MINISTERO
DEI LAVORI PUBBLICI
DECRETO 30 novembre 1999, n. 557
Regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste
ciclabili.
- IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI
- di concerto con
- IL MINISTRO DEI TRASPORTI E DELLA NAVIGAZIONE
Visto l'articolo 7 della legge 19 ottobre 1998,
n. 366, "Norme per il finanziamento della mobilita' ciclistica", che prevede
l'adozione con decreto ministeriale di un regolamento per la definizione delle
caratteristiche tecniche delle piste ciclabili;
Visto l'articolo 17, commi 3 e 4 della legge 23
agosto 1988, n. 400;
Visto il decreto legislativo 30 aprile 1992, n.
285, e successive modificazioni;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica
16 dicembre 1992, n. 495, e successive modificazioni;
Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso
dalla sezione consultiva per gli atti normativi nell'adunanza dell'11 ottobre 1999;
Vista la comunicazione al Presidente del
Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 17, comma 3, della predetta legge 23 agosto
1988, n. 400 (nota n. 2816 del 27 ottobre 1999);
A d o t t a
il seguente regolamento:
- Capo I
- Linee guida per la progettazione degli itinerari
ciclabili
-
- Art. 1.
- Premessa
1. Nella presente sezione sono individuati le
linee guida per la progettazione degli itinerari ciclabili e gli elementi di qualita'
delle diverse parti degli itinerari medesimi. Gli itinerari ciclabili si identificano con
i percorsi stradali utilizzabili dai ciclisti, sia in sede riservata (pista ciclabile in
sede propria o su corsia riservata), sia in sede ad uso promiscuo con pedoni (percorso
pedonale e ciclabile) o con veicoli a motore (su carreggiata stradale). Dette linee guida
sono finalizzate al raggiungimento degli obiettivi fondamentali di sicurezza e di
sostenibilita' ambientale della mobilita': obiettivi che devono essere perseguiti in
maniera organica, valutando di volta in volta le strategie e le proposte che meglio
rispondono agli stessi.
- Art. 2.
- Finalita' e criteri di progettazione
1. Le finalita' ed i criteri da considerare a
livello generale di pianificazione e dettagliato di progettazione, nella definizione di un
itinerario ciclabile sono:
a) favorire e promuovere un elevato grado di
mobilita' ciclistica e pedonale, alternativa all'uso dei veicoli a motore nelle aree
urbane e nei collegamenti con il territorio contermine, che si ritiene possa raggiungersi
delle localita' interessate, con preminente riferimento alla mobilita' lavorativa,
scolastica e turistica;
b) puntare all'attrattivita', alla continuita' ed
alla riconoscibilita' dell'itinerario ciclabile, privilegiando i percorsi piu' brevi,
diretti e sicuri secondo i risultati di indagini sull'origine e la destinazione
dell'utenza ciclistica;
c) valutare la redditivita' dell'investimento con
riferimento all'utenza reale e potenziale ed in relazione all'obiettivo di ridurre il
rischio d'incidentalita' ed i livelli di inquinamento atmosferico ed acustico;
d) verificare l'oggettiva fattibilita' ed il
reale utilizzo degli itinerari ciclabili da parte dell'utenza, secondo le diverse fasce
d'eta' e le diverse esigenze, per le quali e' necessario siano verificate ed ottenute
favorevoli condizioni anche plano-altimetriche dei percorsi.
- Art. 3.
- Strumenti di pianificazione
1. Al fine di predisporre interventi coerenti con
le finalita' ed i criteri anzidetti gli enti locali si dotano dei seguenti strumenti di
pianificazione e di progettazione:
a) un piano della rete degli itinerari ciclabili,
nel quale siano previsti gli interventi da realizzare, comprensivo dei dati sui flussi
ciclistici, delle lunghezze dei tracciati, della stima economica di spesa e di una
motivata scala di priorita' e di tempi di realizzazione. Il livello di indagini
preliminari e di dettaglio degli elaborati di piano deve essere adeguato alla estensione
dimensionale della rete ciclabile ed alla complessita' del modello di organizzazione della
circolazione delle altre componenti di traffico.
Nell'ambito di tale piano e' ammessa la
possibilita' di considerare itinerari isolati che rispettino comunque le finalita' ed i
criteri di progettazione indicati all'articolo 2. Per i comuni che sono tenuti alla
predisposizione del Piano urbano del traffico (PUT), ai sensi dell'articolo 36 del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il piano della rete ciclabile deve essere inserito in
maniera organica, quale piano di settore, all'interno del PUT, secondo le indicazioni
delle direttive ministeriali pubblicate nel supplemento ordinario n. 77 alla Gazzetta
Ufficiale del 24 giugno 1995. Per i comuni non tenuti alla predisposizione del PUT occorre
comunque procedere ad una verifica di compatibilita', soprattutto ai fini della sicurezza,
con le altre modalita' di trasporto;
b) i progetti degli itinerari ciclabili, previsti
dal piano di cui al punto a), che prevedano anche, ove necessario, la riqualificazione
dello spazio stradale circostante; in particolare, i progetti devono considerare e
prevedere adeguate soluzioni per favorire la sicurezza della mobilita' ciclistica nei
punti di maggior conflitto con i pedoni e i veicoli a motore (intersezioni, accessi a nodi
attrattivi, ecc.).
- Art. 4.
- Ulteriori elementi per la progettazione
1. Gli itinerari ciclabili, posti all'interno del
centro abitato o di collegamento con i centri abitati limitrofi, possono comprendere le
seguenti tipologie riportate in ordine decrescente rispetto alla sicurezza che le stesse
offrono per l'utenza ciclistica:
a) piste ciclabili in sede propria;
b) piste ciclabili su corsia riservata;
c) percorsi promiscui pedonali e ciclabili;
d) percorsi promiscui ciclabili e veicolari.
2. Gli itinerari ciclabili possono essere
utilizzati per esigenze prevalentemente legate alla mobilita' lavorativa e scolastica
quale sistema alternativo di trasporto per la risoluzione - anche se parziale - dei
maggiori problemi di congestione del traffico urbano o per esigenze prevalentemente
turistiche e ricreative.
3. Per la progettazione degli itinerari ciclabili
devono essere tenuti inoltre presenti, in particolare, i seguenti elementi:
a) nelle opere di piattaforma stradale: la
regolarita' delle superfici ciclabili, gli apprestamenti per le intersezioni a raso e gli
eventuali sottopassi o sovrappassi compresi i loro raccordi, le sistemazioni a verde, le
opere di raccolta delle acque meteoriche anche con eventuali griglie, purche' quest'ultime
non determinino difficolta' di transito per i ciclisti, ecc.;
b) nella segnaletica stradale: oltre ai
tradizionali cartelli (segnaletica verticale), le strisce (segnaletica orizzontale) e gli
impianti semaforici, le indicazionidegli attraversamenti ciclabili, le colonnine luminose
alle testate degli elementi spartitraffico fisicamente invalicabili, i delineatori di
corsia, ecc.;
c) nell'illuminazione stradale: gli impianti
speciali per la visualizzazione notturna degli attraversamenti a raso, che devono tener
conto delle alberature esistenti in modo da evitare zone d'ombra, ecc.;
d) nelle attrezzature: le rastrelliere per la
sosta dei velocipedi e, specialmente sulle piste ad utilizzazione turistica, panchine e
zone d'ombra preferibilmente arboree, fontanelle di acqua potabile ogni 5 km di pista,
punti telefonici od in alternativa indicazione dei punti piu' vicini, ecc.
4. Nel capo II del presente regolamento sono
definite le norme da rispettare per la progettazione e la realizzazione delle piste
ciclabili, mentre per i percorsi promiscui, le cui caratteristiche tecniche esulano dalla
disciplina delle presenti norme, vengono fornite unicamente le indicazioni riportate ai
commi 5 e 6.
5. I percorsi promiscui pedonali e ciclabili,
identificabili con la figura II 92/b del decreto del Presidente della Repubblica 16
dicembre 1992, n. 495, sono realizzati, di norma, all'interno di parchi o di zone a
traffico prevalentemente pedonale, nel caso in cui l'ampiezza della carreggiata o la
ridotta entita' del traffico ciclistico non richiedano la realizzazione di specifiche
piste ciclabili. I percorsi promiscui pedonali e ciclabili possono essere altresi'
realizzati, previa apposizione della suddetta segnaletica, su parti della strada esterne
alla carreggiata, rialzate o altrimenti delimitate e protette, usualmente destinate ai
pedoni, qualora le stesse parti della strada non abbiano dimensioni sufficienti per la
realizzazione di una pista ciclabile e di un contiguo percorso pedonale e gli stessi
percorsi si rendano necessari per dare continuita' alla rete di itinerari ciclabili
programmati. In tali casi, si ritiene opportuno che la parte della strada che si intende
utilizzare quale percorso promiscuo pedonale e ciclabile abbia:
a) larghezza adeguatamente incrementata rispetto
ai minimi fissati per le piste ciclabili all'articolo 7;
b) traffico pedonale ridotto ed assenza di
attivita' attrattrici di traffico pedonale quali itinerari commerciali, insediamenti ad
alta densita' abitativa, ecc.
6. I percorsi ciclabili su carreggiata stradale,
in promiscuo con i veicoli a motore, rappresentano la tipologia di itinerari a maggiore
rischio per l'utenza ciclistica e pertanto gli stessi sono ammessi per dare continuita'
alla rete di itinerari prevista dal piano della rete ciclabile, nelle situazioni in cui
non sia possibile, per motivazioni economiche o di insufficienza degli spazi stradali,
realizzare piste ciclabili. Per i suddetti percorsi e' necessario intervenire con idonei
provvedimenti (interventi sulla sede stradale, attraversamenti pedonali rialzati,
istituzione delle isole ambientali previste dalle direttive ministeriali 24 giugno 1995,
rallentatori di velocita' - in particolare del tipo ad effetto ottico e con esclusione dei
dossi - ecc.) che comunque puntino alla riduzione dell'elemento di maggiore pericolosita'
rappresentato dal differenziale di velocita' tra le due componenti di traffico, costituite
dai velocipedi e dai veicoli a motore.
7. Al fine di garantire nel tempo
l'accessibilita' degli itinerari e la sicurezza della circolazione, le piste ed i percorsi
promiscui devono essere costantemente oggetto di interventi di manutenzione.
- Art. 5.
- Fattibilita' tecnico-economica
1. E' opportuno, specialmente per finanziamenti e
contributi esterni concessi all'ente proprietario dell'itinerario ciclabile, che il
relativo progetto sia corredato da analisi di fattibilita' tecnico-economica. A tale
analisi concorrono, oltre che il rispetto dei criteri e degli standards progettuali
indicati negli articoli successivi, con particolare riguardo a quanto prescritto
all'articolo 6, comma 6, anche i risultati di specifiche valutazioni della redditivita'
degli interventi previsti.
2. In mancanza di metodi di analisi piu'
approfonditi, si puo' assumere quale indicatore della redditivita' dell'investimento il
rapporto "lire investite/ciclisti <$>\times <$> km", riferito almeno
ai primi due anni di entrata in esercizio dell'itinerario.
3. Nel computo delle "lire investite"
rientrano tutte le spese per la realizzazione e l'arredo delle piste o dei percorsi in
progetto, comprese quelle relative agli eventuali rifacimenti di pavimentazioni stradali
ed adeguamenti dell'illuminazione pubblica, del verde stradale e del sistema di
convogliamento delle acque piovane nella rete fognaria esistente, nonche' le spese
relative al soddisfacimento della domanda di sosta per i velocipedi. In tale computo sono,
inoltre, da includere le spese di esercizio per le opere, attrezzature ed arredi previsti,
da riferire alla media annuale dei primi dieci anni di esercizio.
4. Nel computo dei "ciclisti <$>\times
<$> km" puo' farsi riferimento alla percorrenza annua complessiva nei primi due
anni di esercizio dell'itinerario in esame, a partire dalla intensita' di traffico
ciclistico prevista per l'ora ed il giorno di punta nei periodi lavorativi e scolastici
sui vari tronchi in progetto.
L'anzidetta previsione di traffico va documentata
con l'esposizione dei flussi ciclistici e veicolari, individuali e collettivi, gia' in
atto sugli attuali percorsi in promiscuo ricadenti nella fascia di influenza
dell'itinerario in progetto, in modo tale da evidenziare - in particolare - la quota di
traffico ciclistico in atto e quella prevista come trasferimento dagli altri modi di
trasporto.
Capo II
Principali standars progettuali
per le piste ciclabili
- Art. 6.
- Definizioni, tipologia e localizzazione
1. Pista ciclabile: parte longitudinale della
strada, opportunamente delimitata, riservata alla circolazione dei velocipedi.
2. La pista ciclabile puo' essere realizzata:
a) in sede propria, ad unico o doppio senso di
marcia, qualora la sua sede sia fisicamente separata da quella relativa ai veicoli a
motore ed ai pedoni, attraverso idonei spartitraffico longitudinali fisicamente
invalicabili;
b) su corsia riservata, ricavata dalla
carreggiata stradale, ad unico senso di marcia, concorde a quello della contigua corsia
destinata ai veicoli a motore ed ubicata di norma in destra rispetto a quest'ultima
corsia, qualora l'elemento di separazione sia costituito essenzialmente da striscia di
delimitazione longitudinale o da delimitatori di corsia;
c) su corsia riservata, ricavata dal marciapiede,
ad unico o doppio senso di marcia, qualora l'ampiezza ne consenta la realizzazione senza
pregiudizio per la circolazione dei pedoni e sia ubicata sul lato adiacente alla
carreggiata stradale.
3. Possono comunque sussistere piste ciclabili
formate da due corsie riservate contigue nei seguenti casi:
a) sulle strade pedonali, qualora l'intensita'
del traffico ciclistico in rapporto a quello pedonale ne richieda la realizzazione; in
tale caso si tratta di corsie di opposto senso di marcia ubicate in genere al centro della
strada;
b) sulla carreggiata stradale, qualora
l'intensita' del traffico ciclistico ne richieda la realizzazione; in tale caso si tratta
di corsie ciclabili nello stesso senso di marcia ubicate sempre in destra rispetto alla
contigua corsia destinata ai veicoli a motore.
Tale soluzione e' obbligatoria quando sussistono
condizioni di particolare intensita' del traffico ciclistico ed il suo flusso risulti
superiore a 1.200 unita'/ora, per almeno due periodi di punta non inferiori a quindici
minuti nell'arco delle ventiquattro ore.
4. Salvo casi particolari, per i quali occorre
fornire specifica dimostrazione di validita' tecnica della loro adozione ai fini della
sicurezza stradale, specialmente con riferimento alla conflittualita' su aree di
intersezione, non e' consentita la realizzazione di piste ciclabili a doppio senso di
marcia con corsie ubicate entrambe sullo stesso lato della piattaforma stradale.
5. In area urbana la circolazione ciclistica va
indirizzata prevalentemente su strade locali e, laddove sia pre-visto che si svolga con
una consistente intensita' su strade della rete principale, la stessa va adeguatamente
protetta attraverso la realizzazione di piste ciclabili.
6. In generale e con riferimento specifico alla
tipologia delle strade indicata nel decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e' da
osservare che:
a) sulle autostrade, extraurbane ed urbane, e
sulle strade extraurbane principali, la circolazione ciclistica e' vietata, ai sensi
dell'articolo 175 del suddetto decreto legislativo, e da indirizzare sulle relative strade
di servizio;
b) sulle strade extraurbane secondarie e sulle
strade urbane di scorrimento le piste ciclabili - ove occorrