D.L. 11 luglio 1992, n. 333
Misure urgenti per il risanamento della
finanza pubblica.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il risanamento
della finanza pubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 10 luglio 1992;
Emana: il seguente decreto-legge:
Capo I
1. 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore
del presente decreto e sino al 31 dicembre 1992, è sospesa la concessione di mutui da
parte della Cassa depositi e prestiti e degli altri istituti di credito a favore delle
regioni, delle province autonome di Trento e di Bolzano, delle province, dei comuni, delle
comunità montane, delle aziende degli enti locali e loro consorzi con onere totale o
parziale a carico del bilancio dello Stato, con esclusione dei mutui destinati agli
interventi nel settore della giustizia, agli interventi per la salvaguardia di Venezia e
della sua laguna di cui alla L. 5 febbraio 1992, n. 139, agli interventi per
l'impiantistica sportiva di cui al D.L. 3 gennaio 1987, n. 2, convertito, con
modificazioni, dalla L. 6 marzo 1987, n. 65, ai programmi di metanizzazione del
Mezzogiorno di cui alla L. 28 novembre 1980, n. 784, agli interventi previsti dalla L. 5
giugno 1990, n. 135, concernenti la lotta contro l'AIDS, e al finanziamento dei disavanzi
di esercizio nei settori della sanità e del trasporto locale. I mutui già concessi
continuano ad essere regolati dalle disposizioni in base alle quali sono stati assunti. 2.
I contributi ordinari spettanti alle amministrazioni provinciali e ai comuni ai sensi
dell'articolo 2 del decreto-legge 20 maggio 1992, n. 289, sono ridotti del 5 per cento; la
riduzione viene operata per intero all'atto della corresponsione della quarta rata dei
contributi stessi. I predetti enti provvedono ad assestare il bilancio con apposita
deliberazione entro il 30 settembre 1992. La riduzione non viene operata nei confronti
degli enti locali dissestati. 4. Le misure previste dall'articolo 4, comma 5, della legge
30 dicembre 1991, n. 412, si applicano, per l'anno 1992, anche in assenza di livelli
obbligatori uniformi di assistenza di cui al comma 1 dello stesso articolo.
2. 1. Le amministrazioni, soggette a limitazioni
delle assunzioni in base alla legge 29 dicembre 1988, n. 554, a decorrere dalla data di
entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 1992, non possono effettuare
nuove assunzioni, con esclusione di quelle consentite da specifiche disposizioni
legislative. 2. Per l'anno 1992, ulteriori aumenti a titolo di perequazione automatica
delle pensioni previdenziali ed assistenziali, pubbliche e private, possono essere erogati
qualora gli aumenti già applicati non abbiano determinato un incremento medio annuo
superiore al tasso di inflazione programmato. A tal fine il Governo, entro il mese di
settembre dello stesso anno, verificherà, d'intesa con le organizzazioni sindacali,
l'entità degli aumenti. 3. Per l'anno 1992, le somme relative ai fondi di incentivazione
ed ai fondi per il miglioramento dell'efficienza dei servizi comunque denominati, previsti
dai singoli accordi di comparto, non possono essere attribuite in misura superiore ai
correlativi stanziamenti di bilancio per l'anno finanziario 1991. 4. A decorrere dalla
data di entrata in vigore del presente decreto, sono soppressi: il secondo periodo del
terzo comma dell'articolo 4, D.L. 27 settembre 1982, n. 681, convertito, con
modificazioni, dalla L. 20 novembre 1982, n. 869, il secondo periodo del comma 7
dell'articolo 1, D.L. 16 settembre 1987, n. 379, convertito, con modificazioni, dalla L.
14 novembre 1987, n. 468, nonché il comma 22-bis dell'articolo 2, D.L. 21 settembre 1987,
n. 387, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 novembre 1987, n. 472. 5. L'indennità
di funzione di cui all'articolo 13, comma 4, della legge 9 marzo 1989, n. 88, resta
determinata, per l'anno 1992, nell'ammontare deliberato e corrisposto per l'anno 1991. Le
delibere del comitato esecutivo di cui al predetto articolo 13 sono sottoposte, a
decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, all'approvazione del
Ministero del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministero del tesoro.
6. Per l'anno 1992, l'autorizzazione del Consiglio dei Ministri di cui all'ottavo comma
dell'articolo 6 della legge 29 marzo 1983, n. 93, a seguito delle ipotesi di accordo, può
essere accordata qualora, sulla base di verifiche da compiersi dopo il 31 dicembre 1992,
non risulti un aumento complessivo, per qualunque causa, né della massa salariale né
della retribuzione media, rispetto a quelle registrate nel 1991, superiore al tasso di
inflazione programmato. 7. Per l'anno 1992, gli enti e le aziende o società produttrici
di servizi di pubblica utilità non possono adottare delibere in materia di retribuzioni e
normazione del personale dipendente che, tenuto conto del vincolo dell'invarianza delle
tariffe e dei prezzi dei servizi prodotti, comportino il peggioramento dei saldi dei
rispettivi bilanci o comunque determinino variazioni del costo complessivo del rispettivo
personale superiori al tasso programmato di inflazione. 8. La disposizione di cui al comma
6 è estesa anche nei confronti del personale disciplinato dalle leggi 1° aprile 1981, n.
121, 8 agosto 1990, n. 231, 11 luglio 1988, n. 266, 30 maggio 1988, n. 186, 4 giugno 1985,
n. 281, nonché del personale comunque dipendente da enti pubblici non economici. 9. Per
il periodo di cui al comma 6 il trattamento economico del personale dirigente dello Stato
e delle categorie di personale ad esso comunque collegate, nonché il trattamento
economico del personale di cui all'articolo 8, comma 3, della legge 30 dicembre 1991, n.
