istituti di settore a carattere
scientifico, ivi compresi quelli che si occupano della salute delle
donne.
3. L'INAIL garantisce la gestione tecnica ed informatica del SINP
e, a tale fine, e' titolare del trattamento dei dati, secondo quanto
previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
4. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della salute, di concerto con il Ministro per le riforme e le
innovazioni nella pubblica amministrazione, acquisito il parere della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, da adottarsi entro 180
giorni dalla data dell'entrata in vigore del presente decreto
legislativo, vengono definite le regole tecniche per la realizzazione
ed il funzionamento del SINP, nonche' le regole per il trattamento
dei dati. Tali regole sono definite nel rispetto di quanto previsto
dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, cosi' come modificato ed
integrato dal decreto legislativo 4 aprile 2006, n. 159, e dei
contenuti del Protocollo di intesa sul Sistema informativo nazionale
integrato per la prevenzione nei luoghi di lavoro. Con il medesimo
decreto sono disciplinate le speciali modalita' con le quali le forze
armate e le forze di polizia partecipano al sistema informativo
relativamente alle attivita' operative e addestrative. Per tale
finalita' e' acquisita l'intesa dei Ministri della difesa,
dell'interno e dell'economia e delle finanze.
5. La partecipazione delle parti sociali al Sistema informativo
avviene attraverso la periodica consultazione in ordine ai flussi
informativi di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6.
6. I contenuti dei flussi informativi devono almeno riguardare:
a) il quadro produttivo ed occupazionale;
b) il quadro dei rischi;
c) il quadro di salute e sicurezza dei lavoratori;
d) il quadro degli interventi di prevenzione delle istituzioni
preposte;
e) il quadro degli interventi di vigilanza delle istituzioni
preposte.
7. La diffusione delle informazioni specifiche e' finalizzata al
raggiungimento di obiettivi di conoscenza utili per le attivita' dei
soggetti destinatari e degli enti utilizzatori. I dati sono resi
disponibili ai diversi destinatari e resi pubblici nel rispetto della
normativa di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
8. Le attivita' di cui al presente articolo sono realizzate dalle
amministrazioni di cui al comma 2 utilizzando le ordinarie risorse
personali, economiche e strumentali in dotazione.


Note all'art. 8:
- Per i riferimenti del citato decreto legislativo n.
196 del 2003, si veda nota all'art. 1.
- Il testo del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82
(Codice dell'amministrazione digitale), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 16 maggio 2005, n. 112, supplemento
ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 4 aprile 2006, n.
159 (Disposizioni integrative e correttive al decreto
legislativo 7 marzo 2005, n. 82, recante codice
dell'amministrazione digitale), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 29 aprile 2006, n. 99, supplemento
ordinario.

Capo II
Sistema istituzionale

Art. 9.
Enti pubblici aventi compiti in materia di salute e sicurezza nei
luoghi di lavoro

1. L'ISPESL, l'INAIL e l'IPSEMA sono enti pubblici nazionali con
competenze in materia di salute e sicurezza sul lavoro che esercitano
le proprie attivita', anche di consulenza, in una logica di sistema
con il Ministero della salute, il Ministero del lavoro e della
previdenza sociale, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano.
2. L'ISPESL, l'INAIL e l'IPSEMA operano in funzione delle
attribuzioni loro assegnate dalla normativa vigente, svolgendo in
forma coordinata, per una maggiore sinergia e complementarieta', le
seguenti attivita':
a) elaborazione e applicazione dei rispettivi piani triennali di
attivita';
b) interazione, per i rispettivi ruoli e competenze, in logiche
di conferenza permanente di servizio, per assicurare apporti
conoscitivi al sistema di sostegno ai programmi di intervento in
materia di sicurezza e salute sul lavoro di cui all'articolo 2,
comma 1, lettera p), per verificare l'adeguatezza dei sistemi di
prevenzione e assicurativi e per studiare e proporre soluzioni
normative e tecniche atte a ridurre il fenomeno degli infortuni e
delle malattie professionali;
c) consulenza alle aziende, in particolare alle medie, piccole e
micro imprese, anche attraverso forme di sostegno tecnico e
specialistico finalizzate sia al suggerimento dei piu' adatti mezzi,
strumenti e metodi operativi, efficaci alla riduzione dei livelli di
rischiosita' in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sia
all'individuazione degli elementi di innovazione tecnologica in
materia con finalita' prevenzionali, raccordandosi con le altre
istituzioni pubbliche operanti nel settore e con le parti sociali;
d) progettazione ed erogazione di percorsi formativi in materia
di salute e sicurezza sul lavoro tenuto conto ed in conformita' ai
criteri e alle modalita' elaborati ai sensi degli articoli 6 e 11;
e) formazione per i responsabili e gli addetti ai servizi di
prevenzione e protezione di cui all'articolo 32;
f) promozione e divulgazione, della cultura della salute e della
sicurezza del lavoro nei percorsi formativi scolastici, universitari
e delle istituzioni dell'alta formazione artistica, musicale e
coreutica, previa stipula di apposite convenzioni con le istituzioni
interessate;
g) partecipazione, con funzioni consultive, al Comitato per
l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il
coordinamento nazionale delle attivita' di vigilanza in materia di
salute e sicurezza del lavoro di cui all'articolo 5;
h) consulenza alla Commissione consultiva permanente per la
salute e sicurezza del lavoro di cui all'articolo 6;
i) elaborazione, raccolta e diffusione delle buone prassi di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera v);
l) predisposizione delle linee guida di cui all'articolo 2,
comma 1, lettera z);
m) contributo al Sistema informativo nazionale per la prevenzione
nei luoghi di lavoro secondo quanto previsto dall'articolo 8.
3. L'attivita' di consulenza di cui alla lettera c) del comma 2,
non puo' essere svolta dai funzionari degli istituti di cui al
presente articolo che svolgono attivita' di controllo e verifica
degli obblighi nelle materie di competenza degli istituti medesimi. I
soggetti che prestano tale attivita' non possono, per un periodo di
tre anni dalla cessazione dell'incarico, esercitare attivita' di
controllo e verifica degli obblighi nelle materie di competenza degli
istituti medesimi. Nell'esercizio dell'attivita' di consulenza non vi
e' l'obbligo di denuncia di cui all'articolo 331 del codice di
procedura penale o di comunicazione ad altre Autorita' competenti
delle contravvenzioni rilevate ove si riscontrino violazioni alla
normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro; in ogni caso,
l'esercizio dell'attivita' di consulenza non esclude o limita la
possibilita' per l'ente di svolgere l'attivita' di controllo e
verifica degli obblighi nelle materie di competenza degli istituti
medesimi. Con successivo decreto del Ministro del lavoro e della
previdenza sociale, di concerto con il Ministro della salute per la
parte concernente i funzionari dell'ISPESL, e' disciplinato lo
svolgimento dell'attivita' di consulenza e dei relativi proventi,
fermo restando che i compensi percepiti per lo svolgimento
dell'attivita' di consulenza sono devoluti in ragione della meta'
all'ente di appartenenza e nel resto al Fondo di cui all'articolo 52,
comma 1.
4. L'INAIL fermo restando quanto previsto dall'articolo 12 della
legge 11 marzo 1988, n. 67, dall'articolo 2, comma 6, della legge
28 dicembre 1995, n. 549, e dall'articolo 2, comma 130, della legge
23 dicembre 1996, n. 662, nonche' da ogni altra disposizione
previgente, svolge, con la finalita' di ridurre il fenomeno
infortunistico e ad integrazione delle proprie competenze quale
gestore dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali, i seguenti compiti oltre a quanto
previsto negli altri articoli del presente decreto:
a) raccoglie e registra, a fini statistici e informativi, i dati
relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal
lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento;
b) concorre alla realizzazione di studi e ricerche sugli
infortuni e sulle malattie correlate al lavoro, coordinandosi con il
Ministero della salute e con l'ISPESL;
c) partecipa alla elaborazione, formulando pareri e proposte,
della normazione tecnica in materia;
d) eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le prestazioni
del Fondo di cui all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre
2006, n. 296. In sede di prima applicazione, le relative prestazioni
sono fornite con riferimento agli infortuni verificatisi a fare data
dal 1° gennaio 2007.
5. L'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del
lavoro - ISPESL e' ente di diritto pubblico, nel settore della
ricerca, dotato di autonomia scientifica, organizzativa,
patrimoniale, gestionale e tecnica. L'ISPESL e' organo
tecnico-scientifico del Servizio sanitario nazionale di ricerca,
sperimentazione, controllo, consulenza, assistenza, alta formazione,
informazione e documentazione in materia di prevenzione degli
infortuni e delle malattie professionali, sicurezza sul lavoro e di
promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di lavoro,
del quale si avvalgono gli organi centrali dello Stato preposti ai
settori della salute, dell'ambiente, del lavoro e della produzione e
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
6. L'ISPESL, nell'ambito delle sue attribuzioni istituzionali,
opera avvalendosi delle proprie strutture centrali e territoriali,
garantendo unitarieta' della azione di prevenzione nei suoi aspetti
interdisciplinari e svolge le seguenti attivita':
a) svolge e promuove programmi di studio e ricerca scientifica e
programmi di interesse nazionale nel campo della prevenzione degli
infortuni, e delle malattie professionali, della sicurezza sul lavoro
e della promozione e tutela della salute negli ambienti di vita e di
lavoro;
b) interviene nelle materie di competenza dell'Istituto, su
richiesta degli organi centrali dello Stato e delle regioni e delle
province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito dei controlli
che richiedono un'elevata competenza scientifica. Ai fini della
presente lettera, esegue, accedendo nei luoghi di lavoro,
accertamenti e indagini in materia di salute e sicurezza del lavoro;
c) e' organo tecnico-scientifico delle Autorita' nazionali
preposte alla sorveglianza del mercato ai fini del controllo della
conformita' ai requisiti di sicurezza e salute di prodotti messi a
disposizione dei lavoratori;
d) svolge attivita' di organismo notificato per attestazioni di
conformita' relative alle Direttive per le quali non svolge compiti
relativi alla sorveglianza del mercato;
e) e' titolare di prime verifiche e verifiche di primo impianto
di attrezzature di lavoro sottoposte a tale regime;
f) fornisce consulenza al Ministero della salute, agli altri
Ministeri e alle regioni e alle province autonome in materia salute e
sicurezza del lavoro;
g) fornisce assistenza al Ministero della salute e alle regioni e
alle province autonome per l'elaborazione del Piano sanitario
nazionale, dei piani sanitari regionali e dei piani nazionali e
regionali della prevenzione, per il monitoraggio delle azioni poste
in essere nel campo salute e sicurezza del lavoro e per la verifica
del raggiungimento dei livelli essenziali di assistenza in materia;
h) supporta il Servizio sanitario nazionale, fornendo
informazioni, formazione, consulenza e assistenza alle strutture
operative per la promozione della salute, prevenzione e sicurezza
negli ambienti di lavoro;
i) svolge, congiuntamente ai servizi di prevenzione e sicurezza
nei luoghi di lavoro delle ASL, l'attivita' di vigilanza sulle
strutture sanitarie del Servizio sanitario nazionale;
l) effettua il raccordo e la divulgazione dei risultati derivanti
dalle attivita' di prevenzione nei luoghi di lavoro svolte dalle
strutture del Servizio sanitario nazionale;
m) partecipa alla elaborazione di norme di carattere generale e
formula, pareri e proposte circa la congruita' della norma tecnica
non armonizzata ai requisiti di sicurezza previsti dalla legislazione
nazionale vigente;
n) assicura la standardizzazione tecnico-scientifica delle
metodiche e delle procedure per la valutazione e la gestione dei
rischi e per l'accertamento dello stato di salute dei lavoratori in
relazione a specifiche condizioni di rischio e contribuisce alla
definizione dei limiti di esposizione;
o) diffonde, previa istruttoria tecnica, le buone prassi di cui
all'articolo 2, comma 1, lettera v);
p) coordina il network nazionale in materia di salute e sicurezza
nei luoghi di lavoro, in qualita' di focal point italiano nel network
informativo dell'Agenzia europea per la salute e sicurezza nei luoghi
di lavoro;
q) supporta l'attivita' di monitoraggio del Ministero della
salute sulla applicazione dei livelli essenziali di assistenza
relativi alla sicurezza nei luoghi di lavoro.
7. L'IPSEMA svolge, con la finalita' di ridurre il fenomeno
infortunistico ed ad integrazione delle proprie competenze quale
gestore dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali del settore marittimo, i seguenti
compiti oltre a quanto previsto negli altri articoli del presente
decreto:
a) raccoglie e registra, a fini statistici ed informativi, i dati
relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal
lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento;
b) concorre alla realizzazione di studi e ricerche sugli
infortuni e sulle malattie correlate al lavoro, raccordandosi con il
Ministero della salute e con l'ISPESL;
c) finanzia, nell'ambito e nei limiti delle proprie spese
istituzionali, progetti di investimento e formazione in materia di
salute e sicurezza sul lavoro;
d) supporta, in raccordo con le amministrazioni competenti in
materia di salute per il settore marittimo, anche mediante
convenzioni con l'INAIL, le prestazioni di assistenza sanitaria
riabilitativa per i lavoratori marittimi anche al fine di assicurare
il loro reinserimento lavorativo;
e) eroga, previo trasferimento delle necessarie risorse da parte
del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, le prestazioni
del Fondo di cui all'articolo 1, comma 1187, della legge 27 dicembre
2006, n. 296, con riferimento agli infortuni del settore marittimo.
In sede di prima applicazione, le relative prestazioni sono fornite
con riferimento agli infortuni verificatisi a fare data dal
1° gennaio 2007.


Note all'art. 9:
- il testo dell'art. 331 del codice di procedura penale
e' il seguente:
«Art. 331 (Denuncia da parte di pubblici ufficiali e
incaricati di un pubblico servizio). - 1. Salvo quanto
stabilito dall'art. 347, i pubblici ufficiali e gli
incaricati di un pubblico servizio che, nell'esercizio o a
causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno
notizia di reato perseguibile di ufficio, devono farne
denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la
persona alla quale il reato e' attribuito.
2. La denuncia e' presentata o trasmessa senza ritardo
al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia
giudiziaria.
3. Quando piu' persone sono obbligate alla denuncia per
il medesimo fatto, esse possono anche redigere e
sottoscrivere un unico atto.
4. Se, nel corso di un procedimento civile o
amministrativo, emerge un fatto nel quale si puo'
configurare un reato perseguibile di ufficio, l'autorita'
che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al
pubblico ministero.».
- Il testo dell'art. 12 della legge 11 marzo 1988, n.
67 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1988)), e' il
seguente:
«Art. 12 - 1. L'Istituto nazionale per l'assicurazione
contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), in deroga al
disposto dell'art. 14, terzo comma, lettera q), della legge
23 dicembre 1978, n. 833, provvede agli accertamenti, alle
certificazioni e ad ogni altra prestazione medico-legale
sui lavoratori infortunati e tecnopatici.
2. Al fine di garantire agli infortunati sul lavoro e
ai tecnopatici la maggiore tempestivita' delle prestazioni
da parte dell'INAIL, le regioni stipulano convenzioni con
detto Istituto secondo uno schema-tipo approvato dal
Ministro della sanita', di concerto con il Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, per disciplinare
l'erogazione da parte dell'Istituto stesso, congiuntamente
agli accertamenti medico-legali, delle prime cure
ambulatoriali necessarie in caso di infortunio sul lavoro e
di malattia professionale, e per stabilire gli opportuni
coordinamenti con le unita' sanitarie locali.».
- Il testo dell'art. 2, comma 6, della legge
28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione della
finanza pubblica), e' il seguente:
«6. L'INAIL puo' destinare in via prioritaria una quota
fino al 15 per cento dei fondi disponibili, su delibera del
consiglio di amministrazione, per la realizzazione o per
l'acquisto di immobili, anche tramite accensione di mutui
da destinare a strutture da locare al servizio sanitario
nazionale ovvero a centri per la riabilitazione, da
destinare in via prioritaria agli infortunati sul lavoro e
da gestire, previa intesa con le regioni, nei limiti dello
standard di 5,5 posti letto per mille abitanti, di cui l'1
per mille riservato alla riabilitazione ed alla
lungodegenza post-acuzie.».
- Il testo dell'art. 2, comma 130, della legge
23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della
finanza pubblica), e' il seguente:
«130. Restano ferme le disposizioni previste per
l'INAIL dall'art. 2, comma 6, della legge 28 dicembre 1995,
n. 549, per l'attuazione degli interventi da realizzare
nell'ambito degli indirizzi di programma del Ministero
della sanita' e d'intesa con questo.».
- Il testo dell'art. 1, comma 1187, della legge
27 dicembre 2006, n. 296 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 2007)), e' il seguente:
«1187. Istituzione del Fondo di sostegno per le
famiglie delle vittime degli infortuni sul lavoro.
Al fine di assicurare un adeguato e tempestivo sostegno
ai familiari delle vittime di gravi incidenti sul lavoro,
anche per i casi in cui le vittime medesime risultino prive
della copertura assicurativa obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali di cui al
testo unico di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, e' istituito presso il
Ministero del lavoro e della previdenza sociale il Fondo di
sostegno per le famiglie delle vittime di gravi infortuni
sul lavoro, di seguito denominato Fondo. Al Fondo e'
conferita la somma di 2,5 milioni di euro per ciascuno
degli anni 2007, 2008 e 2009. Con decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, da adottare entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge, sono definite le tipologie dei benefici
concessi, ivi comprese anticipazioni sulle prestazioni
erogate dall'INAIL, nonche' i requisiti e le modalita' di
accesso agli stessi.».

Capo II
Sistema istituzionale

Art. 10.
Informazione e assistenza in materia di salute e sicurezza nei luoghi
di lavoro

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
tramite le AA.SS.LL. del SSN, il Ministero dell'interno tramite le
strutture del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, l'Istituto
superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro (ISPESL), il
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, il Ministero dello
sviluppo economico per il settore estrattivo, l'Istituto nazionale
per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL),
l'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA), gli
organismi paritetici e gli enti di patronato svolgono, anche mediante
convenzioni, attivita' di informazione, assistenza, consulenza,
formazione, promozione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di
lavoro, in particolare nei confronti delle imprese artigiane, delle
imprese agricole e delle piccole e medie imprese e delle rispettive
associazioni dei datori di lavoro.

Capo II
Sistema istituzionale

Art. 11.
Attivita' promozionali

1. Nell'ambito della Commissione consultiva di cui all'articolo 6
sono definite, in coerenza con gli indirizzi individuati dal Comitato
di cui all'articolo 5, le attivita' promozionali della cultura e
delle azioni di prevenzione con riguardo in particolare a:
a) finanziamento di progetti di investimento in materia di salute
e sicurezza sul lavoro da parte delle piccole, medie e micro imprese;
per l'accesso a tali finanziamenti deve essere garantita la
semplicita' delle procedure;
b) finanziamento di progetti formativi specificamente dedicati
alle piccole, medie e micro imprese, ivi compresi quelli di cui
all'articolo 52, comma 1, lettera b);
c) finanziamento delle attivita' degli istituti scolastici,
universitari e di formazione professionale finalizzata
all'inserimento in ogni attivita' scolastica ed universitaria, nelle
istituzioni dell'alta formazione artistica e coreutica e nei percorsi
di istruzione e formazione professionale di specifici percorsi
formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a
favorire la conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza
nel rispetto delle autonomie didattiche.
2. Ai finanziamenti di cui al comma 1 si provvede con oneri a
carico delle risorse di cui all'articolo 1, comma 7-bis, della legge
3 agosto 2007, n. 123, come introdotto dall'articolo 2, comma 533,
della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Con decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri
dell'economia e delle finanze, dell'istruzione e dell'universita' e
della ricerca, acquisito il parere della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, si provvede al riparto annuale delle risorse tra le
attivita' di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 e
dell'articolo 52, comma 2, lettera d).
3. Le amministrazioni centrali e le regioni e province autonome di
Trento e di Bolzano, nel rispetto delle proprie competenze,
concorrono alla programmazione e realizzazione di progetti formativi
in materia di salute e sicurezza sul lavoro, attraverso modalita'
operative da definirsi in sede di Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo. Alla realizzazione e allo sviluppo di
quanto previsto nel periodo precedente possono altresi' concorrere le
parti sociali, anche mediante i fondi interprofessionali.
4. Ai fini della promozione e divulgazione della cultura della
salute e sicurezza sul lavoro e' facolta' degli istituti scolastici,
universitari e di formazione professionale inserire in ogni attivita'
scolastica ed universitaria nelle istituzioni dell'alta formazione
artistica e coreutica e nei percorsi di istruzione e formazione
professionale, percorsi formativi interdisciplinari alle diverse
materie scolastiche ulteriori rispetto a quelli disciplinati dal
comma 1, lettera c) e volti alle medesime finalita'. Tale attivita'
e' svolta nell'ambito e nei limiti delle risorse disponibili degli
istituti.
5. Nell'ambito e nei limiti delle risorse di cui al comma 2
trasferite dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale,
l'INAIL finanzia progetti di investimento e formazione in materia di
salute e sicurezza sul lavoro rivolti in particolare alle piccole,
medie e micro imprese e progetti volti a sperimentare soluzioni
innovative e strumenti di natura organizzativa e gestionale ispirati
ai principi di responsabilita' sociale delle imprese. Costituisce
criterio di priorita' per l'accesso al finanziamento l'adozione da
parte delle imprese delle buone passi di cui all'articolo 2, comma 1,
lettera v).
6. Nell'ambito dei rispettivi compiti istituzionali, le
amministrazioni pubbliche promuovono attivita' specificamente
destinate ai lavoratori immigrati o alle lavoratrici, finalizzate a
migliorare i livelli di tutela dei medesimi negli ambienti di lavoro.
7. In sede di prima applicazione, per il primo anno dall'entrata in
vigore del presente decreto, le risorse di cui all'articolo 1,
comma 7-bis, della legge 3 agosto 2007, n. 123, come introdotto
dall'articolo 2, comma 533, della legge 24 dicembre 2007, n. 244,
sono utilizzate, secondo le priorita', ivi compresa una campagna
straordinaria di formazione, stabilite, entro sei mesi dall'entrata
in vigore del presente decreto, con accordo adottato, previa
consultazione delle parti sociali, in sede di Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e la province autonome di
Trento e di Bolzano.


Nota all'art. 11:
- Per il testo dell'art. 1, comma 7-bis. Della citata
legge n. 123 del 2007, si veda nota all'art. 1.

Capo II
Sistema istituzionale

Art. 12.
Interpello

1. Gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti
territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonche', di propria
iniziativa o su segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni
sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu'
rappresentative sul piano nazionale e i consigli nazionali degli
ordini o collegi professionali, possono inoltrare alla Commissione
per gli interpelli di cui al comma 2, esclusivamente tramite posta
elettronica, quesiti di ordine generale sull'applicazione della
normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro.
2. Presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e'
istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la
Commissione per gli interpelli composta da due rappresentanti del
Ministero del lavoro e previdenza sociale, da due rappresentanti del
Ministero della salute e da quattro rappresentanti delle regioni e
delle province autonome. Qualora la materia oggetto di interpello
investa competenze di altre amministrazioni pubbliche la Commissione
e' integrata con rappresentanti delle stesse. Ai componenti della
Commissione non spetta alcun compenso, rimborso spese o indennita' di
missione.
3. Le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al
comma 1 costituiscono criteri interpretativi e direttivi per
l'esercizio delle attivita' di vigilanza.

Capo II
Sistema istituzionale

Art. 13.
Vigilanza

1. La vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e' svolta dalla azienda
sanitaria locale competente per territorio e, per quanto di specifica
competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonche' per il
settore minerario, fino all'effettiva attuazione del trasferimento di
competenze da adottarsi ai sensi del decreto legislativo 30 luglio
1999, n. 300, e successive modificazioni, dal Ministero dello
sviluppo economico, e per le industrie estrattive di seconda
categoria e le acque minerali e termali dalle regioni e province
autonome di Trento e di Bolzano. Le province autonome di Trento e di
Bolzano provvedono alle finalita' del presente articolo, nell'ambito
delle proprie competenze, secondo quanto previsto dai rispettivi
ordinamenti.
2. Ferme restando le competenze in materia di vigilanza attribuite
dalla legislazione vigente al personale ispettivo del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, lo stesso personale puo'
esercitare l'attivita' di vigilanza sull'applicazione della
legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
nelle seguenti attivita', informandone preventivamente il servizio di
prevenzione e sicurezza dell'Azienda sanitaria locale competente per
territorio:
a) attivita' nel settore delle costruzioni edili o di genio
civile e piu' in particolare lavori di costruzione, manutenzione,
riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse,
permanenti o temporanee, in muratura e in cemento armato, opere
stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di
elementi prefabbricati; lavori in sotterraneo e gallerie, anche
comportanti l'impiego di esplosivi;
b) lavori mediante cassoni in aria compressa e lavori subacquei;
c) ulteriori attivita' lavorative comportanti rischi
particolarmente elevati, individuate con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri del lavoro e della
previdenza sociale, e della salute, adottato sentito il comitato di
cui all'articolo 5 e previa intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, in relazione alle quali il personale ispettivo del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale svolge attivita' di
vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e
sicurezza nei luoghi di lavoro, informandone preventivamente il
servizio di prevenzione e sicurezza dell'Azienda sanitaria locale
competente per territorio.
3. In attesa del complessivo riordino delle competenze in tema di
vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di salute e
sicurezza sui luoghi di lavoro, restano ferme le competenze in
materia di salute e sicurezza dei lavoratori attribuite alle
autorita' marittime a bordo delle navi ed in ambito portuale, agli
uffici di sanita' aerea e marittima, alle autorita' portuali ed
aeroportuali, per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori a bordo
di navi e di aeromobili ed in ambito portuale ed aeroportuale nonche'
ai servizi sanitari e tecnici istituiti per le Forze armate e per le
Forze di polizia e per i Vigili del fuoco; i predetti servizi sono
competenti altresi' per le aree riservate o operative e per quelle
che presentano analoghe esigenze da individuarsi, anche per quel che
riguarda le modalita' di attuazione, con decreto del Ministro
competente, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza
sociale e della salute. L'Amministrazione della giustizia puo'
avvalersi dei servizi istituiti per le Forze armate e di polizia,
anche mediante convenzione con i rispettivi Ministeri, nonche' dei
servizi istituiti con riferimento alle strutture penitenziarie.
4. La vigilanza di cui al presente articolo e' esercitata nel
rispetto del coordinamento di cui agli articoli 5 e 7.
5. Il personale delle pubbliche amministrazioni, assegnato agli
uffici che svolgono attivita' di vigilanza, non puo' prestare, ad
alcun titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attivita' di
consulenza.
6. L'importo delle somme che l'ASL, in qualita' di organo di
vigilanza, ammette a pagare in sede amministrativa ai sensi
dell'articolo 21, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo
19 dicembre 1994, n. 758, integra l'apposito capitolo regionale per
finanziare l'attivita' di prevenzione nei luoghi di lavoro svolta dai
dipartimenti di prevenzione delle AA.SS.LL.
7. E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 64 del decreto del
Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, con riferimento
agli organi di vigilanza competenti, come individuati dal presente
decreto.


Note all'art. 13:
- Il testo del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.
300 (Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma
dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59),
e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 30 agosto 1999, n.
203, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 21, comma 2, primo periodo, del
citato decreto legislativo n. 758 del 1994, e' il seguente:
«Art. 21 (Verifica dell'adempimento). - 1. (Omissis).
2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione,
l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in
sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una
somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per
la contravvenzione commessa.».
- Il Testo dell'art. 64 del citato decreto del
Presidente delle Repubblica n. 303 del 1956, e' il
seguente:
«Art. 64 (Ispezioni). - Gli ispettori del lavoro hanno
facolta' di visitare, in qualsiasi momento ed in ogni
parte, i luoghi di lavoro e le relative dipendenze, di
sottoporre a visita medica il personale occupato,
di prelevare campioni di materiali o prodotti ritenuti
nocivi, e altresi' di chiedere al datore di lavoro, ai
dirigenti, ai preposti ed ai lavoratori le informazioni che
ritengano necessarie per l'adempimento del loro compito, in
esse comprese quelle sui processi di lavorazione.
Gli ispettori del lavoro hanno facolta' di prendere
visione, presso gli ospedali ed eventualmente di chiedere
copia, della documentazione clinica dei lavoratori per
malattie dovute a cause lavorative o presunte tali.
Gli ispettori del lavoro devono mantenere il segreto
sopra i processi di lavorazione e sulle notizie e documenti
dei quali vengono a conoscenza per ragioni di ufficio.».

Capo II
Sistema istituzionale

Art. 14.
Disposizioni per il contrasto del lavoro irregolare e per la tutela
della salute e sicurezza dei lavoratori

1. Al fine di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei
lavoratori, nonche' di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e
irregolare, ferme restando le attribuzioni del coordinatore per
l'esecuzione dei lavori di cui all'articolo 92, comma 1, lettera e),
gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale, anche su segnalazione delle amministrazioni pubbliche
secondo le rispettive competenze, possono adottare provvedimenti di
sospensione di un'attivita' imprenditoriale qualora riscontrino
l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra
documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per
cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro, ovvero
in caso di reiterate violazioni della disciplina in materia di
superamento dei tempi di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale,
di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto legislativo 8 aprile 2003,
n. 66, e successive modificazioni, considerando le specifiche
gravita' di esposizione al rischio di infortunio, nonche' in caso di
gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e
della sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale, adottato sentita la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano. In attesa della adozione del citato
decreto, le violazioni in materia di tutela della salute e della
sicurezza sul lavoro che costituiscono il presupposto per l'adozione
del provvedimento di sospensione dell'attivita' imprenditoriale sono
quelle individuate nell'allegato I. L'adozione del provvedimento di
sospensione e' comunicata all'Autorita' per la vigilanza sui
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui
all'articolo 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 ed al
Ministero delle infrastrutture, per gli aspetti di rispettiva
competenza, al fine dell'emanazione di un provvedimento interdittivo
alla contrattazione con le pubbliche amministrazioni ed alla
partecipazione a gare pubbliche di durata pari alla citata
sospensione nonche' per un eventuale ulteriore periodo di tempo non
inferiore al doppio della durata della sospensione e comunque non
superiore a due anni. Le disposizioni del presente comma si applicano
anche con riferimento ai lavori nell'ambito dei cantieri edili. Ai
provvedimenti del presente articolo non si applicano le disposizioni
di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241.
2. I poteri e gli obblighi di cui al comma 1 spettano anche agli
organi di vigilanza delle aziende sanitarie locali, con riferimento
all'accertamento della reiterazione delle violazioni della disciplina
in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro di cui
al comma 1. In materia di prevenzione incendi trovano applicazione le
disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del decreto legislativo
8 marzo 2006, n. 139.
3. Il provvedimento di sospensione puo' essere revocato da parte
dell'organo di vigilanza che lo ha adottato.
4. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte
dell'organo di vigilanza del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale di cui al comma 1:
a) la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle
scritture o da altra documentazione obbligatoria;
b) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di
lavoro nelle ipotesi di reiterate violazioni della disciplina in
materia di superamento dei tempi di lavoro, riposo giornaliero e
settimanale, di cui al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e
successive modificazioni, o di gravi e reiterate violazioni della
disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza sul
lavoro;
c) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2500
rispetto a quelle di cui al comma 6.
5. E' condizione per la revoca del provvedimento da parte
dell'organo di vigilanza delle aziende sanitarie locali di cui al
comma 2:
a) l'accertamento del ripristino delle regolari condizioni di
lavoro nelle ipotesi di gravi e reiterate violazioni delle disciplina
in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro;
b) il pagamento di una somma aggiuntiva unica pari a Euro 2500
rispetto a quelle di cui al comma 6.
6. E' comunque fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali,
civili e amministrative vigenti.
7. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 4, lettera c),
integra la dotazione del Fondo per l'occupazione di cui
all'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, ed
e' destinato al finanziamento degli interventi di contrasto al lavoro
sommerso ed irregolare individuati con decreto del Ministro del
lavoro e della previdenza sociale di cui all'articolo 1, comma 1156,
lettera g), della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
8. L'importo delle somme aggiuntive di cui al comma 5, lettera b),
integra l'apposito capitolo regionale per finanziare l'attivita' di
prevenzione nei luoghi di lavoro.
9. Avverso i provvedimenti di sospensione di cui ai commi 1 e 2 e'
ammesso ricorso, entro 30 giorni, rispettivamente, alla Direzione
regionale del lavoro territorialmente competente e al presidente
della Giunta regionale, i quali si pronunciano nel termine di 15
giorni dalla notifica del ricorso. Decorso inutilmente tale ultimo
termine il provvedimento di sospensione perde efficacia.
10. Il datore di lavoro che non ottempera al provvedimento di
sospensione di cui al presente articolo e' punito con l'arresto fino
a sei mesi.
11. Nelle ipotesi delle violazioni in materia di salute e sicurezza
sul lavoro di cui al comma 1, le disposizioni del presente articolo
si applicano nel rispetto delle competenze in tema di vigilanza in
materia.


Note all'art. 14:
- Il testo degli articoli 4, 7 e 9 del decreto
legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (Attuazione della
direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE
concernenti taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario
di lavoro), e' il seguente:
«Art. 4 (Durata massima dell'orario di lavoro). - 1. I
contratti collettivi di lavoro stabiliscono la durata
massima settimanale dell'orario di lavoro.
2. La durata media dell'orario di lavoro non puo' in
ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le
quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
3. Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la
durata media dell'orario di lavoro deve essere calcolata
con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi.
4. I contratti collettivi di lavoro possono in ogni
caso elevare il limite di cui al comma 3 fino a sei mesi
ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive,
tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro,
specificate negli stessi contratti collettivi.
5. In caso di superamento delle quarantotto ore di
lavoro settimanale, attraverso prestazioni di lavoro
straordinario, per le unita' produttive che occupano piu'
di dieci dipendenti il datore di lavoro e' tenuto a
informare, entro trenta giorni dalla scadenza del periodo
di riferimento di cui ai precedenti commi 3 e 4, la
Direzione provinciale del lavoro - Settore ispezione del
lavoro competente per territorio. I contratti collettivi di
lavoro possono stabilire le modalita' per adempiere al
predetto obbligo di comunicazione».
«Art. 7 (Riposo giornaliero). - 1. Ferma restando la
durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha
diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni
ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito
in modo consecutivo fatte salve le attivita' caratterizzate
da periodi di lavoro frazionati durante la giornata».
«Art. 9 (Riposi settimanali). - 1. Il lavoratore ha
diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno
ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con
la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero
di cui all'art. 7.
2. Fanno eccezione alla disposizione di cui al comma 1:
a) le attivita' di lavoro a turni ogni volta che il
lavoratore cambi squadra e non possa usufruire, tra la fine
del servizio di una squadra e l'inizio di quello della
squadra successiva, di periodi di riposo giornaliero o
settimanale;
b) le attivita' caratterizzate da periodi di lavoro
frazionati durante la giornata;
c) per il personale che lavora nel settore dei
trasporti ferroviari: le attivita' discontinue; il servizio
prestato a bordo dei treni; le attivita' connesse con gli
orari del trasporto ferroviario che assicurano la
continuita' e la regolarita' del traffico ferroviario;
d) i contratti collettivi possono stabilire
previsioni diverse, nel rispetto delle condizioni previste
dall'art. 17, comma 4.
3. Il riposo di ventiquattro ore consecutive puo'
essere fissato in un giorno diverso dalla domenica e puo'
essere attuato mediante turni per il personale interessato
a modelli tecnico-organizzativi di turnazione particolare
ovvero addetto alle attivita' aventi le seguenti
caratteristiche:
a) operazioni industriali per le quali si abbia l'uso
di forni a combustione o a energia elettrica per
l'esercizio di processi caratterizzati dalla continuita'
della combustione ed operazioni collegate, nonche'
attivita' industriali ad alto assorbimento di energia
elettrica ed operazioni collegate;
b) attivita' industriali il cui processo richieda, in
tutto o in parte, lo svolgimento continuativo per ragioni
tecniche;
c) industrie stagionali per le quali si abbiano
ragioni di urgenza riguardo alla materia prima o al
prodotto dal punto di vista del loro deterioramento e della
loro utilizzazione, comprese le industrie che trattano
materie prime di facile deperimento ed il cui periodo di
lavorazione si svolge in non piu' di 3 mesi all'anno,
ovvero quando nella stessa azienda e con lo stesso
personale si compiano alcune delle suddette attivita' con
un decorso complessivo di lavorazione superiore a tre mesi;
d) i servizi ed attivita' il cui funzionamento
domenicale corrisponda ed esigenze tecniche ovvero soddisfi
interessi rilevanti della collettivita' ovvero sia di
pubblica utilita';
e) attivita' che richiedano l'impiego di impianti e
macchinari ad alta intensita' di capitali o ad alta
tecnologia;
f) attivita' di cui all'art. 7 della legge
22 febbraio 1934, n. 370;
g) attivita' indicate agli articoli 11, 12 e 13 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di cui
all'art. 3 della legge 24 ottobre 2000, n. 323.
4. Sono fatte salve le disposizioni speciali che
consentono la fruizione del riposo settimanale in giorno
diverso dalla domenica, nonche' le deroghe previste dalla
legge 22 febbraio 1934, n. 370.
5. Con decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali ovvero, per i pubblici dipendenti, con
decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto
con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali,
adottato sentite le organizzazioni sindacali nazionali di
categoria comparativamente piu' rappresentative, nonche' le
organizzazioni nazionali dei datori di lavoro, saranno
individuate le attivita' aventi le caratteristiche di cui
al comma 3, che non siano gia' ricomprese nel decreto
ministeriale 22 giugno 1935, e successive modifiche e
integrazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161
del 12 luglio 1935, nonche' quelle di cui al comma 2,
lettera d), salve le eccezioni di cui alle lettere a), b)
e c). Con le stesse modalita' il Ministro del lavoro e
delle politiche sociali ovvero per i pubblici dipendenti il
Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, provvede
all'aggiornamento e alla integrazione delle predette
attivita'. Nel caso di cui al comma 2, lettera d), e salve
le eccezioni di cui alle lettere a), b), e c)
l'integrazione avra' senz'altro luogo decorsi trenta giorni
dal deposito dell'accordo presso il Ministero stesso.».
- Il testo dell'art. 6 del decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), e' il seguente:
«Art. 6 (Autorita' per la vigilanza sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture). (art. 81.2,
direttiva 2004/18; art. 72.2, direttiva 2004/17; art. 4,
legge n. 109/1994; art. 25, comma 1, lettera c), legge n.
62/2005). - 1. L'Autorita' per la vigilanza sui lavori
pubblici, con sede in Roma, istituita dall'art. 4 della
legge 11 febbraio 1994, n. 109, assume la denominazione di
Autorita' per la vigilanza sui contratti pubblici di
lavori, servizi e forniture.
2. L'Autorita' e' organo collegiale costituito da sette
membri nominati con determinazione adottata d'intesa dai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica. I membri dell'Autorita', al fine di garantire
la pluralita' delle esperienze e delle conoscenze, sono
scelti tra personalita' che operano in settori tecnici,
economici e giuridici con riconosciuta professionalita'.
L'Autorita' sceglie il presidente tra i propri componenti e
stabilisce le norme sul proprio funzionamento.
3. I membri dell'Autorita' durano in carica cinque anni
e non possono essere confermati. Essi non possono
esercitare, a pena di decadenza, alcuna attivita'
professionale o di consulenza, non possono essere
amministratori o dipendenti di enti pubblici o privati ne'
ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura o
rivestire cariche pubbliche elettive o cariche nei partiti
politici. I dipendenti pubblici, secondo gli ordinamenti di
appartenenza, sono collocati fuori ruolo o in aspettativa
per l'intera durata del mandato. Con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell'economia e delle finanze, e' determinato il
trattamento economico spettante ai membri dell'Autorita'.
4. L'Autorita' e' connotata da indipendenza funzionale,
di giudizio e di valutazione e da autonomia organizzativa.
5. L'Autorita' vigila sui contratti pubblici, anche di
interesse regionale, di lavori, servizi e forniture nei
settori ordinari e nei settori speciali, nonche', nei
limiti stabiliti dal presente codice, sui contratti
pubblici di lavori, servizi e forniture esclusi dall'ambito
di applicazione del presente codice, al fine di garantire
l'osservanza dei principi di cui all'art. 2 e,
segnatamente, il rispetto dei principi di correttezza e
trasparenza delle procedure di scelta del contraente, e di
economica ed efficiente esecuzione dei contratti, nonche'
il rispetto delle regole della concorrenza nelle singole
procedure di gara.
6. Sono fatte salve le competenze delle altre Autorita'
amministrative indipendenti.
7. Oltre a svolgere i compiti espressamente previsti da
altre norme, l'Autorita':
a) vigila sull'osservanza della disciplina
legislativa e regolamentare vigente, verificando, anche con
indagini campionarie, la regolarita' delle procedure di
affidamento;
b) vigila sui contratti di lavori, servizi,
forniture, esclusi in tutto o in parte dall'ambito di
applicazione del presente codice, verificando, con
riferimento alle concrete fattispecie contrattuali, la
legittimita' della sottrazione al presente codice e il
rispetto dei principi relativi ai contratti esclusi; non
sono soggetti a obblighi di comunicazione all'Osservatorio
ne' a vigilanza dell'Autorita' i contratti di cui agli
articoli 16, 17, 18;
c) vigila affinche' sia assicurata l'economicita' di
esecuzione dei contratti pubblici;
d) accerta che dall'esecuzione dei contratti non sia
derivato pregiudizio per il pubblico erario;
e) segnala al Governo e al Parlamento, con apposita
comunicazione, fenomeni particolarmente gravi di
inosservanza o di applicazione distorta della normativa sui
contratti pubblici;
f) formula al Governo proposte in ordine alle
modifiche occorrenti in relazione alla legislazione che
disciplina i contratti pubblici di lavori, servizi,
forniture;
g) formula al Ministro delle infrastrutture proposte
per la revisione del regolamento;
h) predispone e invia al Governo e al Parlamento una
relazione annuale nella quale si evidenziano le disfunzioni
riscontrate nel settore dei contratti pubblici con
particolare riferimento:
h.1) alla frequenza del ricorso a procedure non
concorsuali;
h.2) alla inadeguatezza della pubblicita' degli
atti;
h.3) allo scostamento dai costi standardizzati di
cui all'art. 7;
h.4) alla frequenza del ricorso a sospensioni
dell'esecuzione o a varianti in corso di esecuzione;
h.5) al mancato o tardivo adempimento degli
obblighi nei confronti dei concessionari e degli
appaltatori;
h.6) allo sviluppo anomalo del contenzioso;
i) sovrintende all'attivita' dell'Osservatorio di cui
all'art. 7;
l) esercita i poteri sanzionatori ad essa attribuiti;
m) vigila sul sistema di qualificazione, con le
modalita' stabilite dal regolamento di cui all'art. 5;
nell'esercizio di tale vigilanza l'Autorita' puo'
annullare, in caso di constatata inerzia degli organismi di
attestazione, le attestazioni rilasciate in difetto dei
presupposti stabiliti dalle norme vigenti, nonche'
sospendere, in via cautelare, dette attestazioni;
n) su iniziativa della stazione appaltante e di una o
piu' delle altre parti, esprime parere non vincolante
relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento
delle procedure di gara, eventualmente formulando una
ipotesi di soluzione; si applica l'art. 1, comma 67, terzo
periodo, della legge 23 dicembre 2005, n. 266;
o) svolge i compiti previsti dall'art. 1, comma 67,
legge 23 dicembre 2005, n. 266.
8. Quando all'Autorita' e' attribuita la competenza ad
irrogare sanzioni pecuniarie, le stesse, nei limiti
edittali, sono commisurate al valore del contratto pubblico
cui le violazioni si riferiscono. Sono fatte salve le
diverse sanzioni previste dalle norme vigenti. I
provvedimenti dell'Autorita' devono prevedere il termine di
pagamento della sanzione. La riscossione della sanzione
avviene mediante iscrizione a ruolo.
9. Nell'ambito della propria attivita' l'Autorita'
puo':
a) richiedere alle stazioni appaltanti, agli
operatori economici esecutori dei contratti, nonche' ad
ogni altra pubblica amministrazione e ad ogni ente, anche
regionale, operatore economico o persona fisica che ne sia
in possesso, documenti, informazioni e chiarimenti
relativamente ai lavori, servizi e forniture pubblici, in
corso o da iniziare, al conferimento di incarichi di
progettazione, agli affidamenti;
b) disporre ispezioni, anche su richiesta motivata di
chiunque ne abbia interesse, avvalendosi anche della
collaborazione di altri organi dello Stato;
c) disporre perizie e analisi economiche e
statistiche nonche' la consultazione di esperti in ordine a
qualsiasi elemento rilevante ai fini dell'istruttoria;
d) avvalersi del Corpo della Guardia di Finanza, che
esegue le verifiche e gli accertamenti richiesti agendo con
i poteri di indagine ad esso attribuiti ai fini degli
accertamenti relativi all'imposta sul valore aggiunto e
alle imposte sui redditi. Tutte le notizie, le informazioni
e i dati acquisiti dalla Guardia di Finanza nello
svolgimento di tali attivita' sono comunicati
all'Autorita'.
10. Tutte le notizie, le informazioni o i dati
riguardanti gli operatori economici oggetto di istruttoria
da parte dell'Autorita' sono tutelati, sino alla
conclusione dell'istruttoria medesima, dal segreto di
ufficio anche nei riguardi delle pubbliche amministrazioni.
I funzionari dell'Autorita', nell'esercizio delle loro
funzioni, sono pubblici ufficiali. Essi sono vincolati dal
segreto d'ufficio.
11. Con provvedimento dell'Autorita', i soggetti ai
quali e' richiesto di fornire gli elementi di cui al
comma 9 sono sottoposti alla sanzione amministrativa
pecuniaria fino a euro 25.822,00 se rifiutano od omettono,
senza giustificato motivo, di fornire le informazioni o di
esibire i documenti, ovvero alla sanzione amministrativa
pecuniaria fino a euro 51.545,00 se forniscono informazioni
od esibiscono documenti non veritieri. Le stesse sanzioni
si applicano agli operatori economici che non ottemperano
alla richiesta della stazione appaltante o dell'ente
aggiudicatore di comprovare il possesso dei requisiti di
partecipazione alla procedura di affidamento, nonche' agli
operatori economici che forniscono dati o documenti non
veritieri, circa il possesso dei requisiti di
qualificazione, alle stazioni appaltanti o agli enti
aggiudicatori a agli organismi di attestazione.
12. Qualora i soggetti ai quali e' richiesto di fornire
gli elementi di cui al comma 9 appartengano alle pubbliche
amministrazioni, si applicano le sanzioni disciplinari
previste dai rispettivi ordinamenti. Il procedimento
disciplinare e' instaurato dall'amministrazione competente
su segnalazione dell'Autorita' e il relativo esito va
comunicato all'Autorita' medesima.
13. Qualora accerti l'esistenza di irregolarita',
l'Autorita' trasmette gli atti e i propri rilievi agli
organi di controllo e, se le irregolarita' hanno rilevanza
penale, agli organi giurisdizionali competenti. Qualora
l'Autorita' accerti che dalla esecuzione dei contratti
pubblici derivi pregiudizio per il pubblico erario, gli
atti e i rilievi sono trasmessi anche ai soggetti
interessati e alla procura generale della Corte dei
conti.».
- Il testo della legge 7 agosto 1990, n. 241, (Nuove
norme in materia di procedimento amministrativo e di
diritto di accesso ai documenti amministrativi), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 agosto 1990, n. 192.
- Il testo degli articoli 16, 19 e 20 del decreto
legislativo 8 marzo 2006, n. 139 (Riassetto delle
disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo
nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell'art. 11 della
legge 29 luglio 2003, n. 229), e' il seguente:
«Art. 16 (Certificato di prevenzione incendi). (art. 4,
legge 26 luglio 1965, n. 966; art. 1, legge 7 dicembre
1984, n. 818; art. 3, decreto del Presidente della
Repubblica 12 gennaio 1998, n. 37; articoli 13, 14 e 17,
decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n.
577). - 1. Il certificato di prevenzione incendi attesta il
rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di
prevenzione incendi e la sussistenza dei requisiti di
sicurezza antincendio nei locali, attivita', depositi,
impianti ed industrie pericolose, individuati, in relazione
alla detenzione ed all'impiego di prodotti infiammabili,
incendiabili o esplodenti che comportano in caso di
incendio gravi pericoli per l'incolumita' della vita e dei
beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza,
con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare a
norma dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.
400, su proposta del Ministro dell'interno, sentito il
Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione
incendi. Con lo stesso decreto e' fissato il periodo di
validita' del certificato per le attivita' ivi individuate.
2. Il certificato di prevenzione incendi e' rilasciato
dal competente Comando provinciale dei vigili del fuoco, su
istanza dei soggetti responsabili delle attivita'
interessate, a conclusione di un procedimento che comprende
il preventivo esame ed il parere di conformita' sui
progetti, finalizzati all'accertamento della rispondenza
dei progetti stessi alla normativa di prevenzione incendi,
e l'effettuazione di visite tecniche, finalizzate a
valutare direttamente i fattori di rischio ed a verificare
la rispondenza delle attivita' alla normativa di
prevenzione incendi e l'attuazione delle prescrizioni e
degli obblighi a carico dei soggetti responsabili delle
attivita' medesime. Resta fermo quanto previsto dalle
prescrizioni in materia di prevenzione incendi a carico dei
soggetti responsabili delle attivita' ed a carico dei
soggetti responsabili dei progetti e della documentazione
tecnica richiesta.
3. In relazione ad insediamenti industriali ed
attivita' di tipo complesso, il Comando provinciale dei
vigili del fuoco puo' acquisire, ai fini del parere di
conformita' sui progetti, le valutazioni del Comitato
tecnico regionale per la prevenzione incendi, avvalersi,
per le visite tecniche, di esperti in materia designati dal
Comitato stesso, nonche' richiedere il parere del Comitato
centrale tecnico scientifico di cui all'art. 21.
4. Ai fini del rilascio del certificato di prevenzione
incendi, il Comando provinciale dei vigili del fuoco, oltre
ad eseguire direttamente accertamenti e valutazioni,
acquisisce dai soggetti responsabili delle attivita' di cui
al comma 1 le certificazioni e le dichiarazioni attestanti
la conformita' delle attivita' alla normativa di
prevenzione incendi, rilasciate da enti, laboratori o
professionisti, iscritti in albi professionali, autorizzati
ed iscritti, a domanda, in appositi elenchi del Ministero
dell'interno. Il rilascio delle autorizzazioni e
l'iscrizione nei predetti elenchi sono subordinati al
possesso dei requisiti stabiliti con decreto del Ministro
dell'interno.
5. Qualora l'esito del procedimento rilevi la mancanza
dei requisiti previsti dalle norme tecniche di prevenzione
incendi, il Comando provinciale non provvede al rilascio
del certificato, dandone comunicazione all'interessato, al
sindaco, al prefetto e alle altre autorita' competenti ai
fini dei provvedimenti da adottare nei rispettivi ambiti.
Le determinazioni assunte dal Comando provinciale sono atti
definitivi.
6. Indipendentemente dal periodo di validita' del
certificato di prevenzione incendi stabilito con il
regolamento di cui al comma 1, l'obbligo di richiedere un
nuovo certificato ricorre quando vi sono modifiche di
lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione
dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle
sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi
e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni
di sicurezza precedentemente accertate.
7. Con decreto del Presidente della Repubblica emanato
a norma dell'art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, sono dettate
le disposizioni attuative relative al procedimento per il
rilascio del certificato di prevenzione incendi. Esso
disciplina inoltre: il procedimento per il rinnovo del
certificato medesimo; il procedimento per il rilascio del
provvedimento di deroga all'osservanza della normativa di
prevenzione incendi, in relazione agli insediamenti, agli
impianti e alle attivita' in essi svolte che presentino
caratteristiche tali da non consentire l'integrale
osservanza della normativa medesima; gli obblighi a carico
dei soggetti responsabili delle attivita'.
8. Resta fermo quanto previsto al punto 28
dell'allegato A della legge 24 novembre 2000, n. 340.».
«Art. 19 (Vigilanza). (art. 23, decreto legislativo
19 settembre 1994, n. 626). - 1. Il Corpo nazionale
esercita, con i poteri di polizia amministrativa e
giudiziaria, la vigilanza sull'applicazione della normativa
di prevenzione incendi in relazione alle attivita',
costruzioni, impianti, apparecchiature e prodotti ad essa
assoggettati. La vigilanza si realizza attraverso visite
tecniche, verifiche e controlli disposti di iniziativa
dello stesso Corpo, anche con metodo a campione o in base a
programmi settoriali per categorie di attivita' o prodotti,
ovvero nelle ipotesi di situazioni di potenziale pericolo
segnalate o comunque rilevate. Nell'esercizio
dell'attivita' di vigilanza, il Corpo nazionale puo'
avvalersi di amministrazioni, enti, istituti, laboratori e
organismi aventi specifica competenza.
2. Al personale incaricato delle visite tecniche, delle
verifiche e dei controlli e' consentito: l'accesso alle
attivita', costruzioni ed impianti interessati, anche
durante l'esercizio; l'accesso ai luoghi di fabbricazione,
immagazzinamento e uso di apparecchiature e prodotti;
l'acquisizione delle informazioni e dei documenti
necessari; il prelievo di campioni per l'esecuzione di
esami e prove e ogni altra attivita' necessaria
all'esercizio della vigilanza.
3. Qualora nell'esercizio dell'attivita' di vigilanza
siano rilevate condizioni di rischio, l'inosservanza della
normativa di prevenzione incendi ovvero l'inadempimento di
prescrizioni e obblighi a carico dei soggetti responsabili
delle attivita', il Corpo nazionale adotta, attraverso i
propri organi, i provvedimenti di urgenza per la messa in
sicurezza delle opere e da' comunicazione dell'esito degli
accertamenti effettuati ai soggetti interessati, al
sindaco, al prefetto e alle altre autorita' competenti, ai
fini degli atti e delle determinazioni da assumere nei
rispettivi ambiti di competenza.».
«Art. 20 (Sanzioni penali e sospensione dell'attivita).
(articoli 1, 5, commi 1 e 2, legge 7 dicembre 1984, n. 818;
art. 2, legge 26 luglio 1965, n. 966). - 1. Chiunque, in
qualita' di titolare di una delle attivita' soggette al
rilascio del certificato di prevenzione incendi, ometta di
richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato
medesimo e' punito con l'arresto sino ad un anno o con
l'ammenda da 258 euro a 2.582 euro, quando si tratta di
attivita' che comportano la detenzione e l'impiego di
prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui
derivano in caso di incendio gravi pericoli per
l'incolumita' della vita e dei beni, da individuare con il
decreto del Presidente della Repubblica. previsto dall'art.
16, comma 1.
2. Chiunque, nelle certificazioni e dichiarazioni rese
ai fini del rilascio o del rinnovo del certificato di
prevenzione incendi, attesti fatti non rispondenti al vero
e' punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la
multa da 103 euro a 516 euro. La stessa pena si applica a
chi falsifica o altera le certificazioni e dichiarazioni
medesime.
3. Ferme restando le sanzioni penali previste dalle
disposizioni vigenti, il prefetto puo' disporre la
sospensione dell'attivita' nelle ipotesi in cui i soggetti
responsabili omettano di richiedere: il rilascio ovvero il
rinnovo del certificato di prevenzione incendi; i servizi
di vigilanza nei locali di pubblico spettacolo ed
intrattenimento e nelle strutture caratterizzate da
notevole presenza di pubblico per i quali i servizi
medesimi sono obbligatori. La sospensione e' disposta fino
all'adempimento dell'obbligo.».
- Il testo del citato decreto legislativo n. 66 del
2003 e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2003,
n. 87, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 1, comma 7, del decreto-legge
20 maggio 1993, n. 148 (Interventi urgenti a sostegno
dell'occupazione), convertito con modificazioni, dalla
legge 19 luglio 1993, n. 236, e' il seguente:
«Art. 1 (Fondo per l'occupazione). - 1. - 6. (Omissis).
7. Per le finalita' di cui al presente art. e'
istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza
sociale il Fondo per l'occupazione, alimentato dalle
risorse di cui all'autorizzazione di spesa stabilita al
comma 8, nel quale confluiscono anche i contributi
comunitari destinati al finanziamento delle iniziative di
cui al presente articolo, su richiesta del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale. A tale ultimo fine i
contributi affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato
per essere riassegnati al predetto Fondo:».
- Il testo dell'art. 1, comma 1156, lettera g), della
citata legge n. 296 del 2006, e' il seguente:
«g) il Ministro del lavoro e della previdenza
sociale, con proprio decreto, dispone annualmente di una
quota del Fondo per l'occupazione, nei limiti delle risorse
disponibili del Fondo medesimo, per interventi strutturali
ed innovativi volti a migliorare e riqualificare la
capacita' di azione istituzionale e l'informazione dei
lavoratori e delle lavoratrici in materia di lotta al
lavoro sommerso ed irregolare, promozione di nuova
occupazione, tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori, iniziative in materia di protezione sociale ed
in ogni altro settore di competenza del Ministero del
lavoro e della previdenza sociale;».

Capo III
Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI

Art. 15.
Misure generali di tutela

1. Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei
lavoratori nei luoghi di lavoro sono:
a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza;
b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso
che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche
produttive dell'azienda nonche' l'influenza dei fattori dell'ambiente
e dell'organizzazione del lavoro;
c) l'eliminazione dei rischi e, ove cio' non sia possibile, la
loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in
base al progresso tecnico;
d) il rispetto dei principi ergonomici nell'organizzazione del
lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle
attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione,
in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro
monotono e di quello ripetitivo;
e) la riduzione dei rischi alla fonte;
f) la sostituzione di cio' che e' pericoloso con cio' che non lo
e', o e' meno pericoloso;
g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o
che possono essere, esposti al rischio;
h) l'utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici
sui luoghi di lavoro;
i) la priorita' delle misure di protezione collettiva rispetto
alle misure di protezione individuale;
l) il controllo sanitario dei lavoratori;
m) l'allontanamento del lavoratore dall'esposizione al rischio
per motivi sanitari inerenti la sua persona e l'adibizione, ove
possibile, ad altra mansione;
n) l'informazione e formazione adeguate per i lavoratori;
o) l'informazione e formazione adeguate per dirigenti e i
preposti;
p) l'informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza;
q) l'istruzioni adeguate ai lavoratori;
r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori;
s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza;
t) la programmazione delle misure ritenute opportune per
garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche
attraverso l'adozione di codici di condotta e di buone prassi;
u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso,
di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo
grave e immediato;
v) l'uso di segnali di avvertimento e di sicurezza;
z) la regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti,
con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformita'
alla indicazione dei fabbricanti.
2. Le misure relative alla sicurezza, all'igiene ed alla salute
durante il lavoro non devono in nessun caso comportare oneri
finanziari per i lavoratori.

Capo III
Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI

Art. 16.
Delega di funzioni

1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non
espressamente esclusa, e' ammessa con i seguenti limiti e condizioni:
a) che essa risulti da atto scritto recante data certa;
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalita'
ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni
delegate;
c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di
organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura
delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l'autonomia di spesa
necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;
e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.
2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata e
tempestiva pubblicita'.
3. La delega di funzioni non esclude l'obbligo di vigilanza in capo
al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del
delegato delle funzioni trasferite. La vigilanza si esplica anche
attraverso i sistemi di verifica e controllo di cui all'articolo 30,
comma 4.

Capo III
Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI

Art. 17.
Obblighi del datore di lavoro non delegabili

1. Il datore di lavoro non puo' delegare le seguenti attivita':
a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente
elaborazione del documento previsto dall'articolo 28;
b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi.

