MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI
CIRCOLARE
"Problematiche connesse all'interpretazione dell'articolo 10, comma l -
quater
della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modifiche e
integrazioni".
Sono pervenuti
a questo ufficio numerosi quesiti vertenti sull'applicazione
dell'articolo 10, comma 1 quater della legge 109/1994, come introdotto dalla recente
legge 415/1998.
Attesa la
rilevanza di massima delle questioni poste, segnalata anche
dall'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, e la loro incidenza
sulle procedure di affidamento di lavori pubblici, si ritiene opportuna
la trattazione unitaria del problema al fine di rendere il più possibile
diffusa ed esaustiva la risposta.
La norma in
questione, come è noto, così recita: "I soggetti di cui all'articolo
2, comma 2, prima di procedere all'apertura delle buste delle offerte
presentate, richiedono a un numero di offerenti non inferiori al 10%
delle offerte presentate, arrotondato all'unità superiore, scelti con
sorteggio pubblico, di comprovare, entro dieci giorni dalla data della
richiesta medesima, il possesso dei requisiti di capacità
economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, eventualmente richiesti
nel bando di gara, presentando la documentazione indicata in detto bando
o nella lettera di invito. Quando tale prova non sia fornita, ovvero non
confermi le dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione e
nell'offerta, i soggetti aggiudicatori procedono all'esclusione del
concorrente dalla gara, all'escussione della relativa cauzione
provvisoria e alla segnalazione del fatto all'Autorità per i
provvedimenti di cui all'articolo 4, comma 7, nonché per l'applicazione
delle misure sanzionatorie di cui all'articolo 8 comma 7. La suddetta
richiesta è, altresì, inoltrata, entro dieci giorni dalla conclusione
delle operazioni di gara, anche all'aggiudicatario e al concorrente che
segue in graduatoria, qualora gli stessi non siano compresi fra i
concorrenti sorteggiati, e nel caso in cui essi non forniscano la prova
o non confermino le loro dichiarazioni si applicano le suddette sanzioni
e si procede alla determinazione della nuova soglia di anomalia
dell'offerta e alla conseguente eventuale nuova aggiudicazione".
La
disposizione, contrariamente a quello che potrebbe apparire a una prima
lettura, non introduce un principio radicalmente nuovo nella
contrattualistica pubblica.
Anche se sotto
il vigore della normativa di recepimento delle direttive comunitarie
(art. 19 della legge 584/1977 e art. 30 del dlgs 406/1991) la
giurisprudenza aveva costantemente affermato l'illegittimità di
un'imposizione a tutte le imprese dell'obbligo della preventiva
dimostrazione del possesso dei requisiti economici e tecnici,
riguardando tale obbligo solo ed esclusivamente l'aggiudicatario (vedi
la precedente circolare di questo ministero 2 febbraio 1988 n. 2180), è
però vero che si è sempre ritenuto appartenere in via generale
all'amministrazione il potere di successivamente controllare la
veridicità e l'effettività delle dichiarazioni di parte circa il
possesso dei requisiti abilitanti alla partecipazione alla procedura,
proprio in considerazione del carattere anticipatorio e "salvo verifica"
che le stesse dichiarazioni hanno in seno alle procedure concorsuali
(vedi conferma anche nel recente art. 1, comma 1, dello stesso dpr
403/1998).
Ciò premesso,
si chiede in primo luogo se la procedura di controllo a campione
prevista dalla nuova disposizione sia obbligatoria o meno.
Sembra a tale
proposito potersi affermare che essa non sia facoltativa, ma che
l'amministrazione debba procedervi senza alcun margine di
discrezionalità, a eccezione di quanto attiene alla mera individuazione
del numero di imprese da assoggettare a verifica, nel rispetto comunque
del limite minimo fissato: la norma infatti è formulata utilizzando il
verbo all'indicativo ("i soggetti... richiedono"), in modo da non
consentire diverse scelte in capo alla stazione appaltante. In altri
termini, non vi è alcuna necessità di preventivamente indicare negli
atti di gara né l'attivazione della procedura di verifica, né il numero
di soggetti che ne saranno interessati la sola indicazione destinata a
essere previamente espressa riguarda, per esplicita disposizione della
norma in esame, il tipo di documentazione che le imprese sorteggiate
saranno tenute a produrre per dimostrare la verità di quanto dichiarato.
Si pone in
secondo luogo il problema dell'ambito oggettivo della norma, e del suo
coordinamento con le norme in materia di semplificazione.
Il dubbio se
essa riguardi tutte le gare indipendentemente dal loro valore deriva
dalla formulazione letterale del testo, che impone la verifica di
effettivo possesso solo in relazione ai requisiti di capacità
economico-finanziaria e tecnico-organizzativa "eventualmente" richiesti
nel bando di gara, così lasciando intendere che vi possano essere
procedure nelle quali l'obbligo di verifica non operi.