412, restano determinati nelle misure in vigore al 1° gennaio 1992.
3. 1. Nel comma 2 dell'articolo 33 della legge 28
febbraio 1986, n. 41, sono soppresse le parole «aventi durata inferiore all'anno»; il
comma 3 della medesima norma è abrogato; nel comma 4 della medesima norma sono soppressi
la parola «altresì» del primo periodo, nonché il secondo periodo. 3. Gli stanziamenti
iscritti sui seguenti capitoli dello stato di previsione del Ministero della difesa per
l'anno 1992 sono ridotti degli importi corrispondentemente indicati:
cap. 1802 lire 50 miliardi; cap. 1832 lire 100
miliardi; cap. 1872 lire 250 miliardi; cap. 2102 lire 50 miliardi; cap. 2502 lire 50
miliardi; cap. 2503 lire 100 miliardi; cap. 2802 lire 150 miliardi; cap. 4005 lire 150
miliardi; cap. 4031 lire 250 miliardi; cap. 4051 lire 350 miliardi.
4. Con decreti del Ministro del tesoro, su
proposta del Ministro della difesa, possono essere operate variazioni compensative per
competenza e cassa tra i capitoli di cui al comma 3 e gli altri capitoli della categoria
IV. Acquisto di beni e servizi dello stato di previsione del Ministero della difesa.
4. 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore
del presente decreto, la facoltà di impegnare le spese nei limiti dei fondi iscritti nel
bilancio dello Stato e delle aziende autonome per l'anno 1992 può essere esercitata
limitatamente alle spese relative agli stipendi, assegni, pensioni ed altre spese fisse o
aventi natura obbligatoria, alle competenze accessorie al personale, alle spese di
funzionamento dei servizi istituzionali delle amministrazioni (ed in particolare a quelle
afferenti le iniziative in atto per il potenziamento della sicurezza pubblica), agli
interessi, alle poste correttive e compensative delle entrate, ai trasferimenti connessi
con il funzionamento di enti decentrati, alle spese derivanti da accordi internazionali,
nonché alle annualità relative ai limiti di impegno decorrenti da esercizi precedenti ed
alle rate di ammortamento di mutui. 2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del
presente decreto e fino al 31 dicembre 1992, è sospesa la facoltà di rilasciare garanzie
dello Stato, di qualunque natura, in relazione agli oneri dipendenti da finanziamenti,
anche sotto forma di prestiti obbligazionari. Resta ferma la concessione di garanzie dello
Stato disposta da previsioni di legge. 3. Per effettive, motivate e documentate esigenze,
il Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito il Ministro del tesoro, ovvero per sua
delega il Ministro del tesoro, su proposta dei Ministri interessati, può autorizzare
l'assunzione di ulteriori impegni di spesa nell'ambito delle disponibilità di bilancio,
nonché il rilascio di garanzie dello Stato. 4. Per l'anno 1992, le quote dei fondi
speciali di cui alle tabelle A e B approvate con l'articolo 2, comma 2, della legge 31
dicembre 1991, n. 415, non utilizzate alla data di entrata in vigore del presente decreto,
costituiscono economie di bilancio, con esclusione di quelle preordinate in connessione
con accordi internazionali o interessanti l'immigrazione e dell'accantonamento
«Interventi vari in favore della giustizia», iscritto nella predetta tabella A.
5. 1. A decorrere dalla data di entrata in vigore
del presente decreto, sono abrogate le disposizioni legislative che accordano la garanzia
dello Stato per il rischio di cambio su prestiti in valuta contratti da soggetti pubblici
o privati direttamente oppure tramite istituzioni creditizie nazionali, su mercati o
presso istituzioni finanziarie internazionali e comunitarie. Per i prestiti contratti in
dipendenza delle finalità di cui al testo unico delle leggi sugli interventi nel
Mezzogiorno, approvato con D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, e successive modificazioni ed
integrazioni, l'abrogazione decorre dal 1° gennaio 1994. 2. Sono fatte salve le garanzie
per le quali sia già stato adottato il relativo provvedimento di concessione alla data di
entrata in vigore del presente decreto.
5-bis. 1. Fino all'emanazione di un'organica
disciplina per tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere o
interventi da parte o per conto dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e
degli altri enti pubblici o di diritto pubblico, anche non territoriali, o comunque
preordinate alla realizzazione di opere o interventi dichiarati di pubblica utilità,
l'indennità di espropriazione per le aree edificabili è determinata a norma
dell'articolo 13, terzo comma, della legge 15 gennaio 1885, n. 2892, sostituendo in ogni
caso ai fitti coacervati dell'ultimo decennio il reddito dominicale rivalutato di cui agli
articoli 24 e seguenti del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22
dicembre 1986, n. 917. L'importo così determinato è ridotto del 40 per cento. 2. In ogni
fase del procedimento espropriativo il soggetto espropriato può convenire la cessione
volontaria del bene. In tal caso non si applica la riduzione di cui al comma 1. 3. Per la
valutazione delle edificabilità delle aree, si devono considerare le possibilità legali
ed effettive di edificazione esistenti al momento dell'apposizione del vincolo preordinato
all'esproprio. 4. Per le aree agricole e per quelle che, ai sensi del comma 3, non sono
classificabili come edificabili, si applicano le norme di cui al titolo II della legge 22
ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni ed integrazioni. 5. Con regolamento da
emanare con decreto del Ministro dei lavori pubblici ai sensi dell'art. 17, L. 23 agosto
1988, n. 400, sono definiti i criteri e i requisiti per la individuazione della
edificabilità di fatto di cui al comma 3. 6. Le disposizioni di cui al presente articolo
si applicano in tutti i casi in cui non sono stati ancora determinati in via definitiva il
prezzo, l'entità dell'indennizzo e/o del risarcimento del danno, alla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto. 7. Nella determinazione
dell'indennità di espropriazione per i procedimenti in corso si applicano le disposizioni
di cui al presente articolo. 7-bis. In caso di occupazioni illegittime di suoli per causa
di pubblica utilità, intervenute anteriormente al 30 settembre 1996, si applicano, per la
liquidazione del danno, i criteri di determinazione dell'indennità di cui al comma 1, con
esclusione della riduzione del 40 per cento. In tal caso l'importo del risarcimento è
altresì aumentato del 10 per cento. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano
anche ai procedimenti in corso non definiti con sentenza passata in giudicato.
