Ministero del Lavoro e della Previdenza
Sociale - Direzione Generale per l'Attività
ispettiva
Circolare del 28 settembre 2006 n. 29
Art. 36 bis D.L. n. 223/2006 (conv. con L. n.
248/2006).
Come noto, il D.L. n. 223/2006, convertito con
modificazioni dalla L. n. 248/2006 (in G.U. n.
186 dell'11 agosto 2006), ha introdotto all'art.
36 bis "Misure urgenti per il contrasto del
lavoro nero e per la promozione della sicurezza
nei luoghi di lavoro".
La normativa, al fine di assicurare una più
efficace azione di prevenzione oltre che di
repressione del lavoro sommerso nonché di
riduzione del fenomeno infortunistico dei luoghi
di lavoro, da un lato interviene a potenziare i
poteri e le prerogative del personale ispettivo
del Ministero del lavoro e della previdenza
sociale e, dall'altro, introduce nuovi
adempimenti volti a rendere più "trasparenti" le
modalità di assunzione e di impiego del
personale dipendente, riformulando, altresì, in
senso conforme alle indicazioni della Corte
Costituzionale, la c.d. maxisanzione per il
lavoro "nero" già prevista dall'art. 3, comma 3,
D.L. n. 12/2002 (conv. da L. n. 73/2002).
Si ritiene utile fornire alcuni chiarimenti
operativi sulle predette novità, al fine di una
corretta interpretazione delle previsioni
normative in fase di prima applicazione.
Provvedimento di sospensione dei lavori nel
cantiere
L'art. 36 bis del D.L. n. 223/2006 si
caratterizza, anzitutto, per aver concentrato
l'attenzione sulle ricadute che l'utilizzo di
manodopera irregolare può avere sulle
problematiche di sicurezza nei luoghi di lavoro.
Già in passato, infatti, si era avuto modo di
constatare che le imprese che ricorrono a
manodopera irregolare sono anche quelle che
presentano maggiori tassi infortunistici;
invero, prima d'oggi nessuna disposizione
normativa aveva espressamente e
direttamente collegato i due fenomeni, operando
la presunzione secondo cui il lavoro irregolare
determina automaticamente anche una condizione
di criticità sul fronte della sicurezza sul
lavoro.
Tale collegamento emerge in particolare dalla
previsione di cui al comma 1 del predetto
articolo il quale prevede che "(…) il personale
ispettivo del Ministero del lavoro e della
previdenza sociale, anche su segnalazione
dell'Istituto nazionale della previdenza sociale
(INPS) e dell'Istituto nazionale per
l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
(INAIL), può adottare il provvedimento di
sospensione dei lavori nell'ambito dei cantieri
edili qualora riscontri l'impiego di personale
non risultante dalle scritture o da altra
documentazione obbligatoria, in misura pari o
superiore al 20 per cento del totale dei
lavoratori regolarmente occupati nel cantiere
ovvero in caso di reiterate violazioni della
disciplina in materia di superamento dei tempi
di lavoro, di riposo giornaliero e settimanale,
di cui agli articoli 4, 7 e 9 del decreto
legislativo 8 aprile 2003, n. 66, e successive
modificazioni".
La ratio della disposizione, come accennato in
premessa, individua una "presunzione" da parte
dell'ordinamento circa la situazione di
pericolosità che si verifica in cantiere in
conseguenza del ricorso a manodopera "non
risultante dalle scritture o da altra
documentazione obbligatoria" giacché la stessa,
oltre a non essere regolare sotto il profilo
strettamente lavoristico, non ha verosimilmente
ricevuto alcuna "formazione ed informazione" sui
pericoli che caratterizzano l'attività svolta
nel settore edile.
In primo luogo va chiarito l'ambito di
applicazione della disposizione che – stante il
riferimento a "l'ambito dei cantieri edili" –
sembra coincidere con le imprese che svolgono le
attività descritte dall'allegato I del D.Lgs. n.
494/1996, nel quale sono ricomprese sia aziende
inquadrate o inquadrabili previdenzialmente come
imprese edili sia imprese non edili che operano
comunque nell'ambito delle realtà di cantiere.
