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   Normativa Appalti di Opere  

RELAZIONE AL REGOLAMENTO QUALIFICAZIONE

a) PREMESSE GENERALI

Nel disegno di riforma dei lavori pubblici delineato dalla legge quadro, la materia della qualificazione rappresenta una questione assolutamente prioritaria, oggetto di una profonda innovazione rispetto alla disciplina ancora vigente.

Sin dal 1962, con l’istituzione dell’Albo Nazionale dei Costruttori, il legislatore italiano optò per un sistema di qualificazione caratterizzato da un unico livello di verifica della capacità imprenditoriale dei soggetti che aspiravano ai pubblici appalti, per effetto del quale sistema, una volta conseguita la relativa iscrizione, l’impresa ha potuto partecipare ad ogni singola gara senza l’obbligo di esibire ulteriori prove della propria idoneità se non quelle connesse alla vigenza dell’iscrizione presso il registro delle imprese ovvero alla verifica dei requisiti morali attestati dai certificati del casellario giudiziale.

Era in sostanza un sistema assai rigoroso nel porre vincoli di ingresso, ma notevolmente vantaggioso per gli utenti che, ottenuta l’abilitazione, hanno visto di molto semplificate le procedure di partecipazione alle gare.

Tale assetto, che all’inizio funzionò in modo soddisfacente, vide in breve tempo deteriorata la propria capacità selettiva per una serie di ragioni economiche e giuridiche, spesso intrecciate fra loro: innanzitutto il vorticoso moltiplicarsi del numero delle imprese (verso la metà degli anni ’70 le imprese iscritte all’Albo erano circa 20000, erano circa 80000 alla metà degli anni ’80 e oggi sono circa 50000, a fronte delle circa 5000 che operano in Germania e delle 6000 che operano in Francia), in secondo luogo il crescere delle stazioni appaltanti divenute altrettanti soggetti qualificatori nella gara di propria competenza, in terzo luogo il progressivo affermarsi delle normative comunitarie che hanno previsto all’interno delle procedure di aggiudicazione vere e proprie fasi di qualificazione autonome da quella prevista in via generale dalla normativa sull’Albo Nazionale Costruttori.

La concomitanza di questi ultimi due fattori - proliferare delle amministrazioni aggiudicatrici e frantumazione in capo ad esse della effettiva qualificazione a livello di gara - ha condotto il legislatore ad introdurre a livello normativo uno strumento, il bando tipo di cui al D.P.C.M. 55/1991, che garantisse la omogeneità di comportamenti delle stazioni appaltanti nella redazione degli atti di gara e quindi nella fissazione delle regole di selezione delle imprese.

Dunque, l’originaria scelta legislativa di privilegiare un sistema di qualificazione generale e statuale è stata dapprima affiancata e poi svuotata dall’affermarsi di un parallelo sistema specifico di qualificazione, destinato a rinnovarsi gara per gara, senza che - almeno su un piano formale - uno dei due prevalesse sull’altro. Anzi, tale "binarietà" ha rappresentato la peculiarità del sistema italiano, che si è venuto a caratterizzare per la duplicità dei centri di controllo: l’uno, l’Albo, meramente abilitativo, l’altro, l’ente appaltante, direttamente selettivo.

E’ tuttavia ovvio ed evidente che questa situazione ha comportato una sostanziale perdita di effettività del sistema di qualificazione attuato mediante l’Albo Nazionale Costruttori, e la relativa iscrizione, da condizione necessaria e sufficiente alla dimostrazione dell’idoneità dell’impresa, ha finito per essere un mero elemento presuntivo della sussistenza di alcune referenze.

Vi è stato nel 1986 con la legge n.768 un tentativo di restituire effettività ed incisività alla iscrizione all’Albo Nazionale Costruttori come strumento di qualificazione delle imprese, soprattutto prevedendo l’istituto della periodica revisione dell’iscrizione, che potesse assicurare e garantire il permanere nel tempo di quei requisiti che avevano consentito l’originario accesso alla qualificazione, sennonché da un lato le incerte modalità di attuazione della verifica, dall’altro la scarsa consistenza dei parametri all’uopo fissati, l’una e l’altra aggravate dalle difficoltà operative connesse all’imponente lavoro di verifica, hanno di fatto determinato il fallimento dell’istituto, il proliferare universalmente ammesso del fenomeno delle "scatole vuote" ed il diffondersi ad ogni livello della consapevolezza della definitiva inidoneità del sistema e della necessità di introduzione di nuove soluzioni.

In questa ultima prospettiva, peraltro, non è priva di importanza la considerazione dell’emergere in sede comunitaria dell’esigenza di fissare criteri omogenei di effettiva qualificazione delle imprese, considerazione che ha notevolmente contribuito all’affermarsi dell’opinione della necessità del superamento del sistema sino ad oggi vigente.

IL SISTEMA DI QUALIFICAZIONE NELLA LEGGE 109/1994

Come è noto, la legge 109/1994 sin dalla sua prima versione ha fissato il termine finale del sistema di qualificazione affidato all’Albo Nazionale Costruttori. Dopo le modifiche e le correzioni apportate dal decreto legge 101/1995 convertito con legge 216/1995 (c.d. "Merloni bis") e dalla legge 415/1998 (c.d. "Merloni ter"), la disciplina attualmente vigente in materia prevede che dal 1° gennaio 2000 entrerà in vigore il nuovo sistema di qualificazione, le cui linee essenziali si articolano nel modo seguente:

  • la qualificazione delle imprese è obbligatoria per gli appalti di valore superiore ai 150.000 Euro, ed è modellata in rapporto alle tipologie e all’importo dei lavori, con una impostazione dunque che si pone in linea di continuità - ad eccezione del limite di valore - con la disciplina sin qui applicata, che come è noto prevede una configurazione basata su categorie di lavori e classifiche di importo;

  • il sistema di qualificazione è attuato da organismi di diritto privato, soggetti ad autorizzazione e sottoposti al controllo da parte dell’Autorità per la Vigilanza sui lavori pubblici, con decisa innovazione rispetto alla attuale normativa che appunto è incentrata su una concezione pubblica statuale della qualificazione;

  • la qualificazione è subordinata al possesso di requisiti di ordine generale nonché tecnico organizzativi ed economico finanziari conformi alle norme comunitarie (ed anche in questo vi è una sorta di continuità, in linea di principio, con il sistema ancora vigente, pure improntato alla centralità dei requisiti generali e speciali), e al possesso - in via tra loro alternativa - della certificazione di qualità o della dichiarazione della presenza di elementi, significativi e tra loro correlati, del sistema di qualità;

  • gli organismi privati di qualificazione attestano in capo all’impresa il possesso dei requisiti e della certificazione (o della dichiarazione) rilasciata dai soggetti accreditati secondo le norme europee UNI CEI EN 45000;

  • l’obbligatorietà di possedere la certificazione di qualità, o in alternativa - secondo la tipologia dei lavori o l’oggetto dei contratti - la dichiarazione della presenza degli elementi del sistema di qualità è obiettivo cui deve giungersi con una gradualità temporale di durata quinquennale;

  • contestualmente all’entrata in vigore del nuovo sistema, viene disposta l’abrogazione della legge 57/1962 che regola la qualificazione attraverso l’Albo Nazionale.

c) IL REGOLAMENTO

Nella nuova disciplina della qualificazione la legge demanda un ruolo assolutamente protagonista allo strumento regolamentare, da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 400/1988 su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di concerto con il Ministro dell’Industria e del Ministro dei Beni e Attività Culturali, sentito il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, previo parere delle commissioni parlamentari.