6. 1. Le aliquote contributive a carico dei
lavoratori dipendenti del settore privato e pubblico dovute all'assicurazione generale
obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti ed
alle forme di previdenza esclusive e sostitutive della medesima sono aumentate di 0,6
punti a decorrere dal periodo di paga in corso alla data di entrata in vigore del presente
decreto e di ulteriori 0,2 punti a decorrere dal periodo di paga relativo al mese di
gennaio 1993. I versamenti riferiti ai periodi di paga compresi fra la data di entrata in
vigore del presente decreto e quella di entrata in vigore della relativa legge di
conversione, eseguiti in misura superiore a quella prevista dal presente comma, sono
computati in diminuzione dei contributi dovuti per i periodi successivi, fino a
compensazione delle somme versate in eccesso. 2. Con la stessa decorrenza di cui al comma
1, sono aumentate di 1 punto le aliquote contributive dovute, ai sensi della legge 2
agosto 1990, n. 233, dai soggetti iscritti alle gestioni previdenziali degli artigiani,
degli esercenti attività commerciali, dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni e degli
imprenditori agricoli a titolo principale. Le entrate derivanti dalle disposizioni di cui
al presente comma e al comma 1 non sono assunte a riferimento per la quota di cui
all'articolo 18 della legge 9 marzo 1989, n. 88. 3. Salvo che gli accordi ed i contratti
collettivi, anche aziendali, dispongano diversamente, stabilendo se e in quale misura la
mensa è retribuzione in natura, il valore del servizio di mensa, comunque gestito ed
erogato, e l'importo della prestazione pecuniaria sostitutiva di esso, percepita da chi
non usufruisce del servizio istituito dall'azienda, non fanno parte della retribuzione a
nessun effetto attinente a istituti legali e contrattuali del rapporto di lavoro
subordinato. 4. Sono fatte salve, a far data dalla loro decorrenza, le disposizioni degli
accordi e dei contratti collettivi, anche aziendali, pur se stipulati anteriormente alla
data di entrata in vigore del presente decreto, che prevedono limiti e valori
convenzionali del servizio di mensa di cui al comma 3 e dell'importo della prestazione
sostitutiva di esso, percepita da chi non usufruisce del servizio istituito, a qualsiasi
effetto attinente a istituti legali e contrattuali del rapporto di lavoro subordinato. 5.
Rimangono in ogni caso ferme le norme relative all'inserimento del valore del servizio di
mensa nella base imponibile per il computo dei contributi di previdenza e assistenza
sociale. Restano altresì ferme, per la prestazione pecuniaria sostitutiva del servizio di
mensa, le disposizioni dell'articolo 48 del testo unico delle imposte sui redditi,
approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni. 6. Alla rubrica
dell'articolo 11 della legge 20 maggio 1970, n. 300, sono aggiunte le seguenti parole: «e
controlli sul servizio di mensa».
Capo II
7. 1. Per l'anno 1992 è istituita una imposta
straordinaria immobiliare sul valore dei fabbricati, e delle aree fabbricabili individuate
negli strumenti urbanistici vigenti, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso
destinati, ivi compresi quelli alla cui produzione o scambio è diretta l'attività
dell'impresa, posseduti alla data di entrata in vigore del presente decreto. 2. Soggetto
passivo dell'imposta è il proprietario dell'immobile ovvero il titolare del diritto di
usufrutto, uso o abitazione sullo stesso anche se non residente nel territorio dello
Stato; l'imposta è dovuta proporzionalmente alla quota di possesso. Non sono soggetti
passivi lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane, i consorzi tra
detti enti e le unità sanitarie locali, le istituzioni sanitarie pubbliche autonome di
cui all'articolo 41 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e gli istituti autonomi case
popolari. 3. L'imposta è stabilita nella misura del 3 per mille del valore dei fabbricati
e delle aree fabbricabili individuate negli strumenti urbanistici vigenti. Il valore è
costituito, per i fabbricati iscritti in catasto, da quello che risulta applicando
all'ammontare delle rendite catastali determinate dall'amministrazione del catasto e dei
servizi tecnici erariali a seguito della revisione generale disposta con il decreto del
Ministro delle finanze 20 gennaio 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7
febbraio 1990, un moltiplicatore pari a 100 per le unità immobiliari classificate o
classificabili nei gruppi catastali A, B e C, con esclusione delle categorie A/10 e C1,
pari a 50 per quelle classificate o classificabili nel gruppo D non possedute
nell'esercizio d'impresa e nella categoria A/10, e pari a 34 per quelle classificate o
classificabili nella categoria C/1. Per determinare il valore dei fabbricati non ancora
iscritti in catasto si fa riferimento alla rendita delle unità immobiliari similari. Per
le unità immobiliari urbane direttamente adibite ad abitazione principale del possessore
e dei suoi familiari, l'imposta è stabilita nella misura del 2 per mille del valore
determinato ai sensi del presente comma, diminuito di 50 milioni di lire. Per unità
immobiliare direttamente adibita ad abitazione principale deve intendersi quella nella
quale il contribuente che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto
reale, e i suoi familiari, dimorano abitualmente. Per le unità immobiliari classificate o
classificabili nel gruppo D possedute nell'esercizio d'impresa, il valore è costituito
dall'ammontare, al lordo delle quote di ammortamento, che risulta dalle scritture
contabili applicando per ciascun anno di formazione dello stesso i seguenti coefficienti:
1992: 1,02; 1991: 1,03; 1990: 1,05; 1989: 1,10; 1988: 1,15; 1987: 1,20; 1986: 1,30; 1985:
1,40; 1984: 1,50; 1983: 1,60; 1982 e precedenti: 1,70. Per le aree fabbricabili
individuate negli strumenti urbanistici vigenti, il valore è costituito dal valore venale
in comune commercio ovvero, per le aree destinate ad attività di pubblica utilità,
dall'ammontare delle indennità che gli enti pubblici competenti per lo svolgimento delle
attività stesse hanno corrisposto o devono corrispondere . 3-bis. L'imposta è ridotta
del 50 per cento per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non
utilizzati. 4. Sono esenti dall'imposta: a) le costruzioni o porzioni di costruzioni
rurali di cui all'art. 39 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R.