Capo III
Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI

Art. 18.
Obblighi del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro, che esercita le attivita' di cui
all'articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse
attivita' secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite,
devono:
a) nominare il medico competente per l'effettuazione della
sorveglianza sanitaria nei casi previsti dal presente decreto
legislativo.
b) designare preventivamente i lavoratori incaricati
dell'attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta
antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo
grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di
gestione dell'emergenza;
c) nell'affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle
capacita' e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro
salute e alla sicurezza;
d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di
protezione individuale, sentito il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione e il medico competente, ove presente;
e) prendere le misure appropriate affinche' soltanto i lavoratori
che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento
accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
f) richiedere l'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle
norme vigenti, nonche' delle disposizioni aziendali in materia di
sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione
collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro
disposizione;
g) richiedere al medico competente l'osservanza degli obblighi
previsti a suo carico nel presente decreto;
h) adottare le misure per il controllo delle situazioni di
rischio in caso di emergenza e dare istruzioni affinche' i
lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato ed inevitabile,
abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
i) informare il piu' presto possibile i lavoratori esposti al
rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le
disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e
addestramento di cui agli articoli 36 e 37;
m) astenersi, salvo eccezione debitamente motivata da esigenze di
tutela della salute e sicurezza, dal richiedere ai lavoratori di
riprendere la loro attivita' in una situazione di lavoro in cui
persiste un pericolo grave e immediato;
n) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, l'applicazione delle
misure di sicurezza e di protezione della salute;
o) consegnare tempestivamente al rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza, su richiesta di questi e per l'espletamento della
sua funzione, copia del documento di cui all'articolo 17, comma 1,
lettera a), nonche' consentire al medesimo rappresentante di accedere
ai dati di cui alla lettera r);
p) elaborare il documento di cui all'articolo 26, comma 3, e, su
richiesta di questi e per l'espletamento della sua funzione,
consegnarne tempestivamente copia ai rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza;
q) prendere appropriati provvedimenti per evitare che le misure
tecniche adottate possano causare rischi per la salute della
popolazione o deteriorare l'ambiente esterno verificando
periodicamente la perdurante assenza di rischio;
r) comunicare all'INAIL, o all'IPSEMA, in relazione alle
rispettive competenze, a fini statistici e informativi, i dati
relativi agli infortuni sul lavoro che comportino un'assenza dal
lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell'evento e, a fini
assicurativi, le informazioni relative agli infortuni sul lavoro che
comportino un'assenza dal lavoro superiore a tre giorni;
s) consultare il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
nelle ipotesi di cui all'articolo 50;
t) adottare le misure necessarie ai fini della prevenzione
incendi e dell'evacuazione dei luoghi di lavoro, nonche' per il caso
di pericolo grave e immediato, secondo le disposizioni di cui
all'articolo 43. Tali misure devono essere adeguate alla natura
dell'attivita', alle dimensioni dell'azienda o dell'unita'
produttiva, e al numero delle persone presenti;
u) nell'ambito dello svolgimento di attivita' in regime di
appalto e di subappalto, munire i lavoratori di apposita tessera di
riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalita'
del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro;
v) nelle unita' produttive con piu' di 15 lavoratori, convocare
la riunione periodica di cui all'articolo 35;
z) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti
organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e
sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della
tecnica della prevenzione e della protezione;
aa) comunicare annualmente all'INAIL i nominativi dei
rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
bb) vigilare affinche' i lavoratori per i quali vige l'obbligo di
sorveglianza sanitaria non siano adibiti alla mansione lavorativa
specifica senza il prescritto giudizio di idoneita'.
2. Il datore di lavoro fornisce al servizio di prevenzione e
protezione ed al medico competente informazioni in merito a:
a) la natura dei rischi;
b) l'organizzazione del lavoro, la programmazione e l'attuazione
delle misure preventive e protettive;
c) la descrizione degli impianti e dei processi produttivi;
d) i dati di cui al comma 1, lettera r), e quelli relativi alle
malattie professionali;
e) i provvedimenti adottati dagli organi di vigilanza.
3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di
manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto
legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso
a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le
istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico
dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla
loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal
presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi,
si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti
agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento
all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo
giuridico.

Capo III
Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI

Art. 19.
Obblighi del preposto

1. In riferimento alle attivita' indicate all'articolo 3, i
preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:
a) sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli
lavoratori dei loro obblighi di legge, nonche' delle disposizioni
aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei
mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione
individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della
inosservanza, informare i loro superiori diretti;
b) verificare affinche' soltanto i lavoratori che hanno ricevuto
adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio
grave e specifico;
c) richiedere l'osservanza delle misure per il controllo delle
situazioni di rischio in caso di emergenza e dare istruzioni
affinche' i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e
inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
d) informare il piu' presto possibile i lavoratori esposti al
rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le
disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
e) astenersi, salvo eccezioni debitamente motivate, dal
richiedere ai lavoratori di riprendere la loro attivita' in una
situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed immediato;
f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente
sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei
dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di
pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a
conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto
previsto dall'articolo 37.

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Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
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Art. 20.
Obblighi dei lavoratori

1. Ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e
sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di
lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni,
conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti
dal datore di lavoro.
2. I lavoratori devono in particolare:
a) contribuire, insieme al datore di lavoro, ai dirigenti e ai
preposti, all'adempimento degli obblighi previsti a tutela della
salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
b) osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore
di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione
collettiva ed individuale;
c) utilizzare correttamente le attrezzature di lavoro, le
sostanze e i preparati pericolosi, i mezzi di trasporto, nonche' i
dispositivi di sicurezza;
d) utilizzare in modo appropriato i dispositivi di protezione
messi a loro disposizione;
e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o
al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle
lettere c) e d), nonche' qualsiasi eventuale condizione di pericolo
di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di
urgenza, nell'ambito delle proprie competenze e possibilita' e fatto
salvo l'obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le
situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
f) non rimuovere o modificare senza autorizzazione i dispositivi
di sicurezza o di segnalazione o di controllo;
g) non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che
non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la
sicurezza propria o di altri lavoratori;
h) partecipare ai programmi di formazione e di addestramento
organizzati dal datore di lavoro;
i) sottoporsi ai controlli sanitari previsti dal presente decreto
legislativo o comunque disposti dal medico competente.
3. I lavoratori di aziende che svolgono attivita' in regime di
appalto o subappalto, devono esporre apposita tessera di
riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalita'
del lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro. Tale obbligo
grava anche in capo ai lavoratori autonomi che esercitano
direttamente la propria attivita' nel medesimo luogo di lavoro, i
quali sono tenuti a provvedervi per proprio conto.

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Sezione I
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Art. 21.
Disposizioni relative ai componenti dell'impresa familiare di cui
all'articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi

1. I componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis
del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi
ai sensi dell'articolo 2222 del codice civile, i piccoli imprenditori
di cui all'articolo 2083 del codice civile e i soci delle societa'
semplici operanti nel settore agricolo devono:
a) utilizzare attrezzature di lavoro in conformita' alle
disposizioni di cui al titolo III;
b) munirsi di dispositivi di protezione individuale ed
utilizzarli conformemente alle disposizioni di cui al titolo III;
c) munirsi di apposita tessera di riconoscimento corredata di
fotografia, contenente le proprie generalita', qualora effettuino la
loro prestazione in un luogo di lavoro nel quale si svolgano
attivita' in regime di appalto o subappalto.
2. I soggetti di cui al comma 1, relativamente ai rischi propri
delle attivita' svolte e con oneri a proprio carico hanno facolta'
di:
a) beneficiare della sorveglianza sanitaria secondo le previsioni
di cui all'articolo 41, fermi restando gli obblighi previsti da norme
speciali;
b) partecipare a corsi di formazione specifici in materia di
salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle
attivita' svolte, secondo le previsioni di cui all'articolo 37, fermi
restando gli obblighi previsti da norme speciali.


Nota all'art. 21:
- Per il testo degli articoli 230-bis, 2083 e 2222 del
codice civile, si veda nota all'art. 3.

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Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
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Art. 22.
Obblighi dei progettisti

1. I progettisti dei luoghi e dei posti di lavoro e degli impianti
rispettano i principi generali di prevenzione in materia di salute e
sicurezza sul lavoro al momento delle scelte progettuali e tecniche e
scelgono attrezzature, componenti e dispositivi di protezione
rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari in materia.

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Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
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Art. 23.
Obblighi dei fabbricanti e dei fornitori

1. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la
concessione in uso di attrezzature di lavoro, dispositivi di
protezione individuali ed impianti non rispondenti alle disposizioni
legislative e regolamentari vigenti in materia di salute e sicurezza
sul lavoro.
2. In caso di locazione finanziaria di beni assoggettati a
procedure di attestazione alla conformita', gli stessi debbono essere
accompagnati, a cura del concedente, dalla relativa documentazione.

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Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
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MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI

Art. 24.
Obblighi degli installatori

1. Gli installatori e montatori di impianti, attrezzature di lavoro
o altri mezzi tecnici, per la parte di loro competenza, devono
attenersi alle norme di salute e sicurezza sul lavoro, nonche' alle
istruzioni fornite dai rispettivi fabbricanti.

Capo III
Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
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Art. 25.
Obblighi del medico competente

1. Il medico competente:
a) collabora con il datore di lavoro e con il servizio di
prevenzione e protezione alla valutazione dei rischi, anche ai fini
della programmazione, ove necessario, della sorveglianza sanitaria,
alla predisposizione della attuazione delle misure per la tutela
della salute e della integrita' psico-fisica dei lavoratori,
all'attivita' di formazione e informazione nei confronti dei
lavoratori, per la parte di competenza, e alla organizzazione del
servizio di primo soccorso considerando i particolari tipi di
lavorazione ed esposizione e le peculiari modalita' organizzative del
lavoro. Collabora inoltre alla attuazione e valorizzazione di
programmi volontari di «promozione della salute», secondo i principi
della responsabilita' sociale;
b) programma ed effettua la sorveglianza sanitaria di cui
all'articolo 41 attraverso protocolli sanitari definiti in funzione
dei rischi specifici e tenendo in considerazione gli indirizzi
scientifici piu' avanzati;
c) istituisce, anche tramite l'accesso alle cartelle sanitarie e
di rischio, di cui alla lettera f), aggiorna e custodisce, sotto la
propria responsabilita', una cartella sanitaria e di rischio per ogni
lavoratore sottoposto a sorveglianza sanitaria. Nelle aziende o
unita' produttive con piu' di 15 lavoratori il medico competente
concorda con il datore di lavoro il luogo di custodia;
d) consegna al datore di lavoro, alla cessazione dell'incarico,
la documentazione sanitaria in suo possesso, nel rispetto delle
disposizioni di cui al decreto legislativo del 30 giugno 2003, n.
196, e con salvaguardia del segreto professionale;
e) consegna al lavoratore, alla cessazione del rapporto di
lavoro, la documentazione sanitaria in suo possesso e gli fornisce le
informazioni riguardo la necessita' di conservazione;
f) invia all'ISPESL, esclusivamente per via telematica, le
cartelle sanitarie e di rischio nei casi previsti dal presente
decreto legislativo, alla cessazione del rapporto di lavoro, nel
rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196. Il lavoratore interessato puo' chiedere copia delle
predette cartelle all'ISPESL anche attraverso il proprio medico di
medicina generale;
g) fornisce informazioni ai lavoratori sul significato della
sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti e, nel caso di esposizione
ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessita' di sottoporsi
ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione della attivita' che
comporta l'esposizione a tali agenti. Fornisce altresi', a richiesta,
informazioni analoghe ai rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza;
h) informa ogni lavoratore interessato dei risultati della
sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 e, a richiesta dello
stesso, gli rilascia copia della documentazione sanitaria;
i) comunica per iscritto, in occasione delle riunioni di cui
all'articolo 35, al datore di lavoro, al responsabile del servizio di
prevenzione protezione dai rischi, ai rappresentanti dei lavoratori
per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza
sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti
risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della
salute e della integrita' psico-fisica dei lavoratori;
l) visita gli ambienti di lavoro almeno una volta all'anno o a
cadenza diversa che stabilisce in base alla valutazione dei rischi;
la indicazione di una periodicita' diversa dall'annuale deve essere
comunicata al datore di lavoro ai fini della sua annotazione nel
documento di valutazione dei rischi;
m) partecipa alla programmazione del controllo dell'esposizione
dei lavoratori i cui risultati gli sono forniti con tempestivita' ai
fini della valutazione del rischio e della sorveglianza sanitaria;
n) comunica, mediante autocertificazione, il possesso dei titoli
e requisiti di cui all'articolo 38 al Ministero della salute entro il
termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto.


Nota all'art. 25:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 196
del 2003, si veda nota all'art. 1.

Capo III
Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI

Art. 26.
Obblighi connessi ai contratti d'appalto o d'opera o di
somministrazione

1. Il datore di lavoro, in caso di affidamento dei lavori
all'impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all'interno della
propria azienda, o di una singola unita' produttiva della stessa,
nonche' nell'ambito dell'intero ciclo produttivo dell'azienda
medesima:
a) verifica, con le modalita' previste dal decreto di cui
all'articolo 6, comma 8, lettera g), l'idoneita' tecnico
professionale delle imprese appaltatrici o dei lavoratori autonomi in
relazione ai lavori da affidare in appalto o mediante contratto
d'opera o di somministrazione. Fino alla data di entrata in vigore
del decreto di cui al periodo che precede, la verifica e' eseguita
attraverso le seguenti modalita':
1) acquisizione del certificato di iscrizione alla camera di
commercio, industria e artigianato;
2) acquisizione dell'autocertificazione dell'impresa appaltatrice
o dei lavoratori autonomi del possesso dei requisiti di idoneita'
tecnico professionale, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica del 28 dicembre 2000, n. 445;
b) fornisce agli stessi soggetti dettagliate informazioni sui
rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui sono destinati ad
operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in
relazione alla propria attivita'.
2. Nell'ipotesi di cui al comma 1, i datori di lavoro, ivi compresi
i subappaltatori:
a) cooperano all'attuazione delle misure di prevenzione e
protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attivita' lavorativa
oggetto dell'appalto;
b) coordinano gli interventi di protezione e prevenzione dai
rischi cui sono esposti i lavoratori, informandosi reciprocamente
anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i
lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera
complessiva.
3. Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il
coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di
valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare
o, ove cio' non e' possibile, ridurre al minimo i rischi da
interferenze. Tale documento e' allegato al contratto di appalto o di
opera. Ai contratti stipulati anteriormente al 25 agosto 2007 ed
ancora in corso alla data del 31 dicembre 2008, il documento di cui
al precedente periodo deve essere allegato entro tale ultima data. Le
disposizioni del presente comma non si applicano ai rischi specifici
propri dell'attivita' delle imprese appaltatrici o dei singoli
lavoratori autonomi.
4. Ferme restando le disposizioni di legge vigenti in materia di
responsabilita' solidale per il mancato pagamento delle retribuzioni
e dei contributi previdenziali e assicurativi, l'imprenditore
committente risponde in solido con l'appaltatore, nonche' con
ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i
quali il lavoratore, dipendente dall'appaltatore o dal
subappaltatore, non risulti indennizzato ad opera dell'Istituto
nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL)
o dell'Istituto di previdenza per il settore marittimo (IPSEMA). Le
disposizioni del presente comma non si applicano ai danni conseguenza
dei rischi specifici propri dell'attivita' delle imprese appaltatrici
o subappaltatrici.
5. Nei singoli contratti di subappalto, di appalto e di
somministrazione, anche qualora in essere al momento della data di
entrata in vigore del presente decreto, di cui agli articoli 1559, ad
esclusione dei contratti di somministrazione di beni e servizi
essenziali, 1655, 1656 e 1677 del codice civile, devono essere
specificamente indicati a pena di nullita' ai sensi
dell'articolo 1418 del codice civile i costi relativi alla sicurezza
del lavoro con particolare riferimento a quelli propri connessi allo
specifico appalto. Con riferimento ai contratti di cui al precedente
periodo stipulati prima del 25 agosto 2007 i costi della sicurezza
del lavoro devono essere indicati entro il 31 dicembre 2008, qualora
gli stessi contratti siano ancora in corso a tale data. A tali dati
possono accedere, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per
la sicurezza e gli organismi locali delle organizzazioni sindacali
dei lavoratori comparativamente piu' rappresentative a livello
nazionale.
6. Nella predisposizione delle gare di appalto e nella valutazione
dell'anomalia delle offerte nelle procedure di affidamento di appalti
di lavori pubblici, di servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori
sono tenuti a valutare che il valore economico sia adeguato e
sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo relativo alla
sicurezza, il quale deve essere specificamente indicato e risultare
congruo rispetto all'entita' e alle caratteristiche dei lavori, dei
servizi o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del
lavoro e' determinato periodicamente, in apposite tabelle, dal
Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla base dei valori
economici previsti dalla contrattazione collettiva stipulata dai
sindacati comparativamente piu' rappresentativi, delle norme in
materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori
merceologici e delle differenti aree territoriali. In mancanza di
contratto collettivo applicabile, il costo del lavoro e' determinato
in relazione al contratto collettivo del settore merceologico piu'
vicino a quello preso in considerazione.
7. Per quanto non diversamente disposto dal decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163, come da ultimo modificate dall'articolo 8,
comma 1, della legge 3 agosto 2007, n. 123, trovano applicazione in
materia di appalti pubblici le disposizioni del presente decreto.
8. Nell'ambito dello svolgimento di attivita' in regime di appalto
o subappalto, il personale occupato dall'impresa appaltatrice o
subappaltatrice deve essere munito di apposita tessera di
riconoscimento corredata di fotografia, contenente le generalita' del
lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro.


Note all'art. 26:
- Il testo dell'art. 47 del decreto del Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia
di documentazione amministrativa (Testo A), e' il seguente:
«Art. 47 (Dichiarazioni sostitutive dell'atto di
notorieta). - 1. L'atto di notorieta' concernente stati,
qualita' personali o fatti che siano a diretta conoscenza
dell'interessato e' sostituito da dichiarazione resa e
sottoscritta dal medesimo con la osservanza delle modalita'
di cui all'art. 38. (R)
2. La dichiarazione resa nell'interesse proprio del
dichiarante puo' riguardare anche stati, qualita' personali
e fatti relativi ad altri soggetti di cui egli abbia
diretta conoscenza.
3. Fatte salve le eccezioni espressamente previste per
legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i
concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le
qualita' personali e i fatti non espressamente indicati
nell'art. 46 sono comprovati dall'interessato mediante la
dichiarazione sostitutiva di atto di notorieta'.
4. Salvo il caso in cui la legge preveda espressamente
che la denuncia all'Autorita' di Polizia Giudiziaria e'
presupposto necessario per attivare il procedimento
amministrativo di rilascio del duplicato di documenti di
riconoscimento o comunque attestanti stati e qualita'
personali dell'interessato, lo smarrimento dei documenti
medesimi e' comprovato da chi ne richiede il duplicato
mediante dichiarazione sostitutiva.».
- Il testo degli articoli 1418, 1559, 1655, 1656 e 1677
del codice civile, e' il seguente:
«Art. 1418 (Cause di nullita' del contratto). -
Il contratto e' nullo quando e' contrario a norme
imperative salvo che la legge disponga diversamente.
Producono nullita' del contratto la mancanza di uno dei
requisiti indicati dall'art. 1325, l'illiceita' della
causa, l'illiceita' dei motivi nel caso indicato dall'art.
1345 e la mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti
dall'art. 1346.
Il contratto e' altresi' nullo negli altri casi
stabiliti dalla legge.».
«Art. 1559 (Nozione). - La somministrazione e' il
contratto con il quale una parte si obbliga, verso
corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore
dell'altra, prestazioni periodiche o continuative di
cose.».
«Art. 1655 (Nozione). - L'appalto e' il contratto col
quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi
necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento
di una opera o di un servizio verso un corrispettivo in
danaro.».
«Art. 1656 (Subappalto). - L'appaltatore non puo' dare
in subappalto l'esecuzione dell'opera o del servizio, se
non e' stato autorizzato dal committente.».
«Art. 1677 (Prestazione continuativa o periodica di
servizi). - Se l'appalto ha per oggetto prestazioni
continuative o periodiche di servizi, si osservano, in
quanto compatibili, le norme di questo capo e quelle
relative al contratto di somministrazione.».
- Il testo del citato decreto legislativo n. 163 del
2006, e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 maggio 2006,
n. 100, supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 8, comma 1, della citata legge 123
del 2007, e' il seguente:
«Art. 8 (Modifiche all'art. 86 del codice di cui al
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163). - 1. All'art.
86 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori,
servizi e forniture, di cui al decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163, il comma 3-bis e' sostituito dai
seguenti:
"3-bis. Nella predisposizione delle gare di appalto e
nella valutazione dell'anomalia delle offerte nelle
procedure di affidamento di appalti di lavori pubblici, di
servizi e di forniture, gli enti aggiudicatori sono tenuti
a valutare che il valore economico sia adeguato e
sufficiente rispetto al costo del lavoro e al costo
relativo alla sicurezza, il quale deve essere
specificamente indicato e risultare congruo rispetto
all'entita' e alle caratteristiche dei lavori, dei servizi
o delle forniture. Ai fini del presente comma il costo del
lavoro e' determinato periodicamente, in apposite tabelle,
dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sulla
base dei valori economici previsti dalla contrattazione
collettiva stipulata dai sindacati comparativamente piu'
rappresentativi, delle norme in materia previdenziale ed
assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle
differenti aree territoriali. In mancanza di contratto
collettivo applicabile, il costo del lavoro e' determinato
in relazione al contratto collettivo del settore
merceologico piu' vicino a quello preso in considerazione.
3-ter. Il costo relativo alla sicurezza non puo' essere
comunque soggetto a ribasso d'asta.».

Capo III
Gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro
Sezione I
MISURE DI TUTELA E OBBLIGHI

Art. 27.
Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi

1. Nell'ambito della Commissione di cui all'articolo 6, anche
tenendo conto delle indicazioni provenienti da organismi paritetici,
vengono individuati settori e criteri finalizzati alla definizione di
un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi,
con riferimento alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro,
fondato sulla base della specifica esperienza, competenza e
conoscenza, acquisite anche attraverso percorsi formativi mirati.
2. Il possesso dei requisiti per ottenere la qualificazione di cui
al comma 1 costituisce elemento vincolante per la partecipazione alle
gare relative agli appalti e subappalti pubblici e per l'accesso ad
agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza
pubblica, sempre se correlati ai medesimi appalti o subappalti.

Sezione II
VALUTAZIONE DEI RISCHI

Art. 28.
Oggetto della valutazione dei rischi

1. La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a),
anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o
dei preparati chimici impiegati, nonche' nella sistemazione dei
luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e
la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di
lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli
collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti
dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le
lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal
decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonche' quelli connessi
alle differenze di genere, all'eta', alla provenienza da altri Paesi.
2. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a),
redatto a conclusione della valutazione, deve avere data certa e
contenere:
a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la
sicurezza e la salute durante l'attivita' lavorativa, nella quale
siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
b) l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione
attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a
seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1,
lettera a);
c) il programma delle misure ritenute opportune per garantire il
miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
d) l'individuazione delle procedure per l'attuazione delle misure
da realizzare, nonche' dei ruoli dell'organizzazione aziendale che vi
debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti
in possesso di adeguate competenze e poteri;
e) l'indicazione del nominativo del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha
partecipato alla valutazione del rischio;
f) l'individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i
lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta
capacita' professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e
addestramento.
3. Il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresi'
rispettare le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla
valutazione dei rischi contenute nei successivi titoli del presente
decreto.


Nota all'art. 28:
- Il testo del decreto legislativo 26 marzo 2001, n.
151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia
di tutela e sostegno della maternita' e della paternita', a
norma dell'art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53),
e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 26 aprile 2001, n.
96, supplemento ordinario.

Sezione II
VALUTAZIONE DEI RISCHI

Art. 29.
Modalita' di effettuazione della valutazione dei rischi

1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il
documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), in
collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione e il medico competente, nei casi di cui all'articolo 41.
2. Le attivita' di cui al comma 1 sono realizzate previa
consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. La valutazione e il documento di cui al comma 1 debbono essere
rielaborati, nel rispetto delle modalita' di cui ai commi 1 e 2, in
occasione di modifiche del processo produttivo o dell'organizzazione
del lavoro significative ai fini della salute e della sicurezza dei
lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica,
della prevenzione e della protezione o a seguito di infortuni
significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne
evidenzino la necessita'. A seguito di tale rielaborazione, le misure
di prevenzione debbono essere aggiornate.
4. Il documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), e
quello di cui all'articolo 26, comma 3, devono essere custoditi
presso l'unita' produttiva alla quale si riferisce la valutazione dei
rischi.
5. I datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori effettuano
la valutazione dei rischi di cui al presente articolo sulla base
delle procedure standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8,
lettera f). Fino alla scadenza del diciottesimo mese successivo alla
data di entrata in vigore del decreto interministeriale di cui
all'articolo 6, comma 8, lettera f), e, comunque, non oltre il
30 giugno 2012, gli stessi datori di lavoro possono autocertificare
l'effettuazione della valutazione dei rischi. Quanto previsto nel
precedente periodo non si applica alle attivita' di cui
all'articolo 31, comma 6, lettere a), b), c), d) nonche g).
6. I datori di lavoro che occupano fino a 50 lavoratori possono
effettuare la valutazione dei rischi sulla base delle procedure
standardizzate di cui all'articolo 6, comma 8, lettera f). Nelle more
dell'elaborazione di tali procedure trovano applicazione le
disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, e 4.
7. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano alle
attivita' svolte nelle seguenti aziende:
a) aziende di cui all'articolo 31, comma 6,
lettere a), b), c), d), f) e g);
b) aziende in cui si svolgono attivita' che espongono i
lavoratori a rischi chimici, biologici, da atmosfere esplosive,
cancerogeni mutageni, connessi all'esposizione ad amianto;
c) aziende che rientrano nel campo di applicazione del titolo IV
del presente decreto.

Sezione II
VALUTAZIONE DEI RISCHI

Art. 30.
Modelli di organizzazione e di gestione

1. Il modello di organizzazione e di gestione idoneo ad avere
efficacia esimente della responsabilita' amministrativa delle persone
giuridiche, delle societa' e delle associazioni anche prive di
personalita' giuridica di cui al decreto legislativo 8 giugno 2001,
n. 231, deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un
sistema aziendale per l'adempimento di tutti gli obblighi giuridici
relativi:
a) al rispetto degli standard tecnico-strutturali di legge
relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici,
fisici e biologici;
b) alle attivita' di valutazione dei rischi e di predisposizione
delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
c) alle attivita' di natura organizzativa, quali emergenze, primo
soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza,
consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
d) alle attivita' di sorveglianza sanitaria;
e) alle attivita' di informazione e formazione dei lavoratori;
f) alle attivita' di vigilanza con riferimento al rispetto delle
procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei
lavoratori;
g) alla acquisizione di documentazioni e certificazioni
obbligatorie di legge;
h) alle periodiche verifiche dell'applicazione e dell'efficacia
delle procedure adottate.
2. Il modello organizzativo e gestionale di cui al comma 1 deve
prevedere idonei sistemi di registrazione dell'avvenuta effettuazione
delle attivita' di cui al comma 1.
3. Il modello organizzativo deve in ogni caso prevedere, per quanto
richiesto dalla natura e dimensioni dell'organizzazione e dal tipo di
attivita' svolta, un'articolazione di funzioni che assicuri le
competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica,
valutazione, gestione e controllo del rischio, nonche' un sistema
disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure
indicate nel modello.
4. Il modello organizzativo deve altresi' prevedere un idoneo
sistema di controllo sull'attuazione del medesimo modello e sul
mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneita' delle misure
adottate. Il riesame e l'eventuale modifica del modello organizzativo
devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni
significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e
all'igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti
nell'organizzazione e nell'attivita' in relazione al progresso
scientifico e tecnologico.
5. In sede di prima applicazione, i modelli di organizzazione
aziendale definiti conformemente alle Linee guida UNI-INAIL per un
sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro (SGSL) del
28 settembre 2001 o al British Standard OHSAS 18001:2007 si presumono
conformi ai requisiti di cui al presente articolo per le parti
corrispondenti. Agli stessi fini ulteriori modelli di organizzazione
e gestione aziendale possono essere indicati dalla Commissione di cui
all'articolo 6.
6. L'adozione del modello di organizzazione e di gestione di cui al
presente articolo nelle imprese fino a 50 lavoratori rientra tra le
attivita' finanziabili ai sensi dell'articolo 11.


Nota all'art. 30:
- Per il testo del decreto legislativo n. 231 del 2001,
si veda nota alle premesse.

Sezione III
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

Art. 31.
Servizio di prevenzione e protezione

1. Salvo quanto previsto dall'articolo 34, il datore di lavoro
organizza il servizio di prevenzione e protezione all'interno della
azienda o della unita' produttiva, o incarica persone o servizi
esterni costituiti anche presso le associazioni dei datori di lavoro
o gli organismi paritetici, secondo le regole di cui al presente
articolo.
2. Gli addetti e i responsabili dei servizi, interni o esterni, di
cui al comma 1, devono possedere le capacita' e i requisiti
professionali di cui all'articolo 32, devono essere in numero
sufficiente rispetto alle caratteristiche dell'azienda e disporre di
mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro
assegnati. Essi non possono subire pregiudizio a causa della
attivita' svolta nell'espletamento del proprio incarico.
3. Nell'ipotesi di utilizzo di un servizio interno, il datore di
lavoro puo' avvalersi di persone esterne alla azienda in possesso
delle conoscenze professionali necessarie, per integrare, ove
occorra, l'azione di prevenzione e protezione del servizio.
4. Il ricorso a persone o servizi esterni e' obbligatorio in
assenza di dipendenti che, all'interno dell'azienda ovvero
dell'unita' produttiva, siano in possesso dei requisiti di cui
all'articolo 32.
5. Ove il datore di lavoro ricorra a persone o servizi esterni non
e' per questo esonerato dalla propria responsabilita' in materia.
6. L'istituzione del servizio di prevenzione e protezione
all'interno dell'azienda, ovvero dell'unita' produttiva, e' comunque
obbligatoria nei seguenti casi:
a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 2 del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni,
soggette all'obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli
articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e
33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive
modificazioni;
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di
esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con
oltre 50 lavoratori.
7. Nelle ipotesi di cui al comma 6 il responsabile del servizio di
prevenzione e protezione deve essere interno.
8. Nei casi di aziende con piu' unita' produttive nonche' nei casi
di gruppi di imprese, puo' essere istituito un unico servizio di
prevenzione e protezione. I datori di lavoro possono rivolgersi a
tale struttura per l'istituzione del servizio e per la designazione
degli addetti e del responsabile.


Note all'art. 31:
- Il testo degli articoli 2, 6 e 8 del decreto
legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (Attuazione della
direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di
incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze
pericolose), e' il seguente:
«Art. 2 (Ambito di applicazione). - 1. Il presente
decreto si applica agli stabilimenti in cui sono presenti
sostanze pericolose in quantita' uguali o superiori a
quelle indicate nell'allegato I.
2. Ai fini del presente decreto si intende per
«presenza di sostanze pericolose» la presenza di queste,
reale o prevista, nello stabilimento, ovvero quelle che si
reputa possano essere generate, in caso di perdita di
controllo di un processo industriale, in quantita' uguale o
superiore a quelle indicate nell'allegato I.
3. Agli stabilimenti industriali non rientranti tra
quelli indicati al comma 1, si applicano le disposizioni di
cui all'art. 5.
4. Salvo che non sia diversamente stabilito rimangono
ferme le disposizioni di cui ai seguenti decreti:
a) decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
31 marzo 1989 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 93 del
21 aprile 1989, limitatamente agli articoli 1, 3, 4, 6, 7,
8, 9, 10;
b) decreto del Ministro dell'ambiente del 20 maggio
1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del
31 maggio 1991, limitatamente agli articoli 1, 3 e 4;
c) decreto dei Ministri dell'ambiente e della sanita'
23 dicembre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 15
del 20 gennaio 1994;
d) i criteri di cui all'allegato del decreto del
Ministro dell'ambiente 13 maggio 1996, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 154 del 3 luglio 1996;
e) decreto del Ministro dell'ambiente 15 maggio 1996,
pubblicato nel supplemento ordinario della Gazzetta
Ufficiale n. 155 del 4 luglio 1996;
f) decreto del Ministro dell'ambiente 15 maggio 1996,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 159 del 9 luglio
1996;
g) decreto del Ministro dell'ambiente 5 novembre
1997, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 18 del 23 gennaio 1998;
h) decreto del Ministro dell'ambiente 5 novembre
1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del
3 febbraio 1998;
i) decreto del Ministro dell'ambiente 16 marzo 1998,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 74 del 30 marzo
1998;
l) decreto del Ministro dell'ambiente 20 ottobre
1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 262 del 9 novembre 1998.
5. Le disposizioni di cui al presente decreto non
pregiudicano l'applicazione delle disposizioni in materia
di sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro.
«Art. 6 (Notifica). - 1. Il gestore degli stabilimenti
di cui all'art. 2, comma 1, oltre a quanto disposto agli
articoli 7 e 8, e' obbligato a trasmettere al Ministero
dell'ambiente, alla regione, alla provincia, al comune, al
prefetto, al Comando provinciale dei Vigili del fuoco
componente per territorio e al Comitato tecnico regionale o
interregionale del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, di
cui all'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica
29 luglio 1982, n. 577, integrato ai sensi dell'art. 19 e
d'ora in avanti denominato Comitato, una notifica entro i
seguenti termini:
a) centottanta giorni prima dell'inizio della
costruzione, per gli stabilimenti nuovi;
b) entro un anno dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, per gli stabilimenti preesistenti.
2. La notifica, sottoscritta nelle forme
dell'autocertificazione con le modalita' e gli effetti
della legge 4 gennaio 1968, n. 15, e successive modifiche,
deve contenere le seguenti informazioni:
a) il nome o la ragione sociale del gestore e
l'indirizzo completo dello stabilimento;
b) la sede o il domicilio del gestore, con
l'indirizzo completo;
c) il nome o la funzione della persona responsabile
dello stabilimento, se diversa da quella di cui alla
lettera a);
d) le notizie che consentano di individuare le
sostanze pericolose o la categoria di sostanze pericolose,
la loro quantita' e la loro forma fisica;
e) l'attivita', in corso o prevista, dell'impianto o
del deposito;
f) l'ambiente immediatamente circostante lo
stabilimento e, in particolare, gli elementi che potrebbero
causare un incidente rilevante o aggravarne le conseguenze.
3. Il gestore degli stabilimenti che, per effetto di
modifiche all'allegato I, o per effetto di modifiche
tecniche disposte con il decreto di cui all'art. 15,
comma 2, o per effetto di mutamento della classificazione
di sostanze pericolose rientrano nel campo di applicazione
del presente decreto deve espletare i prescritti
adempimenti entro un anno dalla data di entrata in vigore
delle suddette modifiche ovvero entro il termine stabilito
dalla disciplina di recepimento delle relative disposizioni
comunitarie.
4. In caso di chiusura definitiva dell'impianto o del
deposito, ovvero nel caso di aumento significativo della
quantita' e di modifica significativa della natura o dello
stato fisico delle sostanze pericolose presenti, o di
modifica dei processi che le impiegano, o di modifica dello
stabilimento o dell'impianto che potrebbe costituire
aggravio del preesistente livello di rischio ai sensi del
decreto di cui all'art. 10, nonche' di variazioni delle
informazioni di cui al comma 2, il gestore aggiorna
tempestivamente, nelle forme dell'autocertificazione, la
notifica di cui al comma 1 e la scheda di cui all'allegato
V.
5. Il gestore, unitamente alla notifica di cui al
comma 2, invia al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio, alla regione, alla provincia, al sindaco,
al prefetto, al Comitato, nonche' al Comando provinciale
dei Vigili del fuoco, competenti per territorio, le
informazioni di cui all'allegato V.
6. Il gestore degli stabilimenti di cui all'art. 2,
comma 1, puo' allegare alla notifica di cui al comma 2 le
certificazioni o autorizzazioni previste dalla normativa
vigente in materia ambientale e di sicurezza e quanto altro
eventualmente predisposto in base a regolamenti comunitari
volontari, come ad esempio il Regolamento (CEE) 1836/93 del
Consiglio, del 29 giugno 1993, sull'adesione volontaria
delle imprese del settore industriale a un sistema
comunitario di ecogestione e audit, e norme tecniche
internazionali.
6-bis. Il gestore di un nuovo stabilimento ovvero il
gestore che ha realizzato modifiche con aggravio del
preesistente livello di rischio ovvero modifiche tali da
comportare obblighi diversi per lo stabilimento stesso ai
sensi del presente decreto, previo conseguimento delle
previste autorizzazioni, prima dell'avvio delle attivita'
ne da' comunicazione ai destinatari della notifica di cui
al comma 1.».
«Art. 8 (Rapporto di sicurezza). - 1. Per gli
stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in
quantita' uguali o superiori a quelle indicate
nell'allegato I, parti 1 e 2, colonna 3, il gestore e'
tenuto a redigere un rapporto di sicurezza.
2. Il rapporto di sicurezza di cui il documento
previsto all'art. 7, comma 1, e' parte integrante, deve
evidenziare che:
a) e' stato adottato il sistema di gestione della
sicurezza;
b) i pericoli di incidente rilevante sono stati
individuati e sono state adottate le misure necessarie per
prevenirli e per limitarne le conseguenze per l'uomo e per
l'ambiente;
c) la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la
manutenzione di qualsiasi impianto, deposito, attrezzatura
e infrastruttura, connessi con il funzionamento dello
stabilimento, che hanno un rapporto con i pericoli di
incidenti rilevante nello stesso, sono sufficientemente
sicuri e affidabili; per gli stabilimenti di cui all'art.
14, comma 6, anche le misure complementari ivi previste;
d) sono stati predisposti i piani d'emergenza interni
e sono stati forniti all'autorita' competente di cui
all'art. 20 gli elementi utili per l'elaborazione del piano
d'emergenza esterno al fine di prendere le misure
necessarie in caso di incidente rilevante.
3. Il rapporto di sicurezza di cui al comma 1 contiene
almeno i dati di cui all'allegato II ed indica, tra
l'altro, il nome delle organizzazioni partecipanti alla
stesura del rapporto. Il rapporto di sicurezza contiene
inoltre l'inventario aggiornato delle sostanze pericolose
presenti nello stabilimento, nonche' le informazioni che
possono consentire di prendere decisioni in merito
all'insediamento di nuovi stabilimenti o alla costruzione
di insediamenti attorno agli stabilimenti gia' esistenti.
4. Con uno o piu' decreti del Ministro dell'ambiente,
di concerto con i Ministri dell'interno, della sanita' e
dell'industria, del commercio e dell'artigianato, sentita
la Conferenza Stato-regioni, sono definiti, secondo le
indicazioni dell'allegato II e tenuto conto di quanto gia'
previsto nel decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 31 marzo 1989, i criteri, i dati e le informazioni
per la redazione del rapporto di sicurezza i criteri per
l'adozione di iniziative specifiche in relazione ai diversi
tipi di incidenti, nonche' i criteri di valutazione del
rapporto medesimo; fino all'emanazione di tali decreti
valgono, in quanto applicabili, le disposizioni di cui ai
decreti ministeriali emanati ai sensi dell'art. 12 del
decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n.
175, e successive modifiche.
5. Al fine di semplificare le procedure e purche'
ricorrano tutti i requisiti prescritti dal presente
articolo, rapporti di sicurezza analoghi o parti di essi,
predisposti in attuazione di altre norme di legge o di
regolamenti comunitari, possono essere utilizzati per
costituire il rapporto di sicurezza.
6. Il rapporto di sicurezza e' inviato all'autorita'
competente preposta alla valutazione dello stesso cosi'
come previsto all'art. 21, entro i seguenti termini:
a) per gli stabilimenti nuovi, prima dell'inizio
dell'attivita';
b) per gli stabilimenti esistenti, entro un anno
dalla data di entrata in vigore del presente decreto;
c) per gli stabilimenti preesistenti, non soggetti
alle disposizioni del citato decreto del Presidente della
Repubblica n. 175 del 1988, entro due anni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto;
d) in occasione del riesame periodico di cui al
comma 7, lettere a) e b).
7. Il gestore fermo restando l'obbligo di riesame
biennale di cui all'art. 7, comma 4, deve riesaminare il
rapporto di sicurezza:
a) almeno ogni cinque anni;
b) nei casi previsti dall'art. 10;
c) in qualsiasi altro momento, a richiesta del
Ministero dell'ambiente, eventualmente su segnalazione
della regione interessata, qualora fatti nuovi lo
giustifichino, o in considerazione delle nuove conoscenze
tecniche in materia di sicurezza derivanti dall'analisi
degli incidenti, o, in misura del possibile, dei
semincidenti o dei nuovi sviluppi delle conoscenze nel
campo della valutazione dei pericoli o a seguito di
modifiche legislative o delle modifiche degli allegati
previste all'art. 15, comma 2.
8. Il gestore deve comunicare immediatamente alle
autorita' di cui al comma 6 se il riesame del rapporto di
sicurezza di cui al comma 7 comporti o meno una modifica
dello stesso.
9. Ai fini dell'esercizio della facolta' di cui
all'art. 22, comma 2, il gestore predispone una versione
del rapporto di sicurezza, priva delle informazioni
riservate, da trasmettere alla regione territorialmente
competente ai fini dell'accessibilita' al pubblico.
10. Il Ministero dell'ambiente, quando il gestore
comprova che determinate sostanze presenti nello
stabilimento o che una qualsiasi parte dello stabilimento
stesso si trovano in condizioni tali da non poter creare
alcun pericolo di incidente rilevante, dispone, in
conformita' ai criteri di cui all'allegato VII, la
limitazione delle informazioni che devono figurare nel
rapporto di sicurezza ala prevenzione dei rimanenti
pericoli di incidenti rilevanti e alla limitazione delle
loro conseguenze per l'uomo e per l'ambiente, dandone
comunicazione alle autorita' destinatarie del rapporto di
sicurezza.
11. Il Ministero dell'ambiente trasmette alla
Commissione europea l'elenco degli stabilimenti di cui al
comma 10 e le motivazioni della limitazione delle
informazioni.».
- Il testo degli articoli 7, 28 e 33 del decreto
legislativo 19 marzo 1995, n. 230 (Attuazione delle
direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e
96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti), e' il
seguente:
«Art. 7 (Definizioni concernenti particolari impianti
nucleari e documenti relativi). - 1. Per l'applicazione del
presente decreto valgono le seguenti definizioni di
particolari impianti nucleari, documenti e termini
relativi:
a) reattore nucleare: ogni apparato destinato ad usi
pacifici progettato od usato per produrre una reazione
nucleare a catena, capace di autosostenersi in condizioni
normali, anche in assenza di sorgenti neutroniche;
b) complesso nucleare sottocritico: ogni apparato
progettato od usato per produrre una reazione nucleare a
catena, incapace di autosostenersi in assenza di sorgenti
di neutroni, in condizioni normali o accidentali;
c) impianto nucleare di potenza: ogni impianto
industriale, dotato di un reattore nucleare, avente per
scopo la utilizzazione dell'energia o delle materie fissili
prodotte a fini industriali;
d) impianto nucleare di ricerca: ogni impianto dotato
di un reattore nucleare in cui l'energia o le materie
fissili prodotte non sono utilizzate a fini industriali;
e) impianto nucleare per il trattamento di
combustibili irradiati: ogni impianto progettato o usato
per trattare materiali contenenti combustibili nucleari
irradiati. Sono esclusi gli impianti costituiti
essenzialmente da laboratori per studi e ricerche che
contengono meno di 37 TBq (1000 curie) di prodotti di
fissione e quelli a fini industriali che trattano materie
che non presentano un'attivita' di prodotti di fissione
superiore a 9,25 MBq (0,25 millicurie) per grammo di Uranio
235 ed una concentrazione di Plutonio inferiore a 10^«-6»
grammi per grammo di Uranio 235, i quali ultimi sono
considerati aggregati agli impianti di cui alla lettera f);
f) impianto per la preparazione e per la
fabbricazione delle materie fissili speciali e dei
combustibili nucleari: ogni impianto destinato a preparare
o a fabbricare materie fissili speciali e combustibili
nucleari; sono inclusi gli impianti di separazione
isotopica. Sono esclusi gli impianti costituiti
essenzialmente da laboratori per studi e ricerche che non
contengono piu' di 350 grammi di uranio 235 o di 200 grammi
di Plutonio o Uranio 233 o quantita' totale equivalente;
g) deposito di materie fissili speciali o di
combustibili nucleari: qualsiasi locale che, senza far
parte degli impianti di cui alle lettere precedenti, e'
destinato al deposito di materie fissili speciali o di
combustibili nucleari al solo scopo dell'immagazzinamento
in quantita' totali superiori a 350 grammi di Uranio 235,
oppure 200 grammi di Plutonio o Uranio 233 o quantita'
totale equivalente;
h) rapporto preliminare, rapporto intermedio e
rapporto finale di sicurezza: documenti o serie di
documenti tecnici contenenti le informazioni necessarie per
l'analisi e la valutazione della installazione e
dell'esercizio di un reattore o impianto nucleare, dal
punto di vista della sicurezza nucleare e della protezione
sanitaria dei lavoratori e della popolazione contro i
pericoli delle radiazioni ionizzanti, e contenenti inoltre
una analisi ed una valutazione di tali pericoli. In
particolare i documenti debbono contenere una trattazione
degli argomenti seguenti:
1) ubicazione e sue caratteristiche fisiche,
meteorologiche, demografiche, agronomiche ed ecologiche;
2) edifici ed eventuali strutture di contenimento;
3) descrizione tecnica dell'impianto nel suo
insieme e nei suoi sistemi componenti ausiliari, inclusa la
strumentazione nucleare e non nucleare, i sistemi di
controllo e i dispositivi di protezione ed i sistemi di
raccolta, allontanamento e smaltimento (trattamento e
scarico) dei rifiuti radioattivi;
4) studio analitico di possibili incidenti
derivanti da mal funzionamento di apparecchiature o da
errori di operazione, e delle conseguenze previste, in
relazione alla sicurezza nucleare e alla protezione
sanitaria;
5) studio analitico delle conseguenze previste, in
relazione alla protezione sanitaria, di scarichi
radioattivi durante le fasi di normale esercizio e in caso
di situazioni accidentali o di emergenza;
6) misure previste ai fini della prevenzione e
protezione antincendio.
Il rapporto e' denominato preliminare se riferito al
progetto di massima; finale, se riferito al progetto
definitivo. Il rapporto intermedio precede il rapporto
finale e contiene le informazioni, l'analisi e la
valutazione di cui sopra e' detto, con ipotesi cautelative
rispetto a quelle del rapporto finale;
i) regolamento di esercizio: documento che specifica
l'organizzazione e le funzioni in condizioni normali ed
eccezionali del personale addetto alla direzione, alla
conduzione e alla manutenzione di un impianto nucleare,
nonche' alle sorveglianze fisica e medica della protezione,
in tutte le fasi, comprese quelle di collaudo, avviamento,
e disattivazione;
l) manuale di operazione: l'insieme delle
disposizioni e procedure operative relative alle varie fasi
di esercizio normale e di manutenzione dell'impianto, nel
suo insieme e nei suoi sistemi componenti, nonche' le
procedure da seguire in condizioni eccezionali;
m) specifica tecnica di prova: documento che descrive
le procedure e le modalita' che debbono essere applicate
per l'esecuzione della prova ed i risultati previsti. Ogni
specifica tecnica di prova, oltre una breve descrizione
della parte di impianto e del macchinario impiegato nella
prova, deve indicare:
1) lo scopo della prova;
2) la procedura della prova;
3) l'elenco dei dati da raccogliere durante la
prova;
4) gli eventuali valori minimi e massimi previsti
delle variabili considerate durante la prova;
n) prescrizione tecnica: l'insieme dei limiti e
condizioni concernenti i dati e i parametri relativi alle
caratteristiche e al funzionamento di un impianto nucleare
nel suo complesso e nei singoli componenti, che hanno
importanza per la sicurezza nucleare e per la protezione
sanitaria;
o) registro di esercizio: documento sul quale si
annotano i particolari delle operazioni effettuate
sull'impianto, i dati rilevati nel corso di tali
operazioni, nonche' ogni altro avvenimento di interesse per
l'esercizio dell'impianto stesso;
p) disattivazione: insieme delle azioni pianificate,
tecniche e gestionali, da effettuare su un impianto
nucleare a seguito del suo definitivo spegnimento o della
cessazione definitiva dell'esercizio, nel rispetto dei
requisiti di sicurezza e di protezione dei lavoratori,
della popolazione e dell'ambiente, sino allo smantellamento
finale o comunque al rilascio del sito esente da vincoli di
natura radiologica.».
Art. 28 (Impiego di categoria A). - 1. L'impiego di
categoria A e' soggetto a nulla osta preventivo da parte
del Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato di concerto con i Ministeri dell'ambiente,
dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale, della
sanita', sentite l'ANPA e le regioni territorialmente
competenti, in relazione all'ubicazione delle
installazioni, all'idoneita' dei locali, delle strutture di
radioprotezione, delle modalita' di esercizio, delle
attrezzature e della qualificazione del personale addetto,
alle conseguenze di eventuali incidenti nonche' delle
modalita' dell'eventuale allontanamento o smaltimento
nell'ambiente dei rifiuti radioattivi. Copia del nulla osta
e' inviata dal Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato ai ministeri concertanti, al presidente
della regione o provincia autonoma interessata, al sindaco,
al prefetto, al comando provinciale dei vigili del fuoco
competenti per territorio e all'ANPA.
2. Nel nulla osta possono essere stabilite particolari
prescrizioni per gli aspetti connessi alla costruzione, per
le prove e per l'esercizio, nonche' per l'eventuale
disattivazione degli impianti.».
Art. 33 (Nulla osta per installazioni di deposito o di
smaltimento di rifiuti radioattivi). - 1. Ferme restando le
disposizioni vigenti in materia di dichiarazione di
compatibilita' ambientale, la costruzione, o comunque la
costituzione, e l'esercizio delle installazioni per il
deposito o lo smaltimento nell'ambiente, nonche' di quelle
per il trattamento e successivo deposito o smaltimento
nell'ambiente, di rifiuti radioattivi provenienti da altre
installazioni, anche proprie, sono soggetti a nulla osta
preventivo del Ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, di concerto con i Ministeri
dell'ambiente, dell'interno, del lavoro e della previdenza
sociale e della sanita', sentite la regione o la provincia
autonoma interessata e l'ANPA.
2. Con decreto del Ministro dell'industria, del
commercio e dell'artigianato, d'intesa con i Ministri
dell'ambiente e della sanita' e di concerto con i Ministri
dell'interno e del lavoro e della previdenza sociale,
sentita l'ANPA, sono stabiliti i livelli di radioattivita'
o di concentrazione ed i tipi di rifiuti per cui si
applicano le disposizioni del presente articolo, nonche' le
disposizioni procedurali per il rilascio del nulla osta, in
relazione alle diverse tipologie di installazione. Nel
decreto puo' essere prevista, in relazione a tali
tipologie, la possibilita' di articolare in fasi distinte,
compresa quella di chiusura, il rilascio del nulla osta
nonche' di stabilire particolari prescrizioni per ogni
fase, ivi incluse le prove e l'esercizio.».

Sezione III
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

Art. 32.
Capacita' e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili
dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni

1. Le capacita' ed i requisiti professionali dei responsabili e
degli addetti ai servizi di prevenzione e protezione interni o
esterni devono essere adeguati alla natura dei rischi presenti sul
luogo di lavoro e relativi alle attivita' lavorative.
2. Per lo svolgimento delle funzioni da parte dei soggetti di cui
al comma 1, e' necessario essere in possesso di un titolo di studio
non inferiore al diploma di istruzione secondaria superiore nonche'
di un attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento, a
specifici corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi
presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attivita' lavorative.
Per lo svolgimento della funzione di responsabile del servizio
prevenzione e protezione, oltre ai requisiti di cui al precedente
periodo, e' necessario possedere un attestato di frequenza, con
verifica dell'apprendimento, a specifici corsi di formazione in
materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura
ergonomica e da stress lavoro-correlato di cui all'articolo 28,
comma 1, di organizzazione e gestione delle attivita' tecnico
amministrative e di tecniche di comunicazione in azienda e di
relazioni sindacali. I corsi di cui ai periodi precedenti devono
rispettare in ogni caso quanto previsto dall'accordo sancito il
26 gennaio 2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 37 del 14 febbraio 2006, e
successive modificazioni.
3. Possono altresi' svolgere le funzioni di responsabile o addetto
coloro che, pur non essendo in possesso del titolo di studio di cui
al comma 2, dimostrino di aver svolto una delle funzioni richiamate,
professionalmente o alle dipendenze di un datore di lavoro, almeno da
sei mesi alla data del 13 agosto 2003 previo svolgimento dei corsi
secondo quanto previsto dall'accordo di cui al comma 2.
4. I corsi di formazione di cui al comma 2 sono organizzati dalle
regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano, dalle
universita', dall'ISPESL, dall'INAIL, o dall'IPSEMA per la parte di
relativa competenza, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco
dall'amministrazione della Difesa, dalla Scuola superiore della
pubblica amministrazione e dalle altre Scuole superiori delle singole
amministrazioni, dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro o
dei lavoratori o dagli organismi paritetici, nonche' dai soggetti di
cui al punto 4 dell'accordo di cui al comma 2 nel rispetto dei limiti
e delle specifiche modalita' ivi previste. Ulteriori soggetti
formatori possono essere individuati in sede di Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano.
5. Coloro che sono in possesso di laurea in una delle seguenti
classi: L7, L8, L9, L17, L23, di cui al decreto del Ministro
dell'universita' e della ricerca in data 16 marzo 2007, pubblicato
nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 155 del 6 luglio 2007, o nelle
classi 8, 9, 10, 4, di cui al decreto del Ministro dell'universita' e
della ricerca scientifica e tecnologica in data 4 agosto 2000,
pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre
2000, ovvero nella classe 4 di cui al decreto del Ministro
dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica in data
2 aprile 2001, pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del
5 giugno 2001, ovvero di altre lauree riconosciute corrispondenti ai
sensi della normativa vigente, sono esonerati dalla frequenza ai
corsi di formazione di cui al comma 2, primo periodo. Ulteriori
titoli di studio possono essere individuati in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano.
6. I responsabili e gli addetti dei servizi di prevenzione e
protezione sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento secondo
gli indirizzi definiti nell'accordo Stato-regioni di cui al comma 2.
E' fatto salvo quanto previsto dall'articolo 34.
7. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle
attivita' di formazione di cui al presente articolo nei confronti dei
componenti del servizio interno sono registrate nel libretto
formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i),
del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive
modificazioni.
8. Negli istituti di istruzione, di formazione professionale e
universitari e nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e
coreutica, il datore di lavoro che non opta per lo svolgimento
diretto dei compiti propri del servizio di prevenzione e protezione
dei rischi designa il responsabile del servizio di prevenzione e
protezione, individuandolo tra:
a) il personale interno all'unita' scolastica in possesso dei
requisiti di cui al presente articolo che si dichiari a tal fine
disponibile;
b) il personale interno ad una unita' scolastica in possesso dei
requisiti di cui al presente articolo che si dichiari disponibile ad
operare in una pluralita' di istituti.
9. In assenza di personale di cui alle lettere a) e b) del comma 8,
gruppi di istituti possono avvalersi in maniera comune dell'opera di
un unico esperto esterno, tramite stipula di apposita convenzione, in
via prioritaria con gli enti locali proprietari degli edifici
scolastici e, in via subordinata, con enti o istituti specializzati
in materia di salute e sicurezza sul lavoro o con altro esperto
esterno libero professionista.
10. Nei casi di cui al comma 8 il datore di lavoro che si avvale di
un esperto esterno per ricoprire l'incarico di responsabile del
servizio deve comunque organizzare un servizio di prevenzione e
protezione con un adeguato numero di addetti.


Note all'art. 32:
- Il testo dell'art. 2, comma 1, lettera i) del citato
decreto legislativo 276 del 2003, e' il seguente:
«Art. 2 (Definizioni). - 1. Ai fini e agli effetti
delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo
si intende per:
a)-h)(omissis);
i) «libretto formativo del cittadino»: libretto
personale del lavoratore definito, ai sensi dell'accordo
Stato-regioni del 18 febbraio 2000, di concerto tra il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali e il
Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della
ricerca, previa intesa con la Conferenza unificata
Stato-regioni e sentite le parti sociali, in cui vengono
registrate le competenze acquisite durante la formazione in
apprendistato, la formazione in contratto di inserimento,
la formazione specialistica e la formazione continua svolta
durante l'arco della vita lavorativa ed effettuata da
soggetti accreditati dalle regioni, nonche' le competenze
acquisite in modo non formale e informale secondo gli
indirizzi della Unione europea in materia di apprendimento
permanente, purche' riconosciute e certificate;».
Note all'art. 34
- Il testo dell'art. 3 del decreto ministeriale
16 gennaio 1997 (Individuazione dei contenuti minimi della
formazione dei lavoratori, dei rappresentanti per la
sicurezza e dei datori di lavoro che possono svolgere
direttamente i compiti propri del responsabile del servizio
di prevenzione e protezione), e' il seguente:
«Art. 3 (Formazione dei datori di lavoro). - I
contenuti della formazione dei datori di lavoro che possono
svolgere direttamente i compiti propri del responsabile del
servizio di prevenzione e protezione sono i seguenti:
a) il quadro normativo in materia di sicurezza dei
lavoratori e la responsabilita' civile e penale;
b) gli organi di vigilanza e di controlli nei
rapporti con le aziende;
c) la tutela assicurativa, le statistiche ed il
registro degli infortuni;
d) i rapporti con i rappresentanti dei lavoratori;
e) appalti, lavoro autonomo e sicurezza;
f) la valutazione dei rischi;
g) i principali tipi di rischio e le relative misure
tecniche, organizzative e procedurali di sicurezza;
h) i dispositivi di protezione individuale;
i) la prevenzione incendi ed i piani di emergenza;
l) la prevenzione sanitaria;
m) l'informazione e la formazione dei lavoratori.
La durata minima dei corsi per i datori di lavoro e' di
sedici ore.».
- Il testo dell'art. 95 del citato decreto legislativo
n. 626 del 1994 e' il seguente:
«Art. 95 (Norma transitoria). - 1. In sede di prima
applicazione del presente decreto e comunque non oltre il
31 dicembre 1996 il datore di lavoro che intende svolgere
direttamente i compiti di prevenzione e protezione dai
rischi e' esonerato dalla frequenza del corso di formazione
di cui al comma 2 dell'art. 10, ferma restando l'osservanza
degli adempimenti previsti dal predetto art. 10, comma 2,
lettere a), b) e c).».

Sezione III
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

Art. 33.
Compiti del servizio di prevenzione e protezione

1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali
provvede:
a) all'individuazione dei fattori di rischio, alla valutazione
dei rischi e all'individuazione delle misure per la sicurezza e la
salubrita' degli ambienti di lavoro, nel rispetto della normativa
vigente sulla base della specifica conoscenza dell'organizzazione
aziendale;
b) ad elaborare, per quanto di competenza, le misure preventive e
protettive di cui all'articolo 28, comma 2, e i sistemi di controllo
di tali misure;
c) ad elaborare le procedure di sicurezza per le varie attivita'
aziendali;
d) a proporre i programmi di informazione e formazione dei
lavoratori;
e) a partecipare alle consultazioni in materia di tutela della
salute e sicurezza sul lavoro, nonche' alla riunione periodica di cui
all'articolo 35;
f) a fornire ai lavoratori le informazioni di cui
all'articolo 36.
2. I componenti del servizio di prevenzione e protezione sono
tenuti al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a
conoscenza nell'esercizio delle funzioni di cui al presente decreto
legislativo.
3. Il servizio di prevenzione e protezione e' utilizzato dal datore
di lavoro.
 