Il regolamento infatti deve stabilire la disciplina completa del nuovo sistema sia sotto il profilo oggettivo che sotto il profilo soggettivo, con particolare riguardo alla fissazione dei requisiti che devono avere i soggetti privati cui è demandata l’attestazione della qualificazione in capo alle imprese, alla previsione delle modalità dell’accertamento dei requisiti di qualificazione, il contenuto e l’estensione dei requisiti stessi, la determinazione dei criteri di gradualità per l’entrata in vigore dell’obbligatorietà della certificazione di qualità.

E’ evidente il rilievo primario che il regolamento attribuisce all’Autorità in tutta la disciplina della qualificazione, in coerenza con la chiara indicazione della legge quadro: i compiti demandati all’Autorità infatti sono di estrema importanza ai fini del corretto funzionamento del sistema, a garanzia che il rispetto delle regole di selezione delle imprese, e in definitiva delle regole stesse di mercato, sia assicurato da un soggetto pubblico super partes che funga in un certo senso da contrappeso istituzionale in un panorama di soggetti qualificatori connotati dalla scelta di privatizzazione e di pluralismo attuata dalla legge. Le funzioni dell’Autorità si estrinsecano principalmente nel complesso di attività e poteri connessi alla autorizzazione degli organismi privati di attestazione, alla sorveglianza sul corretto espletamento delle loro funzioni, cui non sono estranei gli elementi tipicamente sanzionatori connessi alla revoca dell’autorizzazione stessa.

E’ stata istituita presso il Ministero dei lavori pubblici una commissione che ha provveduto ad elaborare lo schema di regolamento allegato. Lo sforzo compiuto dai compilatori del testo è stato nel senso di redigere regole che tenessero conto - come del resto la stessa legge prescrive - di quanto sta emergendo a livello comunitario, ove è in corso di definizione una disciplina tendente a creare standard omogenei di qualificazione per tutti i paesi aderenti alla Comunità; nello stesso tempo di non determinare una frattura con le regole di qualificazione da tempo vigenti nell’ordinamento interno con un impatto che gli operatori non potrebbero sopportare, e però di assicurare la necessaria effettività a quelle regole in modo da consentire un avvio efficace al nuovo sistema.

E soprattutto il riferimento al panorama europeo rappresenta uno dei punti chiave della elaborazione della nuova disciplina, dato che le regole che stanno emergendo in sede comunitaria (il 25 settembre 1998 è stata approvata la bozza definitiva di normativa dal CEN7TC 330 Qualification of Contractors, ed il 27 settembre 1999 è stata approvata ulteriore versione del medesimo documento) hanno un livello di definizione già sufficiente per essere tenute in considerazione, ma purtroppo non sono ancora a livello così avanzato, né sono frutto di scelte sufficientemente stabili, da imporsi come vincolanti.

Per molta parte del nuovo regolamento è stato ritenuto opportuno utilizzare, per quanto possibile, le norme della bozza di D.P.R. che nel corso del precedente Governo il Ministero dei lavori pubblici aveva elaborato ai sensi dell’articolo 20 della legge 59/1997, per semplificare le procedure di iscrizione all’Albo Nazionale dei Costruttori, e che prima di vedersi negare la registrazione dalla Corte dei Conti per motivi attinenti ai limiti della delega legislativa era stato deliberato dal Consiglio dei Ministri ed aveva riportato il parere favorevole del Consiglio di Stato e - seppure con molte condizioni - dalle commissioni parlamentari.

Lo schema di regolamento provvede pure a determinare le categorie di lavori generali e specializzate, sostanzialmente riproponendo la articolazione già fissata con D.M. 304/1998 in attuazione del comma 3 dell’articolo 9 della legge 109/1994, apportandovi solo quelle marginali correzioni che una prima applicazione del decreto ha suggerito come opportune.

Sul testo ha ritenuto di poter esprimere il proprio parere l’Autorità per la Vigilanza sui lavori pubblici, che con nota 10 giugno 1999 n.877/99/PRE ha formulato le proprie osservazioni, sostanzialmente quasi tutte recepite.

Sono inoltre stati acquisiti i concerti del Ministero dell’Industria e del Ministero dei Beni Culturali, ed è stato sentito il Ministero del Lavoro come prescritto dalla legge.

Successivamente, il testo è stato sottoposto all’esame della Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 281/1997, che ha espresso parere favorevole, con alcune condizioni, in data 11 novembre 1999.

E’ stato quindi acquisito il parere del Consiglio di Stato, reso dalla Sezione Consultiva per gli atti normativi in data 6 dicembre 1999 con numero 203/99.

Infine, hanno reso il parere di competenza anche le Commissioni Parlamentari VIII per la Camera dei Deputati e VIII per il Senato, entrambe in data 16 dicembre 1999.

Tutti i pareri raccolti hanno offerto un utile contributo alla redazione finale del testo, suggerendo molte opportune correzioni e fornendo preziose indicazioni anche nel merito, in un contesto di sostanziale condivisione del lavoro svolto. Solo il parere del Consiglio di Stato, oltre a numerosi Aspetti di dettaglio sui quali si dà conto nel prosieguo della relazione, si è mostrato critico non tanto sulla legittimità delle singole norme – che anzi, è stata espressamente riconosciuta – quanto sulla congruità delle scelte effettuate con il regolamento in questione.

In sostanza, secondo il Consiglio di Stato, il testo offrirebbe una interpretazione riduttiva rispetto alla portata innovativa della riforma delineata nella legge quadro, in quanto confermerebbe l’impostazione tradizionale della qualificazione come somma di requisiti soggettivi (in sostanza riproducendo, seppure in modo semplificato sotto il profilo procedimentale, la filosofia dell’Albo), ed invece non darebbe adeguato risalto all’elemento della qualità.