Si tratta in particolare di imprese che
svolgono:
1) lavori di costruzione, manutenzione,
riparazione, demolizione, conservazione,
risanamento, ristrutturazione o
equipaggiamento, la trasformazione, il
rinnovamento o lo smantellamento di opere
fisse, permanenti o temporanee, in muratura,
in cemento armato, in metallo, in legno o in
altri materiali, comprese le linee
elettriche, le parti strutturali degli
impianti elettrici, le opere stradali,
ferroviarie, idrauliche, marittime,
idroelettriche e, solo per la parte che
comporta lavori edili o di ingegneria
civile, le opere di bonifica, di
sistemazione forestale e di sterro;
2) scavi, montaggio e smontaggio di elementi
prefabbricati utilizzati per i lavori edili
o di ingegneria civile.
Per quanto concerne l'"oggetto" del
provvedimento di sospensione dei lavori si
ritiene che lo stesso vada riferito ad ogni
singola azienda che, nell'ambito del cantiere,
presenti i presupposti di irregolarità
individuati dalla disposizione in esame e non
riguardi invece il cantiere considerato nella
sua interezza, tranne evidentemente le ipotesi
in cui nel cantiere operi una sola azienda. Tale
orientamento risponde alla logica di non
penalizzare, con un provvedimento che sospenda
la complessiva attività del cantiere, anche le
imprese che in detto ambito operano in
condizioni di regolarità e alle quali sarebbe
peraltro inibita la prosecuzione dei lavori
senza poter nemmeno incidere in alcun modo sulla
regolarizzazione delle violazioni riscontrate;
regolarizzazione che viene posta dal legislatore
quale condizione per la ripresa dei lavori
stessi.
Venendo invece alle condizioni individuate dalla
norma per l'adozione del provvedimento di
sospensione si ritiene opportuno chiarire quanto
segue.
Con riferimento al personale "non risultante
dalle scritture o da altra documentazione
obbligatoria" si precisa che lo stesso va
individuato nel personale totalmente sconosciuto
alla P.A. in quanto non iscritto nella
documentazione obbligatoria né oggetto di alcuna
comunicazione prescritta dalla normativa
lavoristica e previdenziale. Ne consegue che, da
tale formulazione, restano esclusi ad esempio
gli eventuali rapporti di collaborazione
coordinata e continuativa a progetto (o altre
forme di lavoro autonomo) che, seppur ritenuti
fittizi, risultano comunque iscritti sul libro
matricola, così come previsto dal D.Lgs. n.
38/2000. Viceversa, eventuali forme di
collaborazione occasionale ritenute non genuine,
in assenza di qualunque formalizzazione su libri
o documenti obbligatori, potranno, invece,
contribuire alla determinazione della
percentuale di personale irregolare.
Relativamente al calcolo della percentuale del
personale "in nero" va in secondo luogo chiarito
che detta percentuale va rapportata alla
totalità dei lavoratori della singola impresa
operanti nel cantiere al momento dell'accesso
ispettivo (e non già complessivamente in forza
all'azienda) risultanti dalle "scritture o da
altra documentazione obbligatoria" come sopra
chiarito. A titolo esemplificativo si consideri
l'ipotesi di un'impresa con 30 dipendenti in
forza che occupa in un cantiere, al momento
dell'accesso ispettivo, 10 lavoratori, di cui 3
non iscritti sul libro matricola. Detta impresa
potrà essere destinataria del provvedimento di
sospensione in quanto i 3 lavoratori irregolari
– rapportati ai 7 lavoratori regolarmente
occupati (i 3 lavoratori irregolari vanno dunque
esclusi dalla base di calcolo) – rappresentano
oltre il 40% della totalità della manodopera.
Ancora con riferimento ai presupposti di
adozione del provvedimento di sospensione, un
ulteriore chiarimento attiene alla ipotesi "di
reiterate violazioni della disciplina in materia
di superamento dei tempi di lavoro, di riposo
giornaliero e settimanale". In tal caso, in
particolare, il termine "reiterate" va
interpretato come ripetizione di una o più delle
diverse condotte illecite contemplate nella
norma in esame, riferita ad almeno un
lavoratore, in un determinato arco temporale
(l'art. 8 bis della L. n. 689/1981, ad esempio,
prende in considerazione gli ultimi 5 anni),
tale da non poter considerare la condotta stessa
meramente occasionale.