Sezione III
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

Art. 34.
Svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di
prevenzione e protezione dai rischi

1. Salvo che nei casi di cui all'articolo 31, comma 6, il datore di
lavoro puo' svolgere direttamente i compiti propri del servizio di
prevenzione e protezione dai rischi, di primo soccorso, nonche' di
prevenzione incendi e di evacuazione, nelle ipotesi previste
nell'allegato 2 dandone preventiva informazione al rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza ed alle condizioni di cui ai
commi successivi.
2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al
comma 1, deve frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16
ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul
luogo di lavoro e relativi alle attivita' lavorative, nel rispetto
dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante accordo in sede
di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici
mesi dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino
alla pubblicazione dell'accordo di cui al periodo precedente,
conserva validita' la formazione effettuata ai sensi dell'articolo 3
del decreto ministeriale 16 gennaio 1997, il cui contenuto e'
riconosciuto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in sede di
definizione dell'accordo di cui al periodo precedente.
3. Il datore di lavoro che svolge i compiti di cui al comma 1 e'
altresi' tenuto a frequentare corsi di aggiornamento nel rispetto di
quanto previsto nell'accordo di cui al precedente comma. L'obbligo di
cui al precedente periodo si applica anche a coloro che abbiano
frequentato i corsi di cui all'articolo 3 del decreto ministeriale
16 gennaio 1997 e agli esonerati dalla frequenza dei corsi, ai sensi
dell'articolo 95 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.

Sezione III
SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE

Art. 35.
Riunione periodica

1. Nelle aziende e nelle unita' produttive che occupano piu' di 15
lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio
di prevenzione e protezione dai rischi, indice almeno una volta
all'anno una riunione cui partecipano:
a) il datore di lavoro o un suo rappresentante;
b) il responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai
rischi;
c) il medico competente, ove nominato;
d) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all'esame
dei partecipanti:
a) il documento di valutazione dei rischi;
b) l'andamento degli infortuni e delle malattie professionali e
della sorveglianza sanitaria;
c) i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l'efficacia
dei dispositivi di protezione individuale;
d) i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei
preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione
della loro salute.
3. Nel corso della riunione possono essere individuati:
a) codici di comportamento e buone prassi per prevenire i rischi
di infortuni e di malattie professionali;
b) obiettivi di miglioramento della sicurezza complessiva sulla
base delle linee guida per un sistema di gestione della salute e
sicurezza sul lavoro.
4. La riunione ha altresi' luogo in occasione di eventuali
significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio,
compresa la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie che
hanno riflessi sulla sicurezza e salute dei lavoratori. Nelle ipotesi
di cui al presente articolo, nelle unita' produttive che occupano
fino a 15 lavoratori e' facolta' del rappresentante dei lavoratori
per la sicurezza chiedere la convocazione di un'apposita riunione.
5. Della riunione deve essere redatto un verbale che e' a
disposizione dei partecipanti per la sua consultazione.

Sezione IV
FORMAZIONE, INFORMAZIONE E ADDESTRAMENTO

Art. 36.
Informazione ai lavoratori

1. Il datore di lavoro provvede affinche' ciascun lavoratore riceva
una adeguata informazione:
a) sui rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla
attivita' della impresa in generale;
b) sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta
antincendio, l'evacuazione dei luoghi di lavoro;
c) sui nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le
misure di cui agli articoli 45 e 46;
d) sui nominativi del responsabile e degli addetti del servizio
di prevenzione e protezione, e del medico competente.
2. Il datore di lavoro provvede altresi' affinche' ciascun
lavoratore riceva una adeguata informazione:
a) sui rischi specifici cui e' esposto in relazione all'attivita'
svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in
materia;
b) sui pericoli connessi all'uso delle sostanze e dei preparati
pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste
dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica;
c) sulle misure e le attivita' di protezione e prevenzione
adottate.
3. Il datore di lavoro fornisce le informazioni di cui al comma 1,
lettera a), e al comma 2, lettere a), b) e c), anche ai lavoratori di
cui all'articolo 3, comma 9.
4. Il contenuto della informazione deve essere facilmente
comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le
relative conoscenze. Ove la informazione riguardi lavoratori
immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della
lingua utilizzata nel percorso informativo.

Sezione IV
FORMAZIONE, INFORMAZIONE E ADDESTRAMENTO

Art. 37.
Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti

1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una
formazione sufficiente ed adeguata in materia di salute e sicurezza,
anche rispetto alle conoscenze linguistiche, con particolare
riferimento a:
a) concetti di rischio, danno, prevenzione, protezione,
organizzazione della prevenzione aziendale, diritti e doveri dei vari
soggetti aziendali, organi di vigilanza, controllo, assistenza;
b) rischi riferiti alle mansioni e ai possibili danni e alle
conseguenti misure e procedure di prevenzione e protezione
caratteristici del settore o comparto di appartenenza dell'azienda.
2. La durata, i contenuti minimi e le modalita' della formazione di
cui al comma 1 sono definiti mediante accordo in sede di Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano adottato, previa consultazione delle
parti sociali, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata
in vigore del presente decreto legislativo.
3. Il datore di lavoro assicura, altresi', che ciascun lavoratore
riceva una formazione sufficiente ed adeguata in merito ai rischi
specifici di cui ai titoli del presente decreto successivi al I.
Ferme restando le disposizioni gia' in vigore in materia, la
formazione di cui al periodo che precede e' definita mediante
l'accordo di cui al comma 2.
4. La formazione e, ove previsto, l'addestramento specifico devono
avvenire in occasione:
a) della costituzione del rapporto di lavoro o dell'inizio
dell'utilizzazione qualora si tratti di somministrazione di lavoro;
b) del trasferimento o cambiamento di mansioni;
c) della introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove
tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi.
5. L'addestramento viene effettuato da persona esperta e sul luogo
di lavoro.
6. La formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti deve
essere periodicamente ripetuta in relazione all'evoluzione dei rischi
o all'insorgenza di nuovi rischi.
7. I preposti ricevono a cura del datore di lavoro e in azienda,
un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in
relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del
lavoro. I contenuti della formazione di cui al presente
comma comprendono:
a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
c) valutazione dei rischi;
d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e
procedurali di prevenzione e protezione.
8. I soggetti di cui all'articolo 21, comma 1, possono avvalersi
dei percorsi formativi appositamente definiti, tramite l'accordo di
cui al comma 2, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
9. I lavoratori incaricati dell'attivita' di prevenzione incendi e
lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di
pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e,
comunque, di gestione dell'emergenza devono ricevere un'adeguata e
specifica formazione e un aggiornamento periodico; in attesa
dell'emanazione delle disposizioni di cui al comma 3
dell'articolo 46, continuano a trovare applicazione le disposizioni
di cui al decreto del Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998,
pubblicato nel S.O. alla Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998,
attuativo dell'articolo 13 del decreto legislativo 19 settembre 1994,
n. 626.
10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad
una formazione particolare in materia di salute e sicurezza
concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita
la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze
sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi
stessi.
11. Le modalita', la durata e i contenuti specifici della
formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono
stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale, nel
rispetto dei seguenti contenuti minimi: a) principi giuridici
comunitari e nazionali; b) legislazione generale e speciale in
materia di salute e sicurezza sul lavoro; c) principali soggetti
coinvolti e i relativi obblighi; d) definizione e individuazione dei
fattori di rischio; e) valutazione dei rischi; f) individuazione
delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e
protezione; g) aspetti normativi dell'attivita' di rappresentanza dei
lavoratori; h) nozioni di tecnica della comunicazione. La durata
minima dei corsi e' di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi
specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione
e protezione adottate, con verifica di apprendimento. La
contrattazione collettiva nazionale disciplina le modalita'
dell'obbligo di aggiornamento periodico, la cui durata non puo'
essere inferiore a 4 ore annue per le imprese che occupano dai 15 ai
50 lavoratori e a 8 ore annue per le imprese che occupano piu' di 50
lavoratori.
12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti
deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui
all'articolo 50 ove presenti, durante l'orario di lavoro e non puo'
comportare oneri economici a carico dei lavoratori.
13. Il contenuto della formazione deve essere facilmente
comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le
conoscenze e competenze necessarie in materia di salute e sicurezza
sul lavoro. Ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa
avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua
veicolare utilizzata nel percorso formativo.
14. Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle
attivita' di formazione di cui al presente decreto sono registrate
nel libretto formativo del cittadino di cui all'articolo 2, comma 1,
lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e
successive modificazioni. Il contenuto del libretto formativo e'
considerato dal datore di lavoro ai fini della programmazione della
formazione e di esso gli organi di vigilanza tengono conto ai fini
della verifica degli obblighi di cui al presente decreto.


Note all'art. 37:
- Il testo dell'art. 13 del citato decreto legislativo
n. 626 del 1994 e' il seguente:
«Art. 13 (Prevenzione incendi). - 1. Fermo restando
quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica
29 luglio 1982, n. 577, i Ministri dell'interno, del lavoro
e della previdenza sociale, in relazione al tipo di
attivita', al numero dei lavoratori occupati ed ai fattori
di rischio, adottano uno o piu' decreti nei quali sono
definiti:
a) i criteri diretti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un
incendio e a limitarne le conseguenze qualora esso si
verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli
impianti e delle attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di
prevenzione e protezione antincendio di cui all'art. 12,
compresi i requisiti del personale addetto e la sua
formazione.
2. Per il settore minerario il decreto di cui al
comma 1 e' adottato dai Ministri dell'interno, del lavoro e
della previdenza sociale e dell'industria, del commercio e
dell'artigianato.».
- Per il testo dell'art. 2, comma 1, lettera i) del
citato decreto legislativo 276 del 2003, si veda nota
all'art. 32.

Sezione V
SORVEGLIANZA SANITARIA

Art. 38.
Titoli e requisiti del medico competente

1. Per svolgere le funzioni di medico competente e' necessario
possedere uno dei seguenti titoli o requisiti:
a) specializzazione in medicina del lavoro o in medicina
preventiva dei lavoratori e psicotecnica;
b) docenza in medicina del lavoro o in medicina preventiva dei
lavoratori e psicotecnica o in tossicologia industriale o in igiene
industriale o in fisiologia e igiene del lavoro o in clinica del
lavoro;
c) autorizzazione di cui all'articolo 55 del decreto legislativo
15 agosto 1991, n. 277;
d) specializzazione in igiene e medicina preventiva o in medicina
legale.
2. I medici in possesso dei titoli di cui al comma 1, lettera d),
sono tenuti a frequentare appositi percorsi formativi universitari da
definire con apposito decreto del Ministero dell'universita' e della
ricerca di concerto con il Ministero della salute. I soggetti di cui
al precedente periodo i quali, alla data di entrata in vigore del
presente decreto, svolgano le attivita' di medico competente o
dimostrino di avere svolto tali attivita' per almeno un anno
nell'arco dei tre anni anteriori all'entrata in vigore del presente
decreto legislativo, sono abilitati a svolgere le medesime funzioni.
A tal fine sono tenuti a produrre alla Regione attestazione del
datore di lavoro comprovante l'espletamento di tale attivita'.
3. Per lo svolgimento delle funzioni di medico competente e'
altresi' necessario partecipare al programma di educazione continua
in medicina ai sensi del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229,
e successive modificazioni e integrazioni, a partire dal programma
triennale successivo all'entrata in vigore del presente decreto
legislativo. I crediti previsti dal programma triennale dovranno
essere conseguiti nella misura non inferiore al 70 per cento del
totale nella disciplina «medicina del lavoro e sicurezza degli
ambienti di lavoro».
4. I medici in possesso dei titoli e dei requisiti di cui al
presente articolo sono iscritti nell'elenco dei medici competenti
istituito presso il Ministero della salute.


Note all'art. 38:
- Il testo dell'art. 55 del citato decreto legislativo
n. 277 del 1991 e' il seguente:
«Art. 55 (Esercizio dell'attivita' di medico
competente). - 1. I laureati in medicina e chirurgia che,
pur non possedendo i requisiti di cui all'art. 3, comma 1,
lettera c), alla data di entrata in vigore del presente
decreto abbiano svolto l'attivita' di medico del lavoro per
almeno quattro anni, sono autorizzati ad esercitare la
funzione di medico competente.
2. L'esercizio della funzione di cui al comma 1 e'
subordinato alla presentazione, all'assessorato regionale
alla sanita' territorialmente competente, di apposita
domanda corredata dalla documentazione comprovante lo
svolgimento dell'attivita' di medico del lavoro per almeno
quattro anni.
3. La domanda e' presentata entro centottanta giorni
dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
L'assessorato alla sanita' provvede entro novanta giorni
dalla data di ricezione della domanda stessa.».
- Il testo del decreto legislativo 19 giugno 1999, n.
229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario
nazionale, a norma dell'art. 1 della legge 30 novembre
1998, n. 419), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
16 luglio 1999, n. 165, supplemento ordinario.

Sezione V
SORVEGLIANZA SANITARIA

Art. 39.
Svolgimento dell'attivita' di medico competente

1. L'attivita' di medico competente e' svolta secondo i principi
della medicina del lavoro e del codice etico della Commissione
internazionale di salute occupazionale (ICOH).
2. Il medico competente svolge la propria opera in qualita' di:
a) dipendente o collaboratore di una struttura esterna pubblica o
privata, convenzionata con l'imprenditore;
b) libero professionista;
c) dipendente del datore di lavoro.
3. Il dipendente di una struttura pubblica, assegnato agli uffici
che svolgono attivita' di vigilanza, non puo' prestare, ad alcun
titolo e in alcuna parte del territorio nazionale, attivita' di
medico competente.
4. Il datore di lavoro assicura al medico competente le condizioni
necessarie per lo svolgimento di tutti i suoi compiti garantendone
l'autonomia.
5. Il medico competente puo' avvalersi, per accertamenti
diagnostici, della collaborazione di medici specialisti scelti in
accordo con il datore di lavoro che ne sopporta gli oneri.
6. Nei casi di aziende con piu' unita' produttive, nei casi di
gruppi d'imprese nonche' qualora la valutazione dei rischi ne
evidenzi la necessita', il datore di lavoro puo' nominare piu' medici
competenti individuando tra essi un medico con funzioni di
coordinamento.

Sezione V
SORVEGLIANZA SANITARIA

Art. 40.
Rapporti del medico competente con il Servizio sanitario nazionale

1. Entro il primo trimestre dell'anno successivo all'anno di
riferimento il medico competente trasmette, esclusivamente per via
telematica, ai servizi competenti per territorio le informazioni,
elaborate evidenziando le differenze di genere, relative ai dati
aggregati sanitari e di rischio dei lavoratori, sottoposti a
sorveglianza sanitaria secondo il modello in allegato 3B.
2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
trasmettono le informazioni di cui al comma 1, aggregate dalle
aziende sanitarie locali, all'ISPESL.

Sezione V
SORVEGLIANZA SANITARIA

Art. 41.
Sorveglianza sanitaria

1. La sorveglianza sanitaria e' effettuata dal medico competente:
a) nei casi previsti dalla normativa vigente, dalle direttive
europee nonche' dalle indicazioni fornite dalla Commissione
consultiva di cui all'articolo 6;
b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia
ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi.
2. La sorveglianza sanitaria comprende:
a) visita medica preventiva intesa a constatare l'assenza di
controindicazioni al lavoro cui il lavoratore e' destinato al fine di
valutare la sua idoneita' alla mansione specifica;
b) visita medica periodica per controllare lo stato di salute dei
lavoratori ed esprimere il giudizio di idoneita' alla mansione
specifica. La periodicita' di tali accertamenti, qualora non prevista
dalla relativa normativa, viene stabilita, di norma, in una volta
l'anno. Tale periodicita' puo' assumere cadenza diversa, stabilita
dal medico competente in funzione della valutazione del rischio.
L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre
contenuti e periodicita' della sorveglianza sanitaria differenti
rispetto a quelli indicati dal medico competente;
c) visita medica su richiesta del lavoratore, qualora sia
ritenuta dal medico competente correlata ai rischi professionali o
alle sue condizioni di salute, suscettibili di peggioramento a causa
dell'attivita' lavorativa svolta, al fine di esprimere il giudizio di
idoneita' alla mansione specifica;
d) visita medica in occasione del cambio della mansione onde
verificare l'idoneita' alla mansione specifica;
e) visita medica alla cessazione del rapporto di lavoro nei casi
previsti dalla normativa vigente.
3. Le visite mediche di cui al comma 2 non possono essere
effettuate:
a) in fase preassuntiva;
b) per accertare stati di gravidanza;
c) negli altri casi vietati dalla normativa vigente.
4. Le visite mediche di cui al comma 2, a cura e spese del datore
di lavoro, comprendono gli esami clinici e biologici e indagini
diagnostiche mirati al rischio ritenuti necessari dal medico
competente. Nei casi ed alle condizioni previste dall'ordinamento, le
visite di cui al comma 2, lettere a), b) e d) sono altresi'
finalizzate alla verifica di assenza di condizioni di alcol
dipendenza e di assunzione di sostanze psicotrope e stupefacenti.
5. Gli esiti della visita medica devono essere allegati alla
cartella sanitaria e di rischio di cui all'articolo 25, comma 1,
lettera c), secondo i requisiti minimi contenuti nell'Allegato 3A e
predisposta su formato cartaceo o informatizzato, secondo quanto
previsto dall'articolo 53.
6. Il medico competente, sulla base delle risultanze delle visite
mediche di cui al comma 2, esprime uno dei seguenti giudizi relativi
alla mansione specifica:
a) idoneita';
b) idoneita' parziale, temporanea o permanente, con prescrizioni
o limitazioni;
c) inidoneita' temporanea;
d) inidoneita' permanente.
7. Nel caso di espressione del giudizio di inidoneita' temporanea
vanno precisati i limiti temporali di validita'.
8. Dei giudizi di cui al comma 6, il medico competente informa per
iscritto il datore di lavoro e il lavoratore.
9. Avverso i giudizi del medico competente e' ammesso ricorso,
entro trenta giorni dalla data di comunicazione del giudizio
medesimo, all'organo di vigilanza territorialmente competente che
dispone, dopo eventuali ulteriori accertamenti, la conferma, la
modifica o la revoca del giudizio stesso.

Sezione V
SORVEGLIANZA SANITARIA

Art. 42.
Provvedimenti in caso di inidoneita' alla mansione specifica

1. Il datore di lavoro, anche in considerazione di quanto disposto
dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, in relazione ai giudizi di cui
all'articolo 41, comma 6, attua le misure indicate dal medico
competente e qualora le stesse prevedano un'inidoneita' alla mansione
specifica adibisce il lavoratore, ove possibile, ad altra mansione
compatibile con il suo stato di salute.
2. Il lavoratore di cui al comma 1 che viene adibito a mansioni
inferiori conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni
precedentemente svolte, nonche' la qualifica originaria. Qualora il
lavoratore venga adibito a mansioni equivalenti o superiori si
applicano le norme di cui all'articolo 2103 del codice civile, fermo
restando quanto previsto dall'articolo 52 del decreto legislativo
30 marzo 2001, n. 165.


Note all'art. 42:
- Il testo della legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per
il diritto al lavoro dei disabili), e' pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 23 marzo 1999, n. 68, supplemento
ordinario.
- Il testo dell'art. 2103 del codice civile, e' il
seguente:
«Art. 2103 (Mansioni del lavoratore). - Il prestatore
di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali e'
stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria
superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a
mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte,
senza alcuna diminuzione della retribuzione. Nel caso di
assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto
al trattamento corrispondente all'attivita' svolta, e
l'assegnazione stessa diviene definitiva, ove la medesima
non abbia avuto luogo per sostituzione di lavoratore
assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un
periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non
superiore a tre mesi. Egli non puo' essere trasferito da
una unita' produttiva ad una altra se non per comprovate
ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto
contrario e' nullo.».
- Il testo dell'art. 52 del citato decreto legislativo
n. 165 del 2001 e' il seguente:
«Art. 52 (Disciplina delle mansioni). (Art. 56 del
decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito
dall'art. 25 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e
successivamente modificato dall'art. 15 del decreto
legislativo n. 387 del 1998). - 1. Il prestatore di lavoro
deve essere adibito alle mansioni per le quali e' stato
assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito
della classificazione professionale prevista dai contratti
collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica
superiore che abbia successivamente acquisito per effetto
dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o
selettive. L'esercizio di fatto di mansioni non
corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha
effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o
dell'assegnazione di incarichi di direzione.
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di
lavoro puo' essere adibito a mansioni proprie della
qualifica immediatamente superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non
piu' di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano
state avviate le procedure per la copertura dei posti
vacanti come previsto al comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente
assente con diritto alla conservazione del posto, con
esclusione dell'assenza per ferie, per la durata
dell'assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai
fini del presente articolo, soltanto l'attribuzione in modo
prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e
temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di
effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al
trattamento previsto per la qualifica superiore. Qualora
l'utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a
vacanze dei posti in organico, immediatamente, e comunque
nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il
dipendente e' assegnato alle predette mansioni, devono
essere avviate le procedure per la copertura dei posti
vacanti.
5. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, e'
nulla l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di
una qualifica superiore, ma al lavoratore e' corrisposta la
differenza di trattamento economico con la qualifica
superiore. Il dirigente che ha disposto l'assegnazione
risponde personalmente del maggiore onere conseguente, se
ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano
in sede di attuazioni della nuova disciplina degli
ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi
e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi
contratti collettivi possono regolare diversamente gli
effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in
nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto
alla qualifica di appartenenza, puo' comportare il diritto
ad avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale
del lavoratore.».

Sezione VI
GESTIONE DELLE EMERGENZE

Art. 43.
Disposizioni generali

1. Ai fini degli adempimenti di cui all'articolo 18, comma 1,
lettera t), il datore di lavoro:
a) organizza i necessari rapporti con i servizi pubblici
competenti in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta
antincendio e gestione dell'emergenza;
b) designa preventivamente i lavoratori di cui all'articolo 18,
comma 1, lettera b);
c) informa tutti i lavoratori che possono essere esposti a un
pericolo grave e immediato circa le misure predisposte e i
comportamenti da adottare;
d) programma gli interventi, prende i provvedimenti e da'
istruzioni affinche' i lavoratori, in caso di pericolo grave e
immediato che non puo' essere evitato, possano cessare la loro
attivita', o mettersi al sicuro, abbandonando immediatamente il luogo
di lavoro;
e) adotta i provvedimenti necessari affinche' qualsiasi
lavoratore, in caso di pericolo grave ed immediato per la propria
sicurezza o per quella di altre persone e nell'impossibilita' di
contattare il competente superiore gerarchico, possa prendere le
misure adeguate per evitare le conseguenze di tale pericolo, tenendo
conto delle sue conoscenze e dei mezzi tecnici disponibili.
2. Ai fini delle designazioni di cui al comma 1, lettera b), il
datore di lavoro tiene conto delle dimensioni dell'azienda e dei
rischi specifici dell'azienda o della unita' produttiva secondo i
criteri previsti nei decreti di cui all'articolo 46.
3. I lavoratori non possono, se non per giustificato motivo,
rifiutare la designazione. Essi devono essere formati, essere in
numero sufficiente e disporre di attrezzature adeguate, tenendo conto
delle dimensioni e dei rischi specifici dell'azienda o dell'unita'
produttiva.
4. Il datore di lavoro deve, salvo eccezioni debitamente motivate,
astenersi dal chiedere ai lavoratori di riprendere la loro attivita'
in una situazione di lavoro in cui persiste un pericolo grave ed
immediato.

Sezione VI
GESTIONE DELLE EMERGENZE

Art. 44.
Diritti dei lavoratori in caso di pericolo grave e immediato

1. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave, immediato e che
non puo' essere evitato, si allontana dal posto di lavoro o da una
zona pericolosa, non puo' subire pregiudizio alcuno e deve essere
protetto da qualsiasi conseguenza dannosa.
2. Il lavoratore che, in caso di pericolo grave e immediato e
nell'impossibilita' di contattare il competente superiore gerarchico,
prende misure per evitare le conseguenze di tale pericolo, non puo'
subire pregiudizio per tale azione, a meno che non abbia commesso una
grave negligenza.

Sezione VI
GESTIONE DELLE EMERGENZE

Art. 45.
Primo soccorso

1. Il datore di lavoro, tenendo conto della natura della attivita'
e delle dimensioni dell'azienda o della unita' produttiva, sentito il
medico competente ove nominato, prende i provvedimenti necessari in
materia di primo soccorso e di assistenza medica di emergenza,
tenendo conto delle altre eventuali persone presenti sui luoghi di
lavoro e stabilendo i necessari rapporti con i servizi esterni, anche
per il trasporto dei lavoratori infortunati.
2. Le caratteristiche minime delle attrezzature di primo soccorso,
i requisiti del personale addetto e la sua formazione, individuati in
relazione alla natura dell'attivita', al numero dei lavoratori
occupati ed ai fattori di rischio sono individuati dal decreto
ministeriale 15 luglio 2003, n. 388 e dai successivi decreti
ministeriali di adeguamento acquisito il parere della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano.
3. Con appositi decreti ministeriali, acquisito il parere della
Conferenza permanente, acquisito il parere della Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, vengono definite le modalita' di
applicazione in ambito ferroviario del decreto ministeriale 15 luglio
2003, n. 388 e successive modificazioni.


Note all'art. 45:
- Il testo del decreto ministeriale del 15 luglio 2003,
n. 388 (Regolamento recante disposizioni sul pronto
soccorso aziendale, in attuazione dell'art. 15, comma 3,
del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modificazioni), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 3 febbraio 2004, n. 27.

Sezione VI
GESTIONE DELLE EMERGENZE

Art. 46.
Prevenzione incendi

1. La prevenzione incendi e' la funzione di preminente interesse
pubblico, di esclusiva competenza statuale, diretta a conseguire,
secondo criteri applicativi uniformi sul territorio nazionale, gli
obiettivi di sicurezza della vita umana, di incolumita' delle persone
e di tutela dei beni e dell'ambiente.
2. Nei luoghi di lavoro soggetti al presente decreto legislativo
devono essere adottate idonee misure per prevenire gli incendi e per
tutelare l'incolumita' dei lavoratori.
3. Fermo restando quanto previsto dal decreto legislativo 8 marzo
2006, n. 139 e dalle disposizioni concernenti la prevenzione incendi
di cui al presente decreto, i Ministri dell'interno, del lavoro e
della previdenza sociale, in relazione ai fattori di rischio,
adottano uno o piu' decreti nei quali sono definiti:
a) i criteri diretti atti ad individuare:
1) misure intese ad evitare l'insorgere di un incendio ed a
limitarne le conseguenze qualora esso si verifichi;
2) misure precauzionali di esercizio;
3) metodi di controllo e manutenzione degli impianti e delle
attrezzature antincendio;
4) criteri per la gestione delle emergenze;
b) le caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e
protezione antincendio, compresi i requisiti del personale addetto e
la sua formazione.
4. Fino all'adozione dei decreti di cui al comma 3, continuano ad
applicarsi i criteri generali di sicurezza antincendio e per la
gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro di cui al decreto del
Ministro dell'interno in data 10 marzo 1998.
5. Al fine di favorire il miglioramento dei livelli di sicurezza
antincendio nei luoghi di lavoro, ed ai sensi dell'articolo 14,
comma 2, lettera h), del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139,
con decreto del Ministro dell'interno sono istituiti, presso ogni
direzione regionale dei vigili del fuoco, dei nuclei specialistici
per l'effettuazione di una specifica attivita' di assistenza alle
aziende. Il medesimo decreto contiene le procedure per l'espletamento
della attivita' di assistenza.
6. In relazione ai principi di cui ai commi precedenti, ogni
disposizione contenuta nel presente decreto legislativo, concernente
aspetti di prevenzione incendi, sia per l'attivita' di disciplina che
di controllo, deve essere riferita agli organi centrali e periferici
del Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della
difesa civile, di cui agli articoli 1 e 2 del decreto legislativo
8 marzo 2006, n. 139. Restano ferme le rispettive competenze di cui
all'articolo 13.
7. Le maggiori risorse derivanti dall'espletamento della funzione
di controllo di cui al presente articolo, sono rassegnate al Corpo
nazionale dei vigili per il miglioramento dei livelli di sicurezza
antincendio nei luoghi di lavoro.


Note all'art. 46:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 139,
del 2006, si veda nota all'art. 14.
- Il testo del decreto del Ministro dell'interno del
10 marzo 1998 (Criteri generali di sicurezza antincendio e
per la gestione dell'emergenza nei luoghi di lavoro), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 aprile 1998, n. 81,
supplemento ordinario.
- Il testo dell'art. 14, comma 2, lettera b), del
citato decreto legislativo n. 139 del 2006, e' il seguente:
«Art. 14 (Competenza e attivita). (Articoli 22 e 30,
legge 27 dicembre 1941, n. 1570; art. 2, legge 26 luglio
1965, n. 966; art. 14, decreto legislativo 30 luglio 1999,
n. 300; articoli 1, 6 e 8, decreto del Presidente della
Repubblica 29 luglio 1982, n. 577). - 1. (Omissis).
2. Le attivita' di prevenzione incendi di cui al
comma 1 sono in particolare:
a) (omissis);
b) il rilascio del certificato di prevenzione
incendi, di atti di autorizzazione, di benestare tecnico,
di collaudo e di certificazione, comunque denominati,
attestanti la conformita' alla normativa di prevenzione
incendi di attivita' e costruzioni civili, industriali,
artigianali e commerciali e di impianti, prodotti,
apparecchiature e simili;».
- Il testo degli articoli 1, 2 e 13 del citato decreto
legislativo n. 139 del 2006, e' il seguente:
« Art. 1 (Struttura e funzioni). (Articoli 1, 3 e 9,
legge 13 maggio 1961, n. 469; art. 11, legge 24 febbraio
1992, n. 225; art. 14, comma 3, decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 300). - 1. Il Corpo nazionale dei vigili
del fuoco, di seguito denominato: «Corpo nazionale», e' una
struttura dello Stato ad ordinamento civile, incardinata
nel Ministero dell'interno - Dipartimento dei vigili del
fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, di
seguito denominato: «Dipartimento», per mezzo della quale
il Ministero dell'interno assicura, anche per la difesa
civile, il servizio di soccorso pubblico e di prevenzione
ed estinzione degli incendi su tutto il territorio
nazionale, nonche' lo svolgimento delle altre attivita'
assegnate al Corpo nazionale dalle leggi e dai regolamenti,
secondo quanto previsto nel presente decreto legislativo.
2. Il Corpo nazionale e' componente fondamentale del
servizio di protezione civile ai sensi dell'art. 11 della
legge 24 febbraio 1992, n. 225.».
«Art. 2 (Organizzazione centrale e periferica del Corpo
nazionale). (Articoli 10, 11, 12, legge 13 maggio 1961, n.
469; art. 4, comma 4 e art. 15, comma 2, decreto
legislativo 30 luglio 1999, n. 300). - 1. L'organizzazione
a livello centrale del Corpo nazionale si articola in
direzioni centrali e in uffici del Dipartimento, secondo
quanto previsto dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n.
300, e successive modificazioni, dall'art. 12 del decreto
legislativo 19 maggio 2000, n. 139, e dall'art. 6 del
decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2001,
n. 398.
2. Le strutture periferiche del Corpo nazionale si
articolano nei seguenti uffici:
a) direzioni regionali dei vigili del fuoco del
soccorso pubblico e della difesa civile, di livello
dirigenziale generale, istituite per lo svolgimento in
ambito regionale delle funzioni di cui all'art. 1;
b) comandi provinciali, di livello dirigenziale non
generale, istituiti per l'espletamento in ambito
provinciale delle funzioni di cui all'art. 1;
c) distretti, distaccamenti permanenti e volontari e
posti di vigilanza, istituiti alle dipendenze dei comandi
provinciali;
d) reparti e nuclei speciali, per particolari
attivita' operative che richiedano l'impiego di personale
specificamente preparato, nonche' l'ausilio di mezzi
speciali o di animali.
3. Con regolamento emanato ai sensi dell'art. 17,
comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono
determinate l'organizzazione e la disciplina degli uffici
di livello dirigenziale generale di cui al comma 2,
lettera a). Con decreto del Ministro dell'interno di natura
non regolamentare sono istituiti gli uffici di livello
dirigenziale non generale con l'indicazione dei relativi
compiti e gli uffici di cui al comma 2, lettera c) e
lettera d).
4. Fino all'adozione dei provvedimenti di cui al
comma 3 continuano ad applicarsi le norme vigenti alla data
di entrata in vigore del presente decreto.».
«Art. 13 (Definizione ed ambito di esplicazione).
(Articoli 1 e 2, legge 13 maggio 1961, n. 469; art. 1,
comma 7, lettera e), legge 23 agosto 2004, n. 239;
articoli 1, 2 e 4, decreto del Presidente della Repubblica
29 luglio 1982, n. 577). - 1. La prevenzione incendi e' la
funzione di preminente interesse pubblico diretta a
conseguire, secondo criteri applicativi uniformi sul
territorio nazionale, gli obiettivi di sicurezza della vita
umana, di incolumita' delle persone e di tutela dei beni e
dell'ambiente attraverso la promozione, lo studio, la
predisposizione e la sperimentazione di norme, misure,
provvedimenti, accorgimenti e modi di azione intesi ad
evitare l'insorgenza di un incendio e degli eventi ad esso
comunque connessi o a limitarne le conseguenze.
2. Ferma restando la competenza di altre
amministrazioni, enti ed organismi, la prevenzione incendi
si esplica in ogni ambito caratterizzato dall'esposizione
al rischio di incendio e, in ragione della sua rilevanza
interdisciplinare, anche nei settori della sicurezza nei
luoghi di lavoro, del controllo dei pericoli di incidenti
rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose,
dell'energia, della protezione da radiazioni ionizzanti,
dei prodotti da costruzione.».

Sezione VII
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI

Art. 47.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' istituito a
livello territoriale o di comparto, aziendale e di sito produttivo.
L'elezione dei rappresentanti per la sicurezza avviene secondo le
modalita' di cui al comma 6.
2. In tutte le aziende, o unita' produttive, e' eletto o designato
il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. Nelle aziende o unita' produttive che occupano fino a 15
lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' di
norma eletto direttamente dai lavoratori al loro interno oppure e'
individuato per piu' aziende nell'ambito territoriale o del comparto
produttivo secondo quanto previsto dall'articolo 48.
4. Nelle aziende o unita' produttive con piu' di 15 lavoratori il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' eletto o designato
dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda.
In assenza di tali rappresentanze, il rappresentante e' eletto dai
lavoratori della azienda al loro interno.
5. Il numero, le modalita' di designazione o di elezione del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nonche' il tempo di
lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni
sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva.
6. L'elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
aziendali, territoriali o di comparto, salvo diverse determinazioni
in sede di contrattazione collettiva, avviene di norma in
corrispondenza della giornata nazionale per la salute e sicurezza sul
lavoro, individuata, nell'ambito della settimana europea per la
salute e sicurezza sul lavoro, con decreto del Ministro del lavoro e
della previdenza sociale di concerto con il Ministro della salute,
sentite le confederazioni sindacali dei datori di lavoro e dei
lavoratori comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale.
Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalita' di attuazione
del presente comma.
7. In ogni caso il numero minimo dei rappresentanti di cui al
comma 2 e' il seguente: a) un rappresentante nelle aziende ovvero
unita' produttive sino a 200 lavoratori; b) tre rappresentanti nelle
aziende ovvero unita' produttive da 201 a 1.000 lavoratori; c) sei
rappresentanti in tutte le altre aziende o unita' produttive oltre i
1.000 lavoratori. In tali aziende il numero dei rappresentanti e'
aumentato nella misura individuata dagli accordi interconfederali o
dalla contrattazione collettiva.
8. Qualora non si proceda alle elezioni previste dai commi 3 e 4,
le funzioni di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono
esercitate dai rappresentanti di cui agli articoli 48 e 49, salvo
diverse intese tra le associazioni sindacali dei lavoratori e dei
datori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano
nazionale.

Sezione VII
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI

Art. 48.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale

1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale
di cui all'articolo 47, comma 3, esercita le competenze del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di cui all'articolo 50
e i termini e con le modalita' ivi previste con riferimento a tutte
le aziende o unita' produttive del territorio o del comparto di
competenza nelle quali non sia stato eletto o designato il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
2. Le modalita' di elezione o designazione del rappresentante di
cui al comma 1 sono individuate dagli accordi collettivi nazionali,
interconfederali o di categoria, stipulati dalle associazioni dei
datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu'
rappresentative sul piano nazionale. In mancanza dei predetti
accordi, le modalita' di elezione o designazione sono individuate con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentite
le associazioni di cui al presente comma.
3. Tutte le aziende o unita' produttive nel cui ambito non e' stato
eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
partecipano al Fondo di cui all'articolo 52.
4. Per l'esercizio delle proprie attribuzioni, il rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza territoriale accede ai luoghi di
lavoro nel rispetto delle modalita' e del termine di preavviso
individuati dagli accordi di cui al comma 2. Il termine di preavviso
non opera in caso di infortunio grave. In tale ultima ipotesi
l'accesso avviene previa segnalazione all'organismo paritetico.
5. Ove l'azienda impedisca l'accesso, nel rispetto delle modalita'
di cui al presente articolo, al rappresentante dei lavoratori per la
sicurezza territoriale, questi lo comunica all'organismo paritetico
o, in sua mancanza, all'organo di vigilanza territorialmente
competente.
6. L'organismo paritetico o, in mancanza, il Fondo di cui
all'articolo 52 comunica alle aziende e ai lavoratori interessati il
nominativo del rappresentante della sicurezza territoriale.
7. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale
ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e
sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in
cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate
competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei
rischi stessi. Le modalita', la durata e i contenuti specifici della
formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
territoriale sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva
secondo un percorso formativo di almeno 64 ore iniziali, da
effettuarsi entro 3 mesi dalla data di elezione o designazione, e 8
ore di aggiornamento annuale.
8. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per
la sicurezza territoriale e' incompatibile con l'esercizio di altre
funzioni sindacali operative.

Sezione VII
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI

Art. 49.
Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo

1. Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di sito
produttivo sono individuati nei seguenti specifici contesti
produttivi caratterizzati dalla compresenza di piu' aziende o
cantieri:
a) i porti di cui all'articolo 4, comma 1, lettere b), c) e d),
della legge 28 gennaio 1994, n. 84, sedi di autorita' portuale
nonche' quelli sede di autorita' marittima da individuare con decreto
dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e dei trasporti,
da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto;
b) centri intermodali di trasporto di cui alla direttiva del
Ministro dei trasporti del 18 ottobre 2006, n. 3858;
c) impianti siderurgici;
d) cantieri con almeno 30.000 uomini-giorno, intesa quale entita'
presunta dei cantieri, rappresentata dalla somma delle giornate
lavorative prestate dai lavoratori, anche autonomi, previste per la
realizzazione di tutte le opere;
e) contesti produttivi con complesse problematiche legate alla
interferenza delle lavorazioni e da un numero complessivo di addetti
mediamente operanti nell'area superiore a 500.
2. Nei contesti di cui al comma precedente il rappresentante dei
lavoratori per la sicurezza di sito produttivo e' individuato, su
loro iniziativa, tra i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza
delle aziende operanti nel sito produttivo.
3. La contrattazione collettiva stabilisce le modalita' di
individuazione di cui al comma 2, nonche' le modalita' secondo cui il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo
esercita le attribuzioni di cui all'articolo 50 in tutte le aziende o
cantieri del sito produttivo in cui non vi siano rappresentanti per
la sicurezza e realizza il coordinamento tra i rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza del medesimo sito.


Note all'art. 49:
- Il testo dell'art. 4, comma 1, lettera b), c) e d)
della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e' il seguente:
«Art. 4 (Classificazione dei porti). - 1. I porti
marittimi nazionali sono ripartiti nelle seguenti categorie
e classi:
a) (omissis);
b) categoria II, classe I: porti, o specifiche aree
portuali, di rilevanza economica internazionale;
c) categoria II, classe II: porti, o specifiche aree
portuali, di rilevanza economica nazionale;
d) categoria II, classe III: porti, o specifiche aree
portuali, di rilevanza economica regionale e
interregionale;».

Sezione VII
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI

Art. 50.
Attribuzioni del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza

1. Fatto salvo quanto stabilito in sede di contrattazione
collettiva, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza:
a) accede ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) e' consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla
valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione,
realizzazione e verifica della prevenzione nella azienda o unita'
produttiva;
c) e' consultato sulla designazione del responsabile e degli
addetti al servizio di prevenzione, alla attivita' di prevenzione
incendi, al primo soccorso, alla evacuazione dei luoghi di lavoro e
del medico competente;
d) e' consultato in merito all'organizzazione della formazione di
cui all'articolo 37;
e) riceve le informazioni e la documentazione aziendale inerente
alla valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative,
nonche' quelle inerenti alle sostanze ed ai preparati pericolosi,
alle macchine, agli impianti, alla organizzazione e agli ambienti di
lavoro, agli infortuni ed alle malattie professionali;
f) riceve le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) riceve una formazione adeguata e, comunque, non inferiore a
quella prevista dall'articolo 37;
h) promuove l'elaborazione, l'individuazione e l'attuazione delle
misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l'integrita'
fisica dei lavoratori;
i) formula osservazioni in occasione di visite e verifiche
effettuate dalle autorita' competenti, dalle quali e', di norma,
sentito;
l) partecipa alla riunione periodica di cui all'articolo 35;
m) fa proposte in merito alla attivita' di prevenzione;
n) avverte il responsabile della azienda dei rischi individuati
nel corso della sua attivita';
o) puo' fare ricorso alle autorita' competenti qualora ritenga
che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal
datore di lavoro o dai dirigenti e i mezzi impiegati per attuarle non
siano idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
2. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve disporre
del tempo necessario allo svolgimento dell'incarico senza perdita di
retribuzione, nonche' dei mezzi e degli spazi necessari per
l'esercizio delle funzioni e delle facolta' riconosciutegli, anche
tramite l'accesso ai dati, di cui all'articolo 18, comma 1,
lettera r), contenuti in applicazioni informatiche. Non puo' subire
pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attivita'
e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla
legge per le rappresentanze sindacali.
3. Le modalita' per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1
sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, su sua
richiesta e per l'espletamento della sua funzione, riceve copia del
documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a).
5. I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza dei lavoratori
rispettivamente del datore di lavoro committente e delle imprese
appaltatrici, su loro richiesta e per l'espletamento della loro
funzione, ricevono copia del documento di valutazione dei rischi di
cui all'articolo 26, comma 3.
6. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e' tenuto al
rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196 e del segreto industriale relativamente alle
informazioni contenute nel documento di valutazione dei rischi e nel
documento di valutazione dei rischi di cui all'articolo 26, comma 3,
nonche' al segreto in ordine ai processi lavorativi di cui vengono a
conoscenza nell'esercizio delle funzioni.
7. L'esercizio delle funzioni di rappresentante dei lavoratori per
la sicurezza e' incompatibile con la nomina di responsabile o addetto
al servizio di prevenzione e protezione.


Nota all'art. 50:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 196
del 2003, si veda nota all'art. 1.

Sezione VII
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI

Art. 51.
Organismi paritetici

1. A livello territoriale sono costituiti gli organismi paritetici
di cui all'articolo 2, comma 1, lettera ee).
2. Fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, gli
organismi di cui al comma 1 sono prima istanza di riferimento in
merito a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di
rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme
vigenti.
3. Gli organismi paritetici possono supportare le imprese
nell'individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a
garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro;
4. Sono fatti salvi, ai fini del comma 1, gli organismi bilaterali
o partecipativi previsti da accordi interconfederali, di categoria,
nazionali, territoriali o aziendali.
5. Agli effetti dell'articolo 9 del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, gli organismi di cui al comma 1 sono parificati ai
soggetti titolari degli istituti della partecipazione di cui al
medesimo articolo.
6. Gli organismi paritetici di cui al comma 1, purche' dispongano
di personale con specifiche competenze tecniche in materia di salute
e sicurezza sul lavoro, possono effettuare, nei luoghi di lavoro
rientranti nei territori e nei comparti produttivi di competenza,
sopralluoghi per le finalita' di cui al comma 3.
7. Gli organismi di cui al presente articolo trasmettono al
Comitato di cui all'articolo 7 una relazione annuale sull'attivita'
svolta.
8. Gli organismi paritetici comunicano alle aziende di cui
all'articolo 48, comma 2, i nominativi dei rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza territoriale. Analoga comunicazione
effettuano nei riguardi degli organi di vigilanza territorialmente
competenti.


Note all'art. 51:
- Il testo dell'art. 9 del citato decreto legislativo
n. 165 del 2001, e' il seguente:
«Art. 9 (Partecipazione sindacale). (Art. 10 del
decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito
dall'art. 6 del decreto legislativo n. 80 del 1998). - 1. I
contratti collettivi nazionali disciplinano i rapporti
sindacali e gli istituti della partecipazione anche con
riferimento agli atti interni di organizzazione aventi
riflessi sul rapporto di lavoro.».

Sezione VII
CONSULTAZIONE E PARTECIPAZIONE DEI RAPPRESENTANTI DEI LAVORATORI

Art. 52.
Sostegno alla piccola e media impresa, ai rappresentanti dei
lavoratori per la sicurezza territoriali e alla pariteticita'

1. Presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli
infortuni sul lavoro (INAIL) e' costituito il fondo di sostegno alla
piccola e media impresa, ai rappresentanti dei lavoratori per la
sicurezza territoriali e alla pariteticita'. Il fondo opera a favore
delle realta' in cui la contrattazione nazionale o integrativa non
preveda o costituisca sistemi di rappresentanza dei lavoratori e di
pariteticita' migliorativi o, almeno, di pari livello ed ha quali
obiettivi il:
a) sostegno ed il finanziamento, in misura non inferiore al
cinquanta per cento delle disponibilita' del Fondo, delle attivita'
delle rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza territoriali,
anche con riferimento alla formazione;
b) finanziamento della formazione dei datori di lavoro delle
piccole e medie imprese, dei piccoli imprenditori di cui
all'articolo 2083 del codice civile, dei lavoratori stagionali del
settore agricolo e dei lavoratori autonomi;
c) sostegno delle attivita' degli organismi paritetici.
2. Il fondo di cui al comma 1 e' finanziato:
a) da un contributo delle aziende di cui all'articolo 48,
comma 3, in misura pari a due ore lavorative annue per ogni
lavoratore occupato presso l'azienda ovvero l'unita' produttiva;
b) dalle entrate derivanti dall'irrogazione delle sanzioni
previste dal presente decreto per la parte eccedente quanto riscosso
a seguito dell'irrogazione delle sanzioni previste dalla previgente
normativa abrogata dal presente decreto nel corso dell'anno 2007,
incrementato del 10 per cento;
c) con una quota parte delle risorse di cui all'articolo 9,
comma 3;
d) relativamente all'attivita' formative per le piccole e medie
imprese di cui al comma 1, lettera b), anche dalle risorse di cui
all'articolo 11, comma 2.
3. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e
del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia
e delle finanze, adottato, previa intesa con le associazioni dei
datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente piu'
rappresentative sul piano nazionale, sentita la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, entro dodici mesi dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, sono definiti le modalita' di
funzionamento del fondo di cui al comma 1, i criteri di riparto delle
risorse tra le finalita' di cui al medesimo comma nonche' il relativo
procedimento amministrativo e contabile di alimentazione.
4. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale
redige una relazione annuale sulla attivita' svolta, da inviare al
Fondo.


Note all'art. 52:
- Il testo dell'art. 2083 del codice civile, e' il
seguente:
«Art. 2083 (Piccoli imprenditori). - Sono piccoli
imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli
artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano
un'attivita' professionale organizzata prevalentemente con
il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.».

Sezione VIII
DOCUMENTAZIONE TECNICO AMMINISTRATIVA E STATISTICHE DEGLI INFORTUNI E
DELLE MALATTIE PROFESSIONALI

Art. 53.
Tenuta della documentazione

1. E' consentito l'impiego di sistemi di elaborazione automatica
dei dati per la memorizzazione di qualunque tipo di documentazione
prevista dal presente decreto legislativo.
2. Le modalita' di memorizzazione dei dati e di accesso al sistema
di gestione della predetta documentazione devono essere tali da
assicurare che:
a) l'accesso alle funzioni del sistema sia consentito solo ai
soggetti a cio' espressamente abilitati dal datore di lavoro;
b) la validazione delle informazioni inserite sia consentito solo
alle persone responsabili, in funzione della natura dei dati;
c) le operazioni di validazione dei dati di cui alla lettera b)
siano univocamente riconducibili alle persone responsabili che le
hanno effettuate mediante la memorizzazione di codice identificativo
autogenerato dagli stessi;
d) le eventuali informazioni di modifica, ivi comprese quelle
inerenti alle generalita' e ai dati occupazionali del lavoratore,
siano solo aggiuntive a quelle gia' memorizzate;
e) sia possibile riprodurre su supporti a stampa, sulla base dei
singoli documenti, ove previsti dal presente decreto legislativo, le
informazioni contenute nei supporti di memoria;
f) le informazioni siano conservate almeno su due distinti
supporti informatici di memoria e siano implementati programmi di
protezione e di controllo del sistema da codici virali;
g) sia redatta, a cura dell'esercente del sistema, una procedura
in cui siano dettagliatamente descritte le operazioni necessarie per
la gestione del sistema medesimo. Nella procedura non devono essere
riportati i codici di accesso.
3. Nel caso in cui le attivita' del datore di lavoro siano
articolate su vari sedi geografiche o organizzate in distinti settori
funzionali, l'accesso ai dati puo' avvenire mediante reti di
comunicazione elettronica, attraverso la trasmissione della password
in modalita' criptata e fermo restando quanto previsto al comma 2
relativamente alla immissione e validazione dei dati da parte delle
persone responsabili.
4. La documentazione, sia su supporto cartaceo che informatico,
deve essere custodita nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196, in materia di protezione dei dati personali.
5. Tutta la documentazione rilevante in materia di igiene, salute e
sicurezza sul lavoro e tutela delle condizioni di lavoro puo' essere
tenuta su unico supporto cartaceo o informatico. Ferme restando le
disposizioni relative alla valutazione dei rischi, le modalita' per
l'eventuale eliminazione o per la tenuta semplificata della
documentazione di cui al periodo che precede sono definite con
successivo decreto, adottato, previa consultazione delle parti
sociali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente
decreto.
6. Fino ai sei mesi successivi all'adozione del decreto
interministeriale di cui all'articolo 8 comma 4, del presente decreto
restano in vigore le disposizioni relative al registro infortuni ed
ai registri degli esposti ad agenti cancerogeni e biologici.


Nota all'art. 53:
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 196
del 2003, si veda nota all'art. 1.

Sezione VIII
DOCUMENTAZIONE TECNICO AMMINISTRATIVA E STATISTICHE DEGLI INFORTUNI E
DELLE MALATTIE PROFESSIONALI

Art. 54.
Comunicazioni e trasmissione della documentazione

1. La trasmissione di documentazione e le comunicazioni a enti o
amministrazioni pubbliche, comunque previste dal presente decreto
legislativo possono avvenire tramite sistemi informatizzati, nel
formato e con le modalita' indicati dalle strutture riceventi.

Capo IV
Disposizioni penali
Sezione I
SANZIONI

Art. 55.
Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente

1. E' punito con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda
da 5.000 a 15.000 euro il datore di lavoro:
a) che omette la valutazione dei rischi e l'adozione del
documento di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), ovvero che lo
adotta in assenza degli elementi di cui alle lettere a), b), d) ed f)
dell'articolo 28 e che viola le disposizioni di cui all'articolo 18,
comma 1, lettere q) e z), prima parte;
b) che non provvede alla nomina del responsabile del servizio di
prevenzione e protezione ai sensi dell'articolo 17, comma 1,
lettera b), salvo il caso previsto dall'articolo 34;
2. Nei casi previsti al comma 1, lettera a), si applica la pena
dell'arresto da sei mesi a un anno e sei mesi se la violazione e'
commessa:
a) nelle aziende di cui all'articolo 31, comma 6,
lettere a), b), c), d), f);
b) in aziende in cui si svolgono attivita' che espongono i
lavoratori a rischi biologici di cui all'articolo 268, comma 1,
lettere c) e d), da atmosfere esplosive, cancerogeni mutageni, e da
attivita' di manutenzione, rimozione smaltimento e bonifica di
amianto;
c) per le attivita' disciplinate dal titolo IV caratterizzate
dalla compresenza di piu' imprese e la cui entita' presunta di lavoro
non sia inferiore a 200 uomini-giorno.
3. E' punito con l'ammenda da 3.000 a 9.000 euro il datore di
lavoro che non redige il documento di cui all'articolo 17, comma 1,
lettera a), secondo le modalita' di cui all'articolo 29, commi 1, 2 e
3, nonche' nei casi in cui nel documento di valutazione dei rischi
manchino una o piu' delle indicazioni di cui all'articolo 28,
comma 2, lettere c) ed e).
4. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 800 a
3.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1,
lettere b), e), g), i), m), n), o), p), 34, comma 3, 36, commi 1, 2 e
3, 43, comma 1, lettere a), b) e c);
b) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a
5.000 euro per la violazione degli articoli 18, commi 1,
lettere d), h), e v), e 2, 26, comma 1, lettera b), 43, comma 1,
lettere d) ed e), 45, comma 1, 46, comma 2;
c) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a
5.000 euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera c).
Nei casi previsti dal comma 2, si applica la pena dell'arresto da
quattro a otto mesi;
d) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 1.500
a 6.000 euro per la violazione degli articoli 26, comma 1, e 2,
lettere a) e b), 34, commi 1 e 2;
e) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000
a 4.000 euro per la violazione degli articoli 18, comma 1,
lettera l), e 43, comma 4;
f) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a
10.000 euro per non aver provveduto alla nomina di cui
all'articolo 18, comma 1, lettera a);
g) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 a 4.500
euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera bb);
h) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.000
euro per la violazione degli articoli 18, comma 1, lettera u), 29,
comma 4, e 35, comma 2;
i) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 7.500
euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera r), con
riferimento agli infortuni superiori ai tre giorni;
l) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000
euro per la violazione dell'articolo 18, comma 1, lettera r), con
riferimento agli infortuni superiori ad un giorno;
m) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro
per ciascun lavoratore, in caso di violazione dell'articolo 26,
comma 8;
n) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 1.000 a euro
3.000 in caso di violazione dall'articolo 18, comma 1, lettera s);
o) con la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 500 in caso
di violazione dall'articolo 18, comma 1, lettera aa).
5. L'applicazione della sanzione di cui al comma 4, lettera i),
esclude l'applicazione delle sanzioni conseguenti alla violazione
dell'articolo 53 del testo unico delle disposizioni per
l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124.


Nota all'art. 55:
- Il testo dell'art. 53 del decreto del Presidente
della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (testo unico delle
disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali), e' il
seguente:
«Art. 53. - Il datore di lavoro e' tenuto a denunciare
all'Istituto assicuratore gli infortuni da cui siano
colpiti i dipendenti prestatori d'opera, e che siano
prognosticati non guaribili entro tre giorni,
indipendentemente da ogni valutazione circa la ricorrenza
degli estremi di legge per l'indennizzabilita'. La denuncia
dell'infortunio deve essere fatta con le modalita' di cui
all'art. 13 entro due giorni da quello in cui il datore di
lavoro ne ha avuto notizia e deve essere corredata da
certificato medico. Qualora il datore di lavoro effettui la
denuncia di infortunio per via telematica, il certificato
medico deve essere inviato solo su espressa richiesta
dell'Istituto assicuratore nelle ipotesi in cui non sia
stato direttamente inviato dal lavoratore o dal medico
certificatore.
Se si tratta di infortunio che abbia prodotto la morte
o per il quale sia preveduto il pericolo di morte, la
denuncia deve essere fatta per telegrafo entro ventiquattro
ore dall'infortunio.
Qualora l'inabilita' per un infortunio prognosticato
guaribile entro tre giorni si prolunghi al quarto il
termine per la denuncia decorre da quest'ultimo giorno.
La denuncia dell'infortunio ed il certificato medico
debbono indicare, oltre alle generalita' dell'operaio, il
giorno e l'ora in cui e' avvenuto l'infortunio, le cause e
le circostanze di esso, anche in riferimento ad eventuali
deficienze di misure di igiene e di prevenzione, la natura
e la precisa sede anatomica della lesione, il rapporto con
le cause denunciate, le eventuali alterazioni preesistenti.
La denuncia delle malattie professionali deve essere
trasmessa sempre con le modalita' di cui all'art. 13 dal
datore di lavoro all'Istituto assicuratore, corredata da
certificato medico, entro i cinque giorni successivi a
quello nel quale il prestatore d'opera ha fatto denuncia al
datore di lavoro della manifestazione della malattia. Il
certificato medico deve contenere, oltre l'indicazione del
domicilio dell'ammalato e del luogo dove questi si trova
ricoverato, una relazione particolareggiata della
sintomatologia accusata dall'ammalato stesso e di quella
rilevata dal medico certificatore. I medici certificatori
hanno l'obbligo di fornire all'Istituto assicuratore tutte
le notizie che esso reputi necessarie.
Nella denuncia debbono essere, altresi', indicati le
ore lavorate e il salario percepito dal lavoratore
assicurato nei quindici giorni precedenti quello
dell'infortunio o della malattia professionale.
Per gli addetti alla navigazione marittima ed alla
pesca marittima la denuncia deve essere fatta dal capitano
o padrone preposto al comando della nave o del galleggiante
o, in caso di loro impedimento, dall'armatore all'Istituto
assicuratore e all'autorita' portuale o consolare
competente. Quando l'infortunio si verifichi durante la
navigazione, la denuncia deve essere fatta il giorno del
primo approdo dopo l'infortunio. Il certificato medico, che
deve corredare la denuncia di infortunio, deve essere
rilasciato dal medico di bordo o, in mancanza di esso, da
un medico del luogo di primo approdo sia nel territorio
nazionale sia all'estero.
I contravventori alle precedenti disposizioni sono
puniti con la sanzione amministrativa da lire
cinquecentomila a lire tremilioni.».

Capo IV
Disposizioni penali
Sezione I
SANZIONI

Art. 56.
Sanzioni per il preposto

1. I preposti sono puniti nei limiti dell'attivita' alla quale sono
tenuti in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto da uno a tre mesi o con l'ammenda da 500 a 2.000
euro per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere a), e), f);
b) con l'arresto sino a un mese o con l'ammenda da 300 a 900 euro
per la violazione dell'articolo 19, comma 1, lettere b), c), d);
c) con l'ammenda da 300 a 900 euro per la violazione
dell'articolo 19, comma 1, lettera g).

Capo IV
Disposizioni penali
Sezione I
SANZIONI

Art. 57.
Sanzioni per i progettisti, i fabbricanti i fornitori e gli
installatori

1. I progettisti che violano il disposto dell'articolo 22 sono
puniti con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 600 a 2.000
euro.
2. I fabbricanti e i fornitori che violano il disposto
dell'articolo 23 sono puniti con l'arresto da quattro a otto mesi o
con l'ammenda da 15.000 a 45.000 euro.
3. Gli installatori che violano il disposto dell'articolo 24 sono
puniti con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 3.000
euro.

Capo IV
Disposizioni penali
Sezione I
SANZIONI

Art. 58.
Sanzioni per il medico competente

1. Il medico competente e' punito:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 500 a 2.500
euro per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettere d), e)
e f);
b) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.500
euro per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettere b), c)
e g);
c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 5.000
euro per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettera l);
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 3.000
euro per la violazione dell'articolo 25, comma 1, lettere h), i)
e m), e per la violazione dell'articolo 41, comma 5;
e) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 a 10.500
euro per la violazione dell'articolo 40, comma 1.

Capo IV
Disposizioni penali
Sezione I
SANZIONI

Art. 59.
Sanzioni per i lavoratori

1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 600 euro
per la violazione dell'articolo 20, comma 2,
lettere b), c), d), e), f), g), h) e i);
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro per
la violazione dell'articolo 20 comma 3; la stessa sanzione si applica
ai lavoratori autonomi di cui alla medesima disposizione.

Capo IV
Disposizioni penali
Sezione I
SANZIONI

Art. 60.
Sanzioni per i componenti dell'impresa familiare, i lavoratori
autonomi, i piccoli imprenditori e i soci delle societa' semplici
operanti nel settore agricolo

1. I soggetti di cui all'articolo 21 sono puniti:
a) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 2.000 euro
per la violazione dell'articolo 21, comma 1, lettere a) e b);
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50 a 300 euro per
la violazione dell'articolo 21, comma 1, lettera c).

Sezione II
DISPOSIZIONI IN TEMA DI PROCESSO PENALE

Art. 61.
Esercizio dei diritti della persona offesa

1. In caso di esercizio dell'azione penale per i delitti di
omicidio colposo o di lesioni personali colpose, se il fatto e'
commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli
infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbia
determinato una malattia professionale, il pubblico ministero ne da'
immediata notizia all'INAIL ed all'IPSEMA, in relazione alle
rispettive competenze, ai fini dell'eventuale costituzione di parte
civile e dell'azione di regresso.
2. Le organizzazioni sindacali e le associazioni dei familiari
delle vittime di infortuni sul lavoro hanno facolta' di esercitare i
diritti e le facolta' della persona offesa di cui agli articoli 91 e
92 del codice di procedura penale, con riferimento ai reati commessi
con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una
malattia professionale.


Note all'art. 61:
- Il testo degli articoli 91 e 92 del codice di
procedura penale, e' il seguente:
«Art. 91 (Diritti e facolta' degli enti e delle
associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato).
- 1. Gli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai
quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si
procede, sono state riconosciute, in forza di legge,
finalita' di tutela degli interessi lesi dal reato, possono
esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i
diritti e le facolta' attribuiti alla persona offesa dal
reato.».
«Art. 92 (Consenso della persona offesa). -
1. L'esercizio dei diritti e delle facolta' spettanti agli
enti e alle associazioni rappresentativi di interessi lesi
dal reato e' subordinato al consenso della persona offesa.
2. Il consenso deve risultare da atto pubblico o da
scrittura privata autenticata e puo' essere prestato a non
piu' di uno degli enti o delle associazioni. Einefficace il
consenso prestato a piu' enti o associazioni.
3. Il consenso puo' essere revocato in qualsiasi
momento con le forme previste dal comma 2.
4. La persona offesa che ha revocato il consenso non
puo' prestarlo successivamente ne' allo stesso ne' ad altro
ente o associazione.».

Titolo II
LUOGHI DI LAVORO
Capo I
Disposizioni generali

Art. 62.
Definizioni

1. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo I, unicamente ai
fini dell'applicazione del presente titolo, si intendono per luoghi
di lavoro:
a) i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati
all'interno dell'azienda o dell'unita' produttiva, nonche' ogni altro
luogo di pertinenza dell'azienda o dell'unita' produttiva accessibile
al lavoratore nell'ambito del proprio lavoro;
b) i campi, i boschi e altri terreni facenti parte di un'azienda
agricola o forestale.
2. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano:
a) ai mezzi di trasporto;
b) ai cantieri temporanei o mobili;
c) alle industrie estrattive;
d) ai pescherecci.

Titolo II
LUOGHI DI LAVORO
Capo I
Disposizioni generali

Art. 63.
Requisiti di salute e di sicurezza

1. I luoghi di lavoro devono essere conformi ai requisiti indicati
nell'allegato IV.
2. I luoghi di lavoro devono essere strutturati tenendo conto, se
del caso, dei lavoratori disabili.
3. L'obbligo di cui al comma 2 vige in particolare per le porte, le
vie di circolazione, le scale, le docce, i gabinetti ed i posti di
lavoro utilizzati ed occupati direttamente da lavoratori disabili.
4. La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai luoghi di
lavoro gia' utilizzati prima del 1° gennaio 1993; in ogni caso devono
essere adottate misure idonee a consentire la mobilita' e
l'utilizzazione dei servizi sanitari e di igiene personale.
5. Ove vincoli urbanistici o architettonici ostino agli adempimenti
di cui al comma 1 il datore di lavoro, previa consultazione del
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e previa
autorizzazione dell'organo di vigilanza territorialmente competente,
adotta le misure alternative che garantiscono un livello di sicurezza
equivalente.
6. I requisiti di sicurezza e di salute relativi a campi, boschi e
altri terreni facenti parte di una azienda agricola o forestale, sono
specificati nel punto 7 dell'allegato IV.

Titolo II
LUOGHI DI LAVORO
Capo I
Disposizioni generali

Art. 64.
Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) i luoghi di lavoro siano conformi ai requisiti di cui
all'articolo 63, commi 1, 2 e 3;
b) le vie di circolazione interne o all'aperto che conducono a
uscite o ad uscite di emergenza e le uscite di emergenza siano
sgombre allo scopo di consentirne l'utilizzazione in ogni evenienza;
c) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano
sottoposti a regolare manutenzione tecnica e vengano eliminati,
quanto piu' rapidamente possibile, i difetti rilevati che possano
pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori;
d) i luoghi di lavoro, gli impianti e i dispositivi vengano
sottoposti a regolare pulitura, onde assicurare condizioni igieniche
adeguate;
e) gli impianti e i dispositivi di sicurezza, destinati alla
prevenzione o all'eliminazione dei pericoli, vengano sottoposti a
regolare manutenzione e al controllo del loro funzionamento.

Titolo II
LUOGHI DI LAVORO
Capo I
Disposizioni generali

Art. 65.
Locali sotterranei o semisotterranei

1. E' vietato destinare al lavoro locali chiusi sotterranei o
semisotterranei.
2. In deroga alle disposizioni di cui al comma 1, possono essere
destinati al lavoro locali chiusi sotterranei o semisotterranei,
quando ricorrano particolari esigenze tecniche. In tali casi il
datore di lavoro provvede ad assicurare idonee condizioni di
aerazione, di illuminazione e di microclima.
3. L'organo di vigilanza puo' consentire l'uso dei locali chiusi
sotterranei o semisotterranei anche per altre lavorazioni per le
quali non ricorrono le esigenze tecniche, quando dette lavorazioni
non diano luogo ad emissioni di agenti nocivi, sempre che siano
rispettate le norme del presente decreto legislativo e si sia
provveduto ad assicurare le condizioni di cui al comma 2.

Titolo II
LUOGHI DI LAVORO
Capo I
Disposizioni generali

Art. 66.
Lavori in ambienti sospetti di inquinamento

1. E' vietato consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi neri,
fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e
recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il
rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata
l'assenza di pericolo per la vita e l'integrita' fisica dei
lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell'atmosfera
mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi
dubbio sulla pericolosita' dell'atmosfera, i lavoratori devono essere
legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del
lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione.
L'apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da
poter consentire l'agevole recupero di un lavoratore privo di sensi.

Titolo II
LUOGHI DI LAVORO
Capo I
Disposizioni generali

Art. 67.
Notifiche all'organo di vigilanza competente per territorio

1. La costruzione e la realizzazione di edifici o locali da adibire
a lavorazioni industriali, nonche' gli ampliamenti e le
ristrutturazioni di quelli esistenti, devono essere eseguiti nel
rispetto della normativa di settore ed essere notificati all'organo
di vigilanza competente per territorio.
2. La notifica di cui al comma 1 deve indicare gli aspetti
considerati nella valutazione e relativi:
a) alla descrizione dell'oggetto delle lavorazioni e delle
principali modalita' di esecuzione delle stesse;
b) alla descrizione delle caratteristiche dei locali e degli
impianti.
L'organo di vigilanza territorialmente competente puo' chiedere
ulteriori dati e prescrivere modificazioni in relazione ai dati
notificati.
3. La notifica di cui al presente articolo si applica ai luoghi di
lavoro ove e' prevista la presenza di piu' di tre lavoratori.
4. La notifica di cui al presente articolo e' valida ai fini delle
eliminazioni e delle semplificazioni di cui all'articolo 53, comma 5.

Capo II
Sanzioni

Art. 68.
Sanzioni per il datore di lavoro

1. Il datore di lavoro e' punito:
a) con l'arresto da sei a dodici mesi o con l'ammenda da 4.000 a
16.000 euro per la violazione dell'articolo 66;
b) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a
10.000 euro per la violazione degli articoli 64 e 65, commi 1 e 2;
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 a 2.500
euro per la violazione dell'articolo 67, commi 1 e 2.

Titolo III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE
Capo I
Uso delle attrezzature di lavoro

Art. 69.
Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente titolo si
intende per:
a) attrezzatura di lavoro: qualsiasi macchina, apparecchio,
utensile o impianto destinato ad essere usato durante il lavoro;
b) uso di una attrezzatura di lavoro: qualsiasi operazione
lavorativa connessa ad una attrezzatura di lavoro, quale la messa in
servizio o fuori servizio, l'impiego, il trasporto, la riparazione,
la trasformazione, la manutenzione, la pulizia, il montaggio, lo
smontaggio;
c) zona pericolosa: qualsiasi zona all'interno ovvero in
prossimita' di una attrezzatura di lavoro nella quale la presenza di
un lavoratore costituisce un rischio per la salute o la sicurezza
dello stesso;
d) lavoratore esposto: qualsiasi lavoratore che si trovi
interamente o in parte in una zona pericolosa;
e) operatore: il lavoratore incaricato dell'uso di una
attrezzatura di lavoro.

Titolo III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE
Capo I
Uso delle attrezzature di lavoro

Art. 70.
Requisiti di sicurezza

1. Salvo quanto previsto al comma 2, le attrezzature di lavoro
messe a disposizione dei lavoratori devono essere conformi alle
specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento
delle direttive comunitarie di prodotto.
2. Le attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni
legislative e regolamentari di cui al comma 1, e quelle messe a
disposizione dei lavoratori antecedentemente all'emanazione di norme
legislative e regolamentari di recepimento delle direttive
comunitarie di prodotto, devono essere conformi ai requisiti generali
di sicurezza di cui all'allegato V.
3. Si considerano conformi alle disposizioni di cui al comma 2 le
attrezzature di lavoro costruite secondo le prescrizioni dei decreti
ministeriali adottati ai sensi dell'articolo 395 del decreto
Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ovvero
dell'articolo 28 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.
4. Qualora gli organi di vigilanza, nell'espletamento delle loro
funzioni ispettive, in materia di salute e sicurezza sui luoghi di
lavoro, accertino che un'attrezzatura di lavoro messa a disposizione
dei lavoratori dopo essere stata immessa sul mercato o messa in
servizio ai sensi della direttiva di prodotto, in tutto o in parte,
risulta non rispondente a uno o piu' requisiti essenziali di
sicurezza previsti dalle disposizioni legislative e regolamentari di
cui al comma 2, ne informano immediatamente l'autorita' nazionale di
sorveglianza del mercato competente per tipo di prodotto. In tale
caso le procedure previste dagli articoli 20 e 21 del decreto
legislativo 19 dicembre 1994, n. 758, vengono espletate:
a) dall'organo di vigilanza che ha rilevato la non rispondenza in
sede di utilizzo, nei confronti del datore di lavoro utilizzatore
dell'esemplare di attrezzatura oggetto dell'accertamento, mediante
apposita prescrizione a rimuovere la situazione di rischio
determinata dalla mancata rispondenza ad uno o piu' requisiti
essenziali di sicurezza;
b) dall'organo di vigilanza territorialmente competente, nei
confronti del fabbricante e dei soggetti della catena della
distribuzione, alla conclusione dell'accertamento tecnico effettuato
dall'autorita' nazionale per la sorveglianza del mercato.


Note all'art. 70:
- Il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile
1955, n. 547, abrogato dal presente decreto, recava: «Norme
per la prevenzione degli infortuni sul lavoro».
- Il testo dell'art. 28 del citato decreto legislativo
n. 626 del 1994, e' il seguente:
«Art. 28 (Adeguamenti al progresso tecnico). - 1. Con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con i Ministri della sanita' e dell'industria,
del commercio e dell'artigianato, sentita la commissione
consultiva permanente:
a) e' riconosciuta la conformita' alle vigenti norme
per la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di
lavoro di mezzi e sistemi di sicurezza;
b) si da' attuazione alle direttive in materia di
sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro della
Comunita' europea per le parti in cui modificano modalita'
esecutive e caratteristiche di ordine tecnico di altre
direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale;
c) si provvede all'adeguamento della normativa di
natura strettamente tecnica e degli allegati al presente
decreto in relazione al progresso tecnologico.».
- Il testo degli articoli 20 e 21 del citato decreto
legislativo n. 758 del 1994, e' il seguente:
«Art. 20 (Prescrizione). - 1. Allo scopo di eliminare
la contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza,
nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui
all'art. 55 del codice di procedura penale, impartisce al
contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la
regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di
tempo tecnicamente necessario. Tale termine e' prorogabile
a richiesta del contravventore, per la particolare
complessita' o per l'oggettiva difficolta'
dell'adempimento. In nessun caso esso puo' superare i sei
mesi. Tuttavia, quando specifiche circostanze non
imputabili al contravventore determinano un ritardo nella
regolarizzazione, il termine di sei mesi puo' essere
prorogato per una sola volta, a richiesta del
contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei
mesi, con provvedimento motivato che e' comunicato
immediatamente al pubblico ministero.
2. Copia della prescrizione e' notificata o comunicata
anche al rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al
servizio del quale opera il contravventore.
3. Con la prescrizione l'organo di vigilanza puo'
imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo
per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il
lavoro.
4. Resta fermo l'obbligo dell'organo di vigilanza di
riferire al pubblico ministero la notizia di reato inerente
alla contravvenzione ai sensi dell'art. 347 del codice di
procedura penale.».
«Art. 21 (Verifica dell'adempimento). - 1. Entro e non
oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato
nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la
violazione e' stata eliminata secondo le modalita' e nel
termine indicati dalla prescrizione.
2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione,
l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in
sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una
somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per
la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla
scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo
di vigilanza comunica al pubblico ministero l'adempimento
alla prescrizione, nonche' l'eventuale pagamento della
predetta somma.
3. Quando risulta l'inadempimento alla prescrizione,
l'organo di vigilanza ne da' comunicazione al pubblico
ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla
scadenza del termine fissato nella prescrizione.».

Titolo III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE
Capo I
Uso delle attrezzature di lavoro

Art. 71.
Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori
attrezzature conformi ai requisiti di cui all'articolo precedente,
idonee ai fini della salute e sicurezza e adeguate al lavoro da
svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate
conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle
direttive comunitarie.
2. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di
lavoro prende in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da
svolgere;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse;
d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature
gia' in uso.
3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi
connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che
dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo
condizioni per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure
tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell'allegato VI.
4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche':
a) le attrezzature di lavoro siano:
1) installate ed utilizzate in conformita' alle istruzioni
d'uso;
2) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel
tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza di cui all'articolo 70
e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso e
libretto di manutenzione;
3) assoggettate alle misure di aggiornamento dei requisiti
minimi di sicurezza stabilite con specifico provvedimento
regolamentare adottato in relazione alle prescrizioni di cui
all'articolo 18, comma 1, lettera z);
b) siano curati la tenuta e l'aggiornamento del registro di
controllo delle attrezzature di lavoro per cui lo stesso e' previsto.
5. Le modifiche apportate alle macchine quali definite
all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica
24 luglio 1996, n. 459, per migliorarne le condizioni di sicurezza
non configurano immissione sul mercato ai sensi dell'articolo 1,
comma 3, secondo periodo, sempre che non comportino modifiche delle
modalita' di utilizzo e delle prestazioni previste dal costruttore.
6. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche' il
posto di lavoro e la posizione dei lavoratori durante l'uso delle
attrezzature presentino requisiti di sicurezza e rispondano ai
principi dell'ergonomia.
7. Qualora le attrezzature richiedano per il loro impiego
conoscenze o responsabilita' particolari in relazione ai loro rischi
specifici, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche':
a) l'uso dell'attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori
allo scopo incaricati che abbiano ricevuto una formazione adeguata e
specifica;
b) in caso di riparazione, di trasformazione o manutenzione, i
lavoratori interessati siano qualificati in maniera specifica per
svolgere detti compiti.
8. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il datore di lavoro
provvede affinche':
1) le attrezzature di lavoro la cui sicurezza dipende dalle
condizioni di installazione siano sottoposte a un controllo iniziale
(dopo l'installazione e prima della messa in esercizio) e ad un
controllo dopo ogni montaggio in un nuovo cantiere o in una nuova
localita' di impianto, al fine di assicurarne l'installazione
corretta e il buon funzionamento;
2) le attrezzature soggette a influssi che possono provocare
deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose
siano sottoposte:
1. a controlli periodici, secondo frequenze stabilite in base
alle indicazioni fornite dai fabbricanti, ovvero dalle norme di buona
tecnica, o in assenza di queste ultime, desumibili dai codici di
buona prassi;
2. a controlli straordinari al fine di garantire il
mantenimento di buone condizioni di sicurezza, ogni volta che
intervengano eventi eccezionali che possano avere conseguenze
pregiudizievoli per la sicurezza delle attrezzature di lavoro, quali
riparazioni, trasformazioni, incidenti, fenomeni naturali o periodi
prolungati di inattivita';
c) i controlli di cui alle lettere a) e b) sono volti ad
assicurare il buono stato di conservazione e l'efficienza a fini di
sicurezza delle attrezzature di lavoro e devono essere effettuati da
persona competente.
9. I risultati dei controlli di cui al comma 8 devono essere
riportati per iscritto e, almeno quelli relativi agli ultimi tre
anni, devono essere conservati e tenuti a disposizione degli organi
di vigilanza.
10. Qualora le attrezzature di lavoro di cui al comma 8 siano usate
al di fuori della sede dell'unita' produttiva devono essere
accompagnate da un documento attestante l'esecuzione dell'ultimo
controllo con esito positivo.
11. Oltre a quanto previsto dal comma 8, il datore di lavoro
sottopone le attrezzature di lavoro riportate in allegato VII a
verifiche periodiche, con la frequenza indicata nel medesimo
allegato. La prima di tali verifiche e' effettuata dall'ISPESL e le
successive dalle ASL. Le verifiche sono onerose e le spese per la
loro effettuazione sono a carico del datore di lavoro.
12. Per l'effettuazione delle verifiche di cui al comma 11, le ASL
e l'ISPESL possono avvalersi del supporto di soggetti pubblici o
privati abilitati. I soggetti privati abilitati acquistano la
qualifica di incaricati di pubblico servizio e rispondono
direttamente alla struttura pubblica titolare della funzione.
13. Le modalita' di effettuazione delle verifiche periodiche di cui
all'allegato VII, nonche' i criteri per l'abilitazione dei soggetti
pubblici o privati di cui al comma precedente sono stabiliti con
decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e del
Ministro della salute, sentita la Conferenza permanente per i
rapporti tra Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in
vigore del presente decreto.
14. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
sentiti i Ministri della salute e dello sviluppo economico, d'intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e
province autonome di Trento e di Bolzano e sentita la Commissione
consultiva di cui all'articolo 6, vengono apportate le modifiche
all'allegato VII relativamente all'elenco delle attrezzature di
lavoro da sottoporre alle verifiche di cui al comma 11.


Note all'art. 71:
- Il testo dell'art. 1, comma 2 del Presidente della
Repubblica 24 luglio 1996, n. 459 (Regolamento per
l'attuazione delle direttive 89/392/CEE, 91/368/CEE,
93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative alle macchine), e'
il seguente:
«Art. 1 (Campo di applicazione e definizioni). -
1. (Omissis).
2. Ai fini del presente regolamento, si intende per:
a) macchina:
1) un insieme di pezzi o di organi, di cui almeno
uno mobile, collegati tra loro, anche mediante attuatori,
con circuiti di comando e di potenza o altri sistemi di
collegamento, connessi solidalmente per una applicazione
ben determinata, segnatamente per la trasformazione, il
trattamento, lo spostamento o il condizionamento di
materiali;
2) un insieme di macchine e di apparecchi che, per
raggiungere un risultato determinato, sono disposti e
comandati in modo da avere un funzionamento solidale;
3) un'attrezzatura intercambiabile che modifica la
funzione di una macchina, commercializzata per essere
montata su una macchina o su una serie di macchine diverse
o su un trattore dall'operatore stesso, nei limiti in cui
tale attrezzatura non sia un pezzo di ricambio o un
utensile;
b) componente di sicurezza:
un componente, purche' non sia un'attrezzatura
intercambiabile, che il costruttore o il suo mandatario
stabilito nell'Unione europea immette sul mercato allo
scopo di assicurare, con la sua utilizzazione, una funzione
di sicurezza e il cui guasto o cattivo funzionamento
pregiudica la sicurezza o la salute delle persone esposte.
3. Si intende per immissione sul mercato la prima messa
a disposizione sul mercato dell'Unione europea, a titolo
oneroso o gratuito, di una macchina o di un componente di
sicurezza per la sua distribuzione o impiego. Si
considerano altresi' immessi sul mercato la macchina o il
componente di sicurezza messi a disposizione dopo aver
subito modifiche costruttive non rientranti nella ordinaria
o straordinaria manutenzione.
4. Si intende per messa in servizio:
a) la prima utilizzazione della macchina o del
componente di sicurezza sul territorio dell'Unione europea;
b) l'utilizzazione della macchina o del componente di
sicurezza costruiti sulla base della legislazione
precedente e gia' in servizio alla data di entrata in
vigore del presente regolamento, qualora siano stati
assoggettati a variazioni delle modalita' di utilizzo non
previste direttamente dal costruttore.
5. Sono esclusi dal campo di applicazione del presente
regolamento:
a) le macchine la cui unica fonte di energia sia
quella prodotta dalla forza umana direttamente applicata,
ad eccezione delle macchine per il sollevamento di carichi
ovvero di persone;
b) le macchine per uso medico destinate all'impiego
diretto sul paziente;
c) le attrezzature specifiche per i parchi di
divertimento;
d) le caldaie a vapore e i recipienti a pressione;
e) le macchine specificamente progettate o destinate
ad uso nucleare che, se difettose, possono provocare
emissioni di radioattivita';
f) le fonti radioattive incorporate in una macchina;
g) le armi da fuoco;
h) i serbatoi di immagazzinamento e le condutture per
il trasporto di benzina, gasolio per autotrazione, liquidi
infiammabili e sostanze pericolose;
i) i mezzi di trasporto aerei, stradali, ferroviari o
per via d'acqua destinati unicamente al trasporto di
persone e quelli destinati al trasporto delle merci per la
sola parte inerente la funzione del trasporto. Non sono
esclusi dal campo di applicazione del presente regolamento
i veicoli destinati all'industria estrattiva;
l) le navi e le unita' mobili offshore, nonche' le
attrezzature destinate ad essere utilizzate a bordo di tali
navi o unita';
m) gli impianti a fune, comprese le funicolari, per
il trasporto pubblico o non pubblico di persone;
n) i trattori agricoli e forestali quali definiti al
paragrafo 1 dell'art. 1 della direttiva 74/150/CEE,
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri relative all'omologazione dei trattori
agricoli o forestali a ruote, modificata da ultimo dalla
direttiva 86/297/CEE;
o) le macchine appositamente progettate e costruite a
fini militari o di mantenimento dell'ordine;
p) gli ascensori che collegano in modo permanente
piani definiti di edifici e costruzioni mediante una cabina
che si sposta lungo guide rigide la cui inclinazione
sull'orizzontale e' superiore a 15 gradi, destinata al
trasporto:
1) di persone;
2) di persone e cose;
3) soltanto di cose se la cabina e' accessibile,
ossia se una persona puo' penetrarvi senza difficolta', e
attrezzata con elementi di comando situati al suo interno o
alla portata di una persona che si trovi al suo interno;
q) i mezzi destinati al trasporto di persone che
utilizzano veicoli a cremagliera;
r) gli ascensori utilizzati nei pozzi delle miniere;
s) gli elevatori di scenotecnica;
t) gli ascensori da cantiere per il trasporto di
persone o di persone e materiale.
6. Ai sensi dell'art. 20 della legge 16 aprile 1987, n.
183, con decreto del Ministro dell'industria, del commercio
e dell'artigianato, di concerto con il Ministro del lavoro
e della previdenza sociale, sono adottate le modifiche del
presente regolamento concernenti modalita' esecutive e
caratteristiche di ordine tecnico.».

Titolo III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE
Capo I
Uso delle attrezzature di lavoro

Art. 72.
Obblighi dei noleggiatori e dei concedenti in uso

1. Chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria
attrezzature di lavoro di cui all'articolo 70, comma 2, deve
attestare, sotto la propria responsabilita', che le stesse siano
conformi, al momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso,
noleggio o locazione finanziaria, ai requisiti di sicurezza di cui
all'allegato V.
2. Chiunque noleggi o conceda in uso ad un datore di lavoro
attrezzature di lavoro senza conduttore deve, al momento della
cessione, attestarne il buono stato di conservazione, manutenzione ed
efficienza a fini di sicurezza. Dovra' altresi' acquisire e
conservare agli atti per tutta la durata del noleggio o della
concessione dell'attrezzatura una dichiarazione del datore di lavoro
che riporti l'indicazione del lavoratore o dei lavoratori incaricati
del loro uso, i quali devono risultare formati conformemente alle
disposizioni del presente titolo.

Titolo III
USO DELLE ATTREZZATURE DI LAVORO E DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
INDIVIDUALE
Capo I
Uso delle attrezzature di lavoro

Art. 73.
Informazione e formazione

1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37 il
datore di lavoro provvede, affinche' per ogni attrezzatura di lavoro
messa a disposizione, i lavoratori incaricati dell'uso dispongano di
ogni necessaria informazione e istruzione e ricevano una formazione
adeguata in rapporto alla sicurezza relativamente:
a) alle condizioni di impiego delle attrezzature;
b) alle situazioni anormali prevedibili.
2. Il datore di lavoro provvede altresi' a informare i lavoratori
sui rischi cui sono esposti durante l'uso delle attrezzature di
lavoro, sulle attrezzature di lavoro presenti nell'ambiente
immediatamente circostante, anche se da essi non usate direttamente,
nonche' sui cambiamenti di tali attrezzature.
3. Le informazioni e le istruzioni d'uso devono risultare
comprensibili ai lavoratori interessati.
4. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori incaricati
dell'uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e
responsabilita' particolari di cui all'articolo 71, comma 7, ricevano
una formazione adeguata e specifica, tale da consentirne l'utilizzo
delle attrezzature in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai
rischi che possano essere causati ad altre persone.
5. In sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono
individuate le attrezzature di lavoro per le quali e' richiesta una
specifica abilitazione degli operatori nonche' le modalita' per il
riconoscimento di tale abilitazione, i soggetti formatori, la durata,
gli indirizzi ed i requisiti minimi di validita' della formazione.

Capo II
Uso dei dispositivi di protezione individuale

Art. 74.
Definizioni

1. Si intende per dispositivo di protezione individuale, di seguito
denominato «DPI», qualsiasi attrezzatura destinata ad essere
indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro
uno o piu' rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la
salute durante il lavoro, nonche' ogni complemento o accessorio
destinato a tale scopo.
2. Non costituiscono DPI:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non
specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del
lavoratore;
b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio;
c) le attrezzature di protezione individuale delle forze armate,
delle forze di polizia e del personale del servizio per il
mantenimento dell'ordine pubblico;
d) le attrezzature di protezione individuale proprie dei mezzi di
trasporto stradali;
e) i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente
sportivi e non per attivita' lavorative;
f) i materiali per l'autodifesa o per la dissuasione;
g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e
fattori nocivi.

Capo II
Uso dei dispositivi di protezione individuale

Art. 75.
Obbligo di uso

1. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere
evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione,
da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti
di riorganizzazione del lavoro.

Capo II
Uso dei dispositivi di protezione individuale

Art. 76.
Requisiti dei DPI

1. I DPI devono essere conformi alle norme di cui al decreto
legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, e sue successive modificazioni.
2. I DPI di cui al comma 1 devono inoltre:
a) essere adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di
per se' un rischio maggiore;
b) essere adeguati alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro;
c) tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del
lavoratore;
d) poter essere adattati all'utilizzatore secondo le sue
necessita'.
3. In caso di rischi multipli che richiedono l'uso simultaneo di
piu' DPI, questi devono essere tra loro compatibili e tali da
mantenere, anche nell'uso simultaneo, la propria efficacia nei
confronti del rischio e dei rischi corrispondenti.


Note all'art. 76:
- Il testo del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n.
475 (Attuazione della direttiva 89/686/CEE del Consiglio
del 21 dicembre 1989, in materia di ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri relative ai dispositivi di
protezione individuale e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 9 dicembre 1992, n. 289, supplemento ordinario.

Capo II
Uso dei dispositivi di protezione individuale

Art. 77.
Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro ai fini della scelta dei DPI:
a) effettua l'analisi e la valutazione dei rischi che non possono
essere evitati con altri mezzi;
b) individua le caratteristiche dei DPI necessarie affinche'
questi siano adeguati ai rischi di cui alla lettera a), tenendo conto
delle eventuali ulteriori fonti di rischio rappresentate dagli stessi
DPI;
c) valuta, sulla base delle informazioni e delle norme d'uso
fornite dal fabbricante a corredo dei DPI, le caratteristiche dei DPI
disponibili sul mercato e le raffronta con quelle individuate alla
lettera b);
d) aggiorna la scelta ogni qualvolta intervenga una variazione
significativa negli elementi di valutazione.
2. Il datore di lavoro, anche sulla base delle norme d'uso fornite
dal fabbricante, individua le condizioni in cui un DPI deve essere
usato, specie per quanto riguarda la durata dell'uso, in funzione di:
a) entita' del rischio;
b) frequenza dell'esposizione al rischio;
c) caratteristiche del posto di lavoro di ciascun lavoratore;
d) prestazioni del DPI.
3. Il datore di lavoro, sulla base delle indicazioni del decreto di
cui all'articolo 79, comma 2, fornisce ai lavoratori DPI conformi ai
requisiti previsti dall'articolo 76.
4. Il datore di lavoro:
a) mantiene in efficienza i DPI e ne assicura le condizioni
d'igiene, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni
necessarie e secondo le eventuali indicazioni fornite dal
fabbricante;
b) provvede a che i DPI siano utilizzati soltanto per gli usi
previsti, salvo casi specifici ed eccezionali, conformemente alle
informazioni del fabbricante;
c) fornisce istruzioni comprensibili per i lavoratori;
d) destina ogni DPI ad un uso personale e, qualora le circostanze
richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di piu' persone, prende
misure adeguate affinche' tale uso non ponga alcun problema sanitario
e igienico ai vari utilizzatori;
e) informa preliminarmente il lavoratore dei rischi dai quali il
DPI lo protegge;
f) rende disponibile nell'azienda ovvero unita' produttiva
informazioni adeguate su ogni DPI;
g) stabilisce le procedure aziendali da seguire, al termine
dell'utilizzo, per la riconsegna e il deposito dei DPI;
h) assicura una formazione adeguata e organizza, se necessario,
uno specifico addestramento circa l'uso corretto e l'utilizzo pratico
dei DPI.
5. In ogni caso l'addestramento e' indispensabile:
a) per ogni DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre
1992, n. 475, appartenga alla terza categoria;
b) per i dispositivi di protezione dell'udito.


Nota all'art. 77:
- Per il testo del decreto legislativo n. 475 del 1992,
si veda nota all'art. 76.

Capo II
Uso dei dispositivi di protezione individuale

Art. 78.
Obblighi dei lavoratori

1. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 20, comma 2,
lettera h), i lavoratori si sottopongono al programma di formazione e
addestramento organizzato dal datore di lavoro nei casi ritenuti
necessari ai sensi dell'articolo 77 commi 4, lettera h), e 5.
2. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 20, comma 2,
lettera d), i lavoratori utilizzano i DPI messi a loro disposizione
conformemente all'informazione e alla formazione ricevute e
all'addestramento eventualmente organizzato ed espletato.
3. I lavoratori:
a) provvedono alla cura dei DPI messi a loro disposizione;
b) non vi apportano modifiche di propria iniziativa.
4. Al termine dell'utilizzo i lavoratori seguono le procedure
aziendali in materia di riconsegna dei DPI.
5. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al
dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi
rilevato nei DPI messi a loro disposizione.

Capo II
Uso dei dispositivi di protezione individuale

Art. 79.
Criteri per l'individuazione e l'uso

1. Il contenuto dell'allegato VIII, costituisce elemento di
riferimento per l'applicazione di quanto previsto all'articolo 77,
commi 1 e 4.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, sentita la
Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, tenendo
conto della natura, dell'attivita' e dei fattori specifici di rischio
sono indicati:
a) i criteri per l'individuazione e l'uso dei DPI;
b) le circostanze e le situazioni in cui, ferme restando le
priorita' delle misure di protezione collettiva, si rende necessario
l'impiego dei DPI.

Capo III
Impianti e apparecchiature elettriche

Art. 80.
Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinche' i
materiali, le apparecchiature e gli impianti elettrici messi a
disposizione dei lavoratori siano progettati, costruiti, installati,
utilizzati e manutenuti in modo da salvaguardare i lavoratori da
tutti i rischi di natura elettrica ed in particolare quelli derivanti
da:
a) contatti elettrici diretti;
b) contatti elettrici indiretti;
c) innesco e propagazione di incendi e di ustioni dovuti a
sovratemperature pericolose, archi elettrici e radiazioni;
d) innesco di esplosioni;
e) fulminazione diretta ed indiretta;
f) sovratensioni;
g) altre condizioni di guasto ragionevolmente prevedibili.
2. A tale fine il datore di lavoro esegue una valutazione dei
rischi di cui al precedente comma 1, tenendo in considerazione:
a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro, ivi
comprese eventuali interferenze;
b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;
c) tutte le condizioni di esercizio prevedibili.
3. A seguito della valutazione del rischio elettrico il datore di
lavoro adotta le misure tecniche ed organizzative necessarie ad
eliminare o ridurre al minimo i rischi presenti, ad individuare i
dispositivi di protezione collettivi ed individuali necessari alla
conduzione in sicurezza del lavoro ed a predisporre le procedure di
uso e manutenzione atte a garantire nel tempo la permanenza del
livello di sicurezza raggiunto con l'adozione delle misure di cui al
comma 1.

Capo III
Impianti e apparecchiature elettriche

Art. 81.
Requisiti di sicurezza

1. Tutti i materiali, i macchinari e le apparecchiature, nonche' le
installazioni e gli impianti elettrici ed elettronici devono essere
progettati, realizzati e costruiti a regola d'arte.
2. Ferme restando le disposizioni legislative e regolamentari di
recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, i materiali, i
macchinari, le apparecchiature, le installazioni e gli impianti di
cui al comma precedente, si considerano costruiti a regola d'arte se
sono realizzati secondo le norme di buona tecnica contenute
nell'allegato IX.
3. Le procedure di uso e manutenzione devono essere predisposte
tenendo conto delle disposizioni legislative vigenti, delle
indicazioni contenute nei manuali d'uso e manutenzione delle
apparecchiature ricadenti nelle direttive specifiche di prodotto e di
quelle indicate nelle norme di buona tecnica contenute nell'allegato
IX.

Capo III
Impianti e apparecchiature elettriche

Art. 82.
Lavori sotto tensione

1. E' vietato eseguire lavori sotto tensione. Tali lavori sono
tuttavia consentiti nei casi in cui le tensioni su cui si opera sono
di sicurezza, secondo quanto previsto dallo stato della tecnica
secondo la migliore scienza ed esperienza, nonche' quando i lavori
sono eseguiti nel rispetto delle seguenti condizioni:
a) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono
conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica;
b) per tensioni nominali non superiori a 1000 V in corrente
alternata e 1500 V in corrente continua:
1) l'esecuzione di lavori su parti in tensione deve essere
affidata a lavoratori riconosciuti dal datore di lavoro come idonei
per tale attivita' secondo le indicazioni della pertinente normativa
tecnica;
2) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono
conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica;
c) per tensioni nominali superiori a 1000 V in corrente alternata
e 1500 V in corrente continua purche':
1) i lavori su parti in tensione sono effettuati da aziende
autorizzate con specifico provvedimento dei competenti uffici del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale ad operare sotto
tensione;
2) l'esecuzione di lavori su parti in tensione e' affidata a
lavoratori abilitati dal datore di lavoro ai sensi della pertinente
normativa tecnica riconosciuti idonei per tale attivita';
3) le procedure adottate e le attrezzature utilizzate sono
conformi ai criteri definiti nelle norme di buona tecnica.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
da adottarsi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo, sono definiti i criteri per il rilascio
delle autorizzazioni di cui al comma 1, lettera c), numero 1).
3. Hanno diritto al riconoscimento di cui al comma 2 le aziende
gia' autorizzate ai sensi della legislazione vigente.

Capo III
Impianti e apparecchiature elettriche

Art. 83.
Lavori in prossimita' di parti attive

1. Non possono essere eseguiti lavori in prossimita' di linee
elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette, o
che per circostanze particolari si debbano ritenere non
sufficientemente protette, e comunque a distanze inferiori ai limiti
di cui alla tabella 1 dell'allegato IX, salvo che vengano adottate
disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i
lavoratori dai conseguenti rischi.
2. Si considerano idonee ai fini di cui al comma 1 le disposizioni
contenute nella pertinente normativa di buona tecnica.

Capo III
Impianti e apparecchiature elettriche

Art. 84.
Protezioni dai fulmini

1. Il datore di lavoro provvede affinche' gli edifici, gli
impianti, le strutture, le attrezzature, siano protetti dagli effetti
dei fulmini con sistemi di protezione realizzati secondo le norme di
buona tecnica.

Capo III
Impianti e apparecchiature elettriche

Art. 85.
Protezione di edifici, impianti strutture ed attrezzature

1. Il datore di lavoro provvede affinche' gli edifici, gli
impianti, le strutture, le attrezzature, siano protetti dai pericoli
determinati dall'innesco elettrico di atmosfere potenzialmente
esplosive per la presenza o sviluppo di gas, vapori, nebbie o polveri
infiammabili, o in caso di fabbricazione, manipolazione o deposito di
materiali esplosivi.
2. Le protezioni di cui al comma 1 si realizzano utilizzando le
specifiche disposizioni di cui al presente decreto legislativo e le
pertinenti norme di buona tecnica di cui all'allegato IX.

Capo III
Impianti e apparecchiature elettriche

Art. 86.
Verifiche

1. Ferme restando le disposizioni del decreto del Presidente della
Repubblica 22 ottobre 2001, n. 462, il datore di lavoro provvede
affinche' gli impianti elettrici e gli impianti di protezione dai
fulmini, siano periodicamente sottoposti a controllo secondo le
indicazioni delle norme di buona tecnica e la normativa vigente per
verificarne lo stato di conservazione e di efficienza ai fini della
sicurezza.
2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale e
del Ministro della salute vengono stabilite, sulla base delle
disposizioni vigenti, le modalita' ed i criteri per l'effettuazione
delle verifiche di cui al comma 1.
3. L'esito dei controlli di cui al comma 1 deve essere verbalizzato
e tenuto a disposizione dell'autorita' di vigilanza.


Note all'art. 86:
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
22 ottobre 2001, n. 462 (Regolamento di semplificazione del
procedimento per la denuncia di installazioni e dispositivi
di protezione contro le scariche atmosferiche, di
dispositivi di messa a terra di impianti elettrici e di
impianti elettrici pericolosi), e' pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale 8 gennaio 2002, n. 6.

Capo III
Impianti e apparecchiature elettriche

Art. 87.
Sanzioni a carico del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro e' punito con la pena dell'arresto da tre a
sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a 10.000 euro per la violazione:
a) dell'articolo 70, comma 1 e dell'articolo 70, comma 2,
limitatamente ai punti 3.2.1, 5.6.1, 5.6.6, 5.6.7, 5.9.1, 5.9.2,
5.13.8 e 5.13.9 dell'allegato V, parte II;
b) dell'articolo 71, commi 1, 2, 4, 7 ed 8;
c) dell'articolo 82, comma 1, 83, comma 1 e 85, comma 1.
2. Il datore di lavoro e' punito con la pena dell'arresto da due a
quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 euro a 4.000 euro per la
violazione:
a) dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti 2.10, 3.1.8,
3.1.11, 3.3.1, 5.1.3, 5.1.4, 5.5.3, 5.5.8, 5.7.1, 5.7.3, 5.12.1,
5.15.2, 5.16.2, 5.16. 4, dell'allegato V, parte II;
b) dell'articolo 71, comma 3, limitatamente ai punti 2.6, 2.11,
3.1.3, 3.1.4, 3.1.5, 3.1.6, 3.1.7, 3.2.1 dell'allegato VI.
3. Il datore di lavoro e' punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 750 a euro 2.500 per la violazione:
a) dell'articolo 70, comma 2, limitatamente ai punti diversi da
quelli indicati alle lettere a) e b) dell'allegato V, parte II, e
dell'allegato VI;
b) dell'articolo 71 commi 6 e 9 e 11;
c) dell'articolo 72, commi 1 e 2;
d) dell'articolo 86, comma 3.

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 88.
Campo di applicazione

1. Il presente capo contiene disposizioni specifiche relative alle
misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori
nei cantieri temporanei o mobili quali definiti all'articolo 89,
comma 1, lettera a).
2. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle
sostanze minerali;
b) ai lavori svolti negli impianti connessi alle attivita'
minerarie esistenti entro il perimetro dei permessi di ricerca, delle
concessioni o delle autorizzazioni;
c) ai lavori svolti negli impianti che costituiscono pertinenze
della miniera: gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le
gallerie, nonche' i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati
alla coltivazione della miniera, le opere e gli impianti destinati
all'arricchimento dei minerali, anche se ubicati fuori del perimetro
delle concessioni;
d) ai lavori di frantumazione, vagliatura, squadratura e
trasporto dei prodotti delle cave ed alle operazioni di caricamento
di tali prodotti dai piazzali;
e) alle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione e
stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio
nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e
nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;
f) ai lavori svolti in mare;
g) alle attivita' svolte in studi teatrali, cinematografici,
televisivi o in altri luoghi in cui si effettuino riprese, purche'
tali attivita' non implichino l'allestimento di un cantiere
temporaneo o mobile.

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 89.
Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si
intendono per:
a) cantiere temporaneo o mobile, di seguito denominato:
«cantiere»: qualunque luogo in cui si effettuano lavori edili o di
ingegneria civile il cui elenco e' riportato nell'allegato X.
b) committente: il soggetto per conto del quale l'intera opera
viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della
sua realizzazione. Nel caso di appalto di opera pubblica, il
committente e' il soggetto titolare del potere decisionale e di spesa
relativo alla gestione dell'appalto;
c) responsabile dei lavori: soggetto incaricato, dal committente,
della progettazione o del controllo dell'esecuzione dell'opera; tale
soggetto coincide con il progettista per la fase di progettazione
dell'opera e con il direttore dei lavori per la fase di esecuzione
dell'opera. Nel campo di applicazione del decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, il responsabile
dei lavori e' il responsabile unico del procedimento;
d) lavoratore autonomo: persona fisica la cui attivita'
professionale contribuisce alla realizzazione dell'opera senza
vincolo di subordinazione;
e) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la
progettazione dell'opera, di seguito denominato coordinatore per la
progettazione: soggetto incaricato, dal committente o dal
responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui
all'articolo 91;
f) coordinatore in materia di sicurezza e di salute durante la
realizzazione dell'opera, di seguito denominato coordinatore per
l'esecuzione dei lavori: soggetto incaricato, dal committente o dal
responsabile dei lavori, dell'esecuzione dei compiti di cui
all'articolo 92, che non puo' essere il datore di lavoro delle
imprese esecutrici o un suo dipendente o il responsabile del servizio
di prevenzione e protezione (RSPP) da lui designato;
g) uomini-giorno: entita' presunta del cantiere rappresentata
dalla somma delle giornate lavorative prestate dai lavoratori, anche
autonomi, previste per la realizzazione dell'opera;
h) piano operativo di sicurezza: il documento che il datore di
lavoro dell'impresa esecutrice redige, in riferimento al singolo
cantiere interessato, ai sensi dell'articolo 17 comma 1, lettera a),
i cui contenuti sono riportati nell'allegato XV;
i) impresa affidataria: impresa titolare del contratto di appalto
con il committente che, nell'esecuzione dell'opera appaltata, puo'
avvalersi di imprese subappaltatrici o di lavoratori autonomi;
l) idoneita' tecnico-professionale: possesso di capacita'
organizzative, nonche' disponibilita' di forza lavoro, di macchine e
di attrezzature, in riferimento alla realizzazione dell'opera.


Nota all'art. 89:
- Per il testo del decreto legislativo n. 163 del 2006,
si veda nota all'art. 26.

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 90.
Obblighi del committente o del responsabile dei lavori

1. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase di
progettazione dell'opera, ed in particolare al momento delle scelte
tecniche, nell'esecuzione del progetto e nell'organizzazione delle
operazioni di cantiere, si attiene ai principi e alle misure generali
di tutela di cui all'articolo 15. Al fine di permettere la
pianificazione dell'esecuzione in condizioni di sicurezza dei lavori
o delle fasi di lavoro che si devono svolgere simultaneamente o
successivamente tra loro, il committente o il responsabile dei lavori
prevede nel progetto la durata di tali lavori o fasi di lavoro.
2. Il committente o il responsabile dei lavori, nella fase della
progettazione dell'opera, valuta i documenti di cui all'articolo 91,
comma 1, lettere a) e b).
3. Nei cantieri in cui e' prevista la presenza di piu' imprese,
anche non contemporanea, il committente, anche nei casi di
coincidenza con l'impresa esecutrice, o il responsabile dei lavori,
contestualmente all'affidamento dell'incarico di progettazione,
designa il coordinatore per la progettazione.
4. Nel caso di cui al comma 3, il committente o il responsabile dei
lavori, prima dell'affidamento dei lavori, designa il coordinatore
per l'esecuzione dei lavori, in possesso dei requisiti di cui
all'articolo 98.
5. La disposizione di cui al comma 4 si applica anche nel caso in
cui, dopo l'affidamento dei lavori a un'unica impresa, l'esecuzione
dei lavori o di parte di essi sia affidata a una o piu' imprese.
6. Il committente o il responsabile dei lavori, qualora in possesso
dei requisiti di cui all'articolo 98, ha facolta' di svolgere le
funzioni sia di coordinatore per la progettazione sia di coordinatore
per l'esecuzione dei lavori.
7. Il committente o il responsabile dei lavori comunica alle
imprese esecutrici e ai lavoratori autonomi il nominativo del
coordinatore per la progettazione e quello del coordinatore per
l'esecuzione dei lavori. Tali nominativi sono indicati nel cartello
di cantiere.
8. Il committente o il responsabile dei lavori ha facolta' di
sostituire in qualsiasi momento, anche personalmente, se in possesso
dei requisiti di cui all'articolo 98, i soggetti designati in
attuazione dei commi 3 e 4.
9. Il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di
affidamento dei lavori ad un'unica impresa:
a) verifica l'idoneita' tecnico-professionale dell'impresa
affidataria, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi in
relazione alle funzioni o ai lavori da affidare, con le modalita' di
cui all'allegato XVII. Nei casi di cui al comma 11, il requisito di
cui al periodo che precede si considera soddisfatto mediante
presentazione da parte delle imprese del certificato di iscrizione
alla Camera di commercio, industria e artigianato e del documento
unico di regolarita' contributiva, corredato da autocertificazione in
ordine al possesso degli altri requisiti previsti dall'allegato XVII;
b) chiede alle imprese esecutrici una dichiarazione dell'organico
medio annuo, distinto per qualifica, corredata dagli estremi delle
denunce dei lavoratori effettuate all'Istituto nazionale della
previdenza sociale (INPS), all'Istituto nazionale assicurazione
infortuni sul lavoro (INAIL) e alle casse edili, nonche' una
dichiarazione relativa al contratto collettivo stipulato dalle
organizzazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative,
applicato ai lavoratori dipendenti. Nei casi di cui al comma 11, il
requisito di cui al periodo che precede si considera soddisfatto
mediante presentazione da parte delle imprese del documento unico di
regolarita' contributiva e dell'autocertificazione relativa al
contratto collettivo applicato;
c) trasmette all'amministrazione competente, prima dell'inizio
dei lavori oggetto del permesso di costruire o della denuncia di
inizio attivita', il nominativo delle imprese esecutrici dei lavori
unitamente alla documentazione di cui alle lettere a) e b). L'obbligo
di cui al periodo che precede sussiste anche in caso di lavori
eseguiti in economia mediante affidamento delle singole lavorazioni a
lavoratori autonomi, ovvero di lavori realizzati direttamente con
proprio personale dipendente senza ricorso all'appalto. In assenza
del documento unico di regolarita' contributiva, anche in caso di
variazione dell'impresa esecutrice dei lavori, l'efficacia del titolo
abilitativo e' sospesa.
10. In assenza del piano di sicurezza e di coordinamento di cui
all'articolo 100 o del fascicolo di cui all'articolo 91, comma 1,
lettera b), quando previsti, oppure in assenza di notifica di cui
all'articolo 99, quando prevista, e' sospesa l'efficacia del titolo
abilitativo. L'organo di vigilanza comunica l'inadempienza
all'amministrazione concedente.
11. In caso di lavori privati, la disposizione di cui al comma 3
non si applica ai lavori non soggetti a permesso di costruire. Si
applica in ogni caso quanto disposto dall'articolo 92, comma 2.

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 91.
Obblighi del coordinatore per la progettazione

1. Durante la progettazione dell'opera e comunque prima della
richiesta di presentazione delle offerte, il coordinatore per la
progettazione:
a) redige il piano di sicurezza e di coordinamento di cui
all'articolo 100, comma 1, i cui contenuti sono dettagliatamente
specificati nell'allegato XV;
b) predispone un fascicolo, i cui contenuti sono definiti
all'allegato XVI, contenente le informazioni utili ai fini della
prevenzione e della protezione dai rischi cui sono esposti i
lavoratori, tenendo conto delle specifiche norme di buona tecnica e
dell'allegato II al documento UE 26 maggio 1993. Il fascicolo non e'
predisposto nel caso di lavori di manutenzione ordinaria di cui
all'articolo 3, comma 1, lettera a) del testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, di
cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
2. Il fascicolo di cui al comma 1, lettera b), e' preso in
considerazione all'atto di eventuali lavori successivi sull'opera.


Note all'art. 91:
- Il testo dell'art. 3, comma 1, lettera a) del decreto
del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380
(testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia edilizia. (Testo A), e' il seguente:
«Art. 3 (Definizioni degli interventi edilizi). (Legge
5 agosto 1978, n. 457, art. 31). - 1. Ai fini del presente
testo unico si intendono per:
a) «interventi di manutenzione ordinaria», gli
interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione,
rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e
quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza
gli impianti tecnologici esistenti;».

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 92.
Obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori

1. Durante la realizzazione dell'opera, il coordinatore per
l'esecuzione dei lavori:
a) verifica, con opportune azioni di coordinamento e controllo,
l'applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori
autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di
sicurezza e di coordinamento di cui all'articolo 100 e la corretta
applicazione delle relative procedure di lavoro;
b) verifica l'idoneita' del piano operativo di sicurezza, da
considerare come piano complementare di dettaglio del piano di
sicurezza e coordinamento di cui all'articolo 100, assicurandone la
coerenza con quest'ultimo, adegua il piano di sicurezza e di
coordinamento di cui all'articolo 100 e il fascicolo di cui
all'articolo 91, comma 1, lettera b), in relazione all'evoluzione dei
lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte
delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in
cantiere, verifica che le imprese esecutrici adeguino, se necessario,
i rispettivi piani operativi di sicurezza;
c) organizza tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori
autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attivita' nonche'
la loro reciproca informazione;
d) verifica l'attuazione di quanto previsto negli accordi tra le
parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i
rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della
sicurezza in cantiere;
e) segnala al committente e al responsabile dei lavori, previa
contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi
interessati, le inosservanze alle disposizioni degli articoli 94, 95
e 96 e alle prescrizioni del piano di cui all'articolo 100, e propone
la sospensione dei lavori, l'allontanamento delle imprese o dei
lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto. Nel
caso in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti
alcun provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornire idonea
motivazione, il coordinatore per l'esecuzione da' comunicazione
dell'inadempienza alla azienda unita' sanitaria locale e alla
direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti;
f) sospende, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente
riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti
adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.
2. Nei casi di cui all'articolo 90, comma 5, il coordinatore per
l'esecuzione, oltre a svolgere i compiti di cui al comma 1, redige il
piano di sicurezza e di coordinamento e predispone il fascicolo, di
cui all'articolo 91, comma 1, lettere a) e b).

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 93.
Responsabilita' dei committenti e dei responsabili dei lavori

1. Il committente e' esonerato dalle responsabilita' connesse
all'adempimento degli obblighi limitatamente all'incarico conferito
al responsabile dei lavori. In ogni caso il conferimento
dell'incarico al responsabile dei lavori non esonera il committente
dalle responsabilita' connesse alla verifica degli adempimenti degli
obblighi di cui agli articoli 90, 92, comma 1, lettera e), e 99.
2. La designazione del coordinatore per la progettazione e del
coordinatore per l'esecuzione, non esonera il responsabile dei lavori
dalle responsabilita' connesse alla verifica dell'adempimento degli
obblighi di cui agli articoli 91, comma 1, e 92, comma 1,
lettere a), b), c) e d).

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 94.
Obblighi dei lavoratori autonomi

1. I lavoratori autonomi che esercitano la propria attivita' nei
cantieri, fermo restando gli obblighi di cui al presente decreto
legislativo, si adeguano alle indicazioni fornite dal coordinatore
per l'esecuzione dei lavori, ai fini della sicurezza.


 


 

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 95.
Misure generali di tutela

1. I datori di lavoro delle imprese esecutrici, durante
l'esecuzione dell'opera osservano le misure generali di tutela di cui
all'articolo 15 e curano, ciascuno per la parte di competenza, in
particolare:
a) il mantenimento del cantiere in condizioni ordinate e di
soddisfacente salubrita';
b) la scelta dell'ubicazione di posti di lavoro tenendo conto
delle condizioni di accesso a tali posti, definendo vie o zone di
spostamento o di circolazione;
c) le condizioni di movimentazione dei vari materiali;
d) la manutenzione, il controllo prima dell'entrata in servizio e
il controllo periodico degli impianti e dei dispositivi al fine di
eliminare i difetti che possono pregiudicare la sicurezza e la salute
dei lavoratori;
e) la delimitazione e l'allestimento delle zone di stoccaggio e
di deposito dei vari materiali, in particolare quando si tratta di
materie e di sostanze pericolose;
f) l'adeguamento, in funzione dell'evoluzione del cantiere, della
durata effettiva da attribuire ai vari tipi di lavoro o fasi di
lavoro;
g) la cooperazione tra datori di lavoro e lavoratori autonomi;
h) le interazioni con le attivita' che avvengono sul luogo,
all'interno o in prossimita' del cantiere.

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 96.
Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

1. I datori di lavoro delle imprese affidatarie e delle imprese
esecutrici, anche nel caso in cui nel cantiere operi una unica
impresa, anche familiare o con meno di dieci addetti:
a) adottano le misure conformi alle prescrizioni di cui
all'allegato XIII;
b) predispongono l'accesso e la recinzione del cantiere con
modalita' chiaramente visibili e individuabili;
c) curano la disposizione o l'accatastamento di materiali o
attrezzature in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento;
d) curano la protezione dei lavoratori contro le influenze
atmosferiche che possono compromettere la loro sicurezza e la loro
salute;
e) curano le condizioni di rimozione dei materiali pericolosi,
previo, se del caso, coordinamento con il committente o il
responsabile dei lavori;
f) curano che lo stoccaggio e l'evacuazione dei detriti e delle
macerie avvengano correttamente;
g) redigono il piano operativo di sicurezza di cui
all'articolo 89, comma 1, lettera h).
2. L'accettazione da parte di ciascun datore di lavoro delle
imprese esecutrici del piano di sicurezza e di coordinamento di cui
all'articolo 100 e la redazione del piano operativo di sicurezza
costituiscono, limitatamente al singolo cantiere interessato,
adempimento alle disposizioni di cui all'articolo 17 comma 1,
lettera a), all'articolo 18, comma 1, lettera z), e all'articolo 26,
commi 1, lettera b), e 3.

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 97.
Obblighi del datore di lavoro dell'impresa affidataria

1. Il datore di lavoro dell'impresa affidataria vigila sulla
sicurezza dei lavori affidati e sull'applicazione delle disposizioni
e delle prescrizioni del piano di sicurezza e coordinamento.
2. Gli obblighi derivanti dall'articolo 26, fatte salve le
disposizioni di cui all'articolo 96, comma 2, sono riferiti anche al
datore di lavoro dell'impresa affidataria. Per la verifica
dell'idoneita' tecnico professionale si fa riferimento alle modalita'
di cui all'allegato XVII.
3. Il datore di lavoro dell'impresa affidataria deve, inoltre:
a) coordinare gli interventi di cui agli articoli 95 e 96;
b) verificare la congruenza dei piani operativi di sicurezza
(POS) delle imprese esecutrici rispetto al proprio, prima della
trasmissione dei suddetti piani operativi di sicurezza al
coordinatore per l'esecuzione.