22 dicembre 1986, n. 917; b) i fabbricati destinati esclusivamente all'esercizio del
culto, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8 e 19 della Costituzione, e
le loro pertinenze; c) i fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati negli articoli
13, 14, 15 e 16 del Trattato lateranense 11 febbraio 1929, reso esecutivo con la legge 27
maggio 1929, n. 810; d) i fabbricati appartenenti agli Stati esteri per i quali è
prevista l'esenzione dall'imposta locale sul reddito dei fabbricati in base ad accordi
internazionali resi esecutivi in Italia; e) i fabbricati posseduti dagli enti indicati
all'articolo 87, comma 1, lettera c), del citato testo unico delle imposte sui redditi,
non aventi finalità di lucro, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività
istituzionali di carattere didattico; f) i fabbricati recuperati al fine di essere
destinati alle attività assistenziali di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104; g) i
fabbricati con destinazione ad usi culturali di cui all'art. 5-bis del D.P.R. 29 settembre
1973, n. 601, e successive modificazioni; h) i fabbricati classificati o classificabili
nelle categorie da E/1 a E/9; i) i fabbricati e le aree fabbricabili, nonché le quote di
essi, appartenenti ai soggetti che alla data di entrata in vigore del presente decreto
risultano sottoposti a fallimento, a liquidazione coatta amministrativa o a concordato
preventivo con cessione di beni; i-bis) gli immobili utilizzati dai soggetti di cui
all'art. 87, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con
D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, destinati esclusivamente allo
svolgimento di attività istituzionali di carattere assistenziale e sanitario. 5.
L'imposta è riscossa mediante versamento diretto con le modalità previste ai fini delle
imposte sui redditi. Il versamento deve essere effettuato nel mese di settembre 1992.
Tuttavia il versamento può essere effettuato entro il 15 dicembre 1992; in tal caso le
somme versate oltre il 30 settembre 1992 devono essere maggiorate del 3 per cento a titolo
di interessi, senza applicazione di soprattasse. 6. Per l'anno 1992 è istituita una
imposta straordinaria sull'ammontare dei depositi bancari, postali e presso istituti e
sezioni per il credito a medio termine, conti correnti, depositi a risparmio e a termine,
certificati di deposito, libretti e buoni fruttiferi, da chiunque detenuti; sono esclusi i
buoni postali fruttiferi, i libretti di risparmio di previdenza indicati all'articolo 41,
primo comma, della L. 7 agosto 1982, n. 526, la raccolta interbancaria e intercreditizia,
nonché i depositi e i conti correnti intrattenuti dal Tesoro presso il sistema bancario e
l'amministrazione postale e quelli detenuti da rappresentanze diplomatiche e consolari
estere in Italia o da enti e organismi internazionali che godono della esenzione dalle
imposte sui redditi. L'amministrazione postale e le aziende ed istituti di credito sono
tenuti ad operare, con obbligo di rivalsa nei confronti dei correntisti e depositanti, una
ritenuta del 6 per mille commisurata all'ammontare risultante dalle scritture contabili
alla data del 9 luglio 1992. L'imposta è versata entro il 15 settembre 1992 con le
modalità previste per il versamento delle ritenute di cui all'art. 26, secondo comma, del
D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600. 7. Per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione,
le sanzioni e i rimborsi delle imposte di cui al presente articolo nonché per il
contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi. Le imposte
straordinarie di cui al presente articolo non sono deducibili ai fini delle imposte sui
redditi.
8. 1. Nell'esercizio dei poteri previsti
dall'articolo 8, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, come sostituito dall'articolo 1, D.P.R.
2 novembre 1976, n. 784, l'anagrafe tributaria invia questionari ai soggetti utenti di
forniture di energia elettrica nei fabbricati, al fine di acquisire il numero di codice
fiscale dell'utente stesso e quello del proprietario, se diverso, nonché gli estremi
catastali identificativi di ciascuna unità immobiliare e la sua superficie commerciale.
2. Il questionario costituisce parte integrante della fattura ed è inviato all'utente
tramite l'ente erogatore; esso deve essere compilato e restituito all'anagrafe tributaria
a cura dell'utente, con tassa a carico della amministrazione destinataria, entro il
termine indicato nel questionario stesso. Con decreto del Ministro delle finanze, da
emanare entro venti giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è
approvato il modello di questionario. 3. Coloro che non sono utenti della fornitura di
energia elettrica nelle unità immobiliari di loro proprietà sono tenuti a comunicare
all'utente, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il
proprio numero di codice fiscale e gli estremi catastali identificativi dell'unità
immobiliare; nel caso di comproprietà l'obbligo è soddisfatto con la comunicazione del
numero di codice fiscale di uno soltanto dei comproprietari. La medesima comunicazione
deve essere data dal proprietario dell'unità immobiliare al conduttore nel caso di
contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto;
in tal caso il conduttore è tenuto ad indicare all'ente cui richiede la fornitura di
energia elettrica, oltre al proprio, anche il numero di codice fiscale del proprietario.
4. Il Ministero delle finanze, mediante procedure automatizzate di elaborazione, effettua
incroci tra i dati delle dichiarazioni dei redditi, del catasto e degli enti erogatori di
forniture di energia elettrica, provvedendo ad accertare i redditi o i maggiori redditi
non dichiarati con le modalità di cui all'articolo 41-bis, D.P.R. 29 settembre 1973, n.
600. Se risulta che l'utilizzatore della fornitura di energia elettrica è soggetto
diverso dall'utente indicato nel contratto, il Ministero delle finanze ne dà
comunicazione all'ente erogatore per le conseguenti variazioni contrattuali. 5. Ai fini
dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle persone
giuridiche e dell'imposta locale sui redditi, dovute per i periodi di imposta
relativamente ai quali il termine per la presentazione della dichiarazione è scaduto
anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, i contribuenti sono
ammessi a presentare dichiarazioni integrative, con gli effetti e le modalità previsti
dall'articolo 14 della legge 29 dicembre 1990, n. 408, in aumento per quanto riguarda i
redditi dei fabbricati. I contribuenti che intendono avvalersi delle disposizioni del
presente comma devono presentare, dal 1° agosto al 15 dicembre 1992, al centro di
servizio o all'ufficio delle imposte dirette competente in ragione del loro domicilio
fiscale, apposita dichiarazione, conformemente alle indicazioni recate dal modello
approvato con decreto del Ministro delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale
entro il 30 luglio 1992, e devono versare dal 1° agosto al 15 dicembre 1992 l'imposta o
la maggiore imposta dovuta, nonché, in luogo delle sanzioni e degli interessi previsti
negli articoli 46 e 49, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e negli articoli 9 e 92, D.P.R.
29 settembre 1973, n. 602, una soprattassa stabilita, per i periodi di imposta anteriori a
quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto, nelle seguenti
misure: 10 per cento per il primo periodo; 20 per cento per il secondo periodo; 30 per
cento per il terzo periodo; 40 per cento per il quarto periodo; 50 per cento per il quinto
periodo; 60 per cento per il sesto periodo e 70 per cento per ciascuno degli altri periodi
anteriori a quello in corso. Le attestazioni dei versamenti devono essere allegate alla
dichiarazione integrativa. Le disposizioni del presente comma si applicano sempreché alla
data di presentazione della dichiarazione non siano iniziati accessi, ispezioni e
verifiche ovvero non sia stato notificato avviso di accertamento; l'ILOR pagata in
applicazione delle disposizioni del presente comma non è deducibile ai fini delle imposte
sui redditi. 6. In considerazione della emanazione, con effetto dall'anno 1993, del
decreto del Ministro delle finanze integrativo dei dati e delle notizie indicativi di
capacità contributiva previsto dall'articolo 2, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
modificato dall'articolo 1 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, i contribuenti possono
corrispondere dal 1° agosto al 31 ottobre 1992 l'ammontare degli abbonamenti alle
radiodiffusioni non corrisposti per periodi anteriori a quello in corso alla data di
entrata in vigore del presente decreto. Le disposizioni del presente comma non si
applicano qualora anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto sia
stato elevato processo verbale o notificata ingiunzione di pagamento. I versamenti sono
effettuati, con le modalità stabilite con il decreto del Ministro delle finanze previsto
nel comma 5, in unica soluzione e con l'applicazione della soprattassa nella misura del 10
per cento. 7. Agli oneri a carico dell'Amministrazione finanziaria di cui ai commi 1, 2, 3
e 4, valutati in trenta miliardi di lire per l'anno 1992, si provvede con quota parte
delle maggiori entrate recate per lo stesso anno dal presente capo; le somme eventualmente
non impegnate nell'anno 1992 potranno essere utilizzate nell'anno 1993.
9. 1. L'imposta fissa di bollo, in qualsiasi modo
dovuta, di cui alla tariffa allegato A, annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, e
successive modificazioni, stabilita in lire 10.000 è elevata a lire 15.000. 2. L'imposta
di bollo sugli atti compiuti dal giudice e dal cancelliere e sui provvedimenti originali
del giudice nei procedimenti civili, con esclusione di quella dovuta sugli originali delle
sentenze e dei processi verbali di conciliazione, è corrisposta, per ogni procedimento,
mediante applicazione di marche o mediante versamento in conto corrente postale intestato
all'ufficio del registro di Roma, nelle misure di lire 90.000 e di lire 120.000,
rispettivamente, per i procedimenti di cognizione e per i procedimenti di esecuzione,
limitatamente a quelli il cui valore supera lire 5 milioni, davanti al pretore; di lire
120.000 per i procedimenti di cognizione e di lire 240.000 per quelli di esecuzione
davanti al tribunale; di lire 90.000 per i procedimenti davanti alla corte di appello e di
lire 60.000 per quelli davanti alla Corte di cassazione; di lire 60.000 per i procedimenti
speciali. 3. L'imposta di bollo sugli atti compiuti dal giudice e dai segretari, compresa
quella sugli originali delle decisioni e dei provvedimenti, è corrisposta per ogni
procedimento dinanzi al Consiglio di Stato ed al tribunale amministrativo regionale nella
misura di lire 180.000, con le modalità di cui al comma 2. 4. L'imposta fissa di bollo
dovuta sugli atti di cui agli articoli 19 e 20 della tariffa allegato A, annessa al D.P.R.