Altre osservazioni attengono al carattere
"discrezionale" del provvedimento cautelare in
esame. In proposito va ricordato che la ratio
della disposizione è quella di garantire
l'integrità psicofisica dei lavoratori operanti
nel settore edile e tale finalità deve
opportunamente guidare il personale ispettivo
nell'esercizio del potere discrezionale
riconosciuto dalla disposizione. Proprio sulla
base di tale premessa, quindi, considerata
l'oggettività e la determinatezza dei
presupposti normativi, si ritiene che il
provvedimento di sospensione dei lavori nel
cantiere debba essere "di norma adottato"
ogniqualvolta si riscontri la sussistenza di uno
o ambedue i presupposti sopra indicati, salvo
valutare circostanze particolari che
suggeriscano, sotto il profilo dell'opportunità,
di non adottare il provvedimento in questione.
In particolare, un utile criterio volto ad
orientare la valutazione dell'organo di
vigilanza va legato alla natura del rischio
dell'attività svolta dai lavoratori irregolari,
tenendo conto che il provvedimento può non
essere adottato:
1) quando il rischio per la salute e
sicurezza dei lavoratori risulta di lieve
entità in relazione alla specifica attività
svolta nel cantiere (es. tinteggiatura
interna, posa in opera di rivestimenti
ecc.);
2) quando l'interruzione dell'attività
svolta dall'impresa determini a sua volta
una situazione di pericolo per l'incolumità
dei lavoratori delle altre imprese che
operano nel cantiere (si pensi, ad esempio,
alla sospensione di uno scavo in presenza di
una falda d'acqua o a scavi aperti in strade
di grande traffico, a demolizioni il cui
stato di avanzamento abbia già pregiudicato
la stabilità della struttura residua e/o
adiacente o, ancora, alla necessità di
ultimare eventuali lavori di rimozione di
materiale nocivo quale l'amianto).
Tenendo conto di quanto sopra evidenziato e
rilevata la necessità che l'obbligo di
motivazione comporta sempre una adeguata
valutazione dei presupposti del provvedimento di
sospensione, si richiama l'attenzione del
personale ispettivo sull'esigenza di
specificare, oltre che nel provvedimento stesso,
anche nel verbale di accertamento, le specifiche
fasi di lavorazione effettuate dall'azienda al
momento della verifica ispettiva.
La necessaria valutazione di tali circostanze
comporta, quale conseguente corollario, che
nelle ipotesi in cui gli ispettori di vigilanza
degli istituti previdenziali e assicurativi
accertino la sussistenza dei presupposti che
legittimano l'adozione del provvedimento di
sospensione, gli stessi ne diano immediata
comunicazione, mediante trasmissione del verbale
anche in via telematica, alla Direzione
provinciale del lavoro, affinché quest'ultima
mediante proprio personale attivi le dovute
valutazioni ai fini dell'adozione del
provvedimento di sospensione dei lavori.
Si sottolinea, inoltre, che l'informativa ai
competenti uffici del Ministero delle
infrastrutture relativa all'adozione del
provvedimento di sospensione va fatta a cura
della Direzione provinciale del lavoro e non già
da parte del personale ispettivo che adotta il
provvedimento medesimo.
L'art. 36 bis, al comma 2, stabilisce inoltre
che "è condizione per la revoca del
provvedimento da parte del personale ispettivo
(…):
a) la regolarizzazione dei lavoratori non
risultanti dalle scritture o da altra
documentazione obbligatoria;
b) l'accertamento del ripristino delle
regolari condizioni di lavoro nelle ipotesi
di reiterate violazioni alla disciplina in
materia di superamento dei tempi di lavoro,
di riposo giornaliero e settimanale, di cui
al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66,
e successive modificazioni. È comunque fatta
salva l'applicazione delle sanzioni penali e
amministrative vigenti".