Ulteriore spunto critico il Consiglio di Stato trae dalla considerazione che il regolamento restringerebbe "fino quasi ad annullarlo" lo spazio del bando – tipo, con conseguente inversione di quella tendenza che tenderebbe a responsabilizzare le singole stazioni appaltanti, quali soggetti diversi dallo Stato, nella scelta dei contraenti.

Rispetto a tali argomentazioni, che coinvolgono il merito complessivo della scelta di fondo attuata, il Ministero proponente non può fare a meno di osservare quanto segue a conferma della validità della soluzione proposta.

Per quanto attiene al rilievo conferito all’elemento qualità, non può convenirsi sulla censura circa la sua indebita attenuazione, dal momento che il regolamento conferisce il dovuto spazio alla qualità seppure senza farne oggetto di una (d’altronde inutile) specifica articolazione; deve tuttavia rilevarsi che se sussiste una qualche attenuazione dell’elemento qualità nella materia della qualificazione, questa non può certo addebitarsi alle scelte di Governo, ma discende sia dalla evoluzione legislativa (la legge 415/1998 ha infatti introdotto accanto alla vera e propria certificazione di qualità, la dichiarazione della presenza dei più ridotti "elementi significativi del sistema qualità") sia dalla progressiva formazione delle regole comunitarie, che non vedono più la qualità tra i fattori costitutivi della qualificazione. Sembrerebbe dunque che la maturazione del sistema vada verso una considerazione della qualità non più e non tanto come determinante elemento di qualificazione bensì come fattore aggiuntivo incentivante del soggetto impresa.

Per quanto invece attiene alla compressione dell’autonomia delle stazioni appaltanti nel processo di selezione delle imprese, non può ignorarsi che il principio della frantumazione della qualificazione in capo alle committenti – originariamente affermato dalle norme comunitarie in contrapposizione alle norme nazionali accentratrici – subisce innegabile ripensamento proprio in sede comunitaria, dove è oggetto di definizione una normativa sulla qualificazione basata su standard omogenei e su organismi imparziali diversi dalle imprese e dalle stesse stazioni appaltanti. Non può quindi dirsi che lo spirito della legge quadro avrebbe meglio giustificato la mera fissazione di criteri da applicarsi dalle stazioni appaltanti in sede di bando di gara, essendo anzi precisa l’indicazione legislativa nel senso di affidare l’attuazione della qualificazione ad appositi organismi.

TITOLO I - DISPOSIZIONI GENERALI

Il Titolo primo del regolamento contiene norme destinate a regolare l’ambito di applicazione della legge e a determinare categorie e classifiche. All’interno del titolo si segnalano per rilevanza le seguenti disposizioni.

L’articolo 1 prevede che le disposizioni in materia di qualificazione si applichino a chiunque esegua lavori pubblici affidati da tutti i soggetti elencati nell’articolo 2 della legge 109/1994 e dalle Regioni anche a statuto speciale.

La norma è importante per una serie di considerazioni. Da un lato infatti il riferimento espresso alla esecuzione dei lavori vuole confermare che - conformemente a quanto costantemente ritenuto dalla giurisprudenza - la qualificazione costituisce non un semplice requisito di partecipazione alle gare ma un vero e proprio requisito soggettivo legittimante ad essere parte del rapporto di appalto di opera pubblica durante tutta la durata di esso, e quindi anche nella sua fase contrattuale. Dall’altro lato, l’onnicomprensività della disposizione sotto il profilo delle stazioni appaltanti traduce il dettato legislativo che espressamente afferma l’unicità del sistema di qualificazione, con conseguente inammissibilità di sistemi di qualificazione particolari presso singole stazioni appaltanti o presso enti territoriali; peraltro, la menzione delle regioni tra i destinatari della normativa regolamentare discende anche dalla considerazione che l’articolo 93, comma 1, del decreto legislativo 112/1998 attribuisce la materia della qualificazione delle imprese alla competenza dello Stato.

In proposito tuttavia il Dipartimento per gli Affari Regionali ha rappresentato nelle riunioni di coordinamento le proprie perplessità, dal momento che sotto il profilo strettamente letterale non potrebbe escludersi un’interpretazione che conduca a soluzione opposta: l’articolo 8 della legge quadro infatti, nel prevedere l’istituzione di un sistema unico di qualificazione per tutti gli esecutori di lavori pubblici di cui all’articolo 2 della stessa legge, richiama una definizione di lavori pubblici - quella per l’appunto offerta dall’articolo 2 - in cui non sarebbero comprese le opere pubbliche affidate dalle regioni, notoriamente non menzionate dal secondo comma del medesimo articolo e per tale motivo ritenute non destinatarie, se non per i principi generali, della legge statale. Secondo il Dipartimento, insomma, non potrebbe escludersi la tesi per cui le Regioni sarebbero interessate solo dal primo comma dell’articolo 8 della legge quadro (unica disposizione contenente norme di principio), e sarebbero dunque legittimate ad istituire o mantenere propri sistemi di qualificazione, anche in considerazione del fatto che il comma 8 dell’articolo 8 della legge quadro vieta gli albi speciali o di fiducia solo se predisposti dai soggetti destinatari della legge "Merloni" (in tal senso Corte Cost. sentenza 482/1995).

Secondo la Presidenza del Consiglio dei Ministri invece la disposizione della bozza di regolamento sarebbe in linea con l’ordinamento sotto il profilo della ripartizione di competenze tra Stato e regioni, in quanto da un lato il sistema di qualificazione degli appaltatori attiene più alla disciplina del mercato che a quella della vera e propria esecuzione di lavori pubblici, e come tale non può indiscutibilmente soffrire particolarismi normativi e specialità territoriali, come riconosciuto dalla medesima Corte Costituzionale nella menzionata sentenza, dall’altro lato la regolamentazione del sistema di qualificazione è funzione mantenuta allo Stato dall’articolo 93, comma 1, lettera f) del decreto legislativo 112/1998.

Questo Ministero, naturalmente, ritiene corretta la norma proposta non solo perché l’inammissibilità di un sistema di qualificazione pluralistico urta contro l’espressa previsione di unicità contenuta nella legge 109/1994 (del resto, come è noto, il carattere meramente recessivo degli albi regionali rispetto all’Albo Nazionale Costruttori era già stato affermato dalla giurisprudenza, v. TAR Sardegna 30 settembre 1984 n. 1755), ma anche perché esso porterebbe a conseguenze evidentemente incongrue, ove si osservi che un’impresa operante sul territorio nazionale che intendesse assumere appalti regionali dovrebbe conseguire tante qualificazioni quante sono le regioni, più naturalmente la qualificazione nazionale. D’altra parte la tutela degli interessi regionali pur in presenza di un sistema statuale di qualificazione sembra dalla legge essere stata tenuta in considerazione con la previsione della componente regionale nella commissione consultiva di cui all’articolo 8, comma 4, lettera a) della legge quadro.