Secondo una
delle interpretazioni prospettate la norma non dovrebbe applicarsi nelle
procedure di affidamento di appalti di valore pari o inferiore al
milione di ecu, in quanto in esse nessun requisito sarebbe richiesto
oltre al mero certificato di iscrizione all'albo nazionale costruttori
in virtù delle disposizioni sul bando tipo attualmente ancora in vigore
(dpcm 55/1991), mentre specifici requisiti aggiuntivi sarebbero invece
richiesti per le gare di importo superiore.
Ad avviso di
questo ufficio detta interpretazione, che sembra confondere il termine
"eventualmente" con l'avverbio "ulteriormente", non può essere seguita.
In realtà, anche per gli appalti di valore pari o inferiore al milione
di ecu è richiesto il possesso di requisiti economico-finanziari e
tecnico-organizzativi, se non altro perché essi sono necessari per
ottenere quell'iscrizione all'albo nazionale costruttori, obbligatoria
ex art. 2 della legge 57/1962 per tutti gli esecutori di lavori
pubblici. Non dovendosi peraltro nemmeno confondere il possesso dei
requisiti con la loro dimostrazione, ne deriva che per partecipare a
gare di valore pari o inferiore al milione di ecu devono essere
posseduti i requisiti di idoneità tecnica e finanziaria adeguati al
lavoro da eseguire, solo che ai sensi dell'art. 5, comma 1 del dpcm
55/1991 (che, tra l'altro, espressamente menziona i requisiti di
idoneità) il relativo accertamento non può che essere condotto alla
stregua del certificato di iscrizione all'albo, per categoria e
classifica corrispondente a quel lavoro.
Non potrebbe
fondatamente dirsi dunque che per le gare in questione non è richiesto
nei bandi di possesso di requisiti tecnici ed economici, in quanto tali
devono intendersi anche quelli attestati dall'iscrizione all'albo, e che
hanno natura uguale a quella degli ulteriori requisiti richiesti per gli
appalti di valore superiore. Ne consegue quindi che non vi è ostacolo
alcuno a eseguire verifica a campione alle procedure di importo pari o
inferiore al milione di ecu.
In tale
prospettiva potrebbe persino dirsi che l'avverbio "eventualmente", ha
nel testo un significato addirittura pleonastico, nel senso che la
verifica dell'esistenza di determinati requisiti va condotta ogni
qualvolta la legge ne esiga il possesso. Certo, poiché la legge deve
essere interpretata attribuendo alle parole un significato logico
piuttosto che nessun significato, ne conseguirebbe ulteriormente che la
verifica non dovrebbe essere compiuta nella sola ipotesi in cui la legge
non esiga il possesso di specifici requisiti tecnici e finanziari, e
tale caso nell'ordinamento attuale pare essere quello dell'affidamento
di appalti di valore inferiore ai 75 milioni di lire, ovviamente qualora
la stazione appaltante intenda procedere a gara.
Stabilito
l'ambito oggettivo di applicazione della norma in esame, le relative
modalità non possono che essere individuate alla luce della vigente
normativa, che nel caso di specie risulta dalla correlazione tra leggi
in materia di lavori pubblici e le recenti disposizioni in materia di
semplificazione.
Sennonché, è
bene innanzitutto precisare che le due normative non hanno la medesima
sfera di destinatari, dal momento che l'art. 10, comma 1quater, della
legge 109/1994 si rivolge a tutti i soggetti di cui all'art. 2, comma 2,
della stessa legge (tra cui, come noto, figurano soggetti estranei alla
pubblica amministrazione), mentre le disposizioni in materia di
semplificazione si applicano nei rapporti con la pubblica
amministrazione e con i concessionari e gestori di servizi pubblici. Per
alcune categorie di stazioni appaltanti, per esempio, gli enti pubblici
economici e i soggetti privati, non si pone dunque alcun problema di
coordinamento tra i due complessi normativi.
Per quanto
riguarda gli altri soggetti, tuttavia, deve comunque propendersi per la
tesi dell'integrale applicazione dell'art. 10, comma 1 quater: da
un iato infatti quest'ultima norma è contenuta in legge, la 415 del
1998, posteriore alle disposizioni di semplificazione, dall'altro lato
in ogni caso essa sarebbe destinata a prevalere sulle altre in virtù del
suo carattere di specialità. Pare quindi ragionevole affermare, anche
per ovvi motivi di omogeneità di comportamento all'interno delle
stazioni appaltanti, che la piena applicazione dell'articolo in esame,
soprattutto per quanto concerne il rispetto delle modalità di verifica,
non trovi ostacolo nelle disposizioni di cui alla legge 12711997 e al
d.p.r. 403/1998. E, del resto, lo stesso articolo 2 di quest'ultimo
testo fa espressamente salve le eccezioni previste per legge.
Ne deriva che i
soggetti individuati a seguito di sorteggio pubblico devono comprovare
il possesso dei requisiti richiesti mediante la presentazione della
necessaria documentazione, pure se questa consista in atti (come nel
caso del certificato di iscrizione all'albo nazionale costruttori) già
in possesso di altra pubblica amministrazione.
Sono inoltre
stati formulati più specifici quesiti; in particolare è stato chiesto se
la procedura di controllo a campione debba precedere la fase
dell'ammissione delle offerte, se possa applicarsi alla trattativa
privata, se possa riguardare anche altri elementi soggettivi oltre i
requisiti tecnici e finanziari e infine quale sia la natura dei termini
entro i quali la dimostrazione deve essere data.
Sotto il primo
profilo, riferendosi la norma alle offerte "presentate" e non a quelle
"ammesse", si pone il dubbio che la verifica debba precedere nel tempo
ogni altra operazione di gara, ivi compresa quella dell'accertamento
della regolarità formale e della tempestività delle offerte, che come è
noto condiziona l'ammissione stessa alla gara. Seppure fondata su
un'apparente imprecisione terminologica, l'incertezza interpretativa
deve ad avviso di questo ufficio risolversi nel senso che la verifica a
campione non può che riguardare le sole offerte ammesse a concorrere: da
un lato, infatti, la stessa norma impone che il controllo avvenga prima
dell'apertura delle buste di offerta, e quindi sembra presupporre
esaurita la fase dei riscontri formali, dall'altro lato l'effettività
stessa della verifica a campione sarebbe seriamente attenuata qualora si
sottoponesse a verifica anche offerte destinate a non partecipare
comunque alla gara, con evidente spreco di attività amministrativa.
Peraltro, non può trascurarsi che la procedura di verifica prevista
dalla norma in esame non costituisce un quid distinto dalla fase di
ammissione delle offerte, attenendovi invece essa stessa in quanto ha a
oggetto il controllo della veridicità di quanto l'impresa dichiara per
essere ammessa a concorrere quello che la distingue è solo la sua
collocazione cronologica tra le operazioni di gara, logicamente
successiva a quelle proposte a controlli formali circa la regolarità
delle offerte.
Le
considerazioni che precedono inducono a perplessità di fronte ad alcune
recenti affermazioni giurisprudenziali che sembrano consentire
l'espletamento della verifica in questione anche dopo l'aggiudicazione,
in uno con l'analogo controllo effettuato sull'aggiudicatario. Se
infatti la verifica a campione attiene alla fase dell'ammissione, e non
potrebbe essere diversamente, dovendo precedere l'apertura delle buste,
essa non può svolgersi dopo l'aggiudicazione, soprattutto tenendo conto
che i suoi risultati sono potenzialmente idonei a condizionare
l'individuazione stessa dell'aggiudicatario soggetto alla verifica
finale, in forza di eventuali precedenti esclusioni capaci di influire
sulla determinazione della media.
Sotto il
secondo profilo, pare si debba escludere che la norma in commento si
possa riferire all'ipotesi della trattativa privata. A prescindere dal
fatto che la ratio sottesa alla verifica discende dalla necessità
di evitare che la partecipazione alla procedura di gara da parte di
imprese non aventi i requisiti dichiarati possa condizionare le regole
della gara stessa, e in particolare l'effettività di quella media delle
offerte che assume decisivo rilievo ai fini della disciplina
dell'anomalia ai sensi dell'art. 21 comma 1 bis, della legge
quadro (situazione che non ricorre evidentemente nella trattativa
privata, ancorché preceduta da gara informale), non può non osservarsi
che nell'ipotesi di affidamento diretto, anche secondo quanto previsto
nello schema di regolamento approvato in via preliminare dal consiglio
dei ministri, il possesso dei requisiti viene in rilievo esclusivamente
con riguardo al migliore offerente, senza che alcuna dichiarazione sia
richiesta agli altri soggetti interpellati.
Sotto il terzo
profilo la questione appare più delicata, dal momento che la norma in
esame prevede l'assoggettabilità a controllo delle sole dichiarazioni
aventi a oggetto il possesso dei requisiti tecnici e finanziari.
Peraltro,
sarebbe notevolmente illogico se solo questi ultimi fossero suscettibili
di controllo, e non lo fossero invece quelli, altrettanto importanti e
condizionanti in merito alla gara, di natura soggettiva legati
all'inesistenza di condanne penali, di fallimento e altri analoghi.
Se tuttavia si
deve aver riguardo al principio di carattere generale sopra ricordato,
per cui rientra nel generale potere dell'amministrazione procedere alla
verifica dell'effettività e della veridicità delle dichiarazioni
ricevute, principio di recente ribadito dall'art. 11 del dpr 403/1998,
non sembra esservi dubbio circa l'esistenza in capo alla stazione
appaltante del potere di verificare tutte le dichiarazioni di parte,
anche oltre lo specifico ambito di applicazione. dell'art. 10, comma 1
quater della legge quadro. La sola conseguenza che discende da
quanto detto è che l'eventuale falsità delle dichiarazioni relative ai
requisiti soggettivi non potrà trovare disciplina, quanto alle
conseguenze, nella norma della legge 109/1994 (per esempio per ciò che
attiene alla titolarità dell'onere di dimostrazione e alle sanzioni), ma
dovrà obbedire alle regole ordinarie sulle modalità di verifica a carico
della pubblica amministrazione e sulle responsabilità, salva
naturalmente l'esclusione dalla gara.
Sotto il quarto
profilo infine, deve ritenersi che i termini fissati dalla norma in
esame abbiano natura perentoria. Secondo il consolidato orientamento
della giurisprudenza amministrativa, i termini stabiliti all'interno del
procedimento hanno natura ordinatoria se la legge diversamente non
statuisce o se dalla loro inosservanza non discende decadenza (vedi per
tutti Cons. Stato, sez. IV, 6 aprile 1987, n. 204); poiché nel caso di
specie è la stessa legge a ricollegare all'inutile decorso del termine
di dieci giorni una serie di conseguenze sfavorevoli per l'impresa
offerente, esclusione dalla gara, escussione della cauzione provvisoria,
inizio del procedimento sanzionatorio, e poiché ancora al rispetto del
termine stesso sono connesse esigenze di celerità dell'azione
amministrativa e di continuità del procedimento di gara, non pare possa
dubitarsi della natura perentoria del termine stesso, anche nella
considerazione che la tutela della par condicio fra i concorrenti
esclude che la stazione appaltante possa godere del benché minimo
margine di discrezionalità in ordine alla disponibilità o meno delle
conseguenze derivanti dall'inutile decorso del tempo.
Diversa
conclusione deve invece assumersi con riferimento all'analogo termine
stabilito dall'ultima parte del comma 1 quater
dell'art. 10 con riguardo alla verifica dei requisiti in capo
all'aggiudicatario e al secondo classificato. Nella vigenza dell'art. 19
della legge 584/1977 e dell'art. 30 del dlgs 406/1991, che, com'è noto,
prevedevano la stessa verifica dei requisiti in esito alla gara, la
giurisprudenza ha affermato la natura non perentoria del relativo
termine e il carattere non vincolante dalla comminatoria della decadenza
dall'aggiudicazione (Cons. Stato, V, 789/1996 Tar Toscana 723/1989, Tar
Umbria, 268/1988).
Vero è che in
questo caso la formulazione della norma, con l'espressa previsione di
sanzioni e di nuova media, sembra più categorica delle precedenti, ma è
altrettanto vero che, in coerenza con la natura disponibile della
decadenza, deve ritenersi permanere in capo all'amministrazione il
potere di avvalersi o meno del decorso del termine, se ciò non determini
violazione di norme inderogabili, soprattutto in considerazione
dell'interesse pubblico all'affidamento dell'opera secondo l'offerta più
vantaggiosa. Nessuna discrezionalità invece può configurarsi se l'esito
della verifica riveli la falsità delle dichiarazioni rese, in quanto
tale situazione incide sull'esistenza dei presupposti soggettivi per
l'affidamento del lavoro.
Ultima
notazione relativamente all'aspetto trattato riguarda il rapporto tra le
vicende della gara e il potere dell'Autorità per la vigilanza sui lavori
pubblici in materia.
La legge
ricollega i provvedimenti dell'amministrazione aggiudicatrice
(esclusione dell'offerente, incameramento della cauzione, riformulazione
della media e segnalazione all'Autorità) al fatto obiettivo dell'inutile
decorso del termine di dieci giorni o della mancata conferma dei dati
dichiarati, senza che possano rilevare altri elementi di giudizio, le
stesse stazioni appaltanti devono dunque procedere a quanto di
competenza ove il soggetto sorteggiato non fornisca nei dieci giorni la
necessaria dimostrazione confermativa delle dichiarazioni già rese,
salvi naturalmente gli ordinari rimedi giurisdizionali.
Ulteriori
valutazioni attinenti all'elemento psicologico dell'omissione,
all'eventuale esistenza di cause di giustificazione e a quant'altro
possa influire sul comportamento dell'offerente, attengono più
propriamente all'esercizio del potere sanzionatorio da parte
dell'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, al fine di applicare
o graduare la sanzione prevista dall'art. 4, comma 7, della legge
quadro, ma si ritiene non debbano interferire sulle operazioni di gara
già concluse.
Ulteriori
aspetti della complessa problematica potranno essere esaminati in
seguito, se gli uffici ne segnaleranno la rilevanza.
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