In proposito occorre chiarire che per la
regolarizzazione dei lavoratori "in nero", oltre
alla registrazione degli stessi sui libri
obbligatori, al pagamento delle sanzioni
amministrative e civili ed al versamento dei
relativi contributi previdenziali ed
assicurativi, è necessaria anche l'ottemperanza
agli obblighi più immediati di natura
prevenzionistica di cui al D.Lgs. n.
626/1994,con specifico riferimento almeno alla
sorveglianza sanitaria (visite mediche
preventive) e alla formazione ed informazione
sui pericoli legati all'attività svolta nel
cantiere nonché alla fornitura dei dispositivi
di protezione individuale.
A tal proposito, si coglie l'occasione per
ricordare al personale ispettivo che,
ogniqualvolta venga accertata la presenza di
manodopera "in nero" nelle attività edili,
configurandosi nella quasi totalità dei casi la
violazione degli obblighi, puniti penalmente,
legati alla sicurezza dei lavoratori (almeno in
riferimento all'omessa sorveglianza sanitaria e
alla mancata formazione ed informazione), il
predetto personale ispettivo dovrà adottare il
provvedimento di prescrizione obbligatoria
relativo a tali ipotesi contravvenzionali e
verificare, conseguentemente, l'ottemperanza
alla prescrizione impartita.
Per quanto invece concerne il "ripristino delle
regolari condizioni di lavoro" nelle ipotesi di
violazioni in materia di tempi di lavoro e di
riposi, detto ripristino non può che aversi con
il solo pagamento delle relative sanzioni
amministrative, stante l'impossibilità
sostanziale di unareintegrazione dell'ordine
giuridico violato, trattandosi di condotte di
natura commissiva, come peraltro già chiarito
con circolare n. 8/2005 di questo Ministero.
L'inosservanza del provvedimento di sospensione
dei lavori configura l'ipotesi di reato di cui
all'art. 650 c.p. il quale punisce "chiunque non
osserva un provvedimento legalmente dato
dall'Autorità per ragione di giustizia o di
sicurezza pubblica o d'ordine pubblico o
d'igiene" con l'arresto sino a tre mesi e
l'ammenda sino ad € 206. In tal caso, infatti,
si è in presenza di un provvedimento emanato per
ragioni di sicurezza e tutela della salute dei
lavoratori che, quale bene costituzionalmente
tutelato, rientra nell'ambito della nozione di
sicurezza pubblica (in tal senso Cass. sez. III
17 novembre 1960 e Cass. sez. III 14 febbraio
1995 n. 3375).
Ultime osservazioni attengono alla possibilità
di impugnare il provvedimento cautelare in sede
amministrativa. Al riguardo, pur in assenza di
una espressa previsione normativa in tal senso –
contrariamente a quanto avviene con riferimento
ad altri poteri ispettivi (ad es. diffida
accertativa ex art. 12 del D.Lgs. n. 124/2004,
impugnabile presso il Comitato regionale per i
rapporti di lavoro di cui all'art. 17 dello
stesso decreto) – sembra potersi ammettere un
ricorso di natura gerarchica alle Direzioni
regionali del lavoro territorialmente
competenti, secondo quanto stabilito in via
generale dal D.P.R. n. 1199 del 1971. Resta
comunque inalterata la possibilità, da parte
della Direzione provinciale del lavoro, di
revocare il provvedimento di sospensione dei
lavori in via di autotutela, ai sensi degli
artt. 21 quinquies e 21 nonies della L. n.
241/1990.
Si allega, in calce alla presente circolare, il
modello da utilizzare per l'adozione del
provvedimento di sospensione dei lavori, già
diramato con nota prot. n. 25/I/0002975 del 24
agosto 2006.
Lavoro nei cantieri: tessera di riconoscimento o
registro
Il comma 3 dell'art. 36 bis introduce l'obbligo
per i datori di lavoro, nell'ambito dei cantieri
edili, di munire il personale occupato, a
decorrere dal 1º ottobre 2006, di apposita
tessera di riconoscimento corredata di
fotografia, contenente le generalità del
lavoratore e l'indicazione del datore di lavoro.
Anche in tal caso il campo di applicazione della
previsione va individuato con riferimento a
tutte le imprese che svolgono le attività di cui
all'Allegato I del D.Lgs. 494/1996.