Attesa la delicatezza della problematica, appare significativo che il parere del Consiglio di Stato, espressamente investito della questione, abbia confermato la bontà della soluzione prescelta nello schema di regolamento approvato in via preliminare.

Ancora importante è la previsione del terzo e quarto comma, per cui l’attestazione di qualificazione costituisce condizione necessaria e sufficiente per la dimostrazione dell’esistenza dei requisiti abilitanti in capo all’impresa; si è voluto ripristinare quel principio di effettività che all’inizio aveva contraddistinto il certificato di iscrizione all’Albo Nazionale e che si era perso nel tempo con l’attenuarsi dell’attendibilità del relativo documento, ed in base al quale si consegue il massimo risultato in tema di semplificazione consentendo all’impresa di partecipare alle gare per l’affidamento di lavori pubblici senza dover nulla dimostrare di sé all’infuori della necessità di esibire l’attestazione della qualificazione.

In proposito, il Consiglio di Stato ha rilevato che tale scelta potrebbe comportare il rischio di riprodurre quello stesso inconveniente che già in passato è stato fonte della crisi del sistema in termini di perdita di effettività, cioè il "congelamento" ad un dato momento dell’accertamento delle buone condizioni dell’impresa. Ad avviso del Ministero proponente questo inconveniente – che come ricorda lo stesso Consiglio di Stato era legato non tanto alla periodicità della qualificazione, ma a quella mancanza di qualsiasi verifica periodica che caratterizzava il vecchio sistema – non sussiste nel caso di specie: infatti, la cadenza triennale della qualificazione assicurata dalla legge è sufficiente a garantire l’effettività di quei requisiti (economico finanziari e tecnico organizzativi) suscettibili di variazione solo nel corso del tempo, mentre per i requisiti generali – i soli capaci di variare nel breve o nel brevissimo periodo – continua a valere la regola generale della loro verifica quali condizioni di ammissione alle gare, secondo le norme del regolamento di attuazione.

L’impostazione originaria è stata dunque mantenuta. La sola eccezione, risultante dalle osservazioni del Consiglio di Stato e delle Commissioni Parlamentari, riguarda i lavori di importo superiore ai quaranta miliardi, per i quali l’evidente inadeguatezza dei requisiti fissati in via convenzionale per l’appartenenza all’ottava classifica ha indotto a prevedere la dimostrazione di requisiti di intensità maggiore, rapportati all’importo del lavoro da eseguire.

L’articolo 3 disciplina le categorie di lavori e le classifiche di importo, intorno alle quali si articola il sistema di qualificazione ai sensi dell’articolo 8, comma 2, ultima parte, della legge quadro. Quanto alle categorie, si fa rimando all’allegato che - come s’è detto - riproduce quasi integralmente il D.M. 304/1998, prevedendo tredici categorie di opere generali e trentaquattro di opere specializzate; sia il decreto ministeriale che il regolamento (con qualche assestamento fra loro) attuano una consistente riduzione rispetto all’enorme numero di categorie e sottocategorie che sotto la vigenza della precedente normativa - il D.M. 770/1982 - avevano rappresentato altrettante zone riservate di mercato, e che lo stesso Parlamento all’epoca dell’esame dello schema di D.P.R. di semplificazione dell’Albo Nazionale Costruttori aveva richiesto di ridurre ed accorpare in funzione di un maggiore sviluppo della concorrenza.

Quanto alle classifiche di importo, esse pure risultano inferiori a quelle attualmente previste dalla legge 57/1962 (otto contro dieci), con un sensibile allargamento della concorrenza. E’ molto più esteso rispetto alla attuale previsione l’importo convenzionale della classifica illimitata, ora corrispondente alla più qualificante e realistica somma di quaranta miliardi di lire.

Come s’è già detto, per gli appalti di valore superiore a questo importo è stato introdotto un requisito aggiuntivo, modellato sull’entità del singolo e specifico lavoro da eseguire, per rendere la qualificazione più rispondente ed adeguata all’oggetto dell’appalto.

Accogliendo poi specifica indicazione delle Commissioni Parlamentari è stato introdotto il comma ottavo per consentire alle imprese non in possesso della qualificazione per la prestazione integrata di progettazione e realizzazione lavori di partecipare comunque alle relative gare purché in raggruppamento con i soggetti abilitati per legge alla progettazione stessa.

L’articolo 4 nel rispetto della previsione legislativa della legge quadro, e con le precisazioni dedotte nella parte generale della presente relazione in ordine al rilievo attribuito dal testo all’elemento qualità, disciplina la gradualità con la quale nell’arco di un quinquennio la certificazione di qualità e la presenza degli elementi del sistema qualità dapprima possono e poi devono essere richiesti alle imprese, anche in relazione all’importo dei lavori da eseguire: come si desume dalla tabella richiamata, per il primo biennio né l’una né l’altra sono obbligatori, mentre a partire dal terzo anno con gradualità crescente in funzione della rilevanza degli appalti è modulata l’esigenza di ottenere l’una e l’altra

e) TITOLO II - AUTORIZZAZIONE DEGLI ORGANISMI DI ATTESTAZIONE

Il Titolo secondo contiene la disciplina degli organismi di attestazione (denominate SOA, Società Organismi di Attestazione), della loro configurazione giuridica, del procedimento di autorizzazione, e dei poteri dei soggetti che in tale fase concorrono.

Gli articoli 5 e 6 trattano della composizione della Commissione consultiva che a norma di legge deve esprimere parere all’Autorità in merito all’autorizzazione delle SOA a svolgere attività di qualificazione. La Commissione è stata qui concepita come un organismo che raccoglie le competenze e le professionalità dei vari protagonisti della materia dei lavori pubblici - pubbliche amministrazioni, imprese, autonomie locali, categorie dei lavoratori - attuando quell’esigenza di rappresentatività che (seppure con diversi poteri e con diversa impostazione) già aveva connotato i Comitati dell’Albo Nazionale Costruttori. Le norme in questione disciplinano pure la durata dell’incarico di componente della Commissione e le principali regole di funzionamento dell’organo consultivo. Il Consiglio di Stato ha rilevato che mancherebbe nelle norme in questione la previsione delle competenze dell’organo consultivo, ma in realtà tale previsione oltre a figurare implicitamente nella stessa legge quadro (art. 8, comma 3) risulta anche dall’articolo 2, lettera m) del regolamento.