26 ottobre 1972, n. 642, e successive modificazioni, è elevata a lire 2.000. 5. L'imposta
fissa di bollo dovuta sugli atti di cui all'articolo 20-bis della tariffa allegato A,
annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642, e successive modificazioni, è elevata,
rispettivamente, da lire 400 a lire 1.000; da lire 1.100 a lire 2.000; da lire 2.200 a
lire 4.000; da lire 4.400 a lire 7.000; da lire 7.800 a lire 10.000. 6. La carta bollata,
i moduli redatti a stampa su carta bollata o bollati in modo straordinario, nonché i
libri e i registri già bollati in modo straordinario, che alla data di cui al comma 7
sono interamente in bianco, devono essere integrati prima dell'uso, sino a concorrenza
dell'imposta dovuta nella misura stabilita dal presente articolo, mediante applicazione di
marche da bollo da annullarsi nei modi previsti dall'articolo 12, D.P.R. 26 ottobre 1972,
n. 642, e successive modificazioni. 7. Le disposizioni del presente articolo si applicano
a decorrere dal 14 luglio 1992.
10. 1. Le tasse sulle concessioni governative
previste dalla tariffa annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, e successive
modificazioni, con esclusione di quelle previste alla voce n. 125 e alla voce n. 131 della
stessa tariffa, sono aumentate del 100 per cento. 2. L'aumento di cui al comma 1 si
applica alle tasse di rilascio, di rinnovo, per il visto e per la vidimazione relative ad
atti e provvedimenti amministrativi emanati, rinnovati, sottoposti a visto o vidimazione
successivamente al 31 dicembre 1991; l'aumento si applica, altresì, alle tasse annuali il
cui termine ultimo di pagamento scade successivamente alla predetta data. Gli importi
delle tasse vanno arrotondati alle mille lire superiori. 3. Le relative integrazioni,
dovute per l'intero 1992, devono essere corrisposte entro il 31 ottobre 1992, mediante
versamento in conto corrente postale, intestato all'ufficio del registro tasse sulle
concessioni governative di Roma. Per i pagamenti effettuati a mezzo marche, compresi
quelli relativi alle patenti di guida, l'integrazione può essere corrisposta anche
mediante le normali marche di concessione governativa da annullarsi a cura del
contribuente. 4. Con effetto dal 1° gennaio 1992, la tassa di concessione governativa per
l'iscrizione delle società nel registro delle imprese e quella annuale di cui ai commi
18, primo periodo, e 19 dell'articolo 3, D.L. 19 dicembre 1984, n. 853, convertito, con
modificazioni, dalla L. 17 febbraio 1985, n. 17, è stabilita nella misura di lire 4
milioni per le società per azioni e in accomandita per azioni, di lire 2 milioni e 500
mila per le società a responsabilità limitata e di lire 500 mila per le società di
altro tipo. I contribuenti, che sino alla data di entrata in vigore del presente decreto
hanno omesso di corrispondere le tasse dovute per l'anno in corso, possono corrisponderle
nella misura sopra indicata entro il 31 ottobre 1992, con applicazione della soprattassa
del 6 per cento. I contribuenti, che alla data di entrata in vigore del presente decreto
hanno corrisposto le tasse dovute per l'anno in corso, possono scomputare le maggiori
somme versate da quelle dovute per gli anni successivi ovvero chiederle a rimborso, quando
le tasse non risultino più dovute. 5. Il canone di concessione previsto dall'articolo 51
della convenzione tra il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni e la SIP -
Società italiana per l'esercizio telefonico p.a. per la concessione dei servizi di
telecomunicazioni nazionali ad uso pubblico, approvata con D.P.R. 13 agosto 1984, n. 523,
è elevato al 3,5 per cento. La disposizione si applica a partire dall'esercizio in corso
alla data di entrata in vigore del presente decreto. Entro il 31 ottobre di ciascun anno
deve essere versata, a titolo di acconto, una somma pari ad un settimo del canone dovuto
per l'anno precedente; per l'anno 1992 la somma da versare a titolo di acconto è pari ad
un sesto di quella dovuta per il 1991.
6. Alla copertura delle minori entrate derivanti dalle disposizioni di cui al comma 4,
valutate in 600 miliardi di lire a decorrere dal 1993, si provvede con parte delle
maggiori entrate derivanti dall'applicazione del presente decreto. 6-bis. Con decreti del
Ministro delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale entro quindici giorni dalla
data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, saranno
approvate la nuova tariffa dell'imposta di bollo di cui all'allegato A al D.P.R. 26
ottobre 1972, n. 642, e successive modificazioni, nonché la nuova tariffa delle tasse
sulle concessioni governative annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 641, e successive modificazioni. A tal fine si dovrà tenere conto delle
variazioni di importo disposte con il presente decreto apportando alle tariffe stesse le
modificazioni necessarie per inserirvi le voci di imposta o di tassa previste in
disposizioni diverse dalle predette tariffe, per razionalizzare i singoli articoli e voci
di tariffa e per ridurre il loro numero mediante accorpamenti di quelli compresi nelle
singole parti; nell'attuazione della razionalizzazione e degli accorpamenti potranno
essere apportate variazioni ai singoli importi, in misura non superiore al 20 per cento in
aumento, e in misura non superiore al 40 per cento in diminuzione. Sarà comunque
assicurato nel complesso un gettito non inferiore a quello previsto a seguito
dell'applicazione delle disposizioni dell'articolo 9 e dei commi da 1 a 6 del presente
articolo.