Tenuto conto delle finalità della disposizione
volta alla immediata identificazione e
riconoscibilità del personale operante in
cantiere, i lavoratori sono tenuti a portare
indosso in chiara evidenza detta tessera di
riconoscimento; medesimo obbligo fa capo ai
lavoratori autonomi che operano nel cantiere
stesso, i quali sono tenuti a provvedervi per
proprio conto (ad es. artigiani).
I dati contenuti nella tessera di riconoscimento
devono consentire l'inequivoco ed immediato
riconoscimento del lavoratore interessato e
pertanto, oltre alla fotografia, deve essere
riportato in modo leggibile almeno il nome, il
cognome e la data di nascita. La tessera inoltre
deve indicare il nome o la ragione sociale
dell'impresa datrice di lavoro.
La previsione normativa stabilisce ancora che,
in via alternativa, i soli datori di lavoro che
occupano meno di dieci dipendenti (cioè massimo
nove) possono assolvere all'obbligo di esporre
la tessera "mediante annotazione, su apposito
registro di cantiere vidimato dalla Direzione
provinciale del lavoro territorialmente
competente da tenersi sul luogo di lavoro, degli
estremi del personale giornalmente impiegato nei
lavori".
Con riferimento all'ambito applicativo della
previsione si precisa che il suddetto limite
numerico va riferito al personale stabilmente in
forza all'azienda, tenendo presente che per il
computo dello stesso "si tiene conto di tutti i
lavoratori impiegati a prescindere dalla
tipologia dei rapporti di lavoro instaurati, ivi
compresi quelli autonomi". Il riferimento ai
lavoratori autonomi, evidentemente, è da
interpretarsi nel senso di comprendere nel
calcolo i lavoratori non subordinati che
intrattengono comunque un rapporto continuativo
con l'impresa (ad es. collaboratori coordinati e
continuativi a progetto e associati in
partecipazione).
Dalla formulazione della norma, inoltre, si
evince che l'obbligo di tenere il registro in
argomento è riferito a ciascun cantiere,
cosicché l'impresa interessata è tenuta ad
istituire più registri qualora impegnata
contemporaneamente in lavori da effettuare in
luoghi diversi.
Viceversa, in caso di lavori da realizzarsi in
tempi diversi, sarà possibile utilizzare il
medesimo registro evidenziando tuttavia
separatamente il giorno ed il luogo cui le
annotazioni si riferiscono.
Tale registro non può mai essere rimosso dal
luogo di lavoro in quanto altrimenti si vanifica
la finalità per la quale lo stesso è stato
istituito; va altresì precisato che le
annotazioni sullo stesso vanno effettuate
necessariamente prima dell'inizio dell'attività
lavorativa giornaliera in quanto trattasi di un
registro "di presenza" in cantiere.
Per quanto concerne le modalità di vidimazione
del registro da parte delle Direzioni
provinciali del lavoro è possibile rinviare in
via analogica a quanto previsto dal T.U. n.
1124/1965 con riferimento ai libri di paga e
matricola.
Sotto il profilo sanzionatorio la mancata tenuta
sul luogo di lavoro del registro ovvero
l'irregolare tenuta dello stesso comporta in
capo al datore di lavoro la medesima sanzione
prevista con riferimento alle tessere di
riconoscimento (da €100 ad € 500 per ciascun
lavoratore), essendo il registro uno strumento
alternativo ed equipollente alle stesse.
Nei confronti di tali sanzioni si ricorda da
ultimo che non è ammessa la procedura di diffida
di cui all'articolo 13 del D.Lgs. n. 124/2004
per espressa previsione normativa.
Edilizia: comunicazione preventiva di
instaurazione del rapporto di lavoro
Il comma 6 dell'art. 36 bis ha previsto
l'immediata operatività della previsione di cui
all'art. 86, comma 10 bis, del D.Lgs. n.
276/2003 stabilendo che "nei casi di
instaurazione di rapporti di lavoro nel settore
edile, i datori di lavoro sono tenuti a dare la
comunicazione di cui all'articolo 9-bis, comma
2, del decreto-legge 1º ottobre 1996, n. 510,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28
novembre 1996, n. 608, e successive
modificazioni, il giorno antecedente a quello di
instaurazione dei relativi rapporti, mediante
documentazione avente data certa".