Gli articoli 7 e 8 appartengono al novero delle norme più importanti dell’intero regolamento, dato il ruolo assolutamente protagonista delle SOA nell’ambito del nuovo sistema di qualificazione e la delicatezza dei compiti anche di interesse pubblico che esse sono chiamate a svolgere. La scelta normativa è nel senso che le SOA debbano rivestire la forma giuridica della società per azioni, la cui solidità economica è garantita mediante un capitale di certa entità interamente versato. Irrinunciabile garanzia di correttezza del loro operato è dalla legge fatta derivare dalla indipendenza, requisito che il regolamento ha inteso assicurare più che con improbabili definizioni del contenuto del requisito, attraverso un penetrante sistema di controlli.

Il Consiglio di Stato ha criticato questa impostazione sotto molteplici profili, rilevando l’inidoneità dello strumento societario prescelto, la apparente contraddittorietà tra l’affermata indipendenza delle SOA e la previsione della possibilità di collegamenti e controlli societari, la incongruenza del richiamo al campo di interesse e alla sua invariabilità.

La forma giuridica prescelta per le SOA è stata criticata anche dalla Conferenza Unificata, che – come del resto lo stesso Consiglio di Stato – ha espresso preferenza per l’adozione dello schema dell’organismo senza fine di lucro, sulla base della considerazione che una società per azioni con oggetto sociale esclusivo potrebbe "subire un oggettivo condizionamento dal mercato" nello svolgimento dell’attività propria. Le critiche alla soluzione adottata dal regolamento e la propensione per la figura dell’ente "no profit" risentono indubbiamente degli echi comunitari, dal momento che in alcune bozze di normativa europea era stato previsto che l’organismo di qualificazione avrebbe dovuto essere un’organizzazione senza fine di lucro. Potrebbe dunque essere decisiva la considerazione che nella più recente bozza europea tale opzione di tipo soggettivo non figura più. Non vi sono ragioni adeguate per discostarsi dalla scelta iniziale, suggerita dal fatto che lo schema strutturale ed organizzativo della società per azioni è parso il più idoneo a garantire un modello già diffusamente ed articolatamente munito di disciplina propria a livello civilistico, per di più dotato di caratteri di solidità e di personificazione patrimoniale ritenuti più rispondenti agli scopi perseguiti. D’altra parte, se è vero che la società per azioni (come del resto tutti i soggetti commerciali) è astrattamente condizionata dal mercato, trattasi di condizionamento che obbedisce a regole di incentivazione note e come tale può essere controllato e reso virtuoso. Non potrebbe invece dirsi altrettanto del condizionamento che per altri versi potrebbe subire l’ente "no profit" proprio per il suo non poter avere un lucro.

Tenendo comunque conto delle spirito delle osservazioni, la formulazione originaria della norma è stata opportunamente modificata eliminando la originaria previsione della invariabilità della sfera di interesse, ma conservando l’affermazione dell’esigenza del rispetto in capo alla SOA del principio dell’indipendenza, riferita non più a contenuti generici o ad astratti modelli organizzativi, ma all’attività di giudizio vera e propria, a prescindere da quella che ne è l’effettiva composizione societaria. Peraltro, già in sede di approvazione della legge 415/1998 la Commissione Affari Costituzionali della Camera ebbe ad affermare che il requisito dell’indipendenza nel caso di specie avrebbe dovuto essere inteso in senso funzionale e non strutturale, con la conseguenza che il requisito dell’indipendenza non si riflette necessariamente in considerazioni di carattere organizzativo; ne deriva, in altri termini, che l’indipendenza della SOA non è contraddetta dalla astratta previsione di controlli o collegamenti societari, che altro non sono che modalità di partecipazione nel capitale azionario della società, ma che invece essa deve essere assicurata dal controllo che determinate partecipazioni – semplici o mediate – non si traducano concretamente in compressione della imparzialità della funzione.

Trattasi di disposizioni inevitabilmente generali, non per volontà di non precisare concetti e regole, ma perché l’indipendenza è situazione non suscettibile di essere definita con esattezza secondo termini e contenuti predeterminati, che va accertata "caso per caso" (l’espressione è stata eliminata dal testo su richiesta delle Commissioni, ma è evidente che non può che essere così) a seconda delle fattispecie che possono in concreto verificarsi, evitando specificazioni di dettaglio che altro effetto non avrebbero che limitare l’interprete nell’applicazione delle regole. L’esistenza ed il permanere in capo alle SOA del requisito dell’indipendenza sono assicurati dal controllo che sulle stesse esercita l’Autorità e dall’effettività dei relativi poteri e sanzioni.

Non si è invece ritenuto di accogliere la richiesta formulata dalla Commissione VIII Camera circa l’attribuzione alla Autorità del potere di incidere in modo diretto sulla nomina dei revisori della SOA, in quanto la relativa previsione si sarebbe tradotta in un’ingerenza invasiva dell’organizzazione sociale, nemmeno giustificata da esigenze di vigilanza, altrimenti esercitabili con strumenti adeguatamente congrui.

A prescindere dall’indipendenza, il comma nove dell’articolo 7 fissa infine i requisiti generali (assenza di fallimento, di misure di prevenzione, di condanne penali, di colpa professionale, ecc.) che le SOA devono possedere per svolgere la propria attività, sulla base di uno schema generale che in materia di lavori pubblici vi è la tendenza ad applicare a tutti i soggetti.

Altro punto critico della disciplina della SOA è quello della ammissibilità o meno di una partecipazione delle imprese al relativo capitale. La primitiva versione dell’articolo 8 aveva ritenuto di risolvere la questione esigendo la neutralità di composizione e di organizzazione rispetto ad imprese e a stazioni appaltanti (fatto questo assolutamente innovativo nel sistema, che aveva visto sin qui la partecipazione delle une e delle altre, con effetti di rappresentatività ma non sempre di indipendenza). La scelta aveva dato luogo ad immediato ed acceso dibattito nel mondo degli operatori, dove si è invocata l’uniformità con i principi di pari rappresentanza tra le parti interessate alla qualificazione, indicati dalle bozze di normativa comunitaria in corso di elaborazione; in particolare la Commissione VIII Senato, con indicazione non ripresa dalla corrispondente Commissione Camera, ha rimesso al Governo di valutare l’opportunità di consentire alle associazioni di categoria una partecipazione limitata al capitale delle SOA.

Nella versione definitiva, il regolamento accoglie l’indicazione parlamentare e – pur ribadendo il divieto di partecipazione azionaria in capo alle imprese ed alle stazioni appaltanti in quanto tali – consente che le rispettive associazioni possiedano azioni di una SOA nel limite massimo del dieci per cento ciascuna. Naturalmente, in ossequio al principio comunitario di pari rappresentanza che ispira la riconosciuta facoltà, la partecipazione di una o più associazioni dell’una parte è consentita solo a condizione di reciprocità, ossia che vi sia contemporanea ed eguale partecipazione di una o più associazioni dell’altra parte.

L’articolo 9 disciplina i requisiti tecnico organizzativi che devono possedere le SOA, con un’impostazione tesa ad esaltare la presenza di idonee competenze tecniche all’interno della struttura dell’organismo di qualificazione, adeguate all’importanza della funzione.

L’articolo 10, opportunamente riformulato nell’ultima sua parte a seguito dei pareri raccolti, contiene le norme in materia di concessione e di revoca dell’autorizzazione da parte dell’Autorità, e costituisce ulteriore esplicazione dei penetranti poteri di sorveglianza attribuiti all’Organo pubblico in materia, anche alla luce di quanto stabilito dai successivi articoli 11, 12 e 14: è prevista una rigida cadenza procedimentale sia per il rilascio dell’autorizzazione che per la revoca (per la quale, data la sua natura di contrarius actus , è pure previsto il parere della Commissione Consultiva), ed è pure previsto che l’effettività dell’esercizio del potere di sorveglianza si esplichi anche su impulso di terzi interessati. L’ultimo comma assicura continuità ai rapporti contrattuali intrattenuti con la SOA che, anche per effetto di intervenuta revoca, cessi dalla propria attività, disponendosi il trasferimento di detti rapporti ad altre SOA scelte dalle imprese contraenti.

L’articolo 12 nella sua primitiva versione conteneva l’affermazione secondo cui la SOA nello svolgimento della propria attività esercita una pubblica funzione, previsione normativa ritenuta indispensabile per ulteriormente rafforzare i contenuti dell’attività di qualificazione e le relative responsabilità, nonché per l’elencazione dei doveri cui in linea di principio deve attenersi la SOA nello svolgimento dei suoi compiti, indicazione rilevante anche ai fini della sorveglianza di cui all’articolo 10. Detta previsione è stata eliminata a seguito delle osservazioni critiche formulate dal Consiglio di Stato, osservazioni che (seppure generano qualche perplessità essendo da molto tempo noto il fenomeno delle funzioni "oggettivamente pubbliche" ancorché "soggettivamente private") inducono ad una formulazione più cauta in materia tanto delicata, e alla rinuncia ad un presidio certamente utile e funzionale, ma non indispensabile.

Inoltre, in adempimento a quanto previsto dalla legge quadro, mediante il richiamo ad apposita tabella allegata al regolamento vengono fissate le tariffe cui commisurare il corrispettivo dovuto dalle imprese per l’ottenimento della qualificazione. Il Consiglio di Stato ha criticato l’impostazione delle tariffe stesse in termini di minimi inderogabili, alla luce dei recenti orientamenti comunitari in materia; deve tuttavia rilevarsi, a prescindere dall’inquadrabilità o meno dell’attività di qualificazione tra i servizi comunitari propriamente detti, che la stessa direttiva 92/50/CEE all’articolo 36 fa espressamente salve le eventuali disposizioni nazionali riguardanti la remunerazione di particolari servizi. Inoltre, l’incompatibilità dei minimi tariffari inderogabili risponde nella logica comunitaria alla tutela della concorrenza nei riguardi del committente pubblico, mentre qui lo spirito della normativa è che la concorrenza tra le SOA non debba avvenire sul piano del corrispettivo della prestazione, come corsa allo "sconto", ma sul piano della sua qualità.

In accoglimento dei pareri della Conferenza Unificata e di entrambe le Commissioni Parlamentari, i criteri di determinazione delle tariffe sono stati modificati in modo da pervenire a risultati meno onerosi.

TITOLO III - REQUISITI PER LA QUALIFICAZIONE.

Il Titolo terzo rappresenta il corpo centrale della normativa sulla qualificazione, dettando le regole cui devono attenersi gli esecutori di lavori pubblici per ottenere e mantenere la qualificazione. Come s’è detto in precedenza, gran parte delle disposizioni qui contenute riprendono l’impostazione e i contenuti di massima dello schema di D.P.R. di semplificazione dell’Albo Nazionale Costruttori, per non vanificare un lavoro comunque proficuo compiuto al termine di un intenso confronto con le categorie interessate e sul quale si era ottenuto il parere favorevole del Consiglio di Stato ed un consenso (ancorché molto critico) delle Commissioni Parlamentari.

L’articolo 15 prevede che la prestazione volta alla qualificazione dell’impresa sia svolta dalla SOA sulla base di titolo contrattuale, che tale prestazione sia espletata attraverso accertamenti e controlli penetranti (si è voluto che la "privatizzazione" della qualificazione imponesse il superamento dei meccanismi di autodichiarazione, tipici del rapporto con la Pubblica Amministrazione o con i concessionari di pubblico servizio, in funzione di un controllo immediato ed effettivo), che l’Autorità venga informata dell’eventuale diniego di qualificazione onde evitare che la medesima impresa possa ottenere da altri la qualificazione negata da una determinata SOA con compromissione della serietà del sistema, che la durata della qualificazione sia pari a tre anni.

L’articolo 16 consente l’intervento dell’Autorità nel caso di qualificazione contestata dall’impresa, con la conseguenza dell’accesso alla tutela giurisdizionale avverso il relativo provvedimento.

Il Consiglio di Stato ha criticato la norma, che sotto il profilo letterale e sostanziale avrebbe introdotto una sorta di reclamo amministrativo in una materia ispirata a regole contrattuali. Per evitare possibili equivoci, la disposizione è stata riformulata eliminando ogni accenno all’istituto amministrativo del reclamo, ma è evidente che ciò che non si può e non si vuole eliminare è il potere di controllo dell’Autorità, che si estrinseca in atti di natura autoritativa, senza per ciò nulla togliere agli aspetti negoziali del rapporto (anche in termini di inadempimento) che riguarda l’impresa da qualificare e il soggetto qualificatore, e che vive parallelamente al ruolo dell’Autorità stessa.

L’articolo 17 fissa i requisiti di ordine generale che le imprese devono possedere per ottenere la qualificazione. Fatta eccezione per la cittadinanza e per l’iscrizione nel registro delle imprese, la norma si modella sulla analoga disposizione che nel regolamento generale ex art. 3 della legge quadro disciplina l’ammissione alle gare d’appalto (art. 75 dello schema deliberato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri); anche qui sono previste quali situazioni ostative la crisi che assoggetta l’impresa a procedura concorsuale, la sottoposizione a misure di prevenzione, la grave infrazione agli obblighi di contribuzione o alle norme poste a tutela della sicurezza e della prevenzione sui luoghi di lavoro, l’errore grave nell’esecuzione di lavori pubblici, la violazione degli obblighi fiscali, la condanna penale per effetto di sentenza definitiva. Anche in questo caso il regolamento ha ritenuto di prevedere l’espressa equiparazione alla sentenza di condanna della sentenza di applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p., con scelta che il Consiglio di Stato ha ribadito conforme a legittimità.

In questa come in quella occasione tuttavia lo stesso Consiglio di Stato ha osservato che potrebbe non trovare giustificazione l’inclusione dell’amministrazione controllata tra le situazioni ostative (là dell’ammissione alle gare, qui della qualificazione), atteso che tale procedura - pur evidenziando l’esistenza di una crisi dell’impresa - non preclude in assoluto l’esercizio dell’attività, anzi la consente sotto il controllo del giudice, e che l’eventuale esclusione delle imprese sottoposte ad amministrazione controllata frustrerebbe la finalità di recupero della procedura. In proposito osserva questo Ministero che già la giurisprudenza (TAR Lombardia 23 gennaio 1996 n. 87) ha ritenuto l’amministrazione controllata situazione equivalente a procedura concorsuale secondo la legislazione nazionale, ai fini e per gli effetti delle disposizioni comunitarie in tema di esclusione dalle gare (art. 18 decreto legislativo 406/1991, art. 24 direttiva 93/37), e che pertanto sul punto la disciplina della qualificazione non potrebbe essere difforme non avendo senso qualificare un’impresa che poi non potrebbe partecipare alle gare; inoltre, pare altrettanto vero che la procedura di amministrazione controllata, se mira al pieno reinserimento dell’impresa nel mondo produttivo, non è indice di quella solidità e di quella affidabilità economica che paiono irrinunciabile requisito per contrattare con la pubblica amministrazione.

Si è ritenuto pertanto anche qui (pure per evidenti ragioni di uniformità di disciplina) di non rinunciare ad una forma di tutela che già la giurisprudenza ha riconosciuto legittimamente invocabile.

L’articolo 18 fissa i requisiti di ordine speciale necessari ad ottenere la qualificazione. Sono tali l’adeguata capacità economica e finanziaria (dimostrata dalle referenze bancarie e dal fatturato realizzato nell’esecuzione di lavori pubblici in proporzione della classifica di qualificazione richiesta), l’adeguata idoneità tecnica e organizzativa (dimostrata nella presenza di adeguata direzione tecnica secondo quanto previsto dal regolamento stesso - art. 26 - e dalla esecuzione di lavori uguali, variamente valutati per importo, a quelli per cui si chiede la qualificazione), l’adeguata attrezzatura tecnica (dimostrata dalla dotazione stabile di attrezzature di consistenza ed entità determinate secondo le previsioni del regolamento), l’adeguato organico (dimostrato dal costo sostenuto per il personale dipendente). La norma è fondamentale nell’ambito del sistema di qualificazione, in quanto contiene le regole sostanziali cui l’impresa deve sottostare per comprovare la propria idoneità complessiva; essa si pone come un rilevante passo in avanti nella strada dell’effettività della qualificazione dell’appaltatore, da un lato esigendo requisiti nuovi rispetto al passato - l’attrezzatura tecnica e l’organico - dall’altra dettando regole stringenti per la loro dimostrazione, imponendo alle imprese di colmare quel vuoto strutturale ed organizzativo che ha impedito sin qui un adeguato sviluppo del sistema.

L’articolo 19 prevede, quale novità concepita in esito al confronto con il mondo degli operatori, un meccanismo premiante in favore delle imprese che compiono un deciso sforzo nel senso di incrementare quegli indici di qualità aziendale in termini di solidità economico – finanziaria, che più dimostrano la salute dell’impresa al di là del mero fatturato e che di conseguenza più ne garantiscono la serietà; il meccanismo in questione attribuisce un incremento convenzionale dei valori di determinati requisiti (fatturato, lavori analoghi, lavori "di punta") se viene dimostrato dall’impresa il possesso di indici di capitale netto in misura ampiamente superiore ai minimi richiesti.

L’articolo 20 si occupa della qualificazione dei consorzi stabili, figura significativa introdotta dalla recente legislazione come forma societaria di incentivazione per le imprese operanti nel settore a porre in comune risorse e requisiti per dar vita a soggetti qualitativamente e quantitativamente più rilevanti, in una politica di crescita di tutto il settore. La norma prevede che il consorzio stabile consegua la qualificazione sommando le qualificazioni delle imprese consorziate; in ciò vi è stata modifica rispetto alle versione originaria della disposizione che si limitava ad introdurre un mero incentivo di tipo premiante, ma non traduceva in sommatoria aritmetica le qualificazioni possedute dalle singole imprese; tale innovazione si è resa indispensabile per adeguare il regolamento sulla qualificazione al regolamento generale già approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri, che all’articolo 97 (comunque applicabile nell’ipotesi di requisiti di qualificazione aggiuntivi) ha previsto in capo al consorzio la sommatoria dei requisiti economico finanziari e tecnico organizzativi posseduti dalle consorziate e necessari ai fini della partecipazione alle gare.

Gli articoli 21, 22, 23, 24, 25 dettano i criteri specifici per la valutazione dei lavori eseguiti, anche all’estero o anche in rapporto di subappalto. In particolare, l’articolo 22 prevede che il periodo da prendere in considerazione per la dimostrazione del possesso dei requisiti richiesti coincida con gli ultimi cinque anni, con previsione del tutto conforme anche agli attuali principi comunitari in materia di qualificazione; solo per i lavori rientranti in determinate categorie nelle quali è nozione di comune esperienza non esservi stati di recente appalti di rilievo tale da essere presi in considerazione (OG5: Dighe; OG9: Impianti di produzione di energia elettrica; OG10: Impianti di trasformazione e distribuzione energia elettrica), in via del tutto transitoria e limitatamente al primo biennio di applicazione del regolamento, è consentito fare riferimento all’ultimo decennio. Ai sensi del medesimo articolo 22 possono essere addotti a dimostrazione dei requisiti di qualificazione solo i lavori eseguiti regolarmente e con buon esito secondo le attestazioni rilasciate dalle stazioni appaltanti.

L’articolo 27 prevede l’attivazione di un casellario informatico presso l’Osservatorio dei lavori pubblici al fine di raccogliere tutti i dati rilevanti in merito alle imprese qualificate e alle loro vicende, e di costituire una banca dati esauriente ed accessibile a tutti per l’acquisizione in tempo reale di tutte le informazioni necessarie ad accertare eventuali cause di esclusione dalle gare. Significativamente, una forma analoga di banca dati era già stata prevista nella legge 57/1962 ma non era mai stata attivata.

Con particolare riferimento alla problematica dell’Osservatorio, la Conferenza Unificata aveva richiesto l’esplicitazione a livello normativo della articolazione dell’Osservatorio in sezione centrale ed in sezioni locali; a prescindere dalla scarsa utilità della precisazione richiesta – essendo ovvio che il richiamo all’organo è da intendersi riferito alla sua articolazione organizzativa come prevista per legge –la condizione non è stata accolta nella considerazione che l’esigenza appare superata dal recente intervento del protocollo che ai sensi dell’articolo 4, comma 14, della legge quadro definisce tra l’Autorità di Vigilanza e la stessa Conferenza permanente fra Stato e regioni le modalità di articolazione regionale dell’Osservatorio.

L’articolo 28 detta disposizioni per assicurare la presenza di un minimo di requisiti di ordine tecnico organizzativo nelle imprese che eseguono lavori pubblici di importo inferiore a 150.000 Euro. Come è noto, il nuovo sistema di qualificazione è obbligatorio solo per gli appalti di valore superiore a tale soglia, e questa limitazione già di per sé è idonea ad ottenere un sensibile sfoltimento del numero delle imprese oggi qualificate, con evidenti conseguenze di semplificazione e di snellezza operativa; tuttavia il legislatore, evidentemente preoccupato del fatto che in un’area estremamente significativa (i lavori di importo inferiore al miliardo rappresentano infatti una percentuale rilevante di tutti i lavori appaltati) l’affidamento delle commesse pubbliche sarebbe stato del tutto sottratto ad ogni regola di qualificazione, ha con la legge 415/1998 introdotto un correttivo volto a fissare un regime qualificatorio di tono minore. Il regolamento ha tradotto il precetto legislativo limitandosi a prevedere che la stazione appaltante accerti il possesso in capo all’impresa di alcuni requisiti di idoneità tecnica e strutturale - in termini di lavori eseguiti, di personale e di attrezzatura tecnica - con esclusione quindi di ogni requisito finanziario.

TITOLO IV - NORME TRANSITORIE

L’entrata in vigore a regime del nuovo sistema di qualificazione non trova certamente pronte le imprese, ancora legate alle vigenti regole di qualificazione, non trova ancora disponibile un mercato di soggetti qualificatori strutturato ed attrezzato in modo da sorreggere l’impatto della necessaria qualificazione di tutti gli operatori del settore, non trova pronte le stazioni appaltanti.

Il costo di un brusco ed effettivo passaggio a regole oggettivamente e soggettivamente nuove deve essere fronteggiato in termini di sostenibilità, per non compromettere la riuscita dell’innovazione introdotta dalla legge; ecco perché - richiesto ed auspicato da tutti - un congruo periodo transitorio è assolutamente indispensabile per favorire la piena operatività del nuovo sistema.

La scelta compiuta dal regolamento è di prevedere un periodo biennale (tale potendosi presumere il tempo necessario per il funzionamento a regime della nuova qualificazione) nel quale la partecipazione alle gare possa essere consentita tanto alle imprese che conseguono la qualificazione dalle SOA secondo le nuove regole, quanto alle imprese che in attesa di essere qualificate devono poter essere ammesse ai lavori; in queste ultime il possesso dei requisiti non può che essere accertato dalle stazioni appaltanti, secondo parametri comparati da indicare nel bando di gara.

Tale scelta è attuata dagli articoli 31 e 32 che prevedono due fasce di importo (sopra e sotto i cinque miliardi) all’interno delle quali i requisiti da richiedere alle imprese sono variamente articolati, ma sono da accertare secondo le nuove regole. Inoltre, per consentire una indispensabile gradualità nell’approccio alle nuove regole, più stringenti e più qualificanti rispetto alle attuali, è previsto che nel primo anno di funzionamento del nuovo sistema le imprese possano beneficiare di un coefficiente riduttivo per quanto concerne il fatturato e i lavori realizzati, e che tale coefficiente decresca nel secondo anno per avvicinare i requisiti stessi ai valori richiesti a regime.

L’articolo 33 contiene disposizioni finali di varia natura.

Il primo comma si occupa dell’Ispettorato Generale per l’ANC e per i Contratti del Ministero dei lavori pubblici in ossequio alla norma dell’articolo 8, comma 6, della legge 109/1994 che mantiene l’ufficio anche dopo la soppressione del vecchio sistema di qualificazione, demandando al regolamento la ricognizione delle funzioni ad esso conservate.

Il secondo comma detta disposizioni atte a chiarire che la scadenza del termine di legge travolge tutte le attività che appartenevano alla qualificazione secondo la vecchia disciplina, e cioè tanto quelle deliberative dei Comitati per l’Albo, quanto quelle di conclusione del procedimento mediante attuazione delle delibere stesse, attività queste ultime che - in quanto dirette alla effettiva iscrizione all’Albo – secondo la costante interpretazione giurisprudenziale erano costitutive, e non meramente dichiarative, della qualificazione.

Infine, l’articolo 34, è stato introdotto solo in sede di ultima stesura in considerazione della assoluta necessità di far entrare in vigore immediatamente la nuova disciplina regolamentare, alla luce della recente emanazione del decreto legge 502/1999, ispirato ad esigenze transitorie, che probabilmente non sarà convertito in legge

In proposito si è ritenuto di applicare le norme ed i principi vigenti (art. 10 delle preleggi ed articolo 7 del D.P.R. 28 dicembre 1985 n. 1092) che consentono la deroga alla regola ordinaria della "vacatio legis" anche in ambito regolamentare, quando ciò sia espressamente disposto. La correttezza della interpretazione che ammette tale soluzione si è desunta non solo dal dato testuale delle norme in questione, ma soprattutto dal fatto - non infrequente – che numerose norme regolamentari di deroga alla "vacatio legis" hanno passato il vaglio del Consiglio di Stato e sono state pacificamente ammesse a controllo e registrazione sotto il profilo non tanto della astratta legittimità della relativa previsione (mai posta in discussione), quanto della congruità della motivazione che giustifica nel merito la scelta della immediata entrata in vigore (v. tra gli ultimi: Cons. Stato, sez. atti normativi, parere 20 dicembre 1999 n. 265 in materia di regolamento sui criteri di accatastamento dei fabbricati rurali).

D’altra parte, l’effetto della immediata entrata in vigore della presente normativa regolamentare pare debba discendere dalla interpretazione della stessa legge quadro, che ha previsto l’operatività del nuovo sistema di qualificazione in stretta contiguità temporale rispetto alla abrogazione del vecchio sistema, a far data dal 1° gennaio 2000, senza alcuna soluzione di continuità.

 

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