11. 1. Fino alla revisione della disciplina delle
locazioni degli immobili urbani, le disposizioni di cui agli articoli 12 e seguenti della
legge 27 luglio 1978, n. 392, concernenti l'equo canone degli immobili adibiti ad uso di
abitazione, non si applicano ai contratti di locazione stipulati successivamente alla data
di entrata in vigore del presente decreto, aventi ad oggetto immobili per i quali, alla
predetta data, non sia stata presentata la dichiarazione di ultimazione dei lavori e
sempreché, alla data del contratto, sia stata richiesta la certificazione di abitabilità
e sia stata presentata domanda per l'accatastamento. 2. Nei contratti di locazione
relativi ad immobili non compresi fra quelli di cui al comma 1, stipulati o rinnovati
successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto, le parti, con l'assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei
conduttori maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro
organizzazioni provinciali, possono stipulare accordi in deroga alle norme della citata
legge n. 392 del 1978. La disposizione si applica per i contratti ad uso abitativo
limitatamente ai casi in cui il locatore rinunzi alla facoltà di disdettare i contratti
alla prima scadenza a meno che egli intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo
stesso le opere di cui, rispettivamente, agli articoli 29 e 59 della citata legge n. 392
del 1978. Resta ferma l'applicazione, per i contratti indicati nel presente comma, degli
articoli 24 e 30 della citata legge n. 392 del 1978. 2-bis. Nei casi in cui, alla prima
scadenza del contratto successiva alla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto, le parti non concordino sulla determinazione del canone,
il contratto stesso è prorogato di diritto per due anni.
12. 1. Se il reddito di impresa delle persone
fisiche, delle società in nome collettivo e in accomandita semplice e delle società ed
enti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 87 del testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986, n. 917, eccede di almeno il quindici per cento il reddito di impresa dichiarato per
il periodo di imposta precedente, la eccedenza concorre alla formazione del reddito
imponibile nella misura del cinquanta per cento, se l'ammontare degli investimenti
innovativi effettuati nel territorio dello Stato, nel periodo di imposta cui la
dichiarazione si riferisce, supera la somma del maggior reddito dichiarato e
dell'ammontare degli ammortamenti deducibili effettuati nel periodo. Nel caso di fusione o
di incorporazione si fa riferimento alle dichiarazioni presentate precedentemente dalle
società fuse o incorporate. La disposizione si applica per i tre periodi di imposta
successivi a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto. 2. Alla
copertura delle minori entrate derivanti dalle disposizioni di cui al comma 1, valutate in
140 miliardi di lire per l'anno 1993, in 200 miliardi di lire in ciascuno degli anni 1994
e 1995 e in 60 miliardi di lire per l'anno 1996, si provvede con parte delle maggiori
entrate derivanti dall'applicazione del presente decreto.
13. 1. Le entrate derivanti dal presente capo
sono riservate all'erario e concorrono, anche attraverso il potenziamento di strumenti
antievasione, alla copertura degli oneri per il servizio del debito pubblico, nonché alla
realizzazione delle linee di politica economica e finanziaria in funzione degli impegni di
riequilibrio del bilancio assunti in sede comunitaria.
Capo III
14. 1. Con riferimento agli enti di cui al
presente capo ed alle società da essi controllate, tutte le attività, nonché i diritti
minerari, attribuiti o riservati per legge o con atti amministrativi ad amministrazioni
diverse da quelle istituzionalmente competenti, ad enti pubblici, ovvero a società a
partecipazione statale, restano attribuiti a titolo di concessione ai medesimi soggetti
che ne sono attualmente titolari. 2. Le concessioni di cui al comma 1 sono disciplinate
dalle amministrazioni competenti in conformità alle disposizioni vigenti. Ove la materia
non sia regolata da leggi preesistenti, la disciplina sarà stabilita dall'atto di
concessione in conformità ai principi generali vigenti in materia. 3. Le concessioni di
cui al comma 1 avranno la durata massima prevista dalle norme vigenti, comunque non
inferiore a venti anni, con decorrenza dalla data di entrata in vigore del presente
decreto. 4. Le concessioni di attività in favore dei soggetti di cui al comma 1, che
siano già in vigore, sono prorogate per la stessa durata prevista dal comma 3. Le
amministrazioni competenti potranno, ove occorra, modificarle o integrarle. 4-bis. Fino
alla emanazione di una nuova disciplina, le società per azioni derivate dalla
trasformazione di cui agli articoli 15 e 18 esercitano, nei medesimi limiti e con i
medesimi effetti, le attribuzioni in materia di dichiarazione di pubblica utilità e di
necessità e di urgenza, già spettanti agli enti originari.
15. 1. L'Istituto nazionale per la ricostruzione
industriale - IRI, l'Ente nazionale idrocarburi ENI, l'Istituto nazionale assicurazioni -
INA e l'Ente nazionale energia elettrica - ENEL sono trasformati in società per azioni
con effetto dalla data di entrata in vigore del presente decreto. 2. Il capitale iniziale
di ciascuna delle società per azioni derivanti dalle trasformazioni è determinato con
decreto del Ministro del tesoro in base al netto patrimoniale risultante dai rispettivi
ultimi bilanci. I consigli di amministrazione di ciascuna delle predette società per
azioni devono; entro la data fissata con decreto del Ministro del tesoro e comunque non
oltre il 31 dicembre 1994, proporre al Ministro del tesoro una rettifica dei valori
dell'attivo e del passivo, accompagnata da una relazione redatta da una o più società
specializzate, ovvero da soggetto o soggetti in possesso dei requisiti previsti
dall'articolo 11 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88, che attesti che i valori
proposti non sono superiori a quelli risultanti dall'applicazione dei criteri di cui
all'articolo 2, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 408. Le proposte di rettifica
dovranno essere formulate in coerenza con il piano di dismissioni adottato dal Governo. I
corrispettivi professionali dei detti soggetti sono determinati con decreto del Ministro
del tesoro. Sulla base della predetta proposta di rettifica, il Ministro del tesoro
determina il patrimonio netto rivalutato. Tale determinazione vale ai fini
dell'applicazione ad ogni effetto dell'articolo 19 del presente decreto. In attesa della
determinazione di cui sopra, gli organi sociali possono, in via transitoria, determinare
il patrimonio netto, sempre in misura non superiore a quella risultante dall'applicazione
dei criteri di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 29 dicembre 1990, n. 408, e nei
limiti autorizzati dal Ministro del tesoro. Anche siffatta rivalutazione rileva ai fini
dell'articolo 19 del presente decreto. La differenza fra il netto patrimoniale risultante
dall'ultimo bilancio e il patrimonio netto rivalutato potrà essere imputata in tutto o in
parte ad una speciale riserva o al capitale sociale. Potranno altresì ricostituirsi, in
tutto o in parte, le riserve risultanti nel patrimonio netto esistente nei bilanci
anteriori alla trasformazione, mantenendo a tali riserve l'originario regime civilistico e
fiscale. Le società derivanti dalla trasformazione emetteranno azioni del valore nominale
di L. 1.000 cadauna e per un importo globale pari al capitale determinato come sopra. 3.
Le azioni delle società di cui al comma 1, unitamente a quelle della BNL S.p.a., sono
attribuite al Ministero del tesoro. Il Ministro del tesoro esercita i diritti
dell'azionista secondo le direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri d'intesa con
il Ministro da lui delegato, con il Ministro del bilancio e della programmazione economica
e con il Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato. Sono parimenti
attribuite al Ministero del tesoro le partecipazioni della Cassa depositi e prestiti
nell'IMI S.p.a. e negli altri istituti di intermediazione creditizia e finanziaria. Le
minusvalenze derivanti nel bilancio della Cassa depositi e prestiti dal trasferimento al
Ministero del tesoro delle partecipazioni di cui al presente comma sono poste a carico del
fondo di riserva della Cassa stessa. 4. Lo statuto di ciascuna delle società derivanti
dalle trasformazioni sarà deliberato dalla prima assemblea. In via provvisoria rimangono
in vigore le norme, legislative e statutarie, che disciplinano i singoli enti. I
presidenti delle società per azioni derivanti dalla trasformazione convocheranno le
rispettive assemblee sociali entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto. 5. La pubblicazione del presente decreto tiene luogo di tutti gli
adempimenti in materia di costituzione delle società previsti dalla normativa vigente.
16. 1. Entro tre mesi dalla data di entrata in
vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro del tesoro predispone
un programma di riordino delle partecipazioni di cui all'articolo 15 e lo trasmette,
d'intesa con i Ministri del bilancio e della programmazione economica, dell'industria, del
commercio e dell'artigianato e delle partecipazioni statali, al Presidente del Consiglio
dei ministri. Il programma di riordino delle partecipazioni di cui all'articolo 15 è
finalizzato alla valorizzazione delle partecipazioni stesse, anche attraverso la
previsione di cessioni di attività e di rami di aziende, scambi di partecipazioni,
fusioni, incorporazioni ed ogni altro atto necessario per il riordino. 2. Il programma
deve prevedere la quotazione delle società partecipate derivanti dal riordino delle
attuali partecipazioni e l'ammontare dei ricavi da destinare alla riduzione del debito
pubblico. 3. Il Presidente del Consiglio dei ministri invia il programma di riordino alle
competenti Commissioni parlamentari che esprimono il proprio parere entro il termine
previsto dai regolamenti di ciascuna Camera. Decorso tale termine, il programma è
approvato dal Consiglio dei ministri e diviene esecutivo.
18. 1. Fermo restando quanto previsto dalla legge
30 luglio 1990, n. 218, previa comunicazione da inviare alle Camere con un anticipo di
almeno quindici giorni, il CIPE potrà deliberare la trasformazione in società per azioni
di enti pubblici economici, qualunque sia il loro settore di attività. La deliberazione
del CIPE produce i medesimi effetti di cui al presente decreto. A tutte le predette
società per azioni, nonché a quelle di cui all'articolo 15, comma 1, si applica la
disposizione di cui all'articolo 3, comma 2, della legge 30 luglio 1990, n. 218.
19. 1. Tutte le operazioni connesse con la
trasformazione di cui al presente capo sono esenti da imposte e tasse.
20. 1. Sono abrogate tutte le disposizioni di
legge contrarie od incompatibili con quanto stabilito nel presente capo.
21. 1. Il presente decreto entra in vigore il
giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e
sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
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