Come noto, tale previsione era precedentemente
subordinata all'emanazione del decreto
interministeriale, non ancora adottato, di cui
al comma 7 dell'art. 4 bis, del D.Lgs. n.
181/2000 cui viene demandata la definizione dei
moduli unificati per le comunicazioni
obbligatorie.
In proposito va specificato che le imprese
tenute a tale adempimento sono le imprese edili
in senso stretto, non potendo trovare
applicazione lo stesso criterio interpretativo
adottato con riferimento al comma 1 dell'art. 36
bis che, come già detto, fa riferimento alle
imprese rientranti nel campo di applicazione del
D.Lgs. n. 494/1996. Ciò significa, in sostanza,
che va tenuto presente l'inquadramento – ovvero
l'inquadrabilità – previdenziale delle imprese
in questione ai fini della applicazione della
norma.
Quanto alla modalità di comunicazione
dell'assunzione, che deve risultare da
documentazione "avente data certa", si deve
ritenere che tale circostanza sia desumibile,
oltre che dalla tradizionale raccomandata a/r,
anche da comunicazioni telematiche (fax ovvero
posta elettronica certificata). Occorre
precisare che, in caso di instaurazione di
rapporti di lavoro in un giorno immediatamente
successivo a una giornata festiva, l'adempimento
in questione potrà essere effettuato anche nella
stessa giornata festiva, stante il tenore
letterale della previsione normativa e
considerata la possibilità di avvalersi di
strumenti telematici (fax e posta elettronica
certificata).
Si ricorda, da ultimo, che la violazione
dell'obbligo di comunicazione preventiva di
instaurazione del rapporto di lavoro è punita
con la sanzione amministrativa di cui all'art.
19, comma 3, del D.Lgs. n. 276/2003, pari ad una
somma da € 100 ad € 500.
Maxisanzione per il lavoro "nero"
L'art. 36 bis, comma 7, modifica la c.d.
maxisanzione per il lavoro nero, introdotta nel
2002 dal D.L. n. 12/2002 (conv. da L. n.
73/2002). La legge di conversione del D.L. n.
223/2006 stabilisce che "ferma restando
l'applicazione delle sanzioni già previste dalla
normativa in vigore, l'impiego di lavoratori non
risultanti dalle scritture o da altra
documentazione obbligatoria, è altresì punito
con la sanzione amministrativa da € 1.500 a €
12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di €
150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo.
L'importo delle sanzioni civili connesse
all'omesso versamento dei contributi e premi
riferiti a ciascun lavoratore di cui al periodo
precedente non può essere inferiore a € 3.000,
indipendentemente dalla durata della prestazione
lavorativa accertata".
Senza modificare il comma 4 dell'art. 3 del D.L.
12/2002 – secondo il quale "alla constatazione
della violazione procedono gli organi preposti
ai controlli in materia fiscale, contributiva e
del lavoro" – l'art. 36 bis sostituisce invece
il comma 5 del predetto articolo, stabilendo che
alla contestazione della sanzione amministrativa
ai sensi dell'art. 14 della L. n. 689/1981
provvede il personale ispettivo della Direzione
provinciale del lavoro territorialmente
competente, Direzione che provvederà
successivamente ad emettere l'eventuale
ordinanza di ingiunzione o di archiviazione. È
infine stabilito che nei confronti della
sanzione non è ammessa la procedura di diffida
di cui all'art. 13 del D.Lgs. n. 124/2004.
In proposito va anzitutto sottolineato che la
sanzione si aggiunge ("ferma restando
l'applicazione delle sanzioni già previste dalla
normativa in vigore") ad ogni ulteriore
provvedimento di carattere sanzionatorio legato
all'utilizzo di manodopera irregolare (omessa
comunicazione di assunzione, omessa consegna
della relativa dichiarazione, omessa denuncia
all'INAIL del codice fiscale ecc.).
Va inoltre sottolineato che la fattispecie in
argomento si realizza attraverso "l'impiego" di
qualunque tipologia di lavoratore a qualunque
titolo e per qualsiasi ragione non risultante
dalle scritture o da altra documentazione
obbligatoria, restando invece fuori
dall'applicazione della sanzione tutte le forme
di prestazione lavorativa che occultano rapporti
di lavoro subordinato dietro altre tipologie
contrattuali (ad es. contratti di collaborazione
coordinata e continuativa a progetto) sempre che
risultino dalla documentazione aziendale o da
comunicazioni effettuate ad amministrazioni
pubbliche.
Per quanto concerne l'importo sanzionatorio, è
prevista una sanzione amministrativa da "€ 1.500
a € 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di
€ 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo"
e una sanzione di natura civile connessa
all'omesso versamento dei contributi e premi
riferiti a ciascun lavoratore non inferiore a €
3.000, "indipendentemente dalla durata della
prestazione lavorativa accertata".
Al riguardo si sottolinea che trattasi di una
sanzione proporzionale che prevede un importo
minimo e massimo (€ 1.500 - € 12.000) ed un
importo in misura fissa di € 150 per ciascuna
giornata di lavoro effettivo. Tale ultimo
importo (€ 150 giornaliere) costituisce una mera
maggiorazione della sanzione edittale e perciò
per esso non trova applicazione l'art. 16 della
L. n. 689/1981.
Per quanto attiene ai profili contributivi, la
sanzione civile prevista dalla norma trova
applicazione evidentemente con esclusivo
riferimento ai contributi evasi, trattandosi di
rapporti di lavoro totalmente in nero. La
quantificazione della stessa in misura comunque
non inferiore ad € 3.000 per ciascun lavoratore,
e distintamente riferita alla contribuzione
previdenziale e alla assicurazione INAIL,
costituisce una scelta del legislatore che
interviene a stabilire una soglia minima di tale
misura afflittiva nelle ipotesi in cui la
quantificazione della stessa risulti inferiore a
tale importo. Va peraltro precisato che la
sanzione trova evidentemente applicazione nelle
ipotesi in cui sia scaduto il termine per il
versamento dei contributivi relativi al periodo
di paga in corso al momento dell'accertamento.
Occorre infine precisare il regime sanzionatorio
applicabile alle fattispecie di "impiego di
lavoratori non risultanti dalle scritture o da
altra documentazione obbligatoria", nelle
ipotesi in cui la condotta sia iniziata
anteriormente all'entrata in vigore della L. n.
248/2006 (12 agosto 2006) e proseguita oltre
tale data. Trattasi, in altre parole, di un
problema di successione di leggi nel tempo che
sanzionano condotte di natura permanente quale,
per l'appunto, quella in esame.
Va premesso, anzitutto, che nel campo degli
illeciti amministrativi trova applicazione il
principio del tempus regit actum, secondo il
quale la disciplina applicabile è quella in
vigore al momento della commissione della
violazione, senza che – come avviene invece in
campo penale – debba valutarsi il principio del
favor rei alla luce delle previsioni
sanzionatorie sopravvenute (v. circ. n.
37/2003). Per quanto attiene alla consumazione
dell'illecito di natura permanente tuttavia –
come sostenuto dalla dottrina e dalla
giurisprudenza maggioritaria (Consiglio di
Stato, sez. IV, 25 novembre 2003, n. 7769) –
bisogna tenere presente che lo stesso si
realizza, non con l'inizio ma con la cessazione
del comportamento lesivo che, di norma, coincide
con la data dell'accertamento da parte del
personale ispettivo. Nel caso in esame,
pertanto, il rapporto di lavoro "in nero"
iniziato prima del 12 agosto 2006 e proseguito
oltre tale data rientra nel campo di
applicazione della nuova disciplina introdotta
dall'art. 36 bis, comma 7 che prevede, quale
organo competente alla irrogazione della
sanzione, la Direzione provinciale del lavoro e
non già l'Agenzia delle Entrate.
Facendo riserva di fornire ulteriori e più
approfonditi chiarimenti in ordine alle
problematiche sopra evidenziate, si invita il
personale ispettivo di attenersi alle
indicazioni fornite con la presente circolare.