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 98.
Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione del
coordinatore per l'esecuzione dei lavori

1. Il coordinatore per la progettazione e il coordinatore per
l'esecuzione dei lavori devono essere in possesso dei seguenti
requisiti:
a) laurea magistrale conseguita in una delle seguenti classi:
LM-4, da LM-20 a LM-35, LM-69, LM-73, LM-74, di cui al decreto del
Ministro dell'universita' e della ricerca in data 16 marzo 2007,
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 157
del 9 luglio 2007, ovvero laurea specialistica conseguita nelle
seguenti classi: 4/S, da 25/S a 38/S, 77/S, 74/S, 86/S, di cui al
decreto del Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e
tecnologica in data 4 agosto 2000, pubblicato nel supplemento
ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 245 del 19 ottobre 2000, ovvero
corrispondente diploma di laurea ai sensi del decreto del Ministro
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca in data 5 maggio
2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 196 del 21 agosto 2004,
nonche' attestazione, da parte di datori di lavoro o committenti,
comprovante l'espletamento di attivita' lavorativa nel settore delle
costruzioni per almeno un anno;
b) laurea conseguita nelle seguenti classi L7, L8, L9, L17, L23,
di cui al predetto decreto ministeriale in data 16 marzo 2007, ovvero
laurea conseguita nelle classi 8, 9, 10, 4, di cui al citato decreto
ministeriale in data 4 agosto 2000, nonche' attestazione, da parte di
datori di lavoro o committenti, comprovante l'espletamento di
attivita' lavorative nel settore delle costruzioni per almeno due
anni;
c) diploma di geometra o perito industriale o perito agrario o
agrotecnico, nonche' attestazione, da parte di datori di lavoro o
committenti, comprovante l'espletamento di attivita' lavorativa nel
settore delle costruzioni per almeno tre anni.
2. I soggetti di cui al comma 1, devono essere, altresi', in
possesso di attestato di frequenza, con verifica dell'apprendimento
finale, a specifico corso in materia di sicurezza organizzato dalle
regioni, mediante le strutture tecniche operanti nel settore della
prevenzione e della formazione professionale, o, in via alternativa,
dall'ISPESL, dall'INAIL, dall'Istituto italiano di medicina sociale,
dai rispettivi ordini o collegi professionali, dalle universita',
dalle associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori o
dagli organismi paritetici istituiti nel settore dell'edilizia.
3. I contenuti, le modalita' e la durata dei corsi di cui al
comma 2 devono rispettare almeno le prescrizioni di cui all'allegato
XIV.
4. L'attestato di cui al comma 2 non e' richiesto per coloro che,
non piu' in servizio, abbiano svolto attivita' tecnica in materia di
sicurezza nelle costruzioni, per almeno cinque anni, in qualita' di
pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio e per coloro
che producano un certificato universitario attestante il superamento
di un esame relativo ad uno specifico insegnamento del corso di
laurea nel cui programma siano presenti i contenuti minimi di cui
all'allegato XIV, o l'attestato di partecipazione ad un corso di
perfezionamento universitario con i medesimi contenuti minimi.
L'attestato di cui al comma 2 non e' richiesto per coloro che sono in
possesso della laurea magistrale LM-26.
5. Le spese connesse all'espletamento dei corsi di cui al comma 2
sono a totale carico dei partecipanti.
6. Le regioni determinano la misura degli oneri per il
funzionamento dei corsi di cui al comma 2, da esse organizzati, da
porsi a carico dei partecipanti.

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 99.
Notifica preliminare

1. Il committente o il responsabile dei lavori, prima dell'inizio
dei lavori, trasmette all'azienda unita' sanitaria locale e alla
direzione provinciale del lavoro territorialmente competenti la
notifica preliminare elaborata conformemente all'allegato XII,
nonche' gli eventuali aggiornamenti nei seguenti casi:
a) cantieri di cui all'articolo 90, comma 3;
b) cantieri che, inizialmente non soggetti all'obbligo di
notifica, ricadono nelle categorie di cui alla lettera a) per effetto
di varianti sopravvenute in corso d'opera;
c) cantieri in cui opera un'unica impresa la cui entita' presunta
di lavoro non sia inferiore a duecento uomini-giorno.
2. Copia della notifica deve essere affissa in maniera visibile
presso il cantiere e custodita a disposizione dell'organo di
vigilanza territorialmente competente.
3. Gli organismi paritetici istituiti nel settore delle costruzioni
in attuazione dell'articolo 51 possono chiedere copia dei dati
relativi alle notifiche preliminari presso gli organi di vigilanza.

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 100.
Piano di sicurezza e di coordinamento

1. Il piano e' costituito da una relazione tecnica e prescrizioni
correlate alla complessita' dell'opera da realizzare ed alle
eventuali fasi critiche del processo di costruzione, atte a prevenire
o ridurre i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi
compresi i rischi particolari di cui all'allegato XI, nonche' la
stima dei costi di cui al punto 4 dell'allegato XV. Il piano di
sicurezza e coordinamento (PSC) e' corredato da tavole esplicative di
progetto, relative agli aspetti della sicurezza, comprendenti almeno
una planimetria sull'organizzazione del cantiere e, ove la
particolarita' dell'opera lo richieda, una tavola tecnica sugli
scavi. I contenuti minimi del piano di sicurezza e di coordinamento e
l'indicazione della stima dei costi della sicurezza sono definiti
all'allegato XV.
2. Il piano di sicurezza e coordinamento e' parte integrante del
contratto di appalto.
3. I datori di lavoro delle imprese esecutrici e i lavoratori
autonomi sono tenuti ad attuare quanto previsto nel piano di cui al
comma 1 e nel piano operativo di sicurezza.
4. I datori di lavoro delle imprese esecutrici mettono a
disposizione dei rappresentanti per la sicurezza copia del piano di
sicurezza e di coordinamento e del piano operativo di sicurezza
almeno dieci giorni prima dell'inizio dei lavori.
5. L'impresa che si aggiudica i lavori ha facolta' di presentare al
coordinatore per l'esecuzione proposte di integrazione al piano di
sicurezza e di coordinamento, ove ritenga di poter meglio garantire
la sicurezza nel cantiere sulla base della propria esperienza. In
nessun caso le eventuali integrazioni possono giustificare modifiche
o adeguamento dei prezzi pattuiti.
6. Le disposizioni del presente articolo non si applicano ai lavori
la cui esecuzione immediata e' necessaria per prevenire incidenti
imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio.

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 101.
Obblighi di trasmissione

1. Il committente o il responsabile dei lavori trasmette il piano
di sicurezza e di coordinamento a tutte le imprese invitate a
presentare offerte per l'esecuzione dei lavori. In caso di appalto di
opera pubblica si considera trasmissione la messa a disposizione del
piano a tutti i concorrenti alla gara di appalto.
2. Prima dell'inizio dei lavori l'impresa affidataria trasmette il
piano di cui al comma 1 alle imprese esecutrici e ai lavoratori
autonomi.
3. Prima dell'inizio dei rispettivi lavori ciascuna impresa
esecutrice trasmette il proprio piano operativo di sicurezza
all'impresa affidataria, la quale, previa verifica della congruenza
rispetto al proprio, lo trasmette al coordinatore per l'esecuzione. I
lavori hanno inizio dopo l'esito positivo delle suddette verifiche
che sono effettuate tempestivamente e comunque non oltre 15 giorni
dall'avvenuta ricezione.

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 102.
Consultazione dei rappresentanti per la sicurezza

1. Prima dell'accettazione del piano di sicurezza e di
coordinamento di cui all'articolo 100 e delle modifiche significative
apportate allo stesso, il datore di lavoro di ciascuna impresa
esecutrice consulta il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza
e gli fornisce eventuali chiarimenti sul contenuto del piano. Il
rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha facolta' di
formulare proposte al riguardo.

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 103.
Modalita' di previsione dei livelli di emissione sonora

1. L'emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e
impianti puo' essere stimata in fase preventiva facendo riferimento a
livelli di rumore standard individuati da studi e misurazioni la cui
validita' e' riconosciuta dalla Commissione consultiva permanente di
cui all'articolo 6, riportando la fonte documentale cui si e' fatto
riferimento.

Titolo IV
CANTIERI TEMPORANEI O MOBILI
Capo I
Misure per la salute e sicurezza nei cantieri temporanei o mobili

Art. 104.
Modalita' attuative di particolari obblighi

1. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori e' inferiore ai
duecento giorni lavorativi, l'adempimento di quanto previsto
dall'articolo 102 costituisce assolvimento dell'obbligo di riunione
di cui all'articolo 35, salvo motivata richiesta del rappresentante
dei lavoratori per la sicurezza.
2. Nei cantieri la cui durata presunta dei lavori e' inferiore ai
200 giorni lavorativi, e ove sia prevista la sorveglianza sanitaria
di cui all'articolo 41, la visita del medico competente agli ambienti
di lavoro in cantieri aventi caratteristiche analoghe a quelli gia'
visitati dallo stesso medico competente e gestiti dalle stesse
imprese, e' sostituita o integrata, a giudizio del medico competente,
con l'esame di piani di sicurezza relativi ai cantieri in cui
svolgono la loro attivita' i lavoratori soggetti alla sua
sorveglianza. Il medico competente visita almeno una volta all'anno
l'ambiente di lavoro in cui svolgono la loro attivita' i lavoratori
soggetti alla sua sorveglianza.
3. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 37, i criteri e i
contenuti per la formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti
possono essere definiti dalle parti sociali in sede di contrattazione
nazionale di categoria.
4. I datori di lavoro, quando e' previsto nei contratti di
affidamento dei lavori che il committente o il responsabile dei
lavori organizzi apposito servizio di pronto soccorso, antincendio ed
evacuazione dei lavoratori, sono esonerati da quanto previsto
dall'articolo 18, comma 1, lettera b).

Capo II
Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni
e nei lavori in quota
Sezione I
Campo di applicazione

Art. 105.
Attivita' soggette

1. Le norme del presente capo si applicano alle attivita' che, da
chiunque esercitate e alle quali siano addetti lavoratori subordinati
o autonomi, concernono la esecuzione dei lavori di costruzione,
manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione, risanamento,
ristrutturazione o equipaggiamento, la trasformazione, il
rinnovamento o lo smantellamento di opere fisse, permanenti o
temporanee, in muratura, in cemento armato, in metallo, in legno o in
altri materiali, comprese le linee e gli impianti elettrici, le opere
stradali, ferroviarie, idrauliche, marittime, idroelettriche, di
bonifica, sistemazione forestale e di sterro. Costituiscono, inoltre,
lavori di costruzione edile o di ingegneria civile gli scavi, ed il
montaggio e lo smontaggio di elementi prefabbricati utilizzati per la
realizzazione di lavori edili o di ingegneria civile. Le norme del
presente capo si applicano ai lavori in quota di cui al presente capo
e ad in ogni altra attivita' lavorativa.

Capo II
Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni
e nei lavori in quota
Sezione I
Campo di applicazione

Art. 106.
Attivita' escluse

1. Le disposizioni del presente capo non si applicano:
a) ai lavori di prospezione, ricerca e coltivazione delle
sostanze minerali;
b) alle attivita' di prospezione, ricerca, coltivazione e
stoccaggio degli idrocarburi liquidi e gassosi nel territorio
nazionale, nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e
nelle altre aree sottomarine comunque soggette ai poteri dello Stato;
c) ai lavori svolti in mare.

Capo II
Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni
e nei lavori in quota
Sezione I
Campo di applicazione

Art. 107.
Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si
intende per lavoro in quota: attivita' lavorativa che espone il
lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza
superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.

Sezione II
Disposizioni di carattere generale

Art. 108.
Viabilita' nei cantieri

1. Durante i lavori deve essere assicurata nei cantieri la
viabilita' delle persone e dei veicoli conformemente al punto 1
dell'allegato XVIII.

Sezione II
Disposizioni di carattere generale

Art. 109.
Recinzione del cantiere

1. Il cantiere, in relazione al tipo di lavori effettuati, deve
essere dotato di recinzione avente caratteristiche idonee ad impedire
l'accesso agli estranei alle lavorazioni.

Sezione II
Disposizioni di carattere generale

Art. 110.
Luoghi di transito

1. Il transito sotto ponti sospesi, ponti a sbalzo, scale aeree e
simili deve essere impedito con barriere o protetto con l'adozione di
misure o cautele adeguate.

Sezione II
Disposizioni di carattere generale

Art. 111.
Obblighi del datore di lavoro nell'uso di attrezzature per lavori in
quota

1. Il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in
quota non possono essere eseguiti in condizioni di sicurezza e in
condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo
scopo, sceglie le attrezzature di lavoro piu' idonee a garantire e
mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformita' ai seguenti
criteri:
a) priorita' alle misure di protezione collettiva rispetto alle
misure di protezione individuale;
b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura
dei lavori da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una
circolazione priva di rischi.
2. Il datore di lavoro sceglie il tipo piu' idoneo di sistema di
accesso ai posti di lavoro temporanei in quota in rapporto alla
frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata dell'impiego.
Il sistema di accesso adottato deve consentire l'evacuazione in caso
di pericolo imminente. Il passaggio da un sistema di accesso a
piattaforme, impalcati, passerelle e viceversa non deve comportare
rischi ulteriori di caduta.
3. Il datore di lavoro dispone affinche' sia utilizzata una scala a
pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l'uso di
altre attrezzature di lavoro considerate piu' sicure non e'
giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve
durata di impiego oppure delle caratteristiche esistenti dei siti che
non puo' modificare.
4. Il datore di lavoro dispone affinche' siano impiegati sistemi di
accesso e di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore e'
direttamente sostenuto, soltanto in circostanze in cui, a seguito
della valutazione dei rischi, risulta che il lavoro puo' essere
effettuato in condizioni di sicurezza e l'impiego di un'altra
attrezzatura di lavoro considerata piu' sicura non e' giustificato a
causa della breve durata di impiego e delle caratteristiche esistenti
dei siti che non puo' modificare. Lo stesso datore di lavoro prevede
l'impiego di un sedile munito di appositi accessori in funzione
dell'esito della valutazione dei rischi ed, in particolare, della
durata dei lavori e dei vincoli di carattere ergonomico.
5. Il datore di lavoro, in relazione al tipo di attrezzature di
lavoro adottate in base ai commi precedenti, individua le misure atte
a minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle attrezzature in
questione, prevedendo, ove necessario, l'installazione di dispositivi
di protezione contro le cadute. I predetti dispositivi devono
presentare una configurazione ed una resistenza tali da evitare o da
arrestare le cadute da luoghi di lavoro in quota e da prevenire, per
quanto possibile, eventuali lesioni dei lavoratori. I dispositivi di
protezione collettiva contro le cadute possono presentare
interruzioni soltanto nei punti in cui sono presenti scale a pioli o
a gradini.
6. Il datore di lavoro nel caso in cui l'esecuzione di un lavoro di
natura particolare richiede l'eliminazione temporanea di un
dispositivo di protezione collettiva contro le cadute, adotta misure
di sicurezza equivalenti ed efficaci. Il lavoro e' eseguito previa
adozione di tali misure. Una volta terminato definitivamente o
temporaneamente detto lavoro di natura particolare, i dispositivi di
protezione collettiva contro le cadute devono essere ripristinati.
7. Il datore di lavoro effettua i lavori temporanei in quota
soltanto se le condizioni meteorologiche non mettono in pericolo la
sicurezza e la salute dei lavoratori.
8. Il datore di lavoro dispone affinche' sia vietato assumere e
somministrare bevande alcoliche e superalcoliche ai lavoratori
addetti ai lavori in quota.

Sezione II
Disposizioni di carattere generale

Art. 112.
Idoneita' delle opere provvisionali

1. Le opere provvisionali devono essere allestite con buon
materiale ed a regola d'arte, proporzionate ed idonee allo scopo;
esse devono essere conservate in efficienza per la intera durata del
lavoro.
2. Prima di reimpiegare elementi di ponteggi di qualsiasi tipo si
deve provvedere alla loro verifica per eliminare quelli non ritenuti
piu' idonei ai sensi dell'allegato XIX.

Sezione II
Disposizioni di carattere generale

Art. 113.
S c a l e

1. Le scale fisse a gradini, destinate al normale accesso agli
ambienti di lavoro, devono essere costruite e mantenute in modo da
resistere ai carichi massimi derivanti da affollamento per situazioni
di emergenza. I gradini devono avere pedata e alzata dimensionate a
regola d'arte e larghezza adeguata alle esigenze del transito. Dette
scale ed i relativi pianerottoli devono essere provvisti, sui lati
aperti, di parapetto normale o di altra difesa equivalente. Le rampe
delimitate da due pareti devono essere munite di almeno un corrimano.
2. Le scale a pioli di altezza superiore a m 5, fissate su pareti o
incastellature verticali o aventi una inclinazione superiore a 75
gradi, devono essere provviste, a partire da m 2,50 dal pavimento o
dai ripiani, di una solida gabbia metallica di protezione avente
maglie o aperture di ampiezza tale da impedire la caduta accidentale
della persona verso l'esterno. La parete della gabbia opposta al
piano dei pioli non deve distare da questi piu' di cm 60. I pioli
devono distare almeno 15 centimetri dalla parete alla quale sono
applicati o alla quale la scala e' fissata. Quando l'applicazione
della gabbia alle scale costituisca intralcio all'esercizio o
presenti notevoli difficolta' costruttive, devono essere adottate, in
luogo della gabbia, altre misure di sicurezza atte ad evitare la
caduta delle persone per un tratto superiore ad un metro.
3. Le scale semplici portatili (a mano) devono essere costruite con
materiale adatto alle condizioni di impiego, devono essere
sufficientemente resistenti nell'insieme e nei singoli elementi e
devono avere dimensioni appropriate al loro uso. Dette scale, se di
legno, devono avere i pioli fissati ai montanti mediante incastro. I
pioli devono essere privi di nodi. Tali pioli devono essere
trattenuti con tiranti in ferro applicati sotto i due pioli estremi;
nelle scale lunghe piu' di 4 metri deve essere applicato anche un
tirante intermedio. E' vietato l'uso di scale che presentino listelli
di legno chiodati sui montanti al posto dei pioli rotti. Esse devono
inoltre essere provviste di:
a) dispositivi antisdrucciolevoli alle estremita' inferiori dei
due montanti;
b) ganci di trattenuta o appoggi antisdrucciolevoli alle
estremita' superiori, quando sia necessario per assicurare la
stabilita' della scala.
4. Per le scale provviste alle estremita' superiori di dispositivi
di trattenuta, anche scorrevoli su guide, non sono richieste le
misure di sicurezza indicate nelle lettere a) e b) del comma 3. Le
scale a mano usate per l'accesso ai vari piani dei ponteggi e delle
impalcature non devono essere poste l'una in prosecuzione dell'altra.
Le scale che servono a collegare stabilmente due ponti, quando sono
sistemate verso la parte esterna del ponte, devono essere provviste
sul lato esterno di un corrimano parapetto.
5. Quando l'uso delle scale, per la loro altezza o per altre cause,
comporti pericolo di sbandamento, esse devono essere adeguatamente
assicurate o trattenute al piede da altra persona.
6. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano
sistemate in modo da garantire la loro stabilita' durante l'impiego e
secondo i seguenti criteri:
a) le scale a pioli portatili devono poggiare su un supporto
stabile, resistente, di dimensioni adeguate e immobile, in modo da
garantire la posizione orizzontale dei pioli;
b) le scale a pioli sospese devono essere agganciate in modo
sicuro e, ad eccezione delle scale a funi, in maniera tale da evitare
spostamenti e qualsiasi movimento di oscillazione;
c) lo scivolamento del piede delle scale a pioli portatili,
durante il loro uso, deve essere impedito con fissaggio della parte
superiore o inferiore dei montanti, o con qualsiasi dispositivo
antiscivolo, o ricorrendo a qualsiasi altra soluzione di efficacia
equivalente;
d) le scale a pioli usate per l'accesso devono essere tali da
sporgere a sufficienza oltre il livello di accesso, a meno che altri
dispositivi garantiscono una presa sicura;
e) le scale a pioli composte da piu' elementi innestabili o a
sfilo devono essere utilizzate in modo da assicurare il fermo
reciproco dei vari elementi;
f) le scale a pioli mobili devono essere fissate stabilmente
prima di accedervi.
7. Il datore di lavoro assicura che le scale a pioli siano
utilizzate in modo da consentire ai lavoratori di disporre in
qualsiasi momento di un appoggio e di una presa sicuri. In
particolare il trasporto a mano di pesi su una scala a pioli non deve
precludere una presa sicura.
8. Per l'uso delle scale portatili composte di due o piu' elementi
innestati (tipo all'italiana o simili), oltre quanto prescritto nel
comma 3, si devono osservare le seguenti disposizioni:
a) la lunghezza della scala in opera non deve superare i 15
metri, salvo particolari esigenze, nel qual caso le estremita'
superiori dei montanti devono essere assicurate a parti fisse;
b) le scale in opera lunghe piu' di 8 metri devono essere munite
di rompitratta per ridurre la freccia di inflessione;
c) nessun lavoratore deve trovarsi sulla scala quando se ne
effettua lo spostamento laterale;
d) durante l'esecuzione dei lavori, una persona deve esercitare
da terra una continua vigilanza della scala.
9. Le scale doppie non devono superare l'altezza di m 5 e devono
essere provviste di catena di adeguata resistenza o di altro
dispositivo che impedisca l'apertura della scala oltre il limite
prestabilito di sicurezza.
10. E' ammessa la deroga alle disposizioni di carattere costruttivo
di cui ai commi 3, 8 e 9 per le scale portatili conformi all'allegato
XX.

Sezione II
Disposizioni di carattere generale

Art. 114.
Protezione dei posti di lavoro

1. Quando nelle immediate vicinanze dei ponteggi o del posto di
caricamento e sollevamento dei materiali vengono impastati
calcestruzzi e malte o eseguite altre operazioni a carattere
continuativo il posto di lavoro deve essere protetto da un solido
impalcato sovrastante, contro la caduta di materiali.
2. Il posto di carico e di manovra degli argani a terra deve essere
delimitato con barriera per impedire la permanenza ed il transito
sotto i carichi.
3. Nei lavori che possono dar luogo a proiezione di schegge, come
quelli di spaccatura o scalpellatura di blocchi o pietre e simili,
devono essere predisposti efficaci mezzi di protezione a difesa sia
delle persone direttamente addette a tali lavori sia di coloro che
sostano o transitano in vicinanza. Tali misure non sono richieste per
i lavori di normale adattamento di pietrame nella costruzione di
muratura comune.

Sezione II
Disposizioni di carattere generale

Art. 115.
Sistemi di protezione contro le cadute dall'alto

1. Nei lavori in quota qualora non siano state attuate misure di
protezione collettiva come previsto all'articolo 111, comma 1,
lettera a), e' necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi
di protezione composti da diversi elementi, non necessariamente
presenti contemporaneamente, quali i seguenti:
a) assorbitori di energia;
b) connettori;
c) dispositivo di ancoraggio;
d) cordini;
e) dispositivi retrattili;
f) guide o linee vita flessibili;
g) guide o linee vita rigide;
h) imbracature.
2. Il sistema di protezione, certificato per l'uso specifico, deve
permettere una caduta libera non superiore a 1,5 m o, in presenza di
dissipatore di energia a 4 metri.
3. Il cordino deve essere assicurato, direttamente o mediante
connettore lungo una guida o linea vita, a parti stabili delle opere
fisse o provvisionali.
4. Nei lavori su pali il lavoratore deve essere munito di ramponi o
mezzi equivalenti e di idoneo dispositivo anticaduta.

Sezione II
Disposizioni di carattere generale

Art. 116.
Obblighi dei datori di lavoro concernenti l'impiego di sistemi di
accesso e di posizionamento mediante funi

1. Il datore di lavoro impiega sistemi di accesso e di
posizionamento mediante funi in conformita' ai seguenti requisiti:
a) sistema comprendente almeno due funi ancorate separatamente,
una per l'accesso, la discesa e il sostegno, detta fune di lavoro, e
l'altra con funzione di dispositivo ausiliario, detta fune di
sicurezza. E' ammesso l'uso di una fune in circostanze eccezionali in
cui l'uso di una seconda fune rende il lavoro piu' pericoloso e se
sono adottate misure adeguate per garantire la sicurezza;
b) lavoratori dotati di un'adeguata imbracatura di sostegno
collegata alla fune di sicurezza;
c) fune di lavoro munita di meccanismi sicuri di ascesa e discesa
e dotata di un sistema autobloccante volto a evitare la caduta nel
caso in cui l'utilizzatore perda il controllo dei propri movimenti.
La fune di sicurezza deve essere munita di un dispositivo mobile
contro le cadute che segue gli spostamenti del lavoratore;
d) attrezzi ed altri accessori utilizzati dai lavoratori,
agganciati alla loro imbracatura di sostegno o al sedile o ad altro
strumento idoneo;
e) lavori programmati e sorvegliati in modo adeguato, anche al
fine di poter immediatamente soccorrere il lavoratore in caso di
necessita'. Il programma dei lavori definisce un piano di emergenza,
le tipologie operative, i dispositivi di protezione individuale, le
tecniche e le procedure operative, gli ancoraggi, il posizionamento
degli operatori, i metodi di accesso, le squadre di lavoro e gli
attrezzi di lavoro;
f) il programma di lavoro deve essere disponibile presso i luoghi
di lavoro ai fini della verifica da parte dell'organo di vigilanza
competente per territorio di compatibilita' ai criteri di cui
all'articolo 111, commi 1 e 2.
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori interessati una
formazione adeguata e mirata alle operazioni previste, in particolare
in materia di procedure di salvataggio.
3. La formazione di cui al comma 2 ha carattere teorico-pratico e
deve riguardare:
a) l'apprendimento delle tecniche operative e dell'uso dei
dispositivi necessari;
b) l'addestramento specifico sia su strutture naturali, sia su
manufatti;
c) l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, loro
caratteristiche tecniche, manutenzione, durata e conservazione;
d) gli elementi di primo soccorso;
e) i rischi oggettivi e le misure di prevenzione e protezione;
f) le procedure di salvataggio.
4. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti
minimi di validita' dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.

Sezione II
Disposizioni di carattere generale

Art. 117.
Lavori in prossimita' di parti attive

1. Quando occorre effettuare lavori in prossimita' di linee
elettriche o di impianti elettrici con parti attive non protette o
che per circostanze particolari si debbano ritenere non
sufficientemente protette, ferme restando le norme di buona tecnica,
si deve rispettare almeno una delle seguenti precauzioni:
a) mettere fuori tensione ed in sicurezza le parti attive per
tutta la durata dei lavori;
b) posizionare ostacoli rigidi che impediscano l'avvicinamento
alle parti attive;
c) tenere in permanenza, persone, macchine operatrici, apparecchi
di sollevamento, ponteggi ed ogni altra attrezzatura a distanza di
sicurezza.
2. La distanza di sicurezza deve essere tale che non possano
avvenire contatti diretti o scariche pericolose per le persone
tenendo conto del tipo di lavoro, delle attrezzature usate e delle
tensioni presenti.

Sezione III
Scavi e fondazioni

Art. 118.
Splateamento e sbancamento

1. Nei lavori di splateamento o sbancamento eseguiti senza
l'impiego di escavatori meccanici, le pareti delle fronti di attacco
devono avere una inclinazione o un tracciato tali, in relazione alla
natura del terreno, da impedire franamenti. Quando la parete del
fronte di attacco supera l'altezza di m 1,50, e' vietato il sistema
di scavo manuale per scalzamento alla base e conseguente franamento
della parete.
2. Quando per la particolare natura del terreno o per causa di
piogge, di infiltrazione, di gelo o disgelo, o per altri motivi,
siano da temere frane o scoscendimenti, deve essere provveduto
all'armatura o al consolidamento del terreno.
3. Nei lavori di escavazione con mezzi meccanici deve essere
vietata la presenza degli operai nel campo di azione dell'escavatore
e sul ciglio del fronte di attacco.
4. Il posto di manovra dell'addetto all'escavatore, quando questo
non sia munito di cabina metallica, deve essere protetto con solido
riparo.
5. Ai lavoratori deve essere fatto esplicito divieto di avvicinarsi
alla base della parete di attacco e, in quanto necessario in
relazione all'altezza dello scavo o alle condizioni di accessibilita'
del ciglio della platea superiore, la zona superiore di pericolo deve
essere almeno delimitata mediante opportune segnalazioni spostabili
col proseguire dello scavo.

Sezione III
Scavi e fondazioni

Art. 119.
Pozzi, scavi e cunicoli

1. Nello scavo di pozzi e di trincee profondi piu' di m 1,50,
quando la consistenza del terreno non dia sufficiente garanzia di
stabilita', anche in relazione alla pendenza delle pareti, si deve
provvedere, man mano che procede lo scavo, alla applicazione delle
necessarie armature di sostegno.
2. Le tavole di rivestimento delle pareti devono sporgere dai bordi
degli scavi di almeno 30 centimetri.
3. Nello scavo dei cunicoli, a meno che si tratti di roccia che non
presenti pericolo di distacchi, devono predisporsi idonee armature
per evitare franamenti della volta e delle pareti. Dette armature
devono essere applicate man mano che procede il lavoro di
avanzamento; la loro rimozione puo' essere effettuata in relazione al
progredire del rivestimento in muratura.
4. Idonee armature e precauzioni devono essere adottate nelle
sottomurazioni e quando in vicinanza dei relativi scavi vi siano
fabbriche o manufatti le cui fondazioni possano essere scoperte o
indebolite dagli scavi.
5. Nella infissione di pali di fondazione devono essere adottate
misure e precauzioni per evitare che gli scuotimenti del terreno
producano lesioni o danni alle opere vicine con pericolo per i
lavoratori.
6. Nei lavori in pozzi di fondazione profondi oltre 3 metri deve
essere disposto, a protezione degli operai addetti allo scavo ed
all'asportazione del materiale scavato, un robusto impalcato con
apertura per il passaggio della benna.
7. Nei pozzi e nei cunicoli deve essere prevista una adeguata
assistenza all'esterno e le loro dimensioni devono essere tali da
permettere il recupero di un lavoratore infortunato privo di sensi.

Sezione III
Scavi e fondazioni

Art. 120.
Deposito di materiali in prossimita' degli scavi

1. E' vietato costituire depositi di materiali presso il ciglio
degli scavi. Qualora tali depositi siano necessari per le condizioni
del lavoro, si deve provvedere alle necessarie puntellature.

Sezione III
Scavi e fondazioni

Art. 121.
Presenza di gas negli scavi

1. Quando si eseguono lavori entro pozzi, fogne, cunicoli, camini e
fosse in genere, devono essere adottate idonee misure contro i
pericoli derivanti dalla presenza di gas o vapori tossici,
asfissianti, infiammabili o esplosivi, specie in rapporto alla natura
geologica del terreno o alla vicinanza di fabbriche, depositi,
raffinerie, stazioni di compressione e di decompressione, metanodotti
e condutture di gas, che possono dar luogo ad infiltrazione di
sostanze pericolose.
2. Quando sia accertata o sia da temere la presenza di gas tossici,
asfissianti o la irrespirabilita' dell'aria ambiente e non sia
possibile assicurare una efficiente aerazione ed una completa
bonifica, i lavoratori devono essere provvisti di idonei dispositivi
di protezione individuale delle vie respiratore, ed essere muniti di
idonei dispositivi di protezione individuale collegati ad un idoneo
sistema di salvataggio, che deve essere tenuto all'esterno dal
personale addetto alla sorveglianza. Questo deve mantenersi in
continuo collegamento con gli operai all'interno ed essere in grado
di sollevare prontamente all'esterno il lavoratore colpito dai gas.
3. Possono essere adoperate le maschere respiratorie, in luogo di
autorespiratori, solo quando, accertate la natura e la concentrazione
dei gas o vapori nocivi o asfissianti, esse offrano garanzia di
sicurezza e sempreche' sia assicurata una efficace e continua
aerazione.
4. Quando si sia accertata la presenza di gas infiammabili o
esplosivi, deve provvedersi alla bonifica dell'ambiente mediante
idonea ventilazione; deve inoltre vietarsi, anche dopo la bonifica,
se siano da temere emanazioni di gas pericolosi, l'uso di apparecchi
a fiamma, di corpi incandescenti e di apparecchi comunque
suscettibili di provocare fiamme o surriscaldamenti atti ad
incendiare il gas.
5. Nei casi previsti dai commi 2, 3 e 4, i lavoratori devono essere
abbinati nell'esecuzione dei lavori.

Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname

Art. 122.
Ponteggi ed opere provvisionali

1. Nei lavori che sono eseguiti ad un'altezza superiore ai m 2,
devono essere adottate, seguendo lo sviluppo dei lavori stessi,
adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o
comunque precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta di
persone e di cose conformemente al punto 2 dell'allegato XVIII.

Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname

Art. 123.
Montaggio e smontaggio delle opere provvisionali

1. Il montaggio e lo smontaggio delle opere provvisionali devono
essere eseguiti sotto la diretta sorveglianza di un preposto ai
lavori.

Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname

Art. 124.
Deposito di materiali sulle impalcature

1. Sopra i ponti di servizio e sulle impalcature in genere e'
vietato qualsiasi deposito, eccettuato quello temporaneo dei
materiali ed attrezzi necessari ai lavori.
2. Il peso dei materiali e delle persone deve essere sempre
inferiore a quello che e' consentito dalla resistenza strutturale del
ponteggio; lo spazio occupato dai materiali deve consentire i
movimenti e le manovre necessarie per l'andamento del lavoro.

Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname

Art. 125.
Disposizione dei montanti

1. I montanti devono essere costituiti con elementi accoppiati, i
cui punti di sovrapposizione devono risultare sfalsati di almeno un
metro; devono altresi' essere verticali o leggermente inclinati verso
la costruzione.
2. Per le impalcature fino ad 8 metri di altezza sono ammessi
montanti singoli in un sol pezzo; per impalcature di altezza
superiore, soltanto per gli ultimi 7 metri i montanti possono essere
ad elementi singoli.
3. Il piede dei montanti deve essere solidamente assicurato alla
base di appoggio o di infissione in modo che sia impedito ogni
cedimento in senso verticale ed orizzontale.
4. L'altezza dei montanti deve superare di almeno metri 1,20
l'ultimo impalcato o il piano di gronda.
5. La distanza tra due montanti consecutivi non deve essere
superiore a m 3,60; puo' essere consentita una maggiore distanza
quando cio' sia richiesto da evidenti motivi di esercizio del
cantiere, purche', in tale caso, la sicurezza del ponteggio risulti
da un progetto redatto da un ingegnere o architetto corredato dai
relativi calcoli di stabilita'.
6. Il ponteggio deve essere efficacemente ancorato alla costruzione
almeno in corrispondenza ad ogni due piani di ponteggio e ad ogni due
montanti, con disposizione di ancoraggi a rombo o di pari efficacia.

Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname

Art. 126.
Parapetti

1. Gli impalcati e ponti di servizio, le passerelle, le andatoie,
che siano posti ad un'altezza maggiore di 2 metri, devono essere
provvisti su tutti i lati verso il vuoto di robusto parapetto e in
buono stato di conservazione.

Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname

Art. 127.
Ponti a sbalzo

1. Nei casi in cui particolari esigenze non permettono l'impiego di
ponti normali, possono essere consentiti ponti a sbalzo purche' la
loro costruzione risponda a idonei procedimenti di calcolo e ne
garantisca la solidita' e la stabilita'.

Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname

Art. 128.
Sottoponti

1. Gli impalcati e ponti di servizio devono avere un sottoponte di
sicurezza, costruito come il ponte, a distanza non superiore a m
2,50.
2. La costruzione del sottoponte puo' essere omessa per i ponti
sospesi, per i ponti a sbalzo e quando vengano eseguiti lavori di
manutenzione e di riparazione di durata non superiore a cinque
giorni.

Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname

Art. 129.
Impalcature nelle costruzioni in conglomerato cementizio

1. Nella esecuzione di opere a struttura in conglomerato
cementizio, quando non si provveda alla costruzione da terra di una
normale impalcatura con montanti, prima di iniziare la erezione delle
casseforme per il getto dei pilastri perimetrali, deve essere
sistemato, in corrispondenza al piano raggiunto, un regolare ponte di
sicurezza a sbalzo, avente larghezza utile di almeno m 1,20.
2. Le armature di sostegno del cassero per il getto della
successiva soletta o della trave perimetrale, non devono essere
lasciate sporgere dal filo del fabbricato piu' di 40 centimetri per
l'affrancamento della sponda esterna del cassero medesimo. Come sotto
ponte puo' servire l'impalcato o ponte a sbalzo costruito in
corrispondenza al piano sottostante.
3. In corrispondenza ai luoghi di transito o stazionamento deve
essere sistemato, all'altezza del solaio di copertura del piano
terreno, un impalcato di sicurezza (mantovana) a protezione contro la
caduta di materiali dall'alto. Tale protezione puo' essere sostituita
con una chiusura continua in graticci sul fronte del ponteggio,
qualora presenti le stesse garanzie di sicurezza, o con la
segregazione dell'area sottostante.

Sezione IV
Ponteggi e impalcature in legname

Art. 130.
Andatoie e passerelle

1. Le andatoie devono avere larghezza non minore di m 0,60, quando
siano destinate soltanto al passaggio di lavoratori e di m 1,20, se
destinate al trasporto di materiali. La loro pendenza non deve essere
maggiore del 50 per cento.
2. Le andatoie lunghe devono essere interrotte da pianerottoli di
riposo ad opportuni intervalli; sulle tavole delle andatoie devono
essere fissati listelli trasversali a distanza non maggiore del passo
di un uomo carico.

Sezione V
Ponteggi fissi

Art. 131.
Autorizzazione alla costruzione ed all'impiego

1. La costruzione e l'impiego dei ponteggi realizzati con elementi
portanti prefabbricati, metallici o non, sono disciplinati dalle
norme della presente sezione.
2. Per ciascun tipo di ponteggio, il fabbricante chiede al
Ministero del lavoro e della previdenza sociale l'autorizzazione alla
costruzione ed all'impiego, corredando la domanda di una relazione
nella quale devono essere specificati gli elementi di cui
all'articolo seguente.
3. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, in aggiunta
all'autorizzazione di cui al comma 2 attesta, a richiesta e a seguito
di esame della documentazione tecnica, la rispondenza del ponteggio
gia' autorizzato anche alle norme UNI EN 12810 e UNI EN 12811 o per i
giunti alla norma UNI EN 74.
4. Possono essere autorizzati alla costruzione ed all'impiego
ponteggi aventi interasse qualsiasi tra i montanti della stessa fila
a condizione che i risultati adeguatamente verificati delle prove di
carico condotte su prototipi significativi degli schemi funzionali
garantiscano la sussistenza dei gradi di sicurezza previsti dalle
norme di buona tecnica.
5. L'autorizzazione e' soggetta a rinnovo ogni dieci anni per
verificare l'adeguatezza del ponteggio all'evoluzione del progresso
tecnico.
6. Chiunque intende impiegare ponteggi deve farsi rilasciare dal
fabbricante copia della autorizzazione di cui al comma 2 e delle
istruzioni e schemi elencati al comma 1, lettere d), e), f) e g)
dell'articolo 132.
7. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale si avvale
anche dell'ISPESL per il controllo delle caratteristiche tecniche dei
ponteggi dichiarate dal titolare dell'autorizzazione, attraverso
controlli a campione presso le sedi di produzione.

Sezione V
Ponteggi fissi

Art. 132.
Relazione tecnica

1. La relazione di cui all'articolo 131 deve contenere:
a) descrizione degli elementi che costituiscono il ponteggio,
loro dimensioni con le tolleranze ammissibili e schema dell'insieme;
b) caratteristiche di resistenza dei materiali impiegati e
coefficienti di sicurezza adottati per i singoli materiali;
c) indicazione delle prove di carico, a cui sono stati sottoposti
i vari elementi;
d) calcolo del ponteggio secondo varie condizioni di impiego;
e) istruzioni per le prove di carico del ponteggio;
f) istruzioni per il montaggio, impiego e smontaggio del
ponteggio;
g) schemi-tipo di ponteggio con l'indicazione dei massimi ammessi
di sovraccarico, di altezza dei ponteggi e di larghezza degli
impalcati per i quali non sussiste l'obbligo del calcolo per ogni
singola applicazione.

Sezione V
Ponteggi fissi

Art. 133.
Progetto

1. I ponteggi di altezza superiore a 20 metri e quelli per i quali
nella relazione di calcolo non sono disponibili le specifiche
configurazioni strutturali utilizzate con i relativi schemi di
impiego, nonche' le altre opere provvisionali, costituite da elementi
metallici o non, oppure di notevole importanza e complessita' in
rapporto alle loro dimensioni ed ai sovraccarichi, devono essere
eretti in base ad un progetto comprendente:
a) calcolo di resistenza e stabilita' eseguito secondo le
istruzioni approvate nell'autorizzazione ministeriale;
b) disegno esecutivo.
2. Dal progetto, che deve essere firmato da un ingegnere o
architetto abilitato a norma di legge all'esercizio della
professione, deve risultare quanto occorre per definire il ponteggio
nei riguardi dei carichi, delle sollecitazioni e dell'esecuzione.
3. Copia dell'autorizzazione ministeriale di cui all'articolo 131 e
copia del progetto e dei disegni esecutivi devono essere tenute ed
esibite, a richiesta degli organi di vigilanza, nei cantieri in cui
vengono usati i ponteggi e le opere provvisionali di cui al comma 1.

Sezione V
Ponteggi fissi

Art. 134.
Documentazione

1. Nei cantieri in cui vengono usati ponteggi deve essere tenuta ed
esibita, a richiesta degli organi di vigilanza, copia della
documentazione di cui al comma 6 dell'articolo 131 e copia del piano
di montaggio, uso e smontaggio (Pi.M.U.S.), in caso di lavori in
quota, i cui contenuti sono riportati nell'allegato XXII del presente
Titolo.
2. Le eventuali modifiche al ponteggio, che devono essere subito
riportate sul disegno, devono restare nell'ambito dello schema-tipo
che ha giustificato l'esenzione dall'obbligo del calcolo.

Sezione V
Ponteggi fissi

Art. 135.
Marchio del fabbricante

1. Gli elementi dei ponteggi devono portare impressi, a rilievo o
ad incisione, e comunque in modo visibile ed indelebile il marchio
del fabbricante.

Sezione V
Ponteggi fissi

Art. 136.
Montaggio e smontaggio

1. Nei lavori in quota il datore di lavoro provvede a redigere a
mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio
(Pi.M.U.S.), in funzione della complessita' del ponteggio scelto, con
la valutazione delle condizioni di sicurezza realizzate attraverso
l'adozione degli specifici sistemi utilizzati nella particolare
realizzazione e in ciascuna fase di lavoro prevista. Tale piano puo'
assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata integrato
da istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali
costituenti il ponteggio, ed e' messo a disposizione del preposto
addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati.
2. Nel serraggio di piu' aste concorrenti in un nodo i giunti
devono essere collocati strettamente l'uno vicino all'altro.
3. Per ogni piano di ponte devono essere applicati due correnti, di
cui uno puo' fare parte del parapetto.
4. Il datore di lavoro assicura che:
a) lo scivolamento degli elementi di appoggio di un ponteggio e'
impedito tramite fissaggio su una superficie di appoggio, o con un
dispositivo antiscivolo, oppure con qualsiasi altra soluzione di
efficacia equivalente;
b) i piani di posa dei predetti elementi di appoggio hanno una
capacita' portante sufficiente;
c) il ponteggio e' stabile;
d) dispositivi appropriati impediscono lo spostamento
involontario dei ponteggi su ruote durante l'esecuzione dei lavori in
quota;
e) le dimensioni, la forma e la disposizione degli impalcati di
un ponteggio sono idonee alla natura del lavoro da eseguire, adeguate
ai carichi da sopportare e tali da consentire un'esecuzione dei
lavori e una circolazione sicure;
f) il montaggio degli impalcati dei ponteggi e' tale da impedire
lo spostamento degli elementi componenti durante l'uso, nonche' la
presenza di spazi vuoti pericolosi fra gli elementi che costituiscono
gli impalcati e i dispositivi verticali di protezione collettiva
contro le cadute.
5. Il datore di lavoro provvede ad evidenziare le parti di
ponteggio non pronte per l'uso, in particolare durante le operazioni
di montaggio, smontaggio o trasformazione, mediante segnaletica di
avvertimento di pericolo generico e delimitandole con elementi
materiali che impediscono l'accesso alla zona di pericolo, ai sensi
del titolo V.
6. Il datore di lavoro assicura che i ponteggi siano montati,
smontati o trasformati sotto la diretta sorveglianza di un preposto,
a regola d'arte e conformemente al Pi.M.U.S., ad opera di lavoratori
che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni
previste.
7. La formazione di cui al comma 6 ha carattere teorico-pratico e
deve riguardare:
a) la comprensione del piano di montaggio, smontaggio o
trasformazione del ponteggio;
b) la sicurezza durante le operazioni di montaggio, smontaggio o
trasformazione del ponteggio con riferimento alla legislazione
vigente;
c) le misure di prevenzione dei rischi di caduta di persone o di
oggetti;
d) le misure di sicurezza in caso di cambiamento delle condizioni
meteorologiche pregiudizievoli alla sicurezza del ponteggio;
e) le condizioni di carico ammissibile;
f) qualsiasi altro rischio che le suddette operazioni di
montaggio, smontaggio o trasformazione possono comportare.
8. I soggetti formatori, la durata, gli indirizzi ed i requisiti
minimi di validita' dei corsi sono riportati nell'allegato XXI.

Sezione V
Ponteggi fissi

Art. 137.
Manutenzione e revisione

1. Il responsabile del cantiere, ad intervalli periodici o dopo
violente perturbazioni atmosferiche o prolungata interruzione di
lavoro deve assicurarsi della verticalita' dei montanti, del giusto
serraggio dei giunti, della efficienza degli ancoraggi e dei
controventi, curando l'eventuale sostituzione o il rinforzo di
elementi inefficienti.
2. I vari elementi metallici devono essere difesi dagli agenti
nocivi esterni con idonei sistemi di protezione.

Sezione V
Ponteggi fissi

Art. 138.
Norme particolari

1. Le tavole che costituiscono l'impalcato devono essere fissate in
modo che non possano scivolare sui traversi metallici.
2. E' consentito un distacco delle tavole del piano di calpestio
dalla muratura non superiore a 30 centimetri.
3. E' fatto divieto di gettare dall'alto gli elementi del
ponteggio.
4. E' fatto divieto di salire e scendere lungo i montanti.
5. Per i ponteggi di cui alla presente sezione valgono, in quanto
applicabili, le disposizioni relative ai ponteggi in legno. Sono
ammesse deroghe:
a) alla disposizione di cui all'articolo 125, comma 4, a
condizione che l'altezza dei montanti superi di almeno 1 metro
l'ultimo impalcato o il piano di gronda;
b) alla disposizione di cui all'articolo 126, comma 1, a
condizione che l'altezza del parapetto sia non inferiore a 95 cm
rispetto al piano di calpestio;
c) alla disposizione di cui all'articolo 126, comma 1, a
condizione che l'altezza del fermapiede sia non inferiore a 15 cm
rispetto al piano di calpestio;
d) alla disposizione di cui all'articolo 128, comma 1, nel caso
di ponteggi di cui all'articolo 131, commi 2 e 3, che prevedano
specifici schemi-tipo senza sottoponte di sicurezza.

Sezione VI
Ponteggi movibili

Art. 139.
Ponti su cavalletti

1. I ponti su cavalletti non devono aver altezza superiore a metri
2 e non devono essere montati sugli impalcati dei ponteggi.

Sezione VI
Ponteggi movibili

Art. 140.
Ponti su ruote a torre

1. I ponti su ruote devono avere base ampia in modo da resistere,
con largo margine di sicurezza, ai carichi ed alle oscillazioni cui
possono essere sottoposti durante gli spostamenti o per colpi di
vento e in modo che non possano essere ribaltati.
2. Il piano di scorrimento delle ruote deve risultare livellato; il
carico del ponte sul terreno deve essere opportunamente ripartito con
tavoloni o altro mezzo equivalente.
3. Le ruote del ponte in opera devono essere saldamente bloccate
con cunei dalle due parti o sistemi equivalenti.
4. I ponti su ruote devono essere ancorati alla costruzione almeno
ogni due piani; e' ammessa deroga a tale obbligo per i ponti su ruote
a torre conformi all'allegato XXIII.
5. La verticalita' dei ponti su ruote deve essere controllata con
livello o con pendolino.
6. I ponti, esclusi quelli usati nei lavori per le linee elettriche
di contatto, non devono essere spostati quando su di essi si trovano
lavoratori o carichi.

Sezione VII
Costruzioni edilizie

Art. 141.
Strutture speciali

1. Durante la costruzione o il consolidamento di cornicioni di
gronda e di opere sporgenti dai muri, devono essere adottate
precauzioni per impedirne la caduta, ponendo armature provvisorie
atte a sostenerle fino a che la stabilita' dell'opera sia
completamente assicurata.

Sezione VII
Costruzioni edilizie

Art. 142.
Costruzioni di archi, volte e simili

1. Le armature provvisorie per la esecuzione di manufatti, quali
archi, volte, architravi, piattabande, solai, scale e di qualsiasi
altra opera sporgente dal muro, in cemento armato o in muratura di
ogni genere, devono essere costruite in modo da assicurare, in ogni
fase del lavoro, la necessaria solidita' e con modalita' tali da
consentire, a getto o costruzione ultimata, il loro progressivo
abbassamento e disarmo.
2. Le armature provvisorie per grandi opere, come centine per ponti
ad arco, per coperture ad ampia luce e simili, che non rientrino
negli schemi di uso corrente, devono essere eseguite su progetto
redatto da un ingegnere o architetto, corredato dai relativi calcoli
di stabilita'.
3. I disegni esecutivi, firmati dal progettista di cui al
comma precedente, devono essere esibiti sul posto di lavoro a
richiesta degli organi di vigilanza.

Sezione VII
Costruzioni edilizie

Art. 143.
Posa delle armature e delle centine

1. Prima della posa delle armature e delle centine di sostegno
delle opere di cui all'articolo precedente, e' fatto obbligo di
assicurarsi della resistenza del terreno o delle strutture sulle
quali esse debbono poggiare, in modo da prevenire cedimenti delle
armature stesse o delle strutture sottostanti, con particolare
riguardo a possibili degradazioni per presenza d'acqua.

Sezione VII
Costruzioni edilizie

Art. 144.
Resistenza delle armature

1. Le armature devono sopportare con sicurezza, oltre il peso delle
strutture, anche quello delle persone e dei sovraccarichi eventuali,
nonche' le sollecitazioni dinamiche che possano dar luogo a
vibrazioni durante l'esecuzione dei lavori e quelle prodotte dalla
spinta del vento e dell'acqua.
2. Il carico gravante al piede dei puntelli di sostegno deve essere
opportunamente distribuito.

Sezione VII
Costruzioni edilizie

Art. 145.
Disarmo delle armature

1. Il disarmo delle armature provvisorie di cui al comma 2
dell'articolo 142 deve essere effettuato con cautela dai lavoratori
che hanno ricevuto una formazione adeguata e mirata alle operazioni
previste sotto la diretta sorveglianza del capo cantiere e sempre
dopo che il direttore dei lavori ne abbia data l'autorizzazione.
2. E' fatto divieto di disarmare qualsiasi tipo di armatura di
sostegno quando sulle strutture insistano carichi accidentali e
temporanei.
3. Nel disarmo delle armature delle opere in calcestruzzo devono
essere adottate le misure precauzionali previste dalle norme per la
esecuzione delle opere in conglomerato cementizio.

Sezione VII
Costruzioni edilizie

Art. 146.
Difesa delle aperture

1. Le aperture lasciate nei solai o nelle piattaforme di lavoro
devono essere circondate da normale parapetto e da tavola fermapiede
oppure devono essere coperte con tavolato solidamente fissato e di
resistenza non inferiore a quella del piano di calpestio dei ponti di
servizio.
2. Qualora le aperture vengano usate per il passaggio di materiali
o di persone, un lato del parapetto puo' essere costituito da una
barriera mobile non asportabile, che deve essere aperta soltanto per
il tempo necessario al passaggio.
3. Le aperture nei muri prospicienti il vuoto o vani che abbiano
una profondita' superiore a m 0,50 devono essere munite di normale
parapetto e tavole fermapiede oppure essere convenientemente sbarrate
in modo da impedire la caduta di persone.

Sezione VII
Costruzioni edilizie

Art. 147.
Scale in muratura

1. Lungo le rampe ed i pianerottoli delle scale fisse in
costruzione, fino alla posa in opera delle ringhiere, devono essere
tenuti parapetti normali con tavole fermapiede fissati rigidamente a
strutture resistenti.
2. Il vano-scala deve essere coperto con una robusta impalcatura
posta all'altezza del pavimento del primo piano a difesa delle
persone transitanti al piano terreno contro la caduta dei materiali.
3. Sulle rampe delle scale in costruzione ancora mancanti di
gradini, qualora non siano sbarrate per impedirvi il transito, devono
essere fissati intavolati larghi almeno 60 centimetri, sui quali
devono essere applicati trasversalmente listelli di legno posti a
distanza non superiore a 40 centimetri.

Sezione VII
Costruzioni edilizie

Art. 148.
Lavori speciali

1. Prima di procedere alla esecuzione di lavori su lucernari,
tetti, coperture e simili, deve essere accertato che questi abbiano
resistenza sufficiente per sostenere il peso degli operai e dei
materiali di impiego.
2. Nel caso in cui sia dubbia tale resistenza, devono essere
adottati i necessari apprestamenti atti a garantire la incolumita'
delle persone addette, disponendo, a seconda dei casi, tavole sopra
le orditure, sottopalchi e facendo uso di idonei dispositivi di
protezione individuale anticaduta.

Sezione VII
Costruzioni edilizie

Art. 149.
Paratoie e cassoni

1. Paratoie e cassoni devono essere:
a) ben costruiti, con materiali appropriati e solidi dotati di
resistenza sufficiente;
b) provvisti dell'attrezzatura adeguata per consentire ai
lavoratori di ripararsi in caso di irruzione d'acqua e di materiali.
2. La costruzione, la sistemazione, la trasformazione o lo
smantellamento di una paratoia o di un cassone devono essere
effettuati soltanto sotto la diretta sorveglianza di un preposto.
3. Il datore di lavoro assicura che le paratoie e i cassoni vengano
ispezionati ad intervalli regolari.

Sezione VIII
Demolizioni

Art. 150.
Rafforzamento delle strutture

1. Prima dell'inizio di lavori di demolizione e' fatto obbligo di
procedere alla verifica delle condizioni di conservazione e di
stabilita' delle varie strutture da demolire.
2. In relazione al risultato di tale verifica devono essere
eseguite le opere di rafforzamento e di puntellamento necessarie ad
evitare che, durante la demolizione, si verifichino crolli
intempestivi.

Sezione VIII
Demolizioni

Art. 151.
Ordine delle demolizioni

1. I lavori di demolizione devono procedere con cautela e con
ordine, devono essere eseguiti sotto la sorveglianza di un preposto e
condotti in maniera da non pregiudicare la stabilita' delle strutture
portanti o di collegamento e di quelle eventuali adiacenti.
2. La successione dei lavori deve risultare da apposito programma
contenuto nel POS, tenendo conto di quanto indicato nel PSC, ove
previsto, che deve essere tenuto a disposizione degli organi di
vigilanza.

Sezione VIII
Demolizioni

Art. 152.
Misure di sicurezza

1. La demolizione dei muri effettuata con attrez-zature manuali
deve essere fatta servendosi di ponti di servizio indipendenti
dall'opera in demolizione.
2. E' vietato lavorare e fare lavorare gli operai sui muri in
demolizione.
3. Gli obblighi di cui ai commi 1 e 2 non sussistono quando
trattasi di muri di altezza inferiore ai due metri.

Sezione VIII
Demolizioni

Art. 153.
Convogliamento del materiale di demolizione

1. Il materiale di demolizione non deve essere gettato dall'alto,
ma deve essere trasportato oppure convogliato in appositi canali, il
cui estremo inferiore non deve risultare ad altezza maggiore di due
metri dal livello del piano di raccolta.
2. I canali suddetti devono essere costruiti in modo che ogni
tronco imbocchi nel tronco successivo; gli eventuali raccordi devono
essere adeguatamente rinforzati.
3. L'imboccatura superiore del canale deve essere realizzata in
modo che non possano cadervi accidentalmente persone.
4. Ove sia costituito da elementi pesanti od ingombranti, il
materiale di demolizione deve essere calato a terra con mezzi idonei.
5. Durante i lavori di demolizione si deve provvedere a ridurre il
sollevamento della polvere, irrorando con acqua le murature ed i
materiali di risulta.

Sezione VIII
Demolizioni

Art. 154.
Sbarramento della zona di demolizione

1. Nella zona sottostante la demolizione deve essere vietata la
sosta ed il transito, delimitando la zona stessa con appositi
sbarramenti.
2. L'accesso allo sbocco dei canali di scarico per il caricamento
ed il trasporto del materiale accumulato deve essere consentito
soltanto dopo che sia stato sospeso lo scarico dall'alto.

Sezione VIII
Demolizioni

Art. 155.
Demolizione per rovesciamento

1. Salvo l'osservanza delle leggi e dei regolamenti speciali e
locali, la demolizione di parti di strutture aventi altezza sul
terreno non superiore a 5 metri puo' essere effettuata mediante
rovesciamento per trazione o per spinta.
2. La trazione o la spinta deve essere esercitata in modo graduale
e senza strappi e deve essere eseguita soltanto su elementi di
struttura opportunamente isolati dal resto del fabbricato in
demolizione in modo da non determinare crolli intempestivi o non
previsti di altre parti.
3. Devono inoltre essere adottate le precauzioni necessarie per la
sicurezza del lavoro quali: trazione da distanza non minore di una
volta e mezzo l'altezza del muro o della struttura da abbattere e
allontanamento degli operai dalla zona interessata.
4. Il rovesciamento per spinta puo' essere effettuato con
martinetti solo per opere di altezza non superiore a 3 metri, con
l'ausilio di puntelli sussidiari contro il ritorno degli elementi
smossi.
5. Deve essere evitato in ogni caso che per lo scuotimento del
terreno in seguito alla caduta delle strutture o di grossi blocchi
possano derivare danni o lesioni agli edifici vicini o ad opere
adiacenti pericolose per i lavoratori addetti.

Sezione VIII
Demolizioni

Art. 156.
Verifiche

1. Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, sentita la
Commissione consultiva permanente, puo' stabilire l'obbligo di
sottoporre a verifiche ponteggi e attrezzature per costruzioni,
stabilendo le modalita' e l'organo tecnico incaricato.

Capo III
Sanzioni

Art. 157.
Sanzioni per i committenti e i responsabili dei lavori

1. Il committente o il responsabile dei lavori sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.500 a
10.000 euro per la violazione degli articoli 90, commi 1, secondo
periodo, 3, 4 e 5;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.250 a
5.000 euro per la violazione dell'articolo 90, comma 9, lettera a);
c) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.200 a 3.600
euro per la violazione dell'articolo 101, comma 1, primo periodo;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 6.000
euro per la violazione dell'articolo 90, comma 9, lettera c).

Capo III
Sanzioni

Art. 158.
Sanzioni per i coordinatori

1. Il coordinatore per la progettazione e' punito con l'arresto da
tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a 12.000 euro per la
violazione dell'articolo 91, comma 1.
2. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori e' punito:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a
12.000 euro per la violazione dell'articolo 92, comma 1,
lettere a), b), c), e) ed f), e con l'arresto da tre a sei mesi o con
l'ammenda da 3.000 a 8.000 euro per la violazione dell'articolo 92,
comma 2;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.250 a
5.000 euro per la violazione dell'articolo 92, comma 1, lettera d).

Capo III
Sanzioni

Art. 159.
Sanzioni per i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti

1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 3.000 a
12.000 euro per la violazione degli articoli 96, comma 1,
lettere a), b), c) e g), 97, comma 1, 100, comma 3, 117, 118, 121,
126, 128, comma 1, 145, commi 1 e 2, 148;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.500 a
5.000 euro per la violazione degli articoli 112, 119, 122, 123, 125,
commi 1, 2 e 3, 127, 129, comma 1, 136, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, 151,
comma 1, 152, comma 1, 154;
c) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 500 a 2.000
euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettera d), e 97,
comma 3, nonche' per la violazione delle disposizioni del capo II del
presente titolo non altrimenti sanzionate;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.200 a 3.600
euro per la violazione degli articoli 100, comma 4, e 101, commi 2 e
3.
2. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e'
tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 500 a 2.000
euro per la violazione degli articoli 96, comma 1, lettera a), 100,
comma 3, 121, 136, commi 5 e 6, 137, comma 1, 145, commi 1 e 2;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 300 a 900 euro
per la violazione degli articoli 118, commi 3 e 5, 123, 140, commi 3
e 6, 152, comma 2.

Capo III
Sanzioni

Art. 160.
Sanzioni per i lavoratori

1. I lavoratori autonomi sono puniti:
a) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a
5.000 euro per la violazione dell'articolo 100, comma 3;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 500 a 2.000
euro per la violazione dell'articolo 94.
2. I lavoratori sono puniti con l'arresto fino a un mese o con
l'ammenda da 150 a 600 euro per la violazione degli articoli 124,
138, commi 3 e 4, 152, comma 2.

Titolo V
SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
Capo I
Disposizioni generali

Art. 161.
Campo di applicazione

1. Il presente titolo stabilisce le prescrizioni per la segnaletica
di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro.
2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alla
segnaletica impiegata per regolare il traffico stradale, ferroviario,
fluviale, marittimo ed aereo.

Titolo V
SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
Capo I
Disposizioni generali

Art. 162.
Definizioni

1. Ai fini del presente titolo si intende per:
a) segnaletica di sicurezza e di salute sul luogo di lavoro, di
seguito indicata «segnaletica di sicurezza»: una segnaletica che,
riferita ad un oggetto, ad una attivita' o ad una situazione
determinata, fornisce una indicazione o una prescrizione concernente
la sicurezza o la salute sul luogo di lavoro, e che utilizza, a
seconda dei casi, un cartello, un colore, un segnale luminoso o
acustico, una comunicazione verbale o un segnale gestuale;
b) segnale di divieto: un segnale che vieta un comportamento che
potrebbe far correre o causare un pericolo;
c) segnale di avvertimento: un segnale che avverte di un rischio
o pericolo;
d) segnale di prescrizione: un segnale che prescrive un
determinato comportamento;
e) segnale di salvataggio o di soccorso: un segnale che fornisce
indicazioni relative alle uscite di sicurezza o ai mezzi di soccorso
o di salvataggio;
f) segnale di informazione: un segnale che fornisce indicazioni
diverse da quelle specificate alle lettere da b) ad e);
g) cartello: un segnale che, mediante combinazione di una forma
geometrica, di colori e di un simbolo o pittogramma, fornisce una
indicazione determinata, la cui visibilita' e' garantita da una
illuminazione di intensita' sufficiente;
h) cartello supplementare: un cartello impiegato assieme ad un
cartello del tipo indicato alla lettera g) e che fornisce indicazioni
complementari;
i) colore di sicurezza: un colore al quale e' assegnato un
significato determinato;
l) simbolo o pittogramma: un'immagine che rappresenta una
situazione o che prescrive un determinato comportamento, impiegata su
un cartello o su una superficie luminosa;
m) segnale luminoso: un segnale emesso da un dispositivo
costituito da materiale trasparente o semitrasparente, che e'
illuminato dall'interno o dal retro in modo da apparire esso stesso
come una superficie luminosa;
n) segnale acustico: un segnale sonoro in codice emesso e diffuso
da un apposito dispositivo, senza impiego di voce umana o di sintesi
vocale;
o) comunicazione verbale: un messaggio verbale predeterminato,
con impiego di voce umana o di sintesi vocale;
p) segnale gestuale: un movimento o posizione delle braccia o
delle mani in forma convenzionale per guidare persone che effettuano
manovre implicanti un rischio o un pericolo attuale per i lavoratori.

Titolo V
SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
Capo I
Disposizioni generali

Art. 163.
Obblighi del datore di lavoro

1. Quando, anche a seguito della valutazione effettuata in
conformita' all'articolo 28, risultano rischi che non possono essere
evitati o sufficientemente limitati con misure, metodi, ovvero
sistemi di organizzazione del lavoro, o con mezzi tecnici di
protezione collettiva, il datore di lavoro fa ricorso alla
segnaletica di sicurezza, conformemente alle prescrizioni di cui agli
allegati da XXIV a XXXII.
2. Qualora sia necessario fornire mediante la segnaletica di
sicurezza indicazioni relative a situazioni di rischio non
considerate negli allegati da XXIV a XXXII, il datore di lavoro,
anche in riferimento alle norme di buona tecnica, adotta le misure
necessarie, secondo le particolarita' del lavoro, l'esperienza e la
tecnica.
3. Il datore di lavoro, per regolare il traffico all'interno
dell'impresa o dell'unita' produttiva, fa ricorso, se del caso, alla
segnaletica prevista dalla legislazione vigente relativa al traffico
stradale, ferroviario, fluviale, marittimo o aereo, fatto salvo
quanto previsto nell'allegato XXVIII.

Titolo V
SEGNALETICA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
Capo I
Disposizioni generali

Art. 164.
Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro provvede affinche':
a) il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza e i
lavoratori siano informati di tutte le misure da adottare riguardo
alla segnaletica di sicurezza impiegata all'interno dell'impresa
ovvero dell'unita' produttiva;
b) i lavoratori ricevano una formazione adeguata, in particolare
sotto forma di istruzioni precise, che deve avere per oggetto
specialmente il significato della segnaletica di sicurezza,
soprattutto quando questa implica l'uso di gesti o di parole, nonche'
i comportamenti generali e specifici da seguire.

Capo II
Sanzioni

Art. 165.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.000 a
10.000 euro per la violazione degli articoli 163 e 164, comma 1,
lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da 1.000 a
4.500 euro per la violazione dell'articolo 164, comma 1, lettera a).

Capo II
Sanzioni

Art. 166.
Sanzioni a carico del preposto

1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e'
tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 400 a 1.200
euro per la violazione dell'articolo 163;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da 150 a 600
euro per la violazione dell'articolo 164, comma 1, lettera a).

Titolo VI
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 167.
Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano alle attivita'
lavorative di movimentazione manuale dei carichi che comportano per i
lavoratori rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in
particolare dorso-lombari.
2. Ai fini del presente titolo, s'intendono:
a) movimentazione manuale dei carichi: le operazioni di trasporto
o di sostegno di un carico ad opera di uno o piu' lavoratori,
comprese le azioni del sollevare, deporre, spingere, tirare, portare
o spostare un carico, che, per le loro caratteristiche o in
conseguenza delle condizioni ergonomiche sfavorevoli, comportano
rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico, in particolare
dorso-lombari;
b) patologie da sovraccarico biomeccanico: patologie delle
strutture osteoarticolari, muscolotendinee e nervovascolari.

Titolo VI
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 168.
Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie e
ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche,
per evitare la necessita' di una movimentazione manuale dei carichi
da parte dei lavoratori.
2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei
carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure
organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai
lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio
che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, tenendo
conto dell'allegato XXXIII, ed in particolare:
a) organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione
assicuri condizioni di sicurezza e salute;
b) valuta, se possibile anche in fase di proget-tazione, le
condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione
tenendo conto dell'allegato XXXIII;
c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie
dorso-lombari, adottando le misure adeguate, tenendo conto in
particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche
dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attivita' comporta,
in base all'allegato XXXIII;
d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui
all'articolo 41, sulla base della valutazione del rischio e dei
fattori individuali di rischio di cui all'allegato XXXIII.
3. Le norme tecniche costituiscono criteri di riferimento per le
finalita' del presente articolo e dell'allegato XXXIII, ove
applicabili. Negli altri casi si puo' fare riferimento alle buone
prassi e alle linee guida.

Titolo VI
MOVIMENTAZIONE MANUALE DEI CARICHI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 169.
Informazione, formazione e addestramento

1. Tenendo conto dell'allegato XXXIII, il datore di lavoro:
a) fornisce ai lavoratori le informazioni adeguate relativamente
al peso ed alle altre caratteristiche del carico movimentato;
b) assicura ad essi la formazione adeguata in relazione ai rischi
lavorativi ed alle modalita' di corretta esecuzione delle attivita'.
2. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori l'addestramento
adeguato in merito alle corrette manovre e procedure da adottare
nella movimentazione manuale dei carichi.

Capo II
Sanzioni

Art. 170.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000
fino ad euro 10.000 per la violazione dell'articolo 168, commi 1 e 2,
169, comma 1, lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro
1.000 a euro 4.500 per la violazione dell'articolo 169, comma 1,
lettera a).

Capo II
Sanzioni

Art. 171.
Sanzioni a carico del preposto

1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e'
tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro 400 ad
euro 1.200 per la violazione dell'articolo 168, commi 1 e 2;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro 150 ad
euro 600 per la violazione dell'articolo 169, comma 1, lettera a).

Titolo VII
ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 172.
Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano alle attivita'
lavorative che comportano l'uso di attrezzature munite di
videoterminali.
2. Le norme del presente titolo non si applicano ai lavoratori
addetti:
a) ai posti di guida di veicoli o macchine;
b) ai sistemi informatici montati a bordo di un mezzo di
trasporto;
c) ai sistemi informatici destinati in modo prioritario
all'utilizzazione da parte del pubblico;
d) alle macchine calcolatrici, ai registratori di cassa e a tutte
le attrezzature munite di un piccolo dispositivo di visualizzazione
dei dati o delle misure, necessario all'uso diretto di tale
attrezzatura;
e) alle macchine di videoscrittura senza schermo separato.

Titolo VII
ATTREZZATURE MUNITE DI VIDEOTERMINALI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 173.
Definizioni

1. Ai fini del presente decreto legislativo si intende per:
a) videoterminale: uno schermo alfanumerico o grafico a
prescindere dal tipo di procedimento di visualizzazione utilizzato;
b) posto di lavoro: l'insieme che comprende le attrezzature
munite di videoterminale, eventualmente con tastiera ovvero altro
sistema di immissione dati, incluso il mouse, il software per
l'interfaccia uomo-macchina, gli accessori opzionali, le
apparecchiature connesse, comprendenti l'unita' a dischi, il
telefono, il modem, la stampante, il supporto per i documenti, la
sedia, il piano di lavoro, nonche' l'ambiente di lavoro
immediatamente circostante;
c) lavoratore: il lavoratore che utilizza un'attrezzatura munita
di videoterminali, in modo sistematico o abituale, per venti ore
settimanali, dedotte le interruzioni di cui all'articolo 175.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

Art. 174.
Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro, all'atto della valutazione del rischio di
cui all'articolo 28, analizza i posti di lavoro con particolare
riguardo:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai problemi legati alla postura ed all'affaticamento fisico o
mentale;
c) alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
2. Il datore di lavoro adotta le misure appropriate per ovviare ai
rischi riscontrati in base alle valutazioni di cui al comma 1,
tenendo conto della somma ovvero della combinazione della incidenza
dei rischi riscontrati.
3. Il datore di lavoro organizza e predispone i posti di lavoro di
cui all'articolo 173, in conformita' ai requisiti minimi di cui
all'allegato XXXIV.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

Art. 175.
Svolgimento quotidiano del lavoro

1. Il lavoratore, ha diritto ad una interruzione della sua
attivita' mediante pause ovvero cambiamento di attivita'.
2. Le modalita' di tali interruzioni sono stabilite dalla
contrattazione collettiva anche aziendale.
3. In assenza di una disposizione contrattuale riguardante
l'interruzione di cui al comma 1, il lavoratore comunque ha diritto
ad una pausa di quindici minuti ogni centoventi minuti di
applicazione continuativa al videoterminale.
4. Le modalita' e la durata delle interruzioni possono essere
stabilite temporaneamente a livello individuale ove il medico
competente ne evidenzi la necessita'.
5. E' comunque esclusa la cumulabilita' delle interruzioni
all'inizio ed al termine dell'orario di lavoro.
6. Nel computo dei tempi di interruzione non sono compresi i tempi
di attesa della risposta da parte del sistema elettronico, che sono
considerati, a tutti gli effetti, tempo di lavoro, ove il lavoratore
non possa abbandonare il posto di lavoro.
7. La pausa e' considerata a tutti gli effetti parte integrante
dell'orario di lavoro e, come tale, non e' riassorbibile all'interno
di accordi che prevedono la riduzione dell'orario complessivo di
lavoro.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

Art. 176.
Sorveglianza sanitaria

1. I lavoratori sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui
all'articolo 41, con particolare riferimento:
a) ai rischi per la vista e per gli occhi;
b) ai rischi per l'apparato muscolo-scheletrico.
2. Sulla base delle risultanze degli accertamenti di cui al comma 1
i lavoratori vengono classificati ai sensi dell'articolo 41, comma 6.
3. Salvi i casi particolari che richiedono una frequenza diversa
stabilita dal medico competente, la periodicita' delle visite di
controllo e' biennale per i lavoratori classificati come idonei con
prescrizioni o limitazioni e per i lavoratori che abbiano compiuto il
cinquantesimo anno di eta'; quinquennale negli altri casi.
4. Per i casi di inidoneita' temporanea il medico competente
stabilisce il termine per la successiva visita di idoneita'.
5. Il lavoratore e' sottoposto a visita di controllo per i rischi
di cui al comma 1 a sua richiesta, secondo le modalita' previste
all'articolo 41, comma 2, lettera c).
6. Il datore di lavoro fornisce a sue spese ai lavoratori i
dispositivi speciali di correzione visiva, in funzione dell'attivita'
svolta, quando l'esito delle visite di cui ai commi 1, 3 e 4 ne
evidenzi la necessita' e non sia possibile utilizzare i dispositivi
normali di correzione.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti

Art. 177.
Informazione e formazione

1. In ottemperanza a quanto previsto in via generale
dall'articolo 18, comma 1, lettera l), il datore di lavoro:
a) fornisce ai lavoratori informazioni, in particolare per quanto
riguarda:
1) le misure applicabili al posto di lavoro, in base
all'analisi dello stesso di cui all'articolo 174;
2) le modalita' di svolgimento dell'attivita';
3) la protezione degli occhi e della vista;
b) assicura ai lavoratori una formazione adeguata in particolare
in ordine a quanto indicato al comma 1, lettera a).

Capo III
Sanzioni

Art. 178.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro ed il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000
fino ad euro 10.000 per la violazione dell'articolo 174, comma 2 e 3,
175, 176, commi 1, 3, 5, 177, comma 1, lettera b);
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro
1.000 a euro 4.500 per la violazione dell'articolo 177, comma 1,
lettera a).

Capo III
Sanzioni

Art. 179.
Sanzioni a carico del preposto

1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e'
tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da euro 400 ad
euro 1.200 per la violazione dell'articolo 174, comma 2 e 3, 175;
b) con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da euro 150 ad
euro 600 per la violazione dell'articolo 174, comma 1, lettera a).

Titolo VIII
AGENTI FISICI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 180.
Definizioni e campo di applicazione

1. Ai fini del presente decreto legislativo per agenti fisici si
intendono il rumore, gli ultrasuoni, gli infrasuoni, le vibrazioni
meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazioni ottiche, di
origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che
possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei
lavoratori.
2. Fermo restando quanto previsto dal presente capo, per le
attivita' comportanti esposizione a rumore si applica il capo II, per
quelle comportanti esposizione a vibrazioni si applica il capo III,
per quelle comportanti esposizione a campi elettromagnetici si
applica il capo IV, per quelle comportanti esposizione a radiazioni
ottiche artificiali si applica il capo V.
3. La protezione dei lavoratori dalle radiazioni ionizzanti e'
disciplinata unicamente dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n.
230, e sue successive modificazioni.


Nota all'art. 180:
- Il testo del citato decreto legislativo n. 230 del
1995, e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13 giugno
1995, n. 136, supplemento ordinario.

Titolo VIII
AGENTI FISICI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 181.
Valutazione dei rischi

1. Nell'ambito della valutazione di cui all'articolo 28, il datore
di lavoro valuta tutti i rischi derivanti da esposizione ad agenti
fisici in modo da identificare e adottare le opportune misure di
prevenzione e protezione con particolare riferimento alle norme di
buona tecnica ed alle buone prassi.
2. La valutazione dei rischi derivanti da esposizioni ad agenti
fisici e' programmata ed effettuata, con cadenza almeno quadriennale,
da personale qualificato nell'ambito del servizio di prevenzione e
protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. La
valutazione dei rischi e' aggiornata ogni qual volta si verifichino
mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i
risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua
revisione. I dati ottenuti dalla valutazione, misurazione e calcolo
dei livelli di esposizione costituiscono parte integrante del
documento di valutazione del rischio.
3. Il datore di lavoro nella valutazione dei rischi precisa quali
misure di prevenzione e protezione devono essere adottate. La
valutazione dei rischi e' riportata sul documento di valutazione di
cui all'articolo 28, essa puo' includere una giustificazione del
datore di lavoro secondo cui la natura e l'entita' dei rischi non
rendono necessaria una valutazione dei rischi piu' dettagliata.

Titolo VIII
AGENTI FISICI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 182.
Disposizioni miranti ad eliminare o ridurre i rischi

1. Tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilita' di
misure per controllare il rischio alla fonte, i rischi derivanti
dall'esposizione agli agenti fisici sono eliminati alla fonte o
ridotti al minimo. La riduzione dei rischi derivanti dall'esposizione
agli agenti fisici si basa sui principi generali di prevenzione
contenuti nel presente decreto.
2. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori
superiori ai valori limite di esposizione definiti nei capi II, III,
IV e V. Allorche', nonostante i provvedimenti presi dal datore di
lavoro in applicazione del presente capo i valori limite di
esposizione risultino superati, il datore di lavoro adotta misure
immediate per riportare l'esposizione al di sotto dei valori limite
di esposizione, individua le cause del superamento dei valori limite
di esposizione e adegua di conseguenza le misure di protezione e
prevenzione per evitare un nuovo superamento.

Titolo VIII
AGENTI FISICI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 183.
Lavoratori particolarmente sensibili

1. Il datore di lavoro adatta le misure di cui all'articolo 182
alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente
sensibili al rischio, incluse le donne in stato di gravidanza ed i
minori.

Titolo VIII
AGENTI FISICI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 184.
Informazione e formazione dei lavoratori

1. Nell'ambito degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il
datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori esposti a rischi
derivanti da agenti fisici sul luogo di lavoro e i loro
rappresentanti vengano informati e formati in relazione al risultato
della valutazione dei rischi con particolare riguardo:
a) alle misure adottate in applicazione del presente titolo;
b) all'entita' e al significato dei valori limite di esposizione
e dei valori di azione definiti nei Capi II, III, IV e V, nonche' ai
potenziali rischi associati;
c) ai risultati della valutazione, misurazione o calcolo dei
livelli di esposizione ai singoli agenti fisici;
d) alle modalita' per individuare e segnalare gli effetti
negativi dell'esposizione per la salute;
e) alle circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto a una
sorveglianza sanitaria e agli obiettivi della stessa;
f) alle procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo i rischi
derivanti dall'esposizione;
g) all'uso corretto di adeguati dispositivi di protezione
individuale e alle relative indicazioni e controindicazioni sanitarie
all'uso.

Titolo VIII
AGENTI FISICI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 185.
Sorveglianza sanitaria

1. La sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti agli agenti
fisici viene svolta secondo i principi generali di cui
all'articolo 41, ed e' effettuata dal medico competente nelle
modalita' e nei casi previsti ai rispettivi capi del presente titolo
sulla base dei risultati della valutazione del rischio che gli sono
trasmessi dal datore di lavoro per il tramite del servizio di
prevenzione e protezione.
2. Nel caso in cui la sorveglianza sanitaria riveli in un
lavoratore un'alterazione apprezzabile dello stato di salute
correlata ai rischi lavorativi il medico competente ne informa il
lavoratore e, nel rispetto del segreto professionale, il datore di
lavoro, che provvede a:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o
ridurre i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell'attuazione
delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio.

Titolo VIII
AGENTI FISICI
Capo I
Disposizioni generali

Art. 186.
Cartella sanitaria e di rischio

1. Nella cartella di cui all'articolo 25, comma 1, lettera c), il
medico competente riporta i dati della sorveglianza sanitaria, ivi
compresi i valori di esposizione individuali, ove previsti negli
specifici capi del presente titolo, comunicati dal datore di lavoro
per il tramite del servizio di prevenzione e protezione.

Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

Art. 187.
Campo di applicazione

1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione
dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti
dall'esposizione al rumore durante il lavoro e in particolare per
l'udito.

Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

Art. 188.
Definizioni

1. Ai fini del presente capo si intende per:
a) pressione acustica di picco (ppeak): valore massimo della
pressione acustica istantanea ponderata in frequenza «C»;
b) livello di esposizione giornaliera al rumore (LEX,8h): [dB(A)
riferito a 20 \muPa]: valore medio, ponderato in funzione del tempo,
dei livelli di esposizione al rumore per una giornata lavorativa
nominale di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999:
1990 punto 3.6. Si riferisce a tutti i rumori sul lavoro, incluso il
rumore impulsivo;
c) livello di esposizione settimanale al rumore (LEX,w): valore
medio, ponderato in funzione del tempo, dei livelli di esposizione
giornaliera al rumore per una settimana nominale di cinque giornate
lavorative di otto ore, definito dalla norma internazionale ISO 1999:
1990 punto 3.6, nota 2.

Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

Art. 189.
Valori limite di esposizione e valori di azione

1. I valori limite di esposizione e i valori di azione, in
relazione al livello di esposizione giornaliera al rumore e alla
pressione acustica di picco, sono fissati a:
a) valori limite di esposizione rispettivamente LEX = 87 dB(A) e
ppeak = 200 Pa (140 dB(C) riferito a 20 \muPa);
b) valori superiori di azione: rispettivamente LEX = 85 dB(A) e
ppeak = 140 Pa (137 dB(C) riferito a 20 \muPa);
c) valori inferiori di azione: rispettivamente LEX = 80 dB(A) e
ppeak = 112 Pa (135 dB(C) riferito a 20 \muPa).
2. Laddove a causa delle caratteristiche intrinseche della
attivita' lavorativa l'esposizione giornaliera al rumore varia
significativamente, da una giornata di lavoro all'altra, e' possibile
sostituire, ai fini dell'applicazione dei valori limite di
esposizione e dei valori di azione, il livello di esposizione
giornaliera al rumore con il livello di esposizione settimanale a
condizione che:
a) il livello di esposizione settimanale al rumore, come
dimostrato da un controllo idoneo, non ecceda il valore limite di
esposizione di 87 dB(A);
b) siano adottate le adeguate misure per ridurre al minimo i
rischi associati a tali attivita'.
3. Nel caso di variabilita' del livello di esposizione settimanale
va considerato il livello settimanale massimo ricorrente.

Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

Art. 190.
Valutazione del rischio

1. Nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 181, il datore di
lavoro valuta l'esposizione dei lavoratori al rumore durante il
lavoro prendendo in considerazione in particolare:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa
ogni esposizione a rumore impulsivo;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui
all'articolo 189;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori particolarmente sensibili al rumore, con particolare
riferimento alle donne in gravidanza e i minori;
d) per quanto possibile a livello tecnico, tutti gli effetti
sulla salute e sicurezza dei lavoratori derivanti da interazioni fra
rumore e sostanze ototossiche connesse con l'attivita' svolta e fra
rumore e vibrazioni;
e) tutti gli effetti indiretti sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori risultanti da interazioni fra rumore e segnali di
avvertimento o altri suoni che vanno osservati al fine di ridurre il
rischio di infortuni;
f) le informazioni sull'emissione di rumore fornite dai
costruttori dell'attrezzatura di lavoro in conformita' alle vigenti
disposizioni in materia;
g) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate
per ridurre l'emissione di rumore;
h) il prolungamento del periodo di esposizione al rumore oltre
l'orario di lavoro normale, in locali di cui e' responsabile;
i) le informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria,
comprese, per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura
scientifica;
l) la disponibilita' di dispositivi di protezione dell'udito con
adeguate caratteristiche di attenuazione.
2. Se, a seguito della valutazione di cui al comma 1, puo'
fondatamente ritenersi che i valori inferiori di azione possono
essere superati, il datore di lavoro misura i livelli di rumore cui i
lavoratori sono esposti, i cui risultati sono riportati nel documento
di valutazione.
3. I metodi e le strumentazioni utilizzati devono essere adeguati
alle caratteristiche del rumore da misurare, alla durata
dell'esposizione e ai fattori ambientali secondo le indicazioni delle
norme tecniche. I metodi utilizzati possono includere la
campionatura, purche' sia rappresentativa dell'esposizione del
lavoratore.
4. Nell'applicare quanto previsto nel presente articolo, il datore
di lavoro tiene conto dell'incertezza delle misure determinate
secondo la prassi metrologica.
5. La valutazione di cui al comma 1 individua le misure di
prevenzione e protezione necessarie ai sensi degli articoli 192, 193,
194, 195 e 196 ed e' documentata in conformita' all'articolo 28,
comma 2.

Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

Art. 191.
Valutazione di attivita' a livello di esposizione molto variabile

1. Fatto salvo il divieto al superamento dei valori limite di
esposizione, per attivita' che comportano un'elevata fluttuazione dei
livelli di esposizione personale dei lavoratori, il datore di lavoro
puo' attribuire a detti lavoratori un'esposizione al rumore al di
sopra dei valori superiori di azione, garantendo loro le misure di
prevenzione e protezione conseguenti e in particolare: a) la
disponibilita' dei dispositivi di protezione individuale dell'udito;
b) l'informazione e la formazione; c) il controllo sanitario. In
questo caso la misurazione associata alla valutazione si limita a
determinare il livello di rumore prodotto dalle attrezzature nei
posti operatore ai fini dell'identificazione delle misure di
prevenzione e protezione e per formulare il programma delle misure
tecniche e organizzative di cui all'articolo 192, comma 2.
2. Sul documento di valutazione di cui all'articolo 28, a fianco
dei nominativi dei lavoratori cosi' classificati, va riportato il
riferimento al presente articolo.

Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

Art. 192.
Misure di prevenzione e protezione

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 182, il datore di
lavoro elimina i rischi alla fonte o li riduce al minimo mediante le
seguenti misure:
a) adozione di altri metodi di lavoro che implicano una minore
esposizione al rumore;
b) scelta di attrezzature di lavoro adeguate, tenuto conto del
lavoro da svolgere, che emettano il minor rumore possibile, inclusa
l'eventualita' di rendere disponibili ai lavoratori attrezzature di
lavoro conformi ai requisiti di cui al titolo III, il cui obiettivo o
effetto e' di limitare l'esposizione al rumore;
c) progettazione della struttura dei luoghi e dei posti di
lavoro;
d) adeguata informazione e formazione sull'uso corretto delle
attrezzature di lavoro in modo da ridurre al minimo la loro
esposizione al rumore;
e) adozione di misure tecniche per il contenimento:
1) del rumore trasmesso per via aerea, quali schermature,
involucri o rivestimenti realizzati con materiali fonoassorbenti;
2) del rumore strutturale, quali sistemi di smorzamento o di
isolamento;
f) opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature di
lavoro, del luogo di lavoro e dei sistemi sul posto di lavoro;
g) riduzione del rumore mediante una migliore organizzazione del
lavoro attraverso la limitazione della durata e dell'intensita'
dell'esposizione e l'adozione di orari di lavoro appropriati, con
sufficienti periodi di riposo.
2. Se a seguito della valutazione dei rischi di cui
all'articolo 190 risulta che i valori inferiori di azione sono
superati, il datore di lavoro elabora ed applica un programma di
misure tecniche e organizzative volte a ridurre l'esposizione al
rumore, considerando in particolare le misure di cui al comma 1.
3. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti ad
un rumore al di sopra dei valori superiori di azione sono indicati da
appositi segnali. Dette aree sono inoltre delimitate e l'accesso alle
stesse e' limitato, ove cio' sia tecnicamente possibile e
giustificato dal rischio di esposizione.
4. Nel caso in cui, data la natura dell'attivita', il lavoratore
benefici dell'utilizzo di locali di riposo messi a disposizione dal
datore di lavoro, il rumore in questi locali e' ridotto a un livello
compatibile con il loro scopo e le loro condizioni di utilizzo.

Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

Art. 193.
Uso dei dispositivi di protezione individuali

1. In ottemperanza a quanto disposto dall'articolo 18, comma 1,
lettera c), il datore di lavoro, nei casi in cui i rischi derivanti
dal rumore non possono essere evitati con le misure di prevenzione e
protezione di cui all'articolo 192, fornisce i dispositivi di
protezione individuali per l'udito conformi alle disposizioni
contenute nel titolo III, capo II, e alle seguenti condizioni:
a) nel caso in cui l'esposizione al rumore superi i valori
inferiori di azione il datore di lavoro mette a disposizione dei
lavoratori dispositivi di protezione individuale dell'udito;
b) nel caso in cui l'esposizione al rumore sia pari o al di sopra
dei valori superiori di azione esige che i lavoratori utilizzino i
dispositivi di protezione individuale dell'udito;
c) sceglie dispositivi di protezione individuale dell'udito che
consentono di eliminare il rischio per l'udito o di ridurlo al
minimo, previa consultazione dei lavoratori o dei loro
rappresentanti;
d) verifica l'efficacia dei dispositivi di protezione individuale
dell'udito.
2. Il datore di lavoro tiene conto dell'attenuazione prodotta dai
dispositivi di protezione individuale dell'udito indossati dal
lavoratore solo ai fini di valutare l'efficienza dei DPI uditivi e il
rispetto del valore limite di esposizione. I mezzi individuali di
protezione dell'udito sono considerati adeguati ai fini delle
presenti norme se, correttamente usati, mantengono un livello di
rischio uguale od inferiore ai livelli inferiori di azione.

Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

Art. 194.
Misure per la limitazione dell'esposizione

1. Fermo restando l'obbligo del non superamento dei valori limite
di esposizione, se, nonostante l'adozione delle misure prese in
applicazione del presente capo, si individuano esposizioni superiori
a detti valori, il datore di lavoro:
a) adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di
sotto dei valori limite di esposizione;
b) individua le cause dell'esposizione eccessiva;
c) modifica le misure di protezione e di prevenzione per evitare
che la situazione si ripeta.

Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

Art. 195.
Informazione e formazione dei lavoratori

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 184 nell'ambito
degli obblighi di cui agli articoli 36 e 37, il datore di lavoro
garantisce che i lavoratori esposti a valori uguali o superiori ai
valori inferiori di azione vengano informati e formati in relazione
ai rischi provenienti dall'esposizione al rumore.

Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

Art. 196.
Sorveglianza sanitaria

1. Il datore di lavoro sottopone a sorveglianza sanitaria i
lavoratori la cui esposizione al rumore eccede i valori superiori di
azione. La sorveglianza viene effettuata periodicamente, di norma una
volta l'anno o con periodicita' diversa decisa dal medico competente,
con adeguata motivazione riportata nel documento di valutazione dei
rischi e resa nota ai rappresentanti per la sicurezza di lavoratori
in funzione della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con
provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e periodicita' della
sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.
2. La sorveglianza sanitaria di cui al comma 1 e' estesa ai
lavoratori esposti a livelli superiori ai valori inferiori di azione,
su loro richiesta e qualora il medico competente ne confermi
l'opportunita'.

Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

Art. 197.
Deroghe

1. Il datore di lavoro puo' richiedere deroghe all'uso dei
dispositivi di protezione individuale e al rispetto del valore limite
di esposizione, quando, per la natura del lavoro, l'utilizzazione di
tali dispositivi potrebbe comportare rischi per la salute e sicurezza
dei lavoratori maggiori rispetto a quanto accadrebbe senza la loro
utilizzazione.
2. Le deroghe di cui al comma 1 sono concesse, sentite le parti
sociali, per un periodo massimo di quattro anni dall'organo di
vigilanza territorialmente competente che provvede anche a darne
comunicazione, specificando le ragioni e le circostanze che hanno
consentito la concessione delle stesse, al Ministero del lavoro e
della previdenza sociale. Le circostanze che giustificano le deroghe
di cui al comma 1 sono riesaminate ogni quattro anni e, in caso di
venire meno dei relativi presupposti, riprende immediata applicazione
la disciplina regolare.
3. La concessione delle deroghe di cui al comma 2 e' condizionata
dall'intensificazione della sorveglianza sanitaria e da condizioni
che garantiscano, tenuto conto delle particolari circostanze, che i
rischi derivanti siano ridotti al minimo. Il datore di lavoro
assicura l'intensificazione della sorveglianza sanitaria ed il
rispetto delle condizioni indicate nelle deroghe.
4. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette
ogni quattro anni alla Commissione della Unione europea un prospetto
globale e motivato delle deroghe concesse ai sensi del presente
articolo.

Capo II
Protezione dei lavoratori contro i rischi di esposizione al rumore
durante il lavoro

Art. 198.
Linee Guida per i settori della musica delle attivita' ricreative e
dei call center

1. Su proposta della Commissione permanente per la prevenzione
degli infortuni e l'igiene del lavoro di cui all'articolo 6, sentite
la parti sociali, entro un anno dalla data di entrata in vigore del
presente capo, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definisce le
linee guida per l'applicazione del presente capo nei settori della
musica, delle attivita' ricreative e dei call center.

Capo III
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

Art. 199.
Campo di applicazione

1. Il presente capo prescrive le misure per la tutela della salute
e della sicurezza dei lavoratori che sono esposti o possono essere
esposti a rischi derivanti da vibrazioni meccaniche. Nei riguardi dei
soggetti indicati all'articolo 3, comma 2, del presente decreto
legislativo le disposizioni del presente capo sono applicate tenuto
conto delle particolari esigenze connesse al servizio espletato,
quali individuate dai decreti ivi previsti.

Capo III
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

Art. 200.
Definizioni

1. Ai fini del presente capo, si intende per:
a) vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio: le vibrazioni
meccaniche che, se trasmesse al sistema mano-braccio nell'uomo,
comportano un rischio per la salute e la sicurezza dei lavoratori, in
particolare disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o
muscolari;
b) vibrazioni trasmesse al corpo intero: le vibrazioni meccaniche
che, se trasmesse al corpo intero, comportano rischi per la salute e
la sicurezza dei lavoratori, in particolare lombalgie e traumi del
rachide;
c) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al sistema
mano-braccio A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato in
frequenza, delle accelerazioni misurate per una giornata lavorativa
nominale di otto ore;
d) esposizione giornaliera a vibrazioni trasmesse al corpo intero
A(8): [ms-2]: valore mediato nel tempo, ponderato, delle
accelerazioni misurate per una giornata lavorativa nominale di otto
ore.

Capo III
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

Art. 201.
Valori limite di esposizione e valori d'azione

1. Ai fini del presente capo, si definiscono i seguenti valori
limite di esposizione e valori di azione.
a) per le vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio:
1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un
periodo di riferimento di 8 ore, e' fissato a 5 m/s2; mentre su
periodi brevi e' pari a 20 m/s2;
2) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di
riferimento di 8 ore, che fa scattare l'azione, e' fissato a 2,5
m/s2.
b) per le vibrazioni trasmesse al corpo intero:
1) il valore limite di esposizione giornaliero, normalizzato a un
periodo di riferimento di 8 ore, e' fissato a 1,0 m/s2; mentre su
periodi brevi e' pari a 1,5 m/s2;
2) il valore d'azione giornaliero, normalizzato a un periodo di
riferimento di 8 ore, e' fissato a 0,5 m/s2.
2. Nel caso di variabilita' del livello di esposizione giornaliero
va considerato il livello giornaliero massimo ricorrente.

Capo III
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

Art. 202.
Valutazione dei rischi

1. Nell'ambito di quanto previsto dall'articolo 181, il datore di
lavoro valuta e, quando necessario, misura, i livelli di vibrazioni
meccaniche cui i lavoratori sono esposti.
2. Il livello di esposizione alle vibrazioni meccaniche puo' essere
valutato mediante l'osservazione delle condizioni di lavoro
specifiche e il riferimento ad appropriate informazioni sulla
probabile entita' delle vibrazioni per le attrezzature o i tipi di
attrezzature nelle particolari condizioni di uso reperibili presso
banche dati dell'ISPESL o delle regioni o, in loro assenza, dalle
informazioni fornite in materia dal costruttore delle attrezzature.
Questa operazione va distinta dalla misurazione, che richiede
l'impiego di attrezzature specifiche e di una metodologia appropriata
e che resta comunque il metodo di riferimento.
3. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al
sistema mano-braccio e' valutata o misurata in base alle disposizioni
di cui all'allegato XXXV, parte A.
4. L'esposizione dei lavoratori alle vibrazioni trasmesse al corpo
intero e' valutata o misurata in base alle disposizioni di cui
all'allegato XXXV, parte B.
5. Ai fini della valutazione di cui al comma 1, il datore di lavoro
tiene conto, in particolare, dei seguenti elementi:
a) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione, ivi inclusa
ogni esposizione a vibrazioni intermittenti o a urti ripetuti;
b) i valori limite di esposizione e i valori d'azione specificati
nell'articolo 201;
c) gli eventuali effetti sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori particolarmente sensibili al rischio con particolare
riferimento alle donne in gravidanza e ai minori;
d) gli eventuali effetti indiretti sulla sicurezza e salute dei
lavoratori risultanti da interazioni tra le vibrazioni meccaniche, il
rumore e l'ambiente di lavoro o altre attrezzature;
e) le informazioni fornite dal costruttore dell'attrezzatura di
lavoro;
f) l'esistenza di attrezzature alternative progettate per ridurre
i livelli di esposizione alle vibrazioni meccaniche;
g) il prolungamento del periodo di esposizione a vibrazioni
trasmesse al corpo intero al di la' delle ore lavorative, in locali
di cui e' responsabile;
h) condizioni di lavoro particolari, come le basse temperature,
il bagnato, l'elevata umidita' o il sovraccarico biomeccanico degli
arti superiori e del rachide;
i) informazioni raccolte dalla sorveglianza sanitaria, comprese,
per quanto possibile, quelle reperibili nella letteratura
scientifica.

Capo III
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

Art. 203.
Misure di prevenzione e protezione

1. Fermo restando quanto previsto nell'articolo 182, in base alla
valutazione dei rischi di cui all'articolo 202, quando sono superati
i valori d'azione, il datore di lavoro elabora e applica un programma
di misure tecniche o organizzative, volte a ridurre al minimo
l'esposizione e i rischi che ne conseguono, considerando in
particolare quanto segue:
a) altri metodi di lavoro che richiedono una minore esposizione a
vibrazioni meccaniche;
b) la scelta di attrezzature di lavoro adeguate concepite nel
rispetto dei principi ergonomici e che producono, tenuto conto del
lavoro da svolgere, il minor livello possibile di vibrazioni;
c) la fornitura di attrezzature accessorie per ridurre i rischi
di lesioni provocate dalle vibrazioni, quali sedili che attenuano
efficacemente le vibrazioni trasmesse al corpo intero e maniglie o
guanti che attenuano la vibrazione trasmessa al sistema mano-braccio;
d) adeguati programmi di manutenzione delle attrezzature di
lavoro, del luogo di lavoro, dei sistemi sul luogo di lavoro e dei
DPI;
e) la progettazione e l'organizzazione dei luoghi e dei posti di
lavoro;
f) l'adeguata informazione e formazione dei lavoratori sull'uso
corretto e sicuro delle attrezzature di lavoro e dei DPI, in modo da
ridurre al minimo la loro esposizione a vibrazioni meccaniche;
g) la limitazione della durata e dell'intensita'
dell'esposizione;
h) l'organizzazione di orari di lavoro appropriati, con adeguati
periodi di riposo;
i) la fornitura, ai lavoratori esposti, di indumenti per la
protezione dal freddo e dall'umidita'.
2. Se, nonostante le misure adottate, il valore limite di
esposizione e' stato superato, il datore di lavoro prende misure
immediate per riportare l'esposizione al di sotto di tale valore,
individua le cause del superamento e adatta, di conseguenza, le
misure di prevenzione e protezione per evitare un nuovo superamento.

Capo III
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

Art. 204.
Sorveglianza sanitaria

1. I lavoratori esposti a livelli di vibrazioni superiori ai valori
d'azione sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria. La sorveglianza
viene effettuata periodicamente, di norma una volta l'anno o con
periodicita' diversa decisa dal medico competente con adeguata
motivazione riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa
nota ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori in funzione
della valutazione del rischio. L'organo di vigilanza, con
provvedimento motivato, puo' disporre contenuti e periodicita' della
sorveglianza diversi rispetto a quelli forniti dal medico competente.
2. I lavoratori esposti a vibrazioni sono altresi' sottoposti alla
sorveglianza sanitaria quando, secondo il medico competente, si
verificano una o piu' delle seguenti condizioni: l'esposizione dei
lavoratori alle vibrazioni e' tale da rendere possibile
l'individuazione di un nesso tra l'esposizione in questione e una
malattia identificabile o ad effetti nocivi per la salute ed e'
probabile che la malattia o gli effetti sopraggiungano nelle
particolari condizioni di lavoro del lavoratore ed esistono tecniche
sperimentate che consentono di individuare la malattia o gli effetti
nocivi per la salute.

Capo III
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni

Art. 205.
Deroghe

1. Nei settori della navigazione marittima e aerea, il datore di
lavoro, in circostanze debitamente giustificate, puo' richiedere la
deroga, limitatamente al rispetto dei valori limite di esposizione
per il corpo intero qualora, tenuto conto della tecnica e delle
caratteristiche specifiche dei luoghi di lavoro, non sia possibile
rispettare tale valore limite nonostante le misure tecniche e
organizzative messe in atto.
2. Nel caso di attivita' lavorative in cui l'esposizione di un
lavoratore a vibrazioni meccaniche e' abitualmente inferiore ai
valori di azione, ma puo' occasionalmente superare il valore limite
di esposizione, il datore di lavoro puo' richiedere la deroga al
rispetto dei valori limite a condizione che il valore medio
dell'esposizione calcolata su un periodo di 40 ore sia inferiore al
valore limite di esposizione e dimostri, con elementi probanti, che i
rischi derivanti dal tipo di esposizione cui e' sottoposto il
lavoratore sono inferiori a quelli derivanti dal livello di
esposizione corrispondente al valore limite.
3. Le deroghe di cui ai commi 1 e 2 sono concesse, per un periodo
massimo di quattro anni, dall'organo di vigilanza territorialmente
competente che provvede anche a darne comunicazione, specificando le
ragioni e le circostanze che hanno consentito la concessione delle
stesse, al Ministero del lavoro e della previdenza sociale. Le
deroghe sono rinnovabili e possono essere revocate quando vengono
meno le circostanze che le hanno giustificate.
4. La concessione delle deroghe di cui ai commi 1 e 2 e'
condizionata all'intensificazione della sorveglianza sanitaria e da
condizioni che garantiscano, tenuto conto delle particolari
circostanze, che i rischi derivanti siano ridotti al minimo. Il
datore di lavoro assicura l'intensificazione della sorveglianza
sanitaria ed il rispetto delle condizioni indicate nelle deroghe.
5. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale trasmette
ogni quattro anni alla Commissione della Unione europea un prospetto
dal quale emergano circostanze e motivi delle deroghe concesse ai
sensi del presente articolo.

Capo IV
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici

Art. 206.
Campo di applicazione

1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione
dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti
dall'esposizione ai campi elettromagnetici (da 0 Hz a 300 GHz), come
definiti dall'articolo 207, durante il lavoro. Le disposizioni
riguardano la protezione dai rischi per la salute e la sicurezza dei
lavoratori dovuti agli effetti nocivi a breve termine conosciuti nel
corpo umano derivanti dalla circolazione di correnti indotte e
dall'assorbimento di energia, e da correnti di contatto.
2. Il presente capo non riguarda la protezione da eventuali effetti
a lungo termine e i rischi risultanti dal contatto con i conduttori
in tensione.

Capo IV
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici

Art. 207.
Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si intendono
per:
a) campi elettromagnetici: campi magnetici statici e campi
elettrici, magnetici ed elettromagnetici variabili nel tempo di
frequenza inferiore o pari a 300 GHz;
b) valori limite di esposizione: limiti all'esposizione a campi
elettromagnetici che sono basati direttamente sugli effetti sulla
salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di
questi limiti garantisce che i lavoratori esposti ai campi
elettromagnetici sono protetti contro tutti gli effetti nocivi a
breve termine per la salute conosciuti;
c) valori di azione: l'entita' dei parametri direttamente
misurabili, espressi in termini di intensita' di campo elettrico (E),
intensita' di campo magnetico (H), induzione magnetica (B) e densita'
di potenza (S), che determina l'obbligo di adottare una o piu' delle
misure specificate nel presente capo. Il rispetto di questi valori
assicura il rispetto dei pertinenti valori limite di esposizione.

Capo IV
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici

Art. 208.
Valori limite di esposizione e valori d'azione

1. I valori limite di esposizione sono riportati nell'allegato
XXXVI, lettera A, tabella 1.
2. I valori di azione sono riportati nell'allegato XXXVI, lettera
B, tabella 2.

Capo IV
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici

Art. 209.
Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi

1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui
all'articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario,
misura o calcola i livelli dei campi elettromagnetici ai quali sono
esposti i lavoratori. La valutazione, la misurazione e il calcolo
devono essere effettuati in conformita' alle norme europee
standardizzate del Comitato europeo di normalizzazione elettrotecnica
(CENELEC). Finche' le citate norme non avranno contemplato tutte le
pertinenti situazioni per quanto riguarda la valutazione, misurazione
e calcolo dell'esposizione dei lavoratori ai campi elettromagnetici,
il datore di lavoro adotta le specifiche linee guida individuate od
emanate dalla Commissione consultiva permanente per la prevenzione
degli infortuni e per l'igiene del lavoro, o, in alternativa, quelle
del Comitato Elettrotecnico Italiano (CEI), tenendo conto, se
necessario, dei livelli di emissione indicati dai fabbricanti delle
attrezzature.
2. A seguito della valutazione dei livelli dei campi
elettromagnetici effettuata in conformita' al comma 1, qualora
risulti che siano superati i valori di azione di cui
all'articolo 208, il datore di lavoro valuta e, quando necessario,
calcola se i valori limite di esposizione sono stati superati.
3. La valutazione, la misurazione e il calcolo di cui ai commi 1 e
2 non devono necessariamente essere effettuati in luoghi di lavoro
accessibili al pubblico, purche' si sia gia' proceduto ad una
valutazione conformemente alle disposizioni relative alla limitazione
dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici da 0 Hz
a 300 GHz e risultino rispettate per i lavoratori le restrizioni
previste dalla raccomandazione 1999/519/CE del Consiglio, del
12 luglio 1999, e siano esclusi rischi relativi alla sicurezza.
4. Nell'ambito della valutazione del rischio di cui
all'articolo 181, il datore di lavoro presta particolare attenzione
ai seguenti elementi:
a) il livello, lo spettro di frequenza, la durata e il tipo
dell'esposizione;
b) i valori limite di esposizione e i valori di azione di cui
all'articolo 208;
c) tutti gli effetti sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori particolarmente sensibili al rischio;
d) qualsiasi effetto indiretto quale:
1) interferenza con attrezzature e dispositivi medici
elettronici (compresi stimolatori cardiaci e altri dispositivi
impiantati);
2) rischio propulsivo di oggetti ferromagnetici in campi
magnetici statici con induzione magnetica superiore a 3 mT;
3) innesco di dispositivi elettro-esplosivi (detonatori);
4) incendi ed esplosioni dovuti all'accensione di materiali
infiammabili provocata da scintille prodotte da campi indotti,
correnti di contatto o scariche elettriche;
e) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate
per ridurre i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
f) la disponibilita' di azioni di risanamento volte a minimizzare
i livelli di esposizione ai campi elettromagnetici;
g) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso
della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni reperibili in
pubblicazioni scientifiche;
h) sorgenti multiple di esposizione;
i) esposizione simultanea a campi di frequenze diverse.
5. Il datore di lavoro nel documento di valutazione del rischio di
cui all'articolo 28 precisa le misure adottate, previste
dall'articolo 210.


Nota all'art. 209:
- Il testo della raccomandazione 1999/519/CE del
Consiglio, del 12 luglio 1999 relativa alla limitazione
dell'esposizione della popolazione ai campi
elettromagnetici da 0 Hz a 300 GHz, e' pubblicato nella
G.U.C.E. 30 luglio 1999, n. L 199.

Capo IV
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici

Art. 210.
Misure di prevenzione e protezione

1. A seguito della valutazione dei rischi, qualora risulti che i
valori di azione di cui all'articolo 208 sono superati, il datore di
lavoro, a meno che la valutazione effettuata a norma
dell'articolo 209, comma 2, dimostri che i valori limite di
esposizione non sono superati e che possono essere esclusi rischi
relativi alla sicurezza, elabora ed applica un programma d'azione che
comprenda misure tecniche e organizzative intese a prevenire
esposizioni superiori ai valori limite di esposizione, tenendo conto
in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che implicano una minore esposizione
ai campi elettromagnetici;
b) della scelta di attrezzature che emettano campi
elettromagnetici di intensita' inferiore, tenuto conto del lavoro da
svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione dei campi
elettromagnetici, incluso se necessario l'uso di dispositivi di
sicurezza, schermature o di analoghi meccanismi di protezione della
salute;
d) degli appropriati programmi di manutenzione delle attrezzature
di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle
postazioni di lavoro;
f) della limitazione della durata e dell'intensita'
dell'esposizione;
g) della disponibilita' di adeguati dispositivi di protezione
individuale.
2. I luoghi di lavoro dove i lavoratori possono essere esposti a
campi elettromagnetici che superano i valori di azione devono essere
indicati con un'apposita segnaletica. Tale obbligo non sussiste nel
caso che dalla valutazione effettuata a norma dell'articolo 209,
comma 2, il datore di lavoro dimostri che i valori limite di
esposizione non sono superati e che possono essere esclusi rischi
relativi alla sicurezza. Dette aree sono inoltre identificate e
l'accesso alle stesse e' limitato laddove cio' sia tecnicamente
possibile e sussista il rischio di un superamento dei valori limite
di esposizione.
3. In nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori
superiori ai valori limite di esposizione. Allorche', nonostante i
provvedimenti presi dal datore di lavoro in applicazione del presente
capo, i valori limite di esposizione risultino superati, il datore di
lavoro adotta misure immediate per riportare l'esposizione al di
sotto dei valori limite di esposizione, individua le cause del
superamento dei valori limite di esposizione e adegua di conseguenza
le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo
superamento.
4. A norma dell'articolo 209, comma 4, lettera c), il datore di
lavoro adatta le misure di cui al presente articolo alle esigenze dei
lavoratori esposti particolarmente sensibili al rischio.

Capo IV
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici

Art. 211.
Sorveglianza sanitaria

1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di
norma una volta l'anno o con periodicita' inferiore decisa dal medico
competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente
sensibili al rischio di cui all'articolo 183, tenuto conto dei
risultati della valutazione dei rischi trasmessi dal datore di
lavoro. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo'
disporre contenuti e periodicita' diversi da quelli forniti dal
medico competente.
2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall'articolo
182, sono tempestivamente sottoposti a controllo medico i lavoratori
per i quali e' stata rilevata un'esposizione superiore ai valori di
azione di cui all'articolo 208, comma 2.

Capo IV
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi
elettromagnetici

Art. 212.
Linee guida

1. Il Ministero della salute, avvalendosi degli organi
tecnico-scientifici del Servizio sanitario nazionale, sentita la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano, entro due anni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto, elabora le linee guida per
l'applicazione del presente capo nello specifico settore
dell'utilizzo in ambito sanitario delle attrezzature di risonanza
magnetica.

Capo V
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni
ottiche artificiali

Art. 213.
Campo di applicazione

1. Il presente capo stabilisce prescrizioni minime di protezione
dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che
possono derivare, dall'esposizione alle radiazioni ottiche
artificiali durante il lavoro con particolare riguardo ai rischi
dovuti agli effetti nocivi sugli occhi e sulla cute.

Capo V
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni
ottiche artificiali

Art. 214.
Definizioni

1. Agli effetti delle disposizioni del presente capo si intendono
per:
a) radiazioni ottiche: tutte le radiazioni elettromagnetiche
nella gamma di lunghezza d'onda compresa tra 100 ¯Fm e 1 mm. Lo
spettro delle radiazioni ottiche si suddivide in radiazioni
ultraviolette, radiazioni visibili e radiazioni infrarosse:
1) radiazioni ultraviolette: radiazioni ottiche a lunghezza
d'onda compresa tra 100 e 400 ¯Fm. La banda degli ultravioletti e'
suddivisa in UVA (315-400 ¯Fm), UVB (280-315 ¯Fm) e UVC (100-280
¯Fm);
2) radiazioni visibili: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda
compresa tra 380 e 780 ¯Fm;
3) radiazioni infrarosse: radiazioni ottiche a lunghezza d'onda
compresa tra 780 ¯Fm e 1 mm. La regione degli infrarossi e' suddivisa
in IRA (780-1400 ¯Fm), IRB (1400-3000 ¯Fm) e IRC (3000 ¯Fm-1 mm);
b) laser (amplificazione di luce mediante emissione stimolata di
radiazione): qualsiasi dispositivo al quale si possa far produrre o
amplificare le radiazioni elettromagnetiche nella gamma di lunghezze
d'onda delle radiazioni ottiche, soprattutto mediante il processo di
emissione stimolata controllata;
c) radiazione laser: radiazione ottica prodotta da un laser;
d) radiazione non coerente: qualsiasi radiazione ottica diversa
dalla radiazione laser;
e) valori limite di esposizione: limiti di esposizione alle
radiazioni ottiche che sono basati direttamente sugli effetti sulla
salute accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di
questi limiti garantisce che i lavoratori esposti a sorgenti
artificiali di radiazioni ottiche siano protetti contro tutti gli
effetti nocivi sugli occhi e sulla cute conosciuti;
f) irradianza (E) o densita' di potenza: la potenza radiante
incidente per unita' di area su una superficie espressa in watt su
metro quadrato (W m-2);
g) esposizione radiante (H): integrale nel tempo dell'irradianza
espresso in joule su metro quadrato (J m-2);
h) radianza (L): il flusso radiante o la potenza per unita'
d'angolo solido per unita' di superficie, espressa in watt su metro
quadrato su steradiante (W m-2 sr-1);
i) livello: la combinazione di irradianza, esposizione radiante e
radianza alle quali e' esposto un lavoratore.

Capo V
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni
ottiche artificiali

Art. 215.
Valori limite di esposizione

1. I valori limite di esposizione per le radiazioni incoerenti sono
riportati nell'allegato XXXVII, parte I.
2. I valori limite di esposizione per le radiazioni laser sono
riportati nell'allegato XXXVII, parte II.

Capo V
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni
ottiche artificiali

Art. 216.
Identificazione dell'esposizione e valutazione dei rischi

1. Nell'ambito della valutazione dei rischi di cui
all'articolo 181, il datore di lavoro valuta e, quando necessario,
misura e/o calcola i livelli delle radiazioni ottiche a cui possono
essere esposti i lavoratori. La metodologia seguita nella
valutazione, nella misurazione e/o nel calcolo rispetta le norme
della Commissione elettrotecnica internazionale (IEC), per quanto
riguarda le radiazioni laser, le raccomandazioni della Commissione
internazionale per l'illuminazione (CIE) e del Comitato europeo di
normazione (CEN) per quanto riguarda le radiazioni incoerenti. Nelle
situazioni di esposizione che esulano dalle suddette norme e
raccomandazioni, fino a quando non saranno disponibili norme e
raccomandazioni adeguate dell'Unione europea, il datore di lavoro
adotta le specifiche linee guida individuate od emanate dalla
Commissione consultiva permanente per la prevenzione degli infortuni
e per l'igiene del lavoro o, in subordine, linee guida nazionali o
internazionali scientificamente fondate. In tutti i casi di
esposizione, la valutazione tiene conto dei dati indicati dai
fabbricanti delle attrezzature, se contemplate da pertinenti
direttive comunitarie di prodotto.
2. Il datore di lavoro, in occasione della valutazione dei rischi,
presta particolare attenzione ai seguenti elementi:
a) il livello, la gamma di lunghezze d'onda e la durata
dell'esposizione a sorgenti artificiali di radiazioni ottiche;
b) i valori limite di esposizione di cui all'articolo 215;
c) qualsiasi effetto sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori appartenenti a gruppi particolarmente sensibili al
rischio;
d) qualsiasi eventuale effetto sulla salute e sulla sicurezza dei
lavoratori risultante dalle interazioni sul posto di lavoro tra le
radiazioni ottiche e le sostanze chimiche foto-sensibilizzanti;
e) qualsiasi effetto indiretto come l'accecamento temporaneo, le
esplosioni o il fuoco;
f) l'esistenza di attrezzature di lavoro alternative progettate
per ridurre i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche
artificiali;
g) la disponibilita' di azioni di risanamento volte a minimizzare
i livelli di esposizione alle radiazioni ottiche;
h) per quanto possibile, informazioni adeguate raccolte nel corso
della sorveglianza sanitaria, comprese le informazioni pubblicate;
i) sorgenti multiple di esposizione alle radiazioni ottiche
artificiali;
l) una classificazione dei laser stabilita conformemente alla
pertinente norma IEC e, in relazione a tutte le sorgenti artificiali
che possono arrecare danni simili a quelli di un laser della classe
3B o 4, tutte le classificazioni analoghe;
m) le informazioni fornite dai fabbricanti delle sorgenti di
radiazioni ottiche e delle relative attrezzature di lavoro in
conformita' delle pertinenti direttive comunitarie.
3. Il datore di lavoro nel documento di valutazione dei rischi deve
precisare le misure adottate previste dagli articoli 217 e 218.

Capo V
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni
ottiche artificiali

Art. 217.
Disposizioni miranti ad eliminare o a ridurre i rischi

1. Se la valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1,
lettera a), mette in evidenza che i valori limite d'esposizione
possono essere superati, il datore di lavoro definisce e attua un
programma d'azione che comprende misure tecniche e/o organizzative
destinate ad evitare che l'esposizione superi i valori limite,
tenendo conto in particolare:
a) di altri metodi di lavoro che comportano una minore
esposizione alle radiazioni ottiche;
b) della scelta di attrezzature che emettano meno radiazioni
ottiche, tenuto conto del lavoro da svolgere;
c) delle misure tecniche per ridurre l'emissione delle radiazioni
ottiche, incluso, quando necessario, l'uso di dispositivi di
sicurezza, schermatura o analoghi meccanismi di protezione della
salute;
d) degli opportuni programmi di manutenzione delle attrezzature
di lavoro, dei luoghi e delle postazioni di lavoro;
e) della progettazione e della struttura dei luoghi e delle
postazioni di lavoro;
f) della limitazione della durata e del livello dell'esposizione;
g) della disponibilita' di adeguati dispositivi di protezione
individuale;
h) delle istruzioni del fabbricante delle attrezzature.
2. In base alla valutazione dei rischi di cui all'articolo 216, i
luoghi di lavoro in cui i lavoratori potrebbero essere esposti a
livelli di radiazioni ottiche che superino i valori di azione devono
essere indicati con un'apposita segnaletica. Dette aree sono inoltre
identificate e l'accesso alle stesse e' limitato, laddove cio' sia
tecnicamente possibile.
3. Il datore di lavoro adatta le misure di cui al presente
articolo alle esigenze dei lavoratori appartenenti a gruppi
particolarmente sensibili al rischio.

Capo V
Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a radiazioni
ottiche artificiali

Art. 218.
Sorveglianza sanitaria

1. La sorveglianza sanitaria viene effettuata periodicamente, di
norma una volta l'anno o con periodicita' inferiore decisa dal medico
competente con particolare riguardo ai lavoratori particolarmente
sensibili al rischio, tenuto conto dei risultati della valutazione
dei rischi trasmessi dal datore di lavoro. La sorveglianza sanitaria
e' effettuata con l'obiettivo di prevenire e scoprire tempestivamente
effetti negativi per la salute, nonche' prevenire effetti a lungo
termine negativi per la salute e rischi di malattie croniche
derivanti dall'esposizione a radiazioni ottiche.
2. Fermo restando il rispetto di quanto stabilito dall'articolo 182
e di quanto previsto al comma 1, sono tempestivamente sottoposti a
controllo medico i lavoratori per i quali e' stata rilevata
un'esposizione superiore ai valori limite di cui all'articolo 215.
3. Laddove i valori limite sono superati, oppure sono identificati
effetti nocivi sulla salute:
a) il medico o altra persona debitamente qualificata comunica al
lavoratore i risultati che lo riguardano. Il lavoratore riceve in
particolare le informazioni e i pareri relativi al controllo
sanitario cui dovrebbe sottoporsi dopo la fine dell'esposizione;
b) il datore di lavoro e' informato di tutti i dati significativi
emersi dalla sorveglianza sanitaria tenendo conto del segreto
professionale.

Capo VI
Sanzioni

Art. 219.
Sanzioni a carico del datore di lavoro e del dirigente

1. Il datore di lavoro e' punito con l'arresto da quattro a otto
mesi o con l'ammenda da 4.000 a 12.000 euro per la violazione degli
articoli 181, comma 2, 190, commi 1 e 5, 209, commi 1 e 5, 216,
comma 1.
2. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a
4.000 euro per la violazione degli articoli 182, comma 2, 184, 185,
190, commi 2 e 3, 192, comma 2, 193, comma 1, 195, 197, comma 3, 202,
203, 205, comma 4, 209, commi 2 e 4, 210, comma 1, e 217, comma 1;
b) con l'arresto da due a quattro mesi o con l'ammenda da euro
1.000 a euro 4.500 per la violazione degli articoli 210, commi 2 e 3,
e 217, commi 2 e 3.

Capo VI
Sanzioni

Art. 220.
Sanzioni a carico del medico competente

1. Il medico competente e' punito con l'arresto fino tre mesi o con
l'ammenda da euro 1.000 a euro 4.000 per la violazione degli
articoli 185 e 186.

Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici

Art. 221.
Campo di applicazione

1. Il presente capo determina i requisiti minimi per la protezione
dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza che
derivano, o possono derivare, dagli effetti di agenti chimici
presenti sul luogo di lavoro o come risultato di ogni attivita'
lavorativa che comporti la presenza di agenti chimici.
2. I requisiti individuati dal presente capo si applicano a tutti
gli agenti chimici pericolosi che sono presenti sul luogo di lavoro,
fatte salve le disposizioni relative agli agenti chimici per i quali
valgono provvedimenti di protezione radiologica regolamentati dal
decreto legislativo del 17 marzo 1995, n. 230, e successive
modificazioni.
3. Le disposizioni del presente capo si applicano altresi' al
trasporto di agenti chimici pericolosi, fatte salve le disposizioni
specifiche contenute nei decreti ministeriali 4 settembre 1996,
15 maggio 1997, 28 settembre 1999 e nel decreto legislativo
13 gennaio 1999, n. 41, nelle disposizioni del codice IMDG del codice
IBC e nel codice IGC, quali definite dall'articolo 2 della direttiva
93/75/CEE, del Consiglio, del 13 settembre 1993, nelle disposizioni
dell'accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci
pericolose per vie navigabili interne (ADN) e del regolamento per il
trasporto delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), quali
incorporate nella normativa comunitaria e nelle istruzioni tecniche
per il trasporto sicuro di merci pericolose emanate alla data del
25 maggio 1998.
4. Le disposizioni del presente capo non si applicano alle
attivita' comportanti esposizione ad amianto che restano disciplinate
dalle norme contenute al capo III del presente titolo.


Note all'art. 221:
- Per il testo del decreto legislativo n. 230 del 1995,
si veda nota all'art. 180.
- Il testo del decreto ministeriale 4 settembre 1996,
(Attuazione della direttiva 94/55/CE del Consiglio
concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli
Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su
strada), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 dicembre
1996, n. 282, supplemento ordinario .
- Il testo del decreto ministeriale 15 maggio 1997
(Attuazione della direttiva 96/86/CE del Consiglio
dell'Unione europea che adegua al progresso tecnico la
direttiva 94/55/CE), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
4 giugno 1997, n. 128, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto ministeriale 28 settembre 1999
(Attuazione della direttiva 1999/47/CE della Commissione
dell'Unione europea, che adegua per la seconda volta al
progresso tecnico la direttiva 94/55/CE), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 22 ottobre 1999, n. 249,
supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 13 gennaio 1999, n.
41 (Attuazione delle direttive 96/49/CE e 96/87/CE relative
al trasporto di merci pericolose per ferrovia), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 febbraio 1999, n.
48, supplemento ordinario .
- Il testo del'art. 2 della direttiva 93/75/CEE del
13 settembre 1993, Direttiva del Consiglio relativa alle
condizioni minime necessarie per le navi dirette a porti
marittimi della Comunita' o che ne escono e che trasportano
merci pericolose o inquinanti, e' il seguente:
«Art. 2. - Ai fini della presente direttiva si
intendono per:
a) «operatore»: il proprietario, il noleggiatore,
l'imprenditore o l'agente marittimo della nave;
b) «nave»: qualsiasi nave da carico, petroliera,
chimichiera o gasiera o nave passeggeri diretta ad un porto
della Comunita' o che ne esce e che trasporta merci
pericolose o inquinanti, alla rinfusa o in colli;
c) «merci pericolose»: quelle merci classificate nel
codice IMDG, inclusi i materiali radioattivi di cui alla
raccolta INF; nel capitolo 17 del codice IBC e nel capitolo
19 del codice IGC;
d) «merci inquinanti»:
- idrocarburi, secondo la definizione della MARPOL,
allegato 1,
- sostanze liquide nocive, secondo la definizione
della MARPOL, allegato 2,
- sostanze dannose, secondo la definizione della
MARPOL, allegato 3;
e) «Marpol 73/78»: la convenzione internazionale del
1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi,
nella versione modificata dal protocollo del 1978, di volta
in volta in vigore;
f) «Codice IMDG»: il codice marittimo internazionale
per il trasporto delle merci pericolose, di volta in volta
vigente;
g) «Codice IBC»: il codice internazionale IMO per la
costruzione e le dotazioni delle navi adibite al trasporto
alla rinfusa di prodotti chimici pericolosi, di volta in
volta vigente;
h) «Codice IGC»: il codice internazionale IMO per la
costruzione e le dotazioni delle navi adibite al trasporto
alla rinfusa di gas liquefatti, di volta in volta vigente;
i) «raccolta INF»: il corpus delle norme di sicurezza
IMO per il trasporto di combustibile nucleare irradiato, di
plutonio e di scorie altamente radioattive in fusti a bordo
di navi, di volta in volta vigente;
j) «risoluzione IMO A.851(20)»: la risoluzione
851(20) dell'Organizzazione marittima internazionale,
adottata dall'assemblea nella 20ª sessione il 27 novembre
1997, avente per titolo «General princi-ples for ship
reporting systems and ship reporting requirements,
including guidelines for reporting incidents involving
dangerous goods, harmful substances and/or marine
pollutants» (Principi generali dei sistemi di notifica e
norme di compilazione delle notifiche, con orientamenti per
la notifica di sinistri in cui sono coinvolte merci
pericolose, sostanze nocive e/o sostanze inquinanti per
l'ambiente marino);
k) «autorita' competenti»: le autorita' e le
organizzazioni designate dagli Stati membri ai sensi
dell'art. 3;
l) «spedizioniere/caricatore»: una persona che ha
stipulato un contratto per il trasporto di merci via mare,
o la persona nel cui nome o per conto della quale, viene
stipulato il contratto.».

Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici

Art. 222.
Definizioni

1. Ai fini del presente capo si intende per:
a) agenti chimici: tutti gli elementi o composti chimici, sia da
soli sia nei loro miscugli, allo stato naturale o ottenuti,
utilizzati o smaltiti, compreso lo smaltimento come rifiuti, mediante
qualsiasi attivita' lavorativa, siano essi prodotti intenzionalmente
o no e siano immessi o no sul mercato;
b) agenti chimici pericolosi:
1) agenti chimici classificati come sostanze pericolose ai
sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive
modificazioni, nonche' gli agenti che corrispondono ai criteri di
classificazione come sostanze pericolose di cui al predetto decreto.
Sono escluse le sostanze pericolose solo per l'ambiente;
2) agenti chimici classificati come preparati pericolosi ai
sensi del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, e successive
modificazioni, nonche' gli agenti che rispondono ai criteri di
classificazione come preparati pericolosi di cui al predetto decreto.
Sono esclusi i preparati pericolosi solo per l'ambiente;
3) agenti chimici che, pur non essendo classifi-cabili come
pericolosi, in base ai numeri 1) e 2), possono comportare un rischio
per la sicurezza e la salute dei lavoratori a causa di loro
proprieta' chimico-fisiche, chimiche o tossicologiche e del modo in
cui sono utilizzati o presenti sul luogo di lavoro, compresi gli
agenti chimici cui e' stato assegnato un valore limite di esposizione
professionale;
c) attivita' che comporta la presenza di agenti chimici: ogni
attivita' lavorativa in cui sono utilizzati agenti chimici, o se ne
prevede l'utilizzo, in ogni tipo di procedimento, compresi la
produzione, la manipolazione, l'immagazzinamento, il trasporto o
l'eliminazione e il trattamento dei rifiuti, o che risultino da tale
attivita' lavorativa;
d) valore limite di esposizione professionale: se non
diversamente specificato, il limite della concentrazione media
ponderata nel tempo di un agente chimico nell'aria all'interno della
zona di respirazione di un lavoratore in relazione ad un determinato
periodo di riferimento; un primo elenco di tali valori e' riportato
nell'allegato XXXVIII;
e) valore limite biologico: il limite della concentrazione del
relativo agente, di un suo metabolita, o di un indicatore di effetto,
nell'appropriato mezzo biologico; un primo elenco di tali valori e'
riportato nell'allegato XXXIX;
f) sorveglianza sanitaria: la valutazione dello stato di salute
del singolo lavoratore in funzione dell'esposizione ad agenti chimici
sul luogo di lavoro;
g) pericolo: la proprieta' intrinseca di un agente chimico di
poter produrre effetti nocivi;
h) rischio: la probabilita' che si raggiunga il potenziale nocivo
nelle condizioni di utilizzazione o esposizione.


Note all'art. 222:
- Il testo del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n.
52 (Attuazione della direttiva 92/32/CEE concernente
classificazione, imballaggio ed etichettatura delle
sostanze pericolose), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 11 marzo 1997, n. 58, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65
(Attuazione della direttiva 1999/45/CE e della direttiva
2001/60/CE relative alla classificazione, all'imballaggio e
all'etichettatura dei preparati pericolosi), e' pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2003, n. 87, supplemento
ordinario .

Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici

Art. 223.
Valutazione dei rischi

1. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro
determina, preliminarmente l'eventuale presenza di agenti chimici
pericolosi sul luogo di lavoro e valuta anche i rischi per la
sicurezza e la salute dei lavoratori derivanti dalla presenza di tali
agenti, prendendo in considerazione in particolare:
a) le loro proprieta' pericolose;
b) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal
responsabile dell'immissione sul mercato tramite la relativa scheda
di sicurezza predisposta ai sensi dei decreti legislativi 3 febbraio
1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modifiche;
c) il livello, il tipo e la durata dell'esposizione;
d) le circostanze in cui viene svolto il lavoro in presenza di
tali agenti, compresa la quantita' degli stessi;
e) i valori limite di esposizione professionale o i valori limite
biologici; di cui un primo elenco e' riportato negli allegati XXXVIII
e XXXIX;
f) gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da
adottare;
g) se disponibili, le conclusioni tratte da eventuali azioni di
sorveglianza sanitaria gia' intraprese.
2. Nella valutazione dei rischi il datore di lavoro indica quali
misure sono state adottate ai sensi dell'articolo 224 e, ove
applicabile, dell'articolo 225. Nella valutazione medesima devono
essere incluse le attivita', ivi compresa la manutenzione e la
pulizia, per le quali e' prevedibile la possibilita' di notevole
esposizione o che, per altri motivi, possono provocare effetti nocivi
per la salute e la sicurezza, anche dopo l'adozione di tutte le
misure tecniche.
3. Nel caso di attivita' lavorative che comportano l'esposizione a
piu' agenti chimici pericolosi, i rischi sono valutati in base al
rischio che comporta la combinazione di tutti i suddetti agenti
chimici.
4. Fermo restando quanto previsto dai decreti legislativi
3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive
modificazioni, il responsabile dell'immissione sul mercato di agenti
chimici pericolosi e' tenuto a fornire al datore di lavoro acquirente
tutte le ulteriori informazioni necessarie per la completa
valutazione del rischio.
5. La valutazione del rischio puo' includere la giustificazione che
la natura e l'entita' dei rischi connessi con gli agenti chimici
pericolosi rendono non necessaria un'ulteriore valutazione
maggiormente dettagliata dei rischi.
6. Nel caso di un'attivita' nuova che comporti la presenza di
agenti chimici pericolosi, la valutazione dei rischi che essa
presenta e l'attuazione delle misure di prevenzione sono predisposte
preventivamente. Tale attivita' comincia solo dopo che si sia
proceduto alla valutazione dei rischi che essa presenta e
all'attuazione delle misure di prevenzione.
7. Il datore di lavoro aggiorna periodicamente la valutazione e,
comunque, in occasione di notevoli mutamenti che potrebbero averla
resa superata ovvero quando i risultati della sorveglianza medica ne
mostrino la necessita'.


Nota all'art. 223:
- Per il testo dei decreti legislativi n. 52 del 1997 e
n. 65 del 2003, si veda nota all'art. 222.
Note agli articoli 227, 234 e 239:

- Per il testo dei decreti legislativi n. 52 del 1997 e
n. 65 del 2003, si veda nota all'art. 222.

Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici

Art. 224.
Misure e principi generali per la prevenzione dei rischi

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 15, i rischi
derivanti da agenti chimici pericolosi devono essere eliminati o
ridotti al minimo mediante le seguenti misure:
a) progettazione e organizzazione dei sistemi di lavorazione sul
luogo di lavoro;
b) fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e
relative procedure di manutenzione adeguate;
c) riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o
potrebbero essere esposti;
d) riduzione al minimo della durata e dell'intensita'
dell'esposizione;
e) misure igieniche adeguate;
f) riduzione al minimo della quantita' di agenti presenti sul
luogo di lavoro in funzione delle necessita' della lavorazione;
g) metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che
garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell'immagazzinamento
e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi
nonche' dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.
2. Se i risultati della valutazione dei rischi dimostrano che, in
relazione al tipo e alle quantita' di un agente chimico pericoloso e
alle modalita' e frequenza di esposizione a tale agente presente sul
luogo di lavoro, vi e' solo un rischio basso per la sicurezza e
irrilevante per la salute dei lavoratori e che le misure di cui al
comma 1 sono sufficienti a ridurre il rischio, non si applicano le
disposizioni degli articoli 225, 226, 229, 230.

Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici

Art. 225.
Misure specifiche di protezione e di prevenzione

1. Il datore di lavoro, sulla base dell'attivita' e della
valutazione dei rischi di cui all'articolo 223, provvede affinche' il
rischio sia eliminato o ridotto mediante la sostituzione, qualora la
natura dell'attivita' lo consenta, con altri agenti o processi che,
nelle condizioni di uso, non sono o sono meno pericolosi per la
salute dei lavoratori. Quando la natura dell'attivita' non consente
di eliminare il rischio attraverso la sostituzione il datore di
lavoro garantisce che il rischio sia ridotto mediante l'applicazione
delle seguenti misure da adottarsi nel seguente ordine di priorita':
a) progettazione di appropriati processi lavorativi e controlli
tecnici, nonche' uso di attrezzature e materiali adeguati;
b) appropriate misure organizzative e di protezione collettive
alla fonte del rischio;
c) misure di protezione individuali, compresi i dispositivi di
protezione individuali, qualora non si riesca a prevenire con altri
mezzi l'esposizione;
d) sorveglianza sanitaria dei lavoratori a norma degli
articoli 229 e 230.
2. Salvo che possa dimostrare con altri mezzi il conseguimento di
un adeguato livello di prevenzione e di protezione, il datore di
lavoro, periodicamente ed ogni qualvolta sono modificate le
condizioni che possono influire sull'esposizione, provvede ad
effettuare la misurazione degli agenti che possono presentare un
rischio per la salute, con metodiche standardizzate di cui e'
riportato un elenco meramente indicativo nell'allegato XLI o in loro
assenza, con metodiche appropriate e con particolare riferimento ai
valori limite di esposizione professionale e per periodi
rappresentativi dell'esposizione in termini spazio temporali.
3. Quando sia stato superato un valore limite di esposizione
professionale stabilito dalla normativa vigente il datore di lavoro
identifica e rimuove le cause che hanno cagionato tale superamento
dell'evento, adottando immediatamente le misure appropriate di
prevenzione e protezione.
4. I risultati delle misurazioni di cui al comma 2 sono allegati ai
documenti di valutazione dei rischi e resi noti ai rappresentanti per
la sicurezza dei lavoratori. Il datore di lavoro tiene conto delle
misurazioni effettuate ai sensi del comma 2 per l'adempimento degli
obblighi conseguenti alla valutazione dei rischi di cui
all'articolo 223. Sulla base della valutazione dei rischi e dei
principi generali di prevenzione e protezione, il datore di lavoro
adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura delle
operazioni, compresi l'immagazzinamento, la manipolazione e
l'isolamento di agenti chimici incompatibili fra di loro; in
particolare, il datore di lavoro previene sul luogo di lavoro la
presenza di concentrazioni pericolose di sostanze infiammabili o
quantita' pericolose di sostanze chimicamente instabili.
5. Laddove la natura dell'attivita' lavorativa non consenta di
prevenire sul luogo di lavoro la presenza di concentrazioni
pericolose di sostanze infiammabili o quantita' pericolose di
sostanze chimicamente instabili, il datore di lavoro deve in
particolare:
a) evitare la presenza di fonti di accensione che potrebbero dar
luogo a incendi ed esplosioni, o l'esistenza di condizioni avverse
che potrebbero provocare effetti fisici dannosi ad opera di sostanze
o miscele di sostanze chimicamente instabili;
b) limitare, anche attraverso misure procedurali ed organizzative
previste dalla normativa vigente, gli effetti pregiudizievoli sulla
salute e la sicurezza dei lavoratori in caso di incendio o di
esplosione dovuti all'accensione di sostanze infiammabili, o gli
effetti dannosi derivanti da sostanze o miscele di sostanze
chimicamente instabili.
6. Il datore di lavoro mette a disposizione attrezzature di lavoro
ed adotta sistemi di protezione collettiva ed individuale conformi
alle disposizioni legislative e regolamentari pertinenti, in
particolare per quanto riguarda l'uso dei suddetti mezzi in atmosfere
potenzialmente esplosive.
7. Il datore di lavoro adotta misure per assicurare un sufficiente
controllo degli impianti, apparecchi e macchinari, anche mettendo a
disposizione sistemi e dispositivi finalizzati alla limitazione del
rischio di esplosione o dispositivi per limitare la pressione delle
esplosioni.
8. Il datore di lavoro informa i lavoratori del superamento dei
valori limite di esposizione professionale, delle cause dell'evento e
delle misure di prevenzione e protezione adottate e ne da'
comunicazione, senza indugio, all'organo di vigilanza.

Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici

Art. 226.
Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze

1. Ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 43 e 44,
nonche' quelle previste dal decreto del Ministro dell'interno in data
10 marzo 1998, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta
Ufficiale n. 81 del 7 aprile 1998, il datore di lavoro, al fine di
proteggere la salute e la sicurezza dei lavoratori dalle conseguenze
di incidenti o di emergenze derivanti dalla presenza di agenti
chimici pericolosi sul luogo di lavoro, predispone procedure di
intervento adeguate da attuarsi al verificarsi di tali eventi. Tali
misure comprendono esercitazioni di sicurezza da effettuarsi a
intervalli connessi alla tipologia di lavorazione e la messa a
disposizione di appropriati mezzi di pronto soccorso.
2. Nel caso di incidenti o di emergenza, il datore di lavoro adotta
immediate misure dirette ad attenuarne gli effetti ed in particolare,
di assistenza, di evacuazione e di soccorso e ne informa i
lavoratori. Il datore di lavoro adotta inoltre misure adeguate per
porre rimedio alla situazione quanto prima.
3. Ai lavoratori cui e' consentito operare nell'area colpita o ai
lavoratori indispensabili all'effettuazione delle riparazioni e delle
attivita' necessarie, sono forniti indumenti protettivi, dispositivi
di protezione individuale ed idonee attrezzature di intervento che
devono essere utilizzate sino a quando persiste la situazione
anomala.
4. Il datore di lavoro adotta le misure necessarie per approntare
sistemi d'allarme e altri sistemi di comunicazione necessari per
segnalare tempestivamente l'incidente o l'emergenza.
5. Le misure di emergenza devono essere contenute nel piano
previsto dal decreto di cui al comma 1. In particolare nel piano
vanno inserite:
a) informazioni preliminari sulle attivita' pericolose, sugli
agenti chimici pericolosi, sulle misure per l'identificazione dei
rischi, sulle precauzioni e sulle procedure, in modo tale che servizi
competenti per le situazioni di emergenza possano mettere a punto le
proprie procedure e misure precauzionali;
b) qualunque altra informazione disponibile sui rischi specifici
derivanti o che possano derivare dal verificarsi di incidenti o
situazioni di emergenza, comprese le informazioni sulle procedure
elaborate in base al presente articolo.
6. Nel caso di incidenti o di emergenza i soggetti non protetti
devono immediatamente abbandonare la zona interessata.

Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici

Art. 227.
Informazione e formazione per i lavoratori

1. Fermo restando quanto previsto agli articoli 36 e 37, il datore
di lavoro garantisce che i lavoratori o i loro rappresentanti
dispongano di:
a) dati ottenuti attraverso la valutazione del rischio e
ulteriori informazioni ogni qualvolta modifiche importanti sul luogo
di lavoro determinino un cambiamento di tali dati;
b) informazioni sugli agenti chimici pericolosi presenti sul
luogo di lavoro, quali l'identita' degli agenti, i rischi per la
sicurezza e la salute, i relativi valori limite di esposizione
professionale e altre disposizioni normative relative agli agenti;
c) formazione ed informazioni su precauzioni ed azioni adeguate
da intraprendere per proteggere loro stessi ed altri lavoratori sul
luogo di lavoro;
d) accesso ad ogni scheda dei dati di sicurezza messa a
disposizione dal responsabile dell'immissione sul mercato ai sensi
dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n.
65, e successive modificazioni.
2. Il datore di lavoro assicura che le informazioni siano:
a) fornite in modo adeguato al risultato della valutazione del
rischio di cui all'articolo 223. Tali informazioni possono essere
costituite da comunicazioni orali o dalla formazione e
dall'addestramento individuali con il supporto di informazioni
scritte, a seconda della natura e del grado di rischio rivelato dalla
valutazione del rischio;
b) aggiornate per tener conto del cambiamento delle circostanze.
3. Laddove i contenitori e le condutture per gli agenti chimici
pericolosi utilizzati durante il lavoro non siano contrassegnati da
segnali di sicurezza in base a quanto disposto dal titolo V, il
datore di lavoro provvede affinche' la natura del contenuto dei
contenitori e delle condutture e gli eventuali rischi connessi siano
chiaramente identificabili.
4. Il responsabile dell'immissione sul mercato devono trasmettere
ai datori di lavoro tutte le informazioni concernenti gli agenti
chimici pericolosi prodotti o forniti secondo quanto stabilito dai
decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e 14 marzo 2003, n. 65, e
successive modificazioni.

Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici

Art. 228.
Divieti

1. Sono vietate la produzione, la lavorazione e l'impiego degli
agenti chimici sul lavoro e le attivita' indicate all'allegato XL.
2. Il divieto non si applica se un agente e' presente in un
preparato, o quale componente di rifiuti, purche' la concentrazione
individuale sia inferiore al limite indicato nell'allegato stesso.
3. In deroga al divieto di cui al comma 1, possono essere
effettuate, previa autorizzazione da rilasciarsi ai sensi del
comma 5, le seguenti attivita':
a) attivita' a fini esclusivi di ricerca e sperimentazione
scientifica, ivi comprese le analisi;
b) attivita' volte ad eliminare gli agenti chimici che sono
presenti sotto forma di sottoprodotto o di rifiuti;
c) produzione degli agenti chimici destinati ad essere usati come
intermedi.
4. Ferme restando le disposizioni di cui al presente capo, nei casi
di cui al comma 3, lettera c), il datore di lavoro evita
l'esposizione dei lavoratori, stabilendo che la produzione e l'uso
piu' rapido possibile degli agenti come prodotti intermedi avvenga in
un sistema chiuso dal quale gli stessi possono essere rimossi
soltanto nella misura necessaria per il controllo del processo o per
la manutenzione del sistema.
5. Il datore di lavoro che intende effettuare le attivita' di cui
al comma 3 deve inviare una richiesta di autorizzazione al Ministero
del lavoro e della previdenza sociale che la rilascia sentito il
Ministero della salute e la regione interessata. La richiesta di
autorizzazione e' corredata dalle seguenti informazioni:
a) i motivi della richiesta di deroga;
b) i quantitativi dell'agente da utilizzare annualmente;
c) il numero dei lavoratori addetti;
d) descrizione delle attivita' e delle reazioni o processi;
e) misure previste per la tutela della salute e sicurezza e per
prevenire l'esposizione dei lavoratori.

Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici

Art. 229.
Sorveglianza sanitaria

1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 224, comma 2, sono
sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41 i
lavoratori esposti agli agenti chimici pericolosi per la salute che
rispondono ai criteri per la classificazione come molto tossici,
tossici, nocivi, sensibilizzanti, corrosivi, irritanti, tossici per
il ciclo riproduttivo, cancerogeni e mutageni di categoria 3.
2. La sorveglianza sanitaria viene effettuata:
a) prima di adibire il lavoratore alla mansione che comporta
l'esposizione;
b) periodicamente, di norma una volta l'anno o con periodicita'
diversa decisa dal medico competente con adeguata motivazione
riportata nel documento di valutazione dei rischi e resa nota ai
rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori, in funzione della
valutazione del rischio e dei risultati della sorveglianza sanitaria;
c) all'atto della cessazione del rapporto di lavoro. In tale
occasione il medico competente deve fornire al lavoratore le
eventuali indicazioni relative alle prescrizioni mediche da
osservare.
3. Il monitoraggio biologico e' obbligatorio per i lavoratori
esposti agli agenti per i quali e' stato fissato un valore limite
biologico. Dei risultati di tale monitoraggio viene informato il
lavoratore interessato. I risultati di tale monitoraggio, in forma
anonima, vengono allegati al documento di valutazione dei rischi e
comunicati ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori.
4. Gli accertamenti sanitari devono essere a basso rischio per il
lavoratore.
5. Il datore di lavoro, su parere conforme del medico competente,
adotta misure preventive e protettive particolari per i singoli
lavoratori sulla base delle risultanze degli esami clinici e
biologici effettuati. Le misure possono comprendere l'allontanamento
del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.
6. Nel caso in cui all'atto della sorveglianza sanitaria si
evidenzi, in un lavoratore o in un gruppo di lavoratori esposti in
maniera analoga ad uno stesso agente, l'esistenza di effetti
pregiudizievoli per la salute imputabili a tale esposizione o il
superamento di un valore limite biologico, il medico competente
informa individualmente i lavoratori interessati ed il datore di
lavoro.
7. Nei casi di cui al comma 6, il datore di lavoro deve:
a) sottoporre a revisione la valutazione dei rischi effettuata a
norma dell'articolo 223;
b) sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o
ridurre i rischi;
c) tenere conto del parere del medico competente nell'attuazione
delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio;
d) prendere le misure affinche' sia effettuata una visita medica
straordinaria per tutti gli altri lavoratori che hanno subito
un'esposizione simile.
8. L'organo di vigilanza, con provvedimento motivato, puo' disporre
contenuti e periodicita' della sorveglianza sanitaria diversi
rispetto a quelli definiti dal medico competente.

Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici

Art. 230.
Cartelle sanitarie e di rischio

1. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui
all'articolo 229 istituisce ed aggiorna la cartella sanitaria secondo
quanto previsto dall'articolo 25, comma 1, lettera c), e fornisce al
lavoratore interessato tutte le informazioni previste dalle
lettere g) ed h) del comma 1 del medesimo articolo. Nella cartella di
rischio sono, tra l'altro, indicati i livelli di esposizione
professionale individuali forniti dal Servizio di prevenzione e
protezione.
2. Su richiesta, e' fornita agli organi di vigilanza copia dei
documenti di cui al comma 1.

Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici

Art. 231.
Consultazione e partecipazione dei lavoratori

1. La consultazione e partecipazione dei lavoratori o dei loro
rappresentanti sono attuate ai sensi delle disposizioni di cui
all'articolo 50.

Titolo IX
SOSTANZE PERICOLOSE
Capo I
Protezione da agenti chimici

Art. 232.
Adeguamenti normativi

1. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, e' istituito senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica, un comitato consultivo per la determinazione e
l'aggiornamento dei valori limite di esposizione professionale e dei
valori limite biologici relativi agli agenti chimici. Il Comitato e'
composto da nove membri esperti nazionali di chiara fama in materia
tossicologica e sanitaria di cui tre in rappresentanza del Ministero
della salute, su proposta dell'Istituto superiore di sanita',
dell'ISPESL e della Commissione tossicologica nazionale, tre in
rappresentanza della Conferenza dei Presidenti delle regioni e tre in
rappresentanza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
Il Comitato si avvale del supporto organizzativo e logistico della
Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
2. Con uno o piu' decreti dei Ministri del lavoro e della
previdenza sociale e della salute d'intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome, sentiti il Ministro dello sviluppo economico, il Comitato
di cui al comma 1 e le parti sociali, sono recepiti i valori di
esposizione professionale e biologici obbligatori predisposti dalla
Commissione europea, sono altresi' stabiliti i valori limite
nazionali anche tenuto conto dei valori limite indicativi predisposti
dalla Commissione medesima e sono aggiornati gli allegati XXXVIII,
XXXIX, XL e XLI in funzione del progresso tecnico, dell'evoluzione di
normative e specifiche comunitarie o internazionali e delle
conoscenze nel settore degli agenti chimici pericolosi.
3. Con i decreti di cui al comma 2 e' inoltre determinato il
rischio basso per la sicurezza e irrilevante per la salute dei
lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, in relazione al tipo,
alle quantita' ed alla esposizione di agenti chimici, anche tenuto
conto dei valori limite indicativi fissati dalla Unione europea e dei
parametri di sicurezza.
4. Nelle more dell'adozione dei decreti di cui al comma 2, con uno
o piu' decreti dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della salute, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano, possono essere stabiliti, entro quarantacinque giorni dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, i parametri per
l'individuazione del rischio basso per la sicurezza e irrilevante per
la salute dei lavoratori di cui all'articolo 224, comma 2, sulla base
di proposte delle associazioni di categoria dei datori di lavoro
interessate comparativamente rappresentative, sentite le associazioni
dei prestatori di lavoro interessate comparativamente
rappresentative. Scaduto inutilmente il termine di cui al presente
articolo, la valutazione del rischio moderato e' comunque effettuata
dal datore di lavoro.

Capo II
Protezione da agenti cancerogeni e mutageni
Sezione I
Disposizioni generali

Art. 233.
Campo di applicazione

1. Fatto salvo quanto previsto per le attivita' disciplinate dal
capo III e per i lavoratori esposti esclusivamente alle radiazioni
previste dal trattato che istituisce la Comunita' europea
dell'energia atomica, le norme del presente titolo si applicano a
tutte le attivita' nelle quali i lavoratori sono o possono essere
esposti ad agenti cancerogeni o mutageni a causa della loro attivita'
lavorativa.

Capo II
Protezione da agenti cancerogeni e mutageni
Sezione I
Disposizioni generali

Art. 234.
Definizioni

1. Agli effetti del presente decreto si intende per:
a) agente cancerogeno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla
classificazione quali categorie cancerogene 1 o 2, stabiliti ai sensi
del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive
modificazioni;
2) un preparato contenente una o piu' sostanze di cui al numero
1), quando la concentrazione di una o piu' delle singole sostanze
risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la
classificazione di un preparato nelle categorie cancerogene 1 o 2 in
base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.
52, e 14 marzo 2003, n. 65 e successive modificazioni;
3) una sostanza, un preparato o un processo di cui all'allegato
XLII, nonche' una sostanza od un preparato emessi durante un processo
previsto dall'allegato XLII;
b) agente mutageno:
1) una sostanza che risponde ai criteri relativi alla
classificazione nelle categorie mutagene 1 o 2, stabiliti dal decreto
legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modificazioni;
2) un preparato contenente una o piu' sostanze di cui al punto
1), quando la concentrazione di una o piu' delle singole sostanze
risponde ai requisiti relativi ai limiti di concentrazione per la
classificazione di un preparato nelle categorie mutagene 1 o 2 in
base ai criteri stabiliti dai decreti legislativi 3 febbraio 1997, n.
52, e 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni;
c) valore limite: se non altrimenti specificato, il limite della
concentrazione media, ponderata in funzione del tempo, di un agente
cancerogeno o mutageno nell'aria, rilevabile entro la zona di
respirazione di un lavoratore, in relazione ad un periodo di
riferimento determinato stabilito nell'allegato XLIII.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 235.
Sostituzione e riduzione

1. Il datore di lavoro evita o riduce l'utilizzazione di un agente
cancerogeno o mutageno sul luogo di lavoro in particolare
sostituendolo, se tecnicamente possibile, con una sostanza o un
preparato o un procedimento che nelle condizioni in cui viene
utilizzato non risulta nocivo o risulta meno nocivo per la salute e
la sicurezza dei lavoratori.
2. Se non e' tecnicamente possibile sostituire l'agente cancerogeno
o mutageno il datore di lavoro provvede affinche' la produzione o
l'utilizzazione dell'agente cancerogeno o mutageno avvenga in un
sistema chiuso purche' tecnicamente possibile.
3. Se il ricorso ad un sistema chiuso non e' tecnicamente possibile
il datore di lavoro provvede affinche' il livello di esposizione dei
lavoratori sia ridotto al piu' basso valore tecnicamente possibile.
L'esposizione non deve comunque superare il valore limite dell'agente
stabilito nell'allegato XLIII.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 236.
Valutazione del rischio

1. Fatto salvo quanto previsto all'articolo 235, il datore di
lavoro effettua una valutazione dell'esposizione a agenti cancerogeni
o mutageni, i risultati della quale sono riportati nel documento di
cui all'articolo 17.
2. Detta valutazione tiene conto, in particolare, delle
caratteristiche delle lavorazioni, della loro durata e della loro
frequenza, dei quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti
ovvero utilizzati, della loro concentrazione, della capacita' degli
stessi di penetrare nell'organismo per le diverse vie di
assorbimento, anche in relazione al loro stato di aggregazione e,
qualora allo stato solido, se in massa compatta o in scaglie o in
forma polverulenta e se o meno contenuti in una matrice solida che ne
riduce o ne impedisce la fuoriuscita. La valutazione deve tener conto
di tutti i possibili modi di esposizione, compreso quello in cui vi
e' assorbimento cutaneo.
3. Il datore di lavoro, in relazione ai risultati della valutazione
di cui al comma 1, adotta le misure preventive e protettive del
presente capo, adattandole alle particolarita' delle situazioni
lavorative.
4. Il documento di cui all'articolo 28, comma 2, o
l'autocertificazione dell'effettuazione della valutazione dei rischi
di cui all'articolo 29, comma 5, sono integrati con i seguenti dati:
a) le attivita' lavorative che comportano la presenza di sostanze
o preparati cancerogeni o mutageni o di processi industriali di cui
all'allegato XLII, con l'indicazione dei motivi per i quali sono
impiegati agenti cancerogeni;
b) i quantitativi di sostanze ovvero preparati cancerogeni o
mutageni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurita' o
sottoprodotti;
c) il numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti
ad agenti cancerogeni o mutageni;
d) l'esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado
della stessa;
e) le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei
dispositivi di protezione individuale utilizzati;
f) le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti
cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come
sostituti.
5. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al
comma 1 in occasione di modifiche del processo produttivo
significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in
ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
6. Il rappresentante per la sicurezza puo' richiedere i dati di cui
al comma 4, fermo restando l'obbligo di cui all'articolo 50, comma 6.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 237.
Misure tecniche, organizzative, procedurali

1. Il datore di lavoro:
a) assicura, applicando metodi e procedure di lavoro adeguati,
che nelle varie operazioni lavorative sono impiegati quantitativi di
agenti cancerogeni o mutageni non superiori alle necessita' delle
lavorazioni e che gli agenti cancerogeni o mutageni in attesa di
impiego, in forma fisica tale da causare rischio di introduzione, non
sono accumulati sul luogo di lavoro in quantitativi superiori alle
necessita' predette;
b) limita al minimo possibile il numero dei lavoratori esposti o
che possono essere esposti ad agenti cancerogeni o mutageni, anche
isolando le lavorazioni in aree predeterminate provviste di adeguati
segnali di avvertimento e di sicurezza, compresi i segnali «vietato
fumare», ed accessibili soltanto ai lavoratori che debbono recarvisi
per motivi connessi con la loro mansione o con la loro funzione. In
dette aree e' fatto divieto di fumare;
c) progetta, programma e sorveglia le lavorazioni in modo che non
vi e' emissione di agenti cancerogeni o mutageni nell'aria. Se cio'
non e' tecnicamente possibile, l'eliminazione degli agenti
cancerogeni o mutageni deve avvenire il piu' vicino possibile al
punto di emissione mediante aspirazione localizzata, nel rispetto
dell'articolo 18, comma 1, lettera q). L'ambiente di lavoro deve
comunque essere dotato di un adeguato sistema di ventilazione
generale;
d) provvede alla misurazione di agenti cancerogeni o mutageni per
verificare l'efficacia delle misure di cui alla lettera c) e per
individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento
non prevedibile o da un incidente, con metodi di campionatura e di
misurazione conformi alle indicazioni dell'allegato XLI del presente
decreto legislativo;
e) provvede alla regolare e sistematica pulitura dei locali,
delle attrezzature e degli impianti;
f) elabora procedure per i casi di emergenza che possono
comportare esposizioni elevate;
g) assicura che gli agenti cancerogeni o mutageni sono
conservati, manipolati, trasportati in condizioni di sicurezza;
h) assicura che la raccolta e l'immagazzinamento, ai fini dello
smaltimento degli scarti e dei residui delle lavorazioni contenenti
agenti cancerogeni, avvengano in condizioni di sicurezza, in
particolare utilizzando contenitori ermetici etichettati in modo
chiaro, netto, visibile;
i) dispone, su conforme parere del medico competente, misure
protettive particolari con quelle categorie di lavoratori per i quali
l'esposizione a taluni agenti cancerogeni o mutageni presenta rischi
particolarmente elevati.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 238.
Misure tecniche

1. Il datore di lavoro:
a) assicura che i lavoratori dispongano di servizi igienici
appropriati ed adeguati;
b) dispone che i lavoratori abbiano in dotazione idonei indumenti
protettivi da riporre in posti separati dagli abiti civili;
c) provvede affinche' i dispositivi di protezione individuale
siano custoditi in luoghi determinati, controllati e puliti dopo ogni
utilizzazione, provvedendo altresi' a far riparare o sostituire
quelli difettosi o deteriorati, prima di ogni nuova utilizzazione.
2. Nelle zone di lavoro di cui all'articolo 237, comma 1,
lettera b), e' vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare
cibi destinati al consumo umano, usare pipette a bocca e applicare
cosmetici.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 239.
Informazione e formazione

1. Il datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle
conoscenze disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare
per quanto riguarda:
a) gli agenti cancerogeni o mutageni presenti nei cicli
lavorativi, la loro dislocazione, i rischi per la salute connessi al
loro impiego, ivi compresi i rischi supplementari dovuti al fumare;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la necessita' di indossare e impiegare indumenti di lavoro e
protettivi e dispositivi individuali di protezione ed il loro
corretto impiego;
e) il modo di prevenire il verificarsi di incidenti e le misure
da adottare per ridurre al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione
adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono
fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attivita' in
questione e vengono ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e
comunque ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti
che influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Il datore di lavoro provvede inoltre affinche' gli impianti, i
contenitori, gli imballaggi contenenti agenti cancerogeni o mutageni
siano etichettati in maniera chiaramente leggibile e comprensibile. I
contrassegni utilizzati e le altre indicazioni devono essere conformi
al disposto dei decreti legislativi 3 febbraio 1997, n. 52, e
14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 240.
Esposizione non prevedibile

1. Qualora si verifichino eventi non prevedibili o incidenti che
possono comportare un'esposizione anomala dei lavoratori ad agenti
cancerogeni o mutageni, il datore di lavoro adotta quanto prima
misure appropriate per identificare e rimuovere la causa dell'evento
e ne informa i lavoratori e il rappresentante per la sicurezza.
2. I lavoratori devono abbandonare immediatamente l'area
interessata, cui possono accedere soltanto gli addetti agli
interventi di riparazione ed ad altre operazioni necessarie,
indossando idonei indumenti protettivi e dispositivi di protezione
delle vie respiratorie, messi a loro disposizione dal datore di
lavoro. In ogni caso l'uso dei dispositivi di protezione non puo'
essere permanente e la sua durata, per ogni lavoratore, e' limitata
al tempo strettamente necessario.
3. Il datore di lavoro comunica senza indugio all'organo di
vigilanza il verificarsi degli eventi di cui al comma 1 indicando
analiticamente le misure adottate per ridurre al minimo le
conseguenze dannose o pericolose.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 241.
Operazioni lavorative particolari

1. Per le operazioni lavorative, quale quella di manutenzione, per
le quali e' prevedibile, nonostante l'adozione di tutte le misure di
prevenzione tecnicamente applicabili, un'esposizione rilevante dei
lavoratori addetti ad agenti cancerogeni o mutageni, il datore di
lavoro previa consultazione del rappresentante per la sicurezza:
a) dispone che soltanto tali lavoratori hanno accesso alle
suddette aree anche provvedendo, ove tecnicamente possibile,
all'isolamento delle stesse ed alla loro identificazione mediante
appositi contrassegni;
b) fornisce ai lavoratori speciali indumenti e dispositivi di
protezione individuale che devono essere indossati dai lavoratori
adibiti alle suddette operazioni.
2. La presenza nelle aree di cui al comma 1 dei lavoratori addetti
e' in ogni caso ridotta al tempo strettamente necessario con
riferimento alle lavorazioni da espletare.

Sezione III
Sorveglianza sanitaria

Art. 242.
Accertamenti sanitari e norme preventive e protettive specifiche

1. I lavoratori per i quali la valutazione di cui all'articolo 236
ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti a
sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,
adotta misure preventive e protettive per i singoli lavoratori sulla
base delle risultanze degli esami clinici e biologici effettuati.
3. Le misure di cui al comma 2 possono comprendere l'allontanamento
del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42.
4. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei
lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza
di una anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente
ne informa il datore di lavoro.
5. A seguito dell'informazione di cui al comma 4 il datore di
lavoro effettua:
a) una nuova valutazione del rischio in conformita'
all'articolo 236;
b) ove sia tecnicamente possibile, una misurazione della
concentrazione dell'agente in aria per verificare l'efficacia delle
misure adottate.
6. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate
informazioni sulla sorveglianza sanitaria cui sono sottoposti, con
particolare riguardo all'oppor-tunita' di sottoporsi ad accertamenti
sanitari anche dopo la cessazione dell'attivita' lavorativa.

Sezione III
Sorveglianza sanitaria

Art. 243.
Registro di esposizione e cartelle sanitarie

1. I lavoratori di cui all'articolo 242 sono iscritti in un
registro nel quale e' riportata, per ciascuno di essi, l'attivita'
svolta, l'agente cancerogeno o mutageno utilizzato e, ove noto, il
valore dell'esposizione a tale agente. Detto registro e' istituito ed
aggiornato dal datore di lavoro che ne cura la tenuta per il tramite
del medico competente. Il responsabile del servizio di prevenzione ed
i rappresentanti per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
2. Il medico competente, per ciascuno dei lavoratori di cui
all'articolo 242, provvede ad istituire e aggiornare una cartella
sanitaria e di rischio secondo quanto previsto dall'articolo 25,
comma 1, lettera c).
3. Il datore di lavoro comunica ai lavoratori interessati, su
richiesta, le relative annotazioni individuali contenute nel registro
di cui al comma 1 e, tramite il medico competente, i dati della
cartella sanitaria e di rischio.
4. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il datore di
lavoro invia all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza
sul lavoro - ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del lavoratore
interessato unitamente alle annotazioni individuali contenute nel
registro e ne consegna copia al lavoratore stesso.
5. In caso di cessazione di attivita' dell'azienda, il datore di
lavoro consegna il registro di cui al comma 1 e le cartelle sanitarie
e di rischio all'ISPESL.
6. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al
comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal
datore di lavoro almeno fino a risoluzione del rapporto di lavoro e
dall'ISPESL fino a quarant'anni dalla cessazione di ogni attivita'
che espone ad agenti cangerogeni o mutageni.
7. I registri di esposizione, le annotazioni individuali e le
cartelle sanitarie e di rischio sono custoditi e trasmessi con
salvaguardia del segreto professionale e del trattamento dei dati
personali e nel rispetto del decreto legislativo 30 giugno 2003, n.
196, e successive modificazioni.
8. Il datore di lavoro, in caso di esposizione del lavoratore ad
agenti cancerogeni, oltre a quanto previsto ai commi da 1 a 7:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'ISPESL ed
all'organo di vigilanza competente per territorio, e comunica loro
ogni tre anni, e comunque ogni qualvolta i medesimi ne facciano
richiesta, le variazioni intervenute;
b) consegna, a richiesta, all'Istituto superiore di sanita' copia
del registro di cui al comma 1;
c) in caso di cessazione di attivita' dell'azienda, consegna
copia del registro di cui al comma 1 all'organo di vigilanza
competente per territorio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno in precedenza
esercitato attivita' con esposizione ad agenti cancerogeni, il datore
di lavoro chiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali
contenute nel registro di cui al comma 1, nonche' copia della
cartella sanitaria e di rischio, qualora il lavoratore non ne sia in
possesso ai sensi del comma 4.
9. I modelli e le modalita' di tenuta del registro e delle cartelle
sanitarie e di rischio sono determinati dal decreto del Ministro
della salute 12 luglio 2007, n. 155, ed aggiornati con decreto dello
stesso Ministro, adottato di concerto con il Ministro del lavoro e
della previdenza sociale e con il Ministro per le riforme e le
innovazioni nella pubblica amministrazione, sentita la commissione
consultiva permanente.
10. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della salute dati
di sintesi relativi al contenuto dei registri di cui al comma 1 ed a
richiesta li rende disponibili alle regioni.


Note all'art. 243:
- Per il testo del decreto legislativo n. 196 del 2003,
si veda nota all'art. 1.
- Il testo del decreto ministeriale 12 luglio 2007, n.
155 (Regolamento attuativo dell'art. 70, comma 9, del
decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626. Registri e
cartelle sanitarie dei lavoratori esposti durante il lavoro
ad agenti cancerogeni), e' pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale 18 settembre 2007, n. 217.

Sezione III
Sorveglianza sanitaria

Art. 244.
Registrazione dei tumori

1. L'ISPESL, tramite una rete completa di Centri operativi
regionali (COR) e nei limiti delle ordinarie risorse di bilancio,
realizza sistemi di monitoraggio dei rischi occupazionali da
esposizione ad agenti chimici cancerogeni e dei danni alla salute che
ne conseguono, anche in applicazione di direttive e regolamenti
comunitari. A tale scopo raccoglie, registra, elabora ed analizza i
dati, anche a carattere nominativo, derivanti dai flussi informativi
di cui all'articolo 8 e dai sistemi di registrazione delle
esposizioni occupazionali e delle patologie comunque attivi sul
territorio nazionale, nonche' i dati di carattere occupazionale
rilevati, nell'ambito delle rispettive attivita' istituzionali,
dall'Istituto nazionale della previdenza sociale, dall'Istituto
nazionale di statistica, dall'Istituto nazionale contro gli infortuni
sul lavoro, e da altre amministrazioni pubbliche. I sistemi di
monitoraggio di cui al presente comma altresi' integrano i flussi
informativi di cui all'articolo 8.
2. I medici e le strutture sanitarie pubbliche e private, nonche'
gli istituti previdenziali ed assicurativi pubblici o privati, che
identificano casi di neoplasie da loro ritenute attribuibili ad
esposizioni lavorative ad agenti cancerogeni, ne danno segnalazione
all'ISPESL, tramite i Centri operativi regionali (COR) di cui al
comma 1, trasmettendo le informazioni di cui al decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri 10 dicembre 2002, n. 308, che
regola le modalita' di tenuta del registro, di raccolta e
trasmissione delle informazioni.
3. Presso l'ISPESL e' costituito il registro nazionale dei casi di
neoplasia di sospetta origine professionale, con sezioni
rispettivamente dedicate:
a) ai casi di mesotelioma, sotto la denominazione di Registro
nazionale dei mesoteliomi (ReNaM);
b) ai casi di neoplasie delle cavita' nasali e dei seni
paranasali, sotto la denominazione di Registro nazionale dei tumori
nasali e sinusali (ReNaTuNS);
c) ai casi di neoplasie a piu' bassa frazione eziologia riguardo
alle quali, tuttavia, sulla base dei sistemi di elaborazione ed
analisi dei dati di cui al comma 1, siano stati identificati cluster
di casi possibilmente rilevanti ovvero eccessi di incidenza ovvero di
mortalita' di possibile significativita' epidemiologica in rapporto a
rischi occupazionali.
4. L'ISPESL rende disponibili al Ministero della salute, al
Ministero del lavoro e della previdenza sociale, all'INAIL ed alle
regioni e province autonome i risultati del monitoraggio con
periodicita' annuale.
5. I contenuti, le modalita' di tenuta, raccolta e trasmissione
delle informazioni e di realizzazione complessiva dei sistemi di
monitoraggio di cui ai commi 1 e 3 sono determinati dal Ministero
della salute, d'intesa con le regioni e province autonome.


Nota all'art. 244:
- Il testo del decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri 10 dicembre 2002, n. 308 (Regolamento per la
determinazione del modello e delle modalita' di tenuta del
registro dei casi di mesotelioma asbesto correlati ai sensi
dell'art. 36, comma 3, del decreto legislativo n. 277 del
1991), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 febbraio
2003, n. 31.

Sezione III
Sorveglianza sanitaria

Art. 245.
Adeguamenti normativi

1. La Commissione consultiva tossicologica nazionale individua
periodicamente le sostanze cancerogene, mutagene e tossiche per la
riproduzione che, pur non essendo classificate ai sensi del decreto
legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, rispondono ai criteri di
classificazione ivi stabiliti e fornisce consulenza ai Ministeri del
lavoro e della previdenza sociale e della salute, su richiesta, in
tema di classificazione di agenti chimici pericolosi.
2. Con decreto dei Ministri del lavoro e della previdenza sociale e
della salute, sentita la commissione consultiva permanente e la
Commissione consultiva tossicologica nazionale:
a) sono aggiornati gli allegati XLII e XLIII in funzione del
progresso tecnico, dell'evoluzione di normative e specifiche
comunitarie o internazionali e delle conoscenze nel settore degli
agenti cancerogeni o mutageni;
b) e' pubblicato l'elenco delle sostanze in funzione
dell'individuazione effettuata ai sensi del comma 1.


Nota all'art. 245:
- Per il testo del decreto legislativo n. 52 del 1997,
si veda nota all'art. 222.

Capo III
Protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto
Sezione I
Disposizioni generali

Art. 246.
Campo di applicazione

1. Fermo restando quanto previsto dalla legge 27 marzo 1992, n.
257, le norme del presente decreto si applicano alle rimanenti
attivita' lavorative che possono comportare, per i lavoratori, il
rischio di esposizione ad amianto, quali manutenzione, rimozione
dell'amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e
trattamento dei relativi rifiuti, nonche' bonifica delle aree
interessate.


Nota all'art. 246:
- Il testo della legge 27 marzo 1992, n. 257 (Norme
relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto), e'
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 13 aprile 1992, n. 87,
supplemento ordinario.

Capo III
Protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto
Sezione I
Disposizioni generali

Art. 247.
Definizioni

l. Ai fini del presente capo il termine amianto designa i seguenti
silicati fibrosi:
a) l'actinolite d'amianto, n. CAS 77536-66-4;
b) la grunerite d'amianto (amosite), n. CAS 12172-73-5;
c) l'antofillite d'amianto, n. CAS 77536-67-5;
d) il crisotilo, n. CAS 12001-29-5;
e) la crocidolite, n. CAS 12001-28-4;
f) la tremolite d'amianto, n. CAS 77536-68-6.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 248.
Individuazione della presenza di amianto

1. Prima di intraprendere lavori di demolizione o di manutenzione,
il datore di lavoro adotta, anche chiedendo informazioni ai
proprietari dei locali, ogni misura necessaria volta ad individuare
la presenza di materiali a potenziale contenuto d'amianto.
2. Se vi e' il minimo dubbio sulla presenza di amianto in un
materiale o in una costruzione, si applicano le disposizioni previste
dal presente capo.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 249.
Valutazione del rischio

l. Nella valutazione di cui all'articolo 28, il datore di lavoro
valuta i rischi dovuti alla polvere proveniente dall'amianto e dai
materiali contenenti amianto, al fine di stabilire la natura e il
grado dell'esposizione e le misure preventive e protettive da
attuare.
2. Nei casi di esposizioni sporadiche e di debole intensita' e a
condizione che risulti chiaramente dalla valutazione dei rischi di
cui al comma 1 che il valore limite di esposizione all'amianto non e'
superato nell'aria dell'ambiente di lavoro, non si applicano gli
articoli 250, 259 e 260, comma 1, nelle seguenti attivita':
a) brevi attivita' non continuative di manutenzione durante le
quali il lavoro viene effettuato solo su materiali non friabili;
b) rimozione senza deterioramento di materiali non degradati in
cui le fibre di amianto sono fermamente legate ad una matrice;
c) incapsulamento e confinamento di materiali contenenti amianto
che si trovano in buono stato;
d) sorveglianza e controllo dell'aria e prelievo dei campioni ai
fini dell'individuazione della presenza di amianto in un determinato
materiale.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione ogni
qualvolta si verifichino modifiche che possono comportare un
mutamento significativo dell'esposizione dei lavoratori alla polvere
proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto.
4. La Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6
provvede a definire orientamenti pratici per la determinazione delle
esposizioni sporadiche e di debole intensita', di cui al comma 2.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 250.
Notifica

1. Prima dell'inizio dei lavori di cui all'articolo 246, il datore
di lavoro presenta una notifica all'organo di vigilanza competente
per territorio.
2. La notifica di cui al comma l comprende almeno una descrizione
sintetica dei seguenti elementi:
a) ubicazione del cantiere;
b) tipi e quantitativi di amianto manipolati;
c) attivita' e procedimenti applicati;
d) numero di lavoratori interessati;
e) data di inizio dei lavori e relativa durata;
f) misure adottate per limitare l'esposizione dei lavoratori
all'amianto.
3. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori o i loro
rappresentanti abbiano accesso, a richiesta, alla documentazione
oggetto della notifica di cui ai commi l e 2.
4. Il datore di lavoro, ogni qualvolta una modifica delle
condizioni di lavoro possa comportare un aumento significativo
dell'esposizione alla polvere proveniente dall'amianto o da materiali
contenenti amianto, effettua una nuova notifica.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 251.
Misure di prevenzione e protezione

1. In tutte le attivita' di cui all'articolo 246, l'esposizione dei
lavoratori alla polvere proveniente dall'amianto o dai materiali
contenenti amianto nel luogo di lavoro deve essere ridotta al minimo
e, in ogni caso, al di sotto del valore limite fissato
nell'articolo 254, in particolare mediante le seguenti misure:
a) il numero dei lavoratori esposti o che possono essere esposti
alla polvere proveniente dall'amianto o da materiali contenenti
amianto deve essere limitato al numero piu' basso possibile;
b) i lavoratori esposti devono sempre utilizzare dispositivi di
protezione individuale (DPI) delle vie respiratorie con fattore di
protezione operativo adeguato alla concentrazione di amianto
nell'aria e tale da garantire all'utilizzatore in ogni caso che
l'aria filtrata presente all'interno del DPI sia non superiore ad un
decimo del valore limite indicato all'articolo 254;
c) l'utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodo di
riposo adeguati all'impegno fisico richiesto dal lavoro, l'accesso
alle aree di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione
di cui all'articolo 256, comma 4, lettera d);
d) per la protezione dei lavoratori addetti alle lavorazioni
previste dall'articolo 249, comma 3, si applica quanto previsto al
comma 1, lettera b), del presente articolo;
e) i processi lavorativi devono essere concepiti in modo tale da
evitare di produrre polvere di amianto o, se cio' non e' possibile,
da evitare emissione di polvere di amianto nell'aria;
f) tutti i locali e le attrezzature per il trattamento
dell'amianto devono poter essere sottoposti a regolare pulizia e
manutenzione;
g) l'amianto o i materiali che rilasciano polvere di amianto o
che contengono amianto devono essere stoccati e trasportati in
appositi imballaggi chiusi;
h) i rifiuti devono essere raccolti e rimossi dal luogo di lavoro
il piu' presto possibile in appropriati imballaggi chiusi su cui
sara' apposta un'etichettatura indicante che contengono amianto.
Detti rifiuti devono essere successivamente trattati in conformita'
alla vigente normativa in materia di rifiuti pericolosi.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 252.
Misure igieniche

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 249, comma 2, per
tutte le attivita' di cui all'articolo 246, il datore di lavoro
adotta le misure appropriate affinche':
a) i luoghi in cui si svolgono tali attivita' siano:
1) chiaramente delimitati e contrassegnati da appositi
cartelli;
2) accessibili esclusivamente ai lavoratori che vi debbano
accedere a motivo del loro lavoro o della loro funzione;
3) oggetto del divieto di fumare;
b) siano predisposte aree speciali che consentano ai lavoratori
di mangiare e bere senza rischio di contaminazione da polvere di
amianto;
c) siano messi a disposizione dei lavoratori adeguati indumenti
di lavoro o adeguati dispositivi di protezione individuale;
d) detti indumenti di lavoro o protettivi restino all'interno
dell'impresa. Essi possono essere trasportati all'esterno solo per il
lavaggio in lavanderie attrezzate per questo tipo di operazioni, in
contenitori chiusi, qualora l'impresa stessa non vi provveda o in
caso di utilizzazione di indumenti monouso per lo smaltimento secondo
le vigenti disposizioni;
e) gli indumenti di lavoro o protettivi siano riposti in un luogo
separato da quello destinato agli abiti civili;
f) i lavoratori possano disporre di impianti sanitari adeguati,
provvisti di docce, in caso di operazioni in ambienti polverosi;
g) l'equipaggiamento protettivo sia custodito in locali a tale
scopo destinati e controllato e pulito dopo ogni utilizzazione: siano
prese misure per riparare o sostituire l'equipaggiamento difettoso o
deteriorato prima di ogni utilizzazione.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 253.
Controllo dell'esposizione

1. Al fine di garantire il rispetto del valore limite fissato
all'articolo 254 e in funzione dei risultati della valutazione
iniziale dei rischi, il datore di lavoro effettua periodicamente la
misurazione della concentrazione di fibre di amianto nell'aria del
luogo di lavoro tranne nei casi in cui ricorrano le condizioni
previste dal comma 2 dell'articolo 249. I risultati delle misure sono
riportati nel documento di valutazione dei rischi.
2. Il campionamento deve essere rappresentativo dell'esposizione
personale del lavoratore alla polvere proveniente dall'amianto o dai
materiali contenenti amianto.
3. I campionamenti sono effettuati previa consultazione dei
lavoratori ovvero dei loro rappresentanti.
4. Il prelievo dei campioni deve essere effettuato da personale in
possesso di idonee qualifiche nell'ambito del servizio di cui
all'articolo 31. I campioni prelevati sono successivamente analizzati
ai sensi del decreto del Ministro della sanita' in data 14 maggio
1996, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana n. 178 del 25 ottobre 1996.
5. La durata dei campionamenti deve essere tale da consentire di
stabilire un'esposizione rappresentativa, per un periodo di
riferimento di otto ore tramite misurazioni o calcoli ponderati nel
tempo.
6. Il conteggio delle fibre di amianto e' effettuato di preferenza
tramite microscopia a contrasto di fase, applicando il metodo
raccomandato dall'Organizzazione mondiale della sanita' (OMS) nel
1997 o qualsiasi altro metodo che offra risultati equivalenti.
7. Ai fini della misurazione dell'amianto nell'aria, di cui al
comma l, si prendono in considerazione unicamente le fibre che
abbiano una lunghezza superiore a cinque micrometri e una larghezza
inferiore a tre micrometri e il cui rapporto lunghezza/larghezza sia
superiore a 3:1.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 254.
Valore limite

1. Il valore limite di esposizione per l'amianto e' fissato a 0,1
fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel
tempo di riferimento di otto ore. I datori di lavoro provvedono
affinche' nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di
amianto nell'aria superiore al valore limite.
2. Quando il valore limite fissato al comma l viene superato, il
datore di lavoro individua le cause del superamento e adotta il piu'
presto possibile le misure appropriate per ovviare alla situazione.
Il lavoro puo' proseguire nella zona interessata solo se vengono
prese misure adeguate per la protezione dei lavoratori interessati.
3. Per verificare l'efficacia delle misure di cui al comma 2, il
datore di lavoro procede immediatamente ad una nuova determinazione
della concentrazione di fibre di amianto nell'aria.
4. In ogni caso, se l'esposizione non puo' essere ridotta con altri
mezzi e' necessario l'uso di un dispositivo di protezione individuale
delle vie respiratorie con fattore di protezione operativo tale da
garantire tutte le condizioni previste dall'articolo 251, comma 1,
lettera b); l'utilizzo dei DPI deve essere intervallato da periodi di
riposo adeguati all'impegno fisico richiesto dal lavoro; l'accesso
alle aree di riposo deve essere preceduto da idonea decontaminazione
di cui all'articolo 256, comma 4, lettera d).
5. Nell'ipotesi di cui al comma 4, il datore di lavoro, previa
consultazione con i lavoratori o i loro rappresentanti, assicura i
periodi di riposo necessari, in funzione dell'impegno fisico e delle
condizioni climatiche.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 255.
Operazioni lavorative particolari

1. Nel caso di determinate operazioni lavorative in cui, nonostante
l'adozione di misure tecniche preventive per limitare la
concentrazione di amianto nell'aria, e' prevedibile che questa superi
il valore limite di cui all'articolo 254, il datore di lavoro adotta
adeguate misure per la protezione dei lavoratori addetti, ed in
particolare:
a) fornisce ai lavoratori un adeguato dispositivo di protezione
delle vie respiratorie e altri dispositivi di protezione individuali
tali da garantire le condizioni previste dall'articolo 251, comma 1,
lettera b);
b) provvede all'affissione di cartelli per segnalare che si
prevede il superamento del valore limite di esposizione;
c) adotta le misure necessarie per impedire la dispersione della
polvere al di fuori dei locali o luoghi di lavoro;
d) consulta i lavoratori o i loro rappresentanti di cui
all'articolo 46 sulle misure da adottare prima di procedere a tali
attivita'.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 256.
Lavori di demolizione o rimozione dell'amianto

1. I lavori di demolizione o di rimozione dell'amianto possono
essere effettuati solo da imprese rispondenti ai requisiti di cui
all'articolo 30, comma 4, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.
22.
2. Il datore di lavoro, prima dell'inizio di lavori di demolizione
o di rimozione dell'amianto o di materiali contenenti amianto da
edifici, strutture, apparecchi e impianti, nonche' dai mezzi di
trasporto, predispone un piano di lavoro.
3. Il piano di cui al comma 2 prevede le misure necessarie per
garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro
e la protezione dell'ambiente esterno.
4. Il piano, in particolare, prevede e contiene informazioni sui
seguenti punti:
a) rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto
prima dell'applicazione delle tecniche di demolizione, a meno che
tale rimozione non possa costituire per i lavoratori un rischio
maggiore di quello rappresentato dal fatto che l'amianto o i
materiali contenenti amianto vengano lasciati sul posto;
b) fornitura ai lavoratori di idonei dispositivi di protezione
individuale;
c) verifica dell'assenza di rischi dovuti all'esposizione
all'amianto sul luogo di lavoro, al termine dei lavori di demolizione
o di rimozione dell'amianto;
d) adeguate misure per la protezione e la decontaminazione del
personale incaricato dei lavori;
e) adeguate misure per la protezione dei terzi e per la raccolta
e lo smaltimento dei materiali;
f) adozione, nel caso in cui sia previsto il superamento dei
valori limite di cui all'articolo 254, delle misure di cui
all'articolo 255, adattandole alle particolari esigenze del lavoro
specifico;
g) natura dei lavori e loro durata presumibile;
h) luogo ove i lavori verranno effettuati;
i) tecniche lavorative adottate per la rimozione dell'amianto;
l) caratteristiche delle attrezzature o dispositivi che si
intendono utilizzare per attuare quanto previsto dalle lettere d)
ed e).
5. Copia del piano di lavoro e' inviata all'organo di vigilanza,
almeno 30 giorni prima dell'inizio dei lavori.
6. L'invio della documentazione di cui al comma 5 sostituisce gli
adempimenti di cui all'articolo 50.
7. Il datore di lavoro provvede affinche' i lavoratori o i loro
rappresentanti abbiano accesso alla documentazione di cui al comma 4.


Nota all'art. 256:
- Il testo dell'art. 30, comma 4 del decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione della
direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva
91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva
94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), e'
il seguente:
«Art. 30 (Imprese sottoposte ad iscrizione). -
1.-3. (Omissis).
4. Le imprese che svolgono attivita' di raccolta e
trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi e le
imprese che raccolgono e trasportano rifiuti pericolosi,
esclusi i trasporti di rifiuti pericolosi che non eccedano
la quantita' di trenta chilogrammi al giorno o di trenta
litri al giorno effettuati dal produttore degli stessi
rifiuti, nonche' le imprese che intendono effettuare
attivita' di bonifica dei siti, di bonifica dei beni
contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei
rifiuti, di gestione di impianti di smaltimento e di
recupero di titolarita' di terzi, e di gestione di impianti
mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti, devono
essere iscritte all'Albo. L'iscrizione deve essere
rinnovata ogni cinque anni e sostituisce l'autorizzazione
all'esercizio delle attivita' di raccolta, di trasporto, di
commercio e di intermediazione dei rifiuti; per le altre
attivita' l'iscrizione abilita alla gestione degli impianti
il cui esercizio sia stato autorizzato ai sensi del
presente decreto.».

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 257.
Informazione dei lavoratori

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 36, il datore di
lavoro fornisce ai lavoratori, prima che essi siano adibiti ad
attivita' comportanti esposizione ad amianto, nonche' ai loro
rappresentanti, informazioni su:
a) i rischi per la salute dovuti all'esposizione alla polvere
proveniente dall'amianto o dai materiali contenenti amianto;
b) le specifiche norme igieniche da osservare, ivi compresa la
necessita' di non fumare;
c) le modalita' di pulitura e di uso degli indumenti protettivi e
dei dispositivi di protezione individuale;
d) le misure di precauzione particolari da prendere nel ridurre
al minimo l'esposizione;
e) l'esistenza del valore limite di cui all'articolo 254 e la
necessita' del monitoraggio ambientale.
2. Oltre a quanto previsto al comma l, qualora dai risultati delle
misurazioni della concentrazione di amianto nell'aria emergano valori
superiori al valore limite fissato dall'articolo 254, il datore di
lavoro informa il piu' presto possibile i lavoratori interessati e i
loro rappresentanti del superamento e delle cause dello stesso e li
consulta sulle misure da adottare o, nel caso in cui ragioni di
urgenza non rendano possibile la consultazione preventiva, il datore
di lavoro informa tempestivamente i lavoratori interessati e i loro
rappresentanti delle misure adottate.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 258.
Formazione dei lavoratori

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 37, il datore di
lavoro assicura che tutti i lavoratori esposti o potenzialmente
esposti a polveri contenenti amianto ricevano una formazione
sufficiente ed adeguata, ad intervalli regolari.
2. Il contenuto della formazione deve essere facilmente
comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le
conoscenze e le competenze necessarie in materia di prevenzione e di
sicurezza, in particolare per quanto riguarda:
a) le proprieta' dell'amianto e i suoi effetti sulla salute,
incluso l'effetto sinergico del tabagismo;
b) i tipi di prodotti o materiali che possono contenere amianto;
c) le operazioni che possono comportare un'esposizione
all'amianto e l'importanza dei controlli preventivi per ridurre al
minimo tale esposizione;
d) le procedure di lavoro sicure, i controlli e le attrezzature
di protezione;
e) la funzione, la scelta, la selezione, i limiti e la corretta
utilizzazione dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie;
f) le procedure di emergenza;
g) le procedure di decontaminazione;
h) l'eliminazione dei rifiuti;
i) la necessita' della sorveglianza medica.
3. Possono essere addetti alla rimozione, smaltimento dell'amianto
e alla bonifica delle aree interessate i lavoratori che abbiano
frequentato i corsi di formazione professionale di cui
all'articolo 10, comma 2, lettera h), della legge 27 marzo 1992, n.
257.


Nota all'art. 258:
- Il testo dell'art. 10, comma 2, lettera h), della
citata legge n. 257 del 1992, e' il seguente:
«Art. 10 (Piani regionali e delle province autonome). -
1. (Omissis).
2. I piani di cui al comma 1 prevedono tra l'altro:
(omissis);
h) la predisposizione di specifici corsi di
formazione professionale e il rilascio di titoli di
abilitazione per gli addetti alle attivita' di rimozione e
di smaltimento dell'amianto e di bonifica delle aree
interessate, che e' condizionato alla frequenza di tali
corsi;».

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 259.
Sorveglianza sanitaria

1. I lavoratori addetti alle opere di manutenzione, rimozione
dell'amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e
trattamento dei relativi rifiuti, nonche' bonifica delle aree
interessate cui all'articolo 246, prima di essere adibiti allo
svolgimento dei suddetti lavori e periodicamente, almeno una volta
ogni tre anni, o con periodicita' fissata dal medico competente, sono
sottoposti ad un controllo sanitario volto a verificare la
possibilita' di indossare dispositivi di protezione respiratoria
durante il lavoro.
2. I lavoratori che durante la loro attivita' sono stati iscritti
anche una sola volta nel registro degli esposti di cui
all'articolo 243, comma 1, sono sottoposti ad una visita medica
all'atto della cessazione del rapporto di lavoro; in tale occasione
il medico competente deve fornire al lavoratore le indicazioni
relative alle prescrizioni mediche da osservare ed all'opportunita'
di sottoporsi a successivi accertamenti sanitari.
3. Gli accertamenti sanitari devono comprendere almeno l'anamnesi
individuale, l'esame clinico generale ed in particolare del torace,
nonche' esami della funzione respiratoria.
4. Il medico competente, sulla base dell'evoluzione delle
conoscenze scientifiche e dello stato di salute del lavoratore,
valuta l'opportunita' di effettuare altri esami quali la citologia
dell'espettorato, l'esame radiografico del torace o la
tomodensitometria.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 260.
Registro di esposizione e cartelle sanitarie e di rischio

1. Il datore di lavoro, per i lavoratori di cui all'articolo 246,
che nonostante le misure di contenimento della dispersione di fibre
nell'ambiente e l'uso di idonei DPI, nella valutazione
dell'esposizione accerta che l'esposizione e' stata superiore a
quella prevista dall'articolo 251, comma 1, lettera b), e qualora si
siano trovati nelle condizioni di cui all'articolo 240, li iscrive
nel registro di cui all'articolo 243, comma 1, e ne invia copia agli
organi di vigilanza ed all'ISPESL. L'iscrizione nel registro deve
intendersi come temporanea dovendosi perseguire l'obiettivo della non
permanente condizione di esposizione superiore a quanto indicato
all'articolo 251, comma 1, lettera b).
2. Il datore di lavoro, su richiesta, fornisce agli organi di
vigilanza e all'ISPESL copia dei documenti di cui al comma l.
3. Il datore di lavoro, in caso di cessazione del rapporto di
lavoro, trasmette all'ISPESL la cartella sanitaria e di rischio del
lavoratore interessato, unitamente alle annotazioni individuali
contenute nel registro di cui al comma 1.
4. L'ISPESL provvede a conservare i documenti di cui al comma 3 per
un periodo di quaranta anni dalla cessazione dell'esposizione.

Sezione II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 261.
Mesoteliomi

1. Nei casi accertati di mesotelioma, trovano applicazione le
disposizioni contenute nell'articolo 244, comma 3.

Capo IV
Sanzioni

Art. 262.
Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente

1. Il datore di lavoro e il dirigente sono puniti:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 4.000
a 12.000 euro per la violazione degli articoli 223, commi da 1 a 3,
225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e 5, 229, comma 7, 235, 236, comma 3,
237, 238, comma 1, 239, comma 2, 240, commi 1 e 2, 241 e 242,
commi 1, 2 e 5, lettera b), 250, commi 1, 2 e 4, 251, 253, comma 1,
254, 255, 256, commi da 1 a 4, 257, 258, 259, commi 1, 2 e 3, e 260,
comma 1;
b) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000
a 4.000 euro per la violazione degli articoli 223, comma 1, 227,
commi 1, 2 e 3, 229, commi 1, 2, 3 e 5, 239, commi 1 e 4, 240,
comma 3, 248, comma 1, e 252;
c) con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda da 1.000 a 3.000
euro per la violazione degli articoli 250, comma 3, e 256, commi 5 e
7;
d) con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 a 18.000
euro per la violazione degli articoli 243, commi 3, 4, 5, 6 e 8, 253,
comma 3, e 260, commi 2 e 3.

Capo IV
Sanzioni

Art. 263.
Sanzioni per il preposto

1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e'
tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto sino a due mesi o con l'ammenda da 400 a 1.200
euro per la violazione degli articoli 225, 226, 228, commi 1, 3, 4 e
5, 235, 236, comma 3, 237, 238, comma 1, 240, commi 1 e 2, 241, e
242, commi 1 e 2;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 800 euro
per la violazione degli articoli 229, commi 1, 2, 3 e 5, e 239,
commi 1 e 4.

Capo IV
Sanzioni

Art. 264.
Sanzioni per il medico competente

1. Il medico competente e' punito:
a) con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da 1.000 a 4.500
euro per la violazione degli articoli 229, comma 3, primo periodo, e
comma 6, 230, e 242, comma 4;
b) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da 200 a 800 euro
per la violazione dell'articolo 243, comma 2.

Capo IV
Sanzioni

Art. 265.
Sanzioni per i lavoratori

1. I lavoratori sono puniti con l'arresto fino a quindici giorni o
con l'ammenda da 100 a 400 euro per la violazione dell'articolo 240,
comma 2.

Titolo X
ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
Capo I

Art. 266.
Campo di applicazione

1. Le norme del presente titolo si applicano a tutte le attivita'
lavorative nelle quali vi e' rischio di esposizione ad agenti
biologici.
2. Restano ferme le disposizioni particolari di recepimento delle
norme comunitarie sull'impiego confinato di microrganismi
geneticamente modificati e sull'emissione deliberata nell'ambiente di
organismi geneticamente modificati.

Titolo X
ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
Capo I

Art. 267.
Definizioni

1. Ai sensi del presente titolo s'intende per:
a) agente biologico: qualsiasi microrganismo anche se
geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano
che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni;
b) microrganismo: qualsiasi entita' microbiologica, cellulare o
meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
c) coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di
cellule derivate da organismi pluricellulari.

Titolo X
ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
Capo I

Art. 268.
Classificazione degli agenti biologici

1. Gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi
a seconda del rischio di infezione:
a) agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche
probabilita' di causare malattie in soggetti umani;
b) agente biologico del gruppo 2: un agente che puo' causare
malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i
lavoratori; e' poco probabile che si propaga nella comunita'; sono di
norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
c) agente biologico del gruppo 3: un agente che puo' causare
malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i
lavoratori; l'agente biologico puo' propagarsi nella comunita', ma di
norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
d) agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che puo'
provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio
rischio per i lavoratori e puo' presentare un elevato rischio di
propagazione nella comunita'; non sono disponibili, di norma,
efficaci misure profilattiche o terapeutiche.
2. Nel caso in cui l'agente biologico oggetto di classificazione
non puo' essere attribuito in modo inequivocabile ad uno fra i due
gruppi sopraindicati, esso va classificato nel gruppo di rischio piu'
elevato tra le due possibilita'.
3. L'allegato XLVI riporta l'elenco degli agenti biologici
classificati nei gruppi 2, 3 e 4.

Titolo X
ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
Capo I

Art. 269.
Comunicazione

1. Il datore di lavoro che intende esercitare attivita' che
comportano uso di agenti biologici dei gruppi 2 o 3, comunica
all'organo di vigilanza territorialmente competente le seguenti
informazioni, almeno trenta giorni prima dell'inizio dei lavori:
a) il nome e l'indirizzo dell'azienda e il suo titolare;
b) il documento di cui all'articolo 271, comma 5.
2. Il datore di lavoro che e' stato autorizzato all'esercizio di
attivita' che comporta l'utilizzazione di un agente biologico del
gruppo 4 e' tenuto alla comunicazione di cui al comma 1.
3. Il datore di lavoro invia una nuova comunicazione ogni qualvolta
si verificano nelle lavorazioni mutamenti che comportano una
variazione significativa del rischio per la salute sul posto di
lavoro, o, comunque, ogni qualvolta si intende utilizzare un nuovo
agente classificato dal datore di lavoro in via provvisoria.
4. Il rappresentante per la sicurezza ha accesso alle informazioni
di cui al comma 1.
5. Ove le attivita' di cui al comma 1 comportano la presenza di
microrganismi geneticamente modificati, ai quali si applicano i
livelli di contenimento 2, 3 e 4 individuati all'allegato IV del
decreto legislativo 12 aprile 2001, n. 206, il documento di cui al
comma 1, lettera b), e' sostituito da copia della documentazione
prevista per i singoli casi di specie dal predetto decreto.
6. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono tenuti
alla comunicazione di cui al comma 1 anche per quanto riguarda gli
agenti biologici del gruppo 4.


Nota all'art. 269:
- Il testo dell'allegato IV del decreto legislativo
12 aprile 2001, n. 206 (Attuazione della direttiva 98/81/CE
che modifica la direttiva 90/219/CE, concernente l'impiego
confinato di microrganismi geneticamente modificati), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 1° giugno 2001, n. 126,
supplemento ordinario.

Titolo X
ESPOSIZIONE AD AGENTI BIOLOGICI
Capo I

Art. 270.
Autorizzazione

1. Il datore di lavoro che intende utilizzare, nell'esercizio della
propria attivita', un agente biologico del gruppo 4 deve munirsi di
autorizzazione del Ministero della salute.
2. La richiesta di autorizzazione e' corredata da:
a) le informazioni di cui all'articolo 269, comma 1;
b) l'elenco degli agenti che si intende utilizzare.
3. L'autorizzazione e' rilasciata dai competenti uffici del
Ministero della salute sentito il parere dell'Istituto superiore di
sanita'. Essa ha la durata di 5 anni ed e' rinnovabile.
L'accertamento del venir meno di una delle condizioni previste per
l'autorizzazione ne comporta la revoca.
4. Il datore di lavoro in possesso dell'autorizzazione di cui al
comma 1 informa il Ministero della salute di ogni nuovo agente
biologico del gruppo 4 utilizzato, nonche' di ogni avvenuta
cessazione di impiego di un agente biologico del gruppo 4.
5. I laboratori che forniscono un servizio diagnostico sono
esentati dagli adempimenti di cui al comma 4.
6. Il Ministero della salute comunica all'organo di vigilanza
competente per territorio le autorizzazioni concesse e le variazioni
sopravvenute nell'utilizzazione di agenti biologici del gruppo 4. Il
Ministero della salute istituisce ed aggiorna un elenco di tutti gli
agenti biologici del gruppo 4 dei quali e' stata comunicata
l'utilizzazione sulla base delle previsioni di cui ai commi 1 e 4.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 271.
Valutazione del rischio

1. Il datore di lavoro, nella valutazione del rischio di cui
all'articolo 17, comma 1, tiene conto di tutte le informazioni
disponibili relative alle caratteristiche dell'agente biologico e
delle modalita' lavorative, ed in particolare:
a) della classificazione degli agenti biologici che presentano o
possono presentare un pericolo per la salute umana quale risultante
dall'allegato XLVI o, in assenza, di quella effettuata dal datore di
lavoro stesso sulla base delle conoscenze disponibili e seguendo i
criteri di cui all'articolo 268, commi 1 e 2;
b) dell'informazione sulle malattie che possono essere
contratte;
c) dei potenziali effetti allergici e tossici;
d) della conoscenza di una patologia della quale e' affetto un
lavoratore, che e' da porre in correlazione diretta all'attivita'
lavorativa svolta;
e) delle eventuali ulteriori situazioni rese note dall'autorita'
sanitaria competente che possono influire sul rischio;
f) del sinergismo dei diversi gruppi di agenti biologici
utilizzati.
2. Il datore di lavoro applica i principi di buona prassi
microbiologica, ed adotta, in relazione ai rischi accertati, le
misure protettive e preventive di cui al presente titolo, adattandole
alle particolarita' delle situazioni lavorative.
3. Il datore di lavoro effettua nuovamente la valutazione di cui al
comma 1 in occasione di modifiche dell'attivita' lavorativa
significative ai fini della sicurezza e della salute sul lavoro e, in
ogni caso, trascorsi tre anni dall'ultima valutazione effettuata.
4. Nelle attivita', quali quelle riportate a titolo esemplificativo
nell'allegato XLIV, che, pur non comportando la deliberata intenzione
di operare con agenti biologici, possono implicare il rischio di
esposizioni dei lavoratori agli stessi, il datore di lavoro puo'
prescindere dall'applicazione delle disposizioni di cui agli
articoli 273, 274, commi 1 e 2, 275, comma 3, e 279, qualora i
risultati della valutazione dimostrano che l'attuazione di tali
misure non e' necessaria.
5. Il documento di cui all'articolo 17 e' integrato dai seguenti
dati:
a) le fasi del procedimento lavorativo che comportano il rischio
di esposizione ad agenti biologici;
b) il numero dei lavoratori addetti alle fasi di cui alla
lettera a);
c) le generalita' del responsabile del servizio di prevenzione e
protezione dai rischi;
d) i metodi e le procedure lavorative adottate, nonche' le misure
preventive e protettive applicate;
e) il programma di emergenza per la protezione dei lavoratori
contro i rischi di esposizione ad un agente biologico del gruppo 3 o
del gruppo 4, nel caso di un difetto nel contenimento fisico.
6. Il rappresentante per la sicurezza e' consultato prima
dell'effettuazione della valutazione di cui al comma 1 ed ha accesso
anche ai dati di cui al comma 5.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 272.
Misure tecniche, organizzative, procedurali

1. In tutte le attivita' per le quali la valutazione di cui
all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori il
datore di lavoro attua misure tecniche, organizzative e procedurali,
per evitare ogni esposizione degli stessi ad agenti biologici.
2. In particolare, il datore di lavoro:
a) evita l'utilizzazione di agenti biologici nocivi, se il tipo
di attivita' lavorativa lo consente;
b) limita al minimo i lavoratori esposti, o potenzialmente
esposti, al rischio di agenti biologici;
c) progetta adeguatamente i processi lavorativi;
d) adotta misure collettive di protezione ovvero misure di
protezione individuali qualora non sia possibile evitare altrimenti
l'esposizione;
e) adotta misure igieniche per prevenire e ridurre al minimo la
propagazione accidentale di un agente biologico fuori dal luogo di
lavoro;
f) usa il segnale di rischio biologico, rappresentato
nell'allegato XLV, e altri segnali di avvertimento appropriati;
g) elabora idonee procedure per prelevare, manipolare e trattare
campioni di origine umana ed animale;
h) definisce procedure di emergenza per affrontare incidenti;
i) verifica la presenza di agenti biologici sul luogo di lavoro
al di fuori del contenimento fisico primario, se necessario o
tecnicamente realizzabile;
l) predispone i mezzi necessari per la raccolta,
l'immagazzinamento e lo smaltimento dei rifiuti in condizioni di
sicurezza, mediante l'impiego di contenitori adeguati ed
identificabili eventualmente dopo idoneo trattamento dei rifiuti
stessi;
m) concorda procedure per la manipolazione ed il trasporto in
condizioni di sicurezza di agenti biologici all'interno del luogo di
lavoro.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 273.
Misure igieniche

1. In tutte le attivita' nelle quali la valutazione di cui
all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il
datore di lavoro assicura che:
a) i lavoratori dispongano dei servizi sanitari adeguati
provvisti di docce con acqua calda e fredda, nonche', se del caso, di
lavaggi oculari e antisettici per la pelle;
b) i lavoratori abbiano in dotazione indumenti protettivi od
altri indumenti idonei, da riporre in posti separati dagli abiti
civili;
c) i dispositivi di protezione individuale siano controllati,
disinfettati e puliti dopo ogni utilizzazione, provvedendo altresi' a
far riparare o sostituire quelli difettosi prima dell'utilizzazione
successiva;
d) gli indumenti di lavoro e protettivi che possono essere
contaminati da agenti biologici vengano tolti quando il lavoratore
lascia la zona di lavoro, conservati separatamente dagli altri
indumenti, disinfettati, puliti e, se necessario, distrutti.
2. Nelle aree di lavoro in cui c'e' rischio di esposizione e'
vietato assumere cibi e bevande, fumare, conservare cibi destinati al
consumo umano, usare pipette a bocca e applicare cosmetici.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 274.
Misure specifiche per strutture sanitarie e veterinarie

1. Il datore di lavoro, nelle strutture sanitarie e veterinarie, in
sede di valutazione dei rischi, presta particolare attenzione alla
possibile presenza di agenti biologici nell'organismo dei pazienti o
degli animali e nei relativi campioni e residui e al rischio che tale
presenza comporta in relazione al tipo di attivita' svolta.
2. In relazione ai risultati della valutazione, il datore di lavoro
definisce e provvede a che siano applicate procedure che consentono
di manipolare, decontaminare ed eliminare senza rischi per
l'operatore e per la comunita', i materiali ed i rifiuti contaminati.
3. Nei servizi di isolamento che ospitano pazienti od animali che
sono, o potrebbero essere, contaminati da agenti biologici del gruppo
3 o del gruppo 4, le misure di contenimento da attuare per ridurre al
minimo il rischio di infezione sono indicate nell'allegato XLVII.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 275.
Misure specifiche per i laboratori e gli stabulari

1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XLVI,
punto 6, nei laboratori comportanti l'uso di agenti biologici dei
gruppi 2, 3 o 4 a fini di ricerca, didattici o diagnostici, e nei
locali destinati ad animali da laboratorio deliberatamente
contaminati con tali agenti, il datore di lavoro adotta idonee misure
di contenimento in conformita' all'allegato XLVII.
2. Il datore di lavoro assicura che l'uso di agenti biologici sia
eseguito:
a) in aree di lavoro corrispondenti almeno al secondo livello di
contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 2;
b) in aree di lavoro corrispondenti almeno al terzo livello di
contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 3;
c) in aree di lavoro corrispondenti almeno al quarto livello di
contenimento, se l'agente appartiene al gruppo 4.
3. Nei laboratori comportanti l'uso di materiali con possibile
contaminazione da agenti biologici patogeni per l'uomo e nei locali
destinati ad animali da esperimento, possibili portatori di tali
agenti, il datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a
quelle del secondo livello di contenimento.
4. Nei luoghi di cui ai commi 1 e 3 in cui si fa uso di agenti
biologici non ancora classificati, ma il cui uso puo' far sorgere un
rischio grave per la salute dei lavoratori, il datore di lavoro
adotta misure corrispondenti almeno a quelle del terzo livello di
contenimento.
5. Per i luoghi di lavoro di cui ai commi 3 e 4, il Ministero della
salute, sentito l'Istituto superiore di sanita', puo' individuare
misure di contenimento piu' elevate.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 276.
Misure specifiche per i processi industriali

1. Fatto salvo quanto specificatamente previsto all'allegato XLVII,
punto 6, nei processi industriali comportanti l'uso di agenti
biologici dei gruppi 2, 3 e 4, il datore di lavoro adotta misure
opportunamente scelte tra quelle elencate nell'allegato XLVIII,
tenendo anche conto dei criteri di cui all'articolo 275.
2. Nel caso di agenti biologici non ancora classificati, il cui uso
puo' far sorgere un rischio grave per la salute dei lavoratori, il
datore di lavoro adotta misure corrispondenti almeno a quelle del
terzo livello di contenimento.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 277.
Misure di emergenza

1. Se si verificano incidenti che possono provocare la dispersione
nell'ambiente di un agente biologico appartenente ai gruppi 2, 3 o 4,
i lavoratori devono abbandonare immediatamente la zona interessata,
cui possono accedere soltanto quelli addetti ai necessari interventi,
con l'obbligo di usare gli idonei mezzi di protezione.
2. Il datore di lavoro informa al piu' presto l'organo di vigilanza
territorialmente competente, nonche' i lavoratori ed il
rappresentante per la sicurezza, dell'evento, delle cause che lo
hanno determinato e delle misure che intende adottare, o che ha gia'
adottato, per porre rimedio alla situazione creatasi.
3. I lavoratori segnalano immediatamente al datore di lavoro o al
dirigente o al preposto, qualsiasi infortunio o incidente relativo
all'uso di agenti biologici.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 278.
Informazioni e formazione

1. Nelle attivita' per le quali la valutazione di cui
all'articolo 271 evidenzia rischi per la salute dei lavoratori, il
datore di lavoro fornisce ai lavoratori, sulla base delle conoscenze
disponibili, informazioni ed istruzioni, in particolare per quanto
riguarda:
a) i rischi per la salute dovuti agli agenti biologici
utilizzati;
b) le precauzioni da prendere per evitare l'esposizione;
c) le misure igieniche da osservare;
d) la funzione degli indumenti di lavoro e protettivi e dei
dispositivi di protezione individuale ed il loro corretto impiego;
e) le procedure da seguire per la manipolazione di agenti
biologici del gruppo 4;
f) il modo di prevenire il verificarsi di infortuni e le misure
da adottare per ridurne al minimo le conseguenze.
2. Il datore di lavoro assicura ai lavoratori una formazione
adeguata in particolare in ordine a quanto indicato al comma 1.
3. L'informazione e la formazione di cui ai commi 1 e 2 sono
fornite prima che i lavoratori siano adibiti alle attivita' in
questione, e ripetute, con frequenza almeno quinquennale, e comunque
ogni qualvolta si verificano nelle lavorazioni cambiamenti che
influiscono sulla natura e sul grado dei rischi.
4. Nel luogo di lavoro sono apposti in posizione ben visibile
cartelli su cui sono riportate le procedure da seguire in caso di
infortunio od incidente.

Capo III
Sorveglianza sanitaria

Art. 279.
Prevenzione e controllo

1. I lavoratori addetti alle attivita' per le quali la valutazione
dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti
alla sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente,
adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali,
anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali
di protezione, fra le quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei
lavoratori che non sono gia' immuni all'agente biologico presente
nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le
procedure dell'articolo 42.
3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei
lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza
di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne
informa il datore di lavoro.
4. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore di
lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformita'
all'articolo 271.
5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate
informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla
necessita' di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la
cessazione dell'attivita' che comporta rischio di esposizione a
particolari agenti biologici individuati nell'allegato XLVI nonche'
sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non
vaccinazione.

Capo III
Sorveglianza sanitaria

Art. 280.
Registri degli esposti e degli eventi accidentali

1. I lavoratori addetti ad attivita' comportanti uso di agenti del
gruppo 3 ovvero 4 sono iscritti in un registro in cui sono riportati,
per ciascuno di essi, l'attivita' svolta, l'agente utilizzato e gli
eventuali casi di esposizione individuale.
2. Il datore di lavoro istituisce ed aggiorna il registro di cui al
comma 1 e ne cura la tenuta tramite il medico competente. Il
responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il
rappresentante per la sicurezza hanno accesso a detto registro.
3. Il datore di lavoro:
a) consegna copia del registro di cui al comma 1 all'Istituto
superiore di sanita', all'Istituto superiore per la prevenzione e
sicurezza sul lavoro e all'organo di vigilanza competente per
territorio, comunicando ad essi ogni tre anni e comunque ogni
qualvolta questi ne fanno richiesta, le variazioni intervenute;
b) comunica all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza
sul lavoro e all'organo di vigilanza competente per territorio la
cessazione del rapporto di lavoro, dei lavoratori di cui al comma 1,
fornendo al contempo l'aggiornamento dei dati che li riguardano e
consegna al medesimo Istituto le relative cartelle sanitarie e di
rischio;
c) in caso di cessazione di attivita' dell'azienda, consegna
all'Istituto superiore di sanita' e all'organo di vigilanza
competente per territorio copia del registro di cui al comma 1 ed
all'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza sul lavoro
copia del medesimo registro nonche' le cartelle sanitarie e di
rischio;
d) in caso di assunzione di lavoratori che hanno esercitato
attivita' che comportano rischio di esposizione allo stesso agente
richiede all'ISPESL copia delle annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1, nonche' copia della cartella sanitaria e
di rischio;
e) tramite il medico competente comunica ai lavoratori
interessati le relative annotazioni individuali contenute nel
registro di cui al comma 1 e nella cartella sanitaria e di rischio,
ed al rappresentante per la sicurezza i dati collettivi anonimi
contenuti nel registro di cui al comma 1.
4. Le annotazioni individuali contenute nel registro di cui al
comma 1 e le cartelle sanitarie e di rischio sono conservate dal
datore di lavoro fino a risoluzione del rapporto di lavoro e
dall'ISPESL fino a dieci anni dalla cessazione di ogni attivita' che
espone ad agenti biologici. Nel caso di agenti per i quali e' noto
che possono provocare infezioni consistenti o latenti o che danno
luogo a malattie con recrudescenza periodica per lungo tempo o che
possono avere gravi sequele a lungo termine tale periodo e' di
quaranta anni.
5. La documentazione di cui ai precedenti commi e' custodita e
trasmessa con salvaguardia del segreto professionale.
6. I modelli e le modalita' di tenuta del registro di cui al
comma 1 e delle cartelle sanitarie e di rischio sono determinati con
decreto del Ministro della salute e del lavoro e della previdenza
sociale sentita la Commissione consultiva permanente.
7. L'ISPESL trasmette annualmente al Ministero della salute dati di
sintesi relativi alle risultanze del registro di cui al comma 1.

Capo III
Sorveglianza sanitaria

Art. 281.
Registro dei casi di malattia e di decesso

1. Presso l'ISPESL e' tenuto un registro dei casi di malattia
ovvero di decesso dovuti all'esposizione ad agenti biologici.
2. I medici, nonche' le strutture sanitarie, pubbliche o private,
che refertano i casi di malattia, ovvero di decesso di cui al
comma 1, trasmettono all'ISPESL copia della relativa documentazione
clinica.
3. Con decreto dei Ministri della salute e del lavoro e della
previdenza sociale, sentita la Commissione consultiva, sono
determinati il modello e le modalita' di tenuta del registro di cui
al comma 1, nonche' le modalita' di trasmissione della documentazione
di cui al comma 2.
4. Il Ministero della salute fornisce alla Commissione CE, su
richiesta, informazioni su l'utilizzazione dei dati del registro di
cui al comma 1.

Capo IV
Sanzioni

Art. 282.
Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti

1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000
a 4.000 euro per la violazione degli articoli 269, commi 1, 2 e 3;
270, commi 1 e 4; 271, comma 2; 272; 273, comma 1; 274, commi 2 e 3;
275; 276; 277, comma 2; 278, comma 1, 2 e 4; 279, commi 1, 2, 280,
commi 1 e 2;
b) con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro
18.000 per la violazione dell'articolo 280, commi 3 e 4.

Capo IV
Sanzioni

Art. 283.
Sanzioni a carico dei preposti

1. Il preposto e' punito nei limiti dell'attivita' alla quale e'
tenuto in osservanza degli obblighi generali di cui all'articolo 19:
a) con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000
a 4.000 euro per la violazione degli articoli: 271, comma 2; 272;
273, comma 1; 274, commi 2 e 3; 275; 276; 278, commi 1 e 4; 279,
commi 1 e 2.

Capo IV
Sanzioni

Art. 284.
Sanzioni a carico del medico competente

1. Il medico competente e' punito con l'arresto fino a due mesi o
con l'ammenda da euro 1.000 a euro 4.000 per la violazione
dell'articolo 279, comma 3.

Capo IV
Sanzioni

Art. 285.
Sanzioni a carico dei lavoratori

1. I lavoratori sono puniti:
a) con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda da euro 150 a
euro 600 per la violazione dell'articolo 277, comma 3;
b) con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da euro
103 a euro 309 per la violazione dell'articolo 277, comma 1.

Capo IV
Sanzioni

Art. 286.
Sanzioni concernenti il divieto di assunzione in luoghi esposti

1. Chiunque viola le disposizioni di cui all'articolo 273, comma 2,
e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500
euro.

Titolo XI
PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE
Capo I
Disposizioni generali

Art. 287.
Campo di applicazione

1. Il presente titolo prescrive le misure per la tutela della
sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere esposti al
rischio di atmosfere esplosive come definite all'articolo 288.
2. Il presente titolo si applica anche nei lavori in sotterraneo
ove e' presente un'area con atmosfere esplosive, oppure e'
prevedibile, sulla base di indagini geologiche, che tale area si
possa formare nell'ambiente.
3. Il presente titolo non si applica:
a) alle aree utilizzate direttamente per le cure mediche dei
pazienti, nel corso di esse;
b) all'uso di apparecchi a gas di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 15 novembre 1996, n. 661;
c) alla produzione, alla manipolazione, all'uso, allo stoccaggio
ed al trasporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili;
d) alle industrie estrattive a cui si applica il decreto
legislativo 25 novembre 1996, n. 624;
e) all'impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo,
fluviale e aereo per i quali si applicano le pertinenti disposizioni
di accordi internazionali tra i quali il Regolamento per il trasporto
delle sostanze pericolose sul Reno (ADNR), l'Accordo europeo relativo
al trasporto internazionale di merci pericolose per vie navigabili
interne (ADN), l'Organizzazione per l'Aviazione civile internazionale
(ICAO), l'Organizzazione marittima internazionale (IMO), nonche' la
normativa comunitaria che incorpora i predetti accordi. Il presente
titolo si applica invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in
atmosfera potenzialmente esplosiva.


Note all'art. 287:
- Il testo del decreto del Presidente della Repubblica
15 novembre 1996, n. 661 (Regolamento per l'attuazione
della direttiva 90/396/CEE concernente gli apparecchi a
gas), e' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 dicembre
1996, n. 302, supplemento ordinario.
- Il testo del decreto legislativo 25 novembre 1996, n.
624 (Attuazione della direttiva 92/91/CEE relativa alla
sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie
estrattive per trivellazione e della direttiva 92/104/CEE
relativa alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle
industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee), e'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 dicembre 1996, n.
293, supplemento ordinario.

Titolo XI
PROTEZIONE DA ATMOSFERE ESPLOSIVE
Capo I
Disposizioni generali

Art. 288.
Definizioni

1. Ai fini del presente titolo, si intende per: «atmosfera
esplosiva» una miscela con l'aria, a condizioni atmosferiche, di
sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 289.
Prevenzione e protezione contro le esplosioni

1. Ai fini della prevenzione e della protezione contro le
esplosioni, sulla base della valutazione dei rischi e dei principi
generali di tutela di cui all'articolo 15, il datore di lavoro adotta
le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura
dell'attivita'; in particolare il datore di lavoro previene la
formazione di atmosfere esplosive.
2. Se la natura dell'attivita' non consente di prevenire la
formazione di atmosfere esplosive, il datore di lavoro deve:
a) evitare l'accensione di atmosfere esplosive;
b) attenuare gli effetti pregiudizievoli di un'esplosione in modo
da garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.
3. Se necessario, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono combinate e
integrate con altre contro la propagazione delle esplosioni e sono
riesaminate periodicamente e, in ogni caso, ogniqualvolta si
verifichino cambiamenti rilevanti.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 290.
Valutazione dei rischi di esplosione

1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 17, comma 1,
il datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere
esplosive, tenendo conto almeno dei seguenti elementi:
a) probabilita' e durata della presenza di atmosfere esplosive;
b) probabilita' che le fonti di accensione, comprese le scariche
elettrostatiche, siano presenti e divengano attive ed efficaci;
c) caratteristiche dell'impianto, sostanze utilizzate, processi e
loro possibili interazioni;
d) entita' degli effetti prevedibili.
2. I rischi di esplosione sono valutati complessi-vamente.
3. Nella valutazione dei rischi di esplosione vanno presi in
considerazione i luoghi che sono o possono essere in collegamento,
tramite aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere
esplosive.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 291.
Obblighi generali

1. Al fine di salvaguardare la sicurezza e la salute dei
lavoratori, e secondo i principi fondamentali della valutazione dei
rischi e quelli di cui all'articolo 289, il datore di lavoro prende i
provvedimenti necessari affinche':
a) dove possono svilupparsi atmosfere esplosive in quantita' tale
da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori o di
altri, gli ambienti di lavoro siano strutturati in modo da permettere
di svolgere il lavoro in condizioni di sicurezza;
b) negli ambienti di lavoro in cui possono svilupparsi atmosfere
esplosive in quantita' tale da mettere in pericolo la sicurezza e la
salute dei lavoratori, sia garantito un adeguato controllo durante la
presenza dei lavoratori, in funzione della valutazione del rischio,
mediante l'utilizzo di mezzi tecnici adeguati.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 292.
Coordinamento

1. Fermo restando quanto previsto dal Titolo IV per i cantieri
temporanei e mobili, qualora nello stesso luogo di lavoro operino
lavoratori di piu' imprese, ciascun datore di lavoro e' responsabile
per le questioni soggette al suo controllo.
2. Fermo restando la responsabilita' individuale di ciascun datore
di lavoro e quanto previsto dall'articolo 26, il datore di lavoro che
e' responsabile del luogo di lavoro, coordina l'attuazione di tutte
le misure riguardanti la salute e la sicurezza dei lavoratori e
specifica nel documento sulla protezione contro le esplosioni, di cui
all'articolo 294, l'obiettivo, le misure e le modalita' di attuazione
di detto coordinamento.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 293.
Aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive

1. Il datore di lavoro ripartisce in zone, a norma dell'allegato
XLIX, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive.
2. Il datore di lavoro assicura che per le aree di cui al comma 1
siano applicate le prescrizioni minime di cui all'allegato L.
3. Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere
esplosive in quantita' tali da mettere in pericolo la sicurezza e la
salute dei lavoratori sono segnalate nei punti di accesso a norma
dell'allegato LI.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 294.
Documento sulla protezione contro le esplosioni

1. Nell'assolvere gli obblighi stabiliti dall'articolo 290 il
datore di lavoro provvede a elaborare e a tenere aggiornato un
documento, denominato: «documento sulla protezione contro le
esplosioni».
2. Il documento di cui al comma 1, in particolare, deve precisare:
a) che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati;
b) che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli
obiettivi del presente titolo;
c) quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di
cui all'allegato XLIX;
d) quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime
di cui all'allegato L;
e) che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i
dispositivi di allarme, sono concepiti, impiegati e mantenuti in
efficienza tenendo nel debito conto la sicurezza;
f) che, ai sensi del titolo III, sono stati adottati gli
accorgimenti per l'impiego sicuro di attrezzature di lavoro.
3. Il documento di cui al comma 1 deve essere compilato prima
dell'inizio del lavoro ed essere riveduto qualora i luoghi di lavoro,
le attrezzature o l'organizzazione del lavoro abbiano subito
modifiche, ampliamenti o trasformazioni rilevanti.
4. Il documento di cui al comma 1 e' parte integrante del documento
di valutazione dei rischi di cui all'articolo 17, comma 1.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 295.
Termini per l'adeguamento

1. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi
atmosfere esplosive, gia' utilizzate o a disposizione dell'impresa o
dello stabilimento per la prima volta prima del 30 giugno 2003,
devono soddisfare, a decorrere da tale data, i requisiti minimi di
cui all'allegato L, parte A, fatte salve le altre disposizioni che le
disciplinano.
2. Le attrezzature da utilizzare nelle aree in cui possono formarsi
atmosfere esplosive, che sono a disposizione dell'impresa o dello
stabilimento per la prima volta dopo il 30 giugno 2003, devono
soddisfare i requisiti minimi di cui all'allegato L, parti A e B.
3. I luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possono formarsi
atmosfere esplosive devono soddisfare le prescrizioni minime
stabilite dal presente titolo.

Capo II
Obblighi del datore di lavoro

Art. 296.
Verifiche

1. Il datore di lavoro provvede affinche' le installazioni
elettriche nelle aree classificate come zone 0, 1, 20 o 21 ai sensi
dell'allegato XLIX siano sottoposte alle verifiche di cui ai capi III
e IV del decreto del Presidente della Repubblica 22 ottobre 2001, n.
462.


Nota all'art. 296:
- Per il testo del decreto del Presidente della
Repubblica n. 462 del 2001, si veda nota all'art. 86.

Capo II
Sanzioni

Art. 297.
Sanzioni a carico dei datori di lavoro e dei dirigenti

1. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti con l'arresto da
tre a sei mesi o con l'ammenda da euro 2.000 a euro 10.000 per la
violazione degli articoli 289, comma 2, 291, 292, comma 2, 293,
commi 1 e 2, e 296.

Titolo XII
DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE

Art. 298.
Principio di specialita'

1. Quando uno stesso fatto e' punito da una disposizione prevista
dal titolo I e da una o piu' disposizioni previste negli altri
titoli, si applica la disposizione speciale.

Titolo XII
DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE

Art. 299.
Esercizio di fatto di poteri direttivi

1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui
all'articolo 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresi' su
colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in
concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi
definiti.

Titolo XII
DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE

Art. 300.
Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231

1. L'articolo 25-septies del decreto legislativo 8 giugno 2001, n.
231, e' sostituito dal seguente:
«Art. 25-septies (Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime
commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e
sicurezza sul lavoro). - 1. In relazione al delitto di cui
all'articolo 589 del codice penale, commesso con violazione
dell'articolo 55, comma 2, del decreto legislativo attuativo della
delega di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di salute
e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione pecuniaria in misura
pari a 1.000 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al
precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui
all'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e
non superiore ad un anno.
2. Salvo quanto previsto dal comma 1, in relazione al delitto di
cui all'articolo 589 del codice penale, commesso con violazione delle
norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, si applica
una sanzione pecuniaria in misura non inferiore a 250 quote e non
superiore a 500 quote. Nel caso di condanna per il delitto di cui al
precedente periodo si applicano le sanzioni interdittive di cui
all'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a tre mesi e
non superiore ad un anno.
3. In relazione al delitto di cui all'articolo 590, terzo comma,
del codice penale, commesso con violazione delle norme sulla tutela
della salute e sicurezza sul lavoro, si applica una sanzione
pecuniaria in misura non superiore a 250 quote. Nel caso di condanna
per il delitto di cui al precedente periodo si applicano le sanzioni
interdittive di cui all'articolo 9, comma 2, per una durata non
superiore a sei mesi.».
 


Nota all'art. 300:
- Per il testo del decreto legislativo n. 231 del 2001,
si veda nota alle premesse.
- Per il testo dell'art. 589 del codice penale, si veda
nota all'art. 2.

Titolo XII
DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE

Art. 301.
Applicabilita' delle disposizioni di cui agli articoli 20 e seguenti
del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n. 758

1. Alle contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza
sul lavoro previste dal presente decreto nonche' da altre
disposizioni aventi forza di legge, per le quali sia prevista la pena
alternativa dell'arresto o dell'ammenda, si applicano le disposizioni
in materia di prescrizione ed estinzione del reato di cui agli
articoli 20, e seguenti, del decreto legislativo 19 dicembre 1994, n.
758.


Nota all'art. 301:
- Il testo degli articoli da 20 a 24 del decreto
legislativo 19 dicembre 1994, n. 758 (Modificazioni alla
disciplina sanzionatoria in materia di lavoro), e' il
seguente:
«Art. 20 (Prescrizione). - 1. Allo scopo di eliminare
la contravvenzione accertata, l'organo di vigilanza,
nell'esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui
all'art. 55 del codice di procedura penale, impartisce al
contravventore un'apposita prescrizione, fissando per la
regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di
tempo tecnicamente necessario. Tale termine e' prorogabile
a richiesta del contravventore, per la particolare
complessita' o per l'oggettiva difficolta'
dell'adempimento. In nessun caso esso puo' superare i sei
mesi. Tuttavia, quando specifiche circostanze non
imputabili al contravventore determinano un ritardo nella
regolarizzazione, il termine di sei mesi puo' essere
prorogato per una sola volta, a richiesta del
contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei
mesi, con provvedimento motivato che e' comunicato
immediatamente al pubblico ministero.
2. Copia della prescrizione e' notificata o comunicata
anche al rappresentante legale dell'ente nell'ambito o al
servizio del quale opera il contravventore.
3. Con la prescrizione l'organo di vigilanza puo'
imporre specifiche misure atte a far cessare il pericolo
per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il
lavoro.
4. Resta fermo l'obbligo dell'organo di vigilanza di
riferire al pubblico ministero la notizia di reato inerente
alla contravvenzione ai sensi dell'art. 347 del codice di
procedura penale.».
«Art. 21 (Verifica dell'adempimento). - 1. Entro e non
oltre sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato
nella prescrizione, l'organo di vigilanza verifica se la
violazione e' stata eliminata secondo le modalita' e nel
termine indicati dalla prescrizione.
2. Quando risulta l'adempimento alla prescrizione,
l'organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare in
sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una
somma pari al quarto del massimo dell'ammenda stabilita per
la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla
scadenza del termine fissato nella prescrizione, l'organo
di vigilanza comunica al pubblico ministero l'adempimento
alla prescrizione, nonche' l'eventuale pagamento della
predetta somma.
3. Quando risulta l'inadempimento alla prescrizione,
l'organo di vigilanza ne da' comunicazione al pubblico
ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla
scadenza del termine fissato nella prescrizione.».
«Art. 22 (Notizie di reato non pervenute dall'organo di
vigilanza). - 1. Se il pubblico ministero prende notizia di
una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve
da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un
pubblico servizio diversi dall'organo di vigilanza, ne da'
immediata comunicazione all'organo di vigilanza per le
determinazioni inerenti alla prescrizione che si renda
necessaria allo scopo di eliminare la contravvenzione.
2. Nel caso previsto dal comma 1, l'organo di vigilanza
informa il pubblico ministero delle proprie determinazioni
entro sessanta giorni dalla data in cui ha ricevuto
comunicazione della notizia di reato dal pubblico
ministero.».
«Art. 23 (Sospensione del procedimento penale). - 1. Il
procedimento per la contravvenzione e' sospeso dal momento
dell'iscrizione della notizia di reato nel registro di cui
all'art. 335 del codice di procedura penale fino al momento
in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni
di cui all'art. 21, commi 2 e 3.
2. Nel caso previsto dall'art. 22, comma 1, il
procedimento riprende il suo corso quando l'organo di
vigilanza informa il pubblico ministero che non ritiene di
dover impartire una prescrizione, e comunque alla scadenza
del termine di cui all'art. 22, comma 2, se l'organo di
vigilanza omette di informare il pubblico ministero delle
proprie determinazioni inerenti alla prescrizione. Qualora
nel predetto termine l'organo di vigilanza informi il
pubblico ministero d'aver impartito una prescrizione, il
procedimento rimane sospeso fino al termine indicato dal
comma 1.
3. La sospensione del procedimento non preclude la
richiesta di archiviazione. Non impedisce, inoltre,
l'assunzione delle prove con incidente probatorio, ne' gli
atti urgenti di indagine preliminare, ne' il sequestro
preventivo ai sensi degli articoli 321 e seguenti del
codice di procedura penale.».
«Art. 24 (Estinzione del reato). - 1. La
contravvenzione si estingue se il contravventore adempie
alla prescrizione impartita dall'organo di vigilanza nel
termine ivi fissato e provvede al pagamento previsto
dall'art. 21, comma 2.
2. Il pubblico ministero richiede l'archiviazione se la
contravvenzione e' estinta ai sensi del comma 1.
3. L'adempimento in un tempo superiore a quello
indicato nella prescrizione, ma che comunque risulta
congruo a norma dell'art. 20, comma 1, ovvero
l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della
contravvenzione con modalita' diverse da quelle indicate
dall'organo di vigilanza, sono valutati ai fini
dell'applicazione dell'art. 162-bis del codice penale. In
tal caso, la somma da versare e' ridotta al quarto del
massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione
commessa.».

Titolo XII
DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE

Art. 302.
Definizione delle contravvenzioni punite con la sola pena
dell'arresto

1. Per le contravvenzioni previste dal presente decreto e punite
con la sola pena dell'arresto il giudice applica, in luogo
dell'arresto, la pena dell'ammenda in misura comunque non inferiore a
8.000 euro e non superiore a 24.000 euro, se entro la conclusione del
giudizio di primo grado, risultano eliminate tutte le irregolarita',
le fonti di rischio e le eventuali conseguenze dannose del reato.
2. La sostituzione di cui al comma 1 non e' in ogni caso
consentita:
a) quando la violazione abbia avuto un contributo causale nel
verificarsi di un infortunio sul lavoro;
b) quando il fatto e' stato commesso da soggetto che abbia gia'
riportato condanna definitiva per la violazione di norme relative
alla prevenzione degli infortuni sul lavoro, ovvero per i reati di
cui agli articoli 589 e 590 del codice penale, limitatamente
all'ipotesi di violazione delle norme relative alla prevenzione degli
infortuni sul lavoro.
3. Nell'ipotesi prevista al comma 1, il reato si estingue decorsi
tre anni dal passaggio in giudicato della sentenza senza che
l'imputato abbia commesso ulteriori reati in materia di salute e
sicurezza sul lavoro, ovvero quelli di cui agli articoli 589 e 590
del codice penale, limitatamente all'ipotesi di violazione delle
norme relative alla prevenzione degli infortuni sul lavoro. In questo
caso si estingue ogni effetto penale della condanna.


Nota all'art. 302:
- Per il testo dell'art. 589 del codice penale si veda
nota all'art. 2.
- Il testo dell'art. 590 del codice penale e' il
seguente:
«Art. 590 (Lesioni personali colpose). - Chiunque
cagiona ad altri per colpa una lesione personale e' punito
con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a
euro 309.
Se la lesione e' grave la pena e' della reclusione da
uno a sei mesi o della multa da euro 123 a euro 619, se e'
gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della
multa da euro 309 a euro 1.239.
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con
violazione delle norme sulla disciplina della circolazione
stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul
lavoro la pena per le lesioni gravi e' della reclusione da
tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e
la pena per le lesioni gravissime e' della reclusione da
uno a tre anni.
Nel caso di lesioni di piu' persone si applica la pena
che dovrebbe infliggersi per la piu' grave delle violazioni
commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della
reclusione non puo' superare gli anni cinque.
Il delitto e' punibile a querela della persona offesa,
salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso,
limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme
per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative
all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una
malattia professionale.».

Titolo XII
DISPOSIZIONI IN MATERIA PENALE E DI PROCEDURA PENALE

Art. 303.
Circostanza attenuante

1. La pena per i reati previsti dal presente decreto e puniti con
la pena dell'arresto, anche in via alternativa, e' ridotta fino ad un
terzo per il contravventore che, entro i termini di cui
all'articolo 491 del codice di procedura penale, si adopera
concretamente per la rimozione delle irregolarita' riscontrate dagli
organi di vigilanza e delle eventuali conseguenze dannose del reato.
2. La riduzione di cui al comma 1 non si applica nei casi di
definizione del reato ai sensi dell'articolo 302.

Titolo XIII
NORME TRANSITORIE E FINALI

Art. 304.
Abrogazioni

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 3, comma 3, e
dall'articolo 306, comma 2, dalla data di entrata in vigore del
presente decreto legislativo sono abrogati:
a) il decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n.
547, il decreto del Presidente della Repubblica 7 gennaio 1956, n.
164, il decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n.
303, fatta eccezione per l'articolo 64, il decreto legislativo
15 agosto 1991, n. 277, il decreto legislativo 19 settembre 1994, n.
626, il decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 493, il decreto
legislativo 14 agosto 1996, n. 494, il decreto legislativo 19 agosto
2005, n. 187;
b) l'articolo 36-bis, commi 1 e 2 del decreto-legge 4 luglio
2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto
2006, n. 248;
c) gli articoli: 2, 3, 5, 6 e 7 della legge 3 agosto 2007, n.
123;
d) ogni altra disposizione legislativa e regolamentare nella
materia disciplinata dal decreto legislativo medesimo incompatibili
con lo stesso.
2. Con uno o piu' decreti integrativi attuativi della delega
prevista dall'articolo 1, comma 6, della legge 3 agosto 2007, n. 123,
si provvede all'armonizzazione delle disposizioni del presente
decreto con quelle contenute in leggi o regolamenti che dispongono
rinvii a norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e
successive modificazioni, ovvero ad altre disposizioni abrogate dal
comma 1.
3. Fino all'emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 2,
laddove disposizioni di legge o regolamentari dispongano un rinvio a
norme del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive
modificazioni, ovvero ad altre disposizioni abrogate dal comma 1,
tali rinvii si intendono riferiti alle corrispondenti norme del
presente decreto legislativo.


Note all'art. 304:
- L'art. 64 del decreto del Presidente della Repubblica
19 marzo 1956, n. 303, ha la seguente rubrica: «Ispezioni».
- Per il testo dell'art. 1 della citata legge n. 123
del 2007, si veda nota all'art. 1.
- Per il testo del citato decreto legislativo n. 626
del 1994, si veda nota alle premesse.

Titolo XIII
NORME TRANSITORIE E FINALI

Art. 305.
Clausola finanziaria

1. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 11, commi 1 e 2,
dall'esecuzione del presente decreto, ivi compreso quanto disposto
dagli articoli 5 e 6, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza pubblica. Le amministrazioni competenti
provvedono agli adempimenti derivanti dal presente decreto attraverso
una diversa allocazione delle ordinarie risorse, umane, strumentali
ed economiche, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni.

Titolo XIII
NORME TRANSITORIE E FINALI

Art. 306.
Disposizioni finali

1. Le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della
Repubblica 19 marzo 1956, n. 302, costituiscono integrazione di
quelle contenute nel presente decreto legislativo.
2. Le disposizioni di cui agli articoli 17, comma 1, lettera a), e
28, nonche' le altre disposizioni in tema di valutazione dei rischi
che ad esse rinviano, ivi comprese le relative disposizioni
sanzionatorie, previste dal presente decreto, diventano efficaci
decorsi novanta giorni dalla data di pubblicazione del presente
decreto nella Gazzetta Ufficiale; fino a tale data continuano a
trovare applicazione le disposizioni previgenti.
3. Le disposizioni di cui al titolo VIII, capo IV entrano in vigore
alla data fissata dal primo comma dell'articolo 13, paragrafo 1,
della direttiva 2004/40/CE; le disposizioni di cui al capo V del
medesimo titolo VIII entrano in vigore il 26 aprile 2010.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale,
di concerto con i Ministri della salute e dello sviluppo economico,
sentita la commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6,
si da' attuazione alle direttive in materia di sicurezza e salute dei
lavoratori sul luogo di lavoro dell'Unione europea per le parti in
cui le stesse modificano modalita' esecutive e caratteristiche di
ordine tecnico previste dagli allegati al presente decreto, nonche'
da altre direttive gia' recepite nell'ordinamento nazionale.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.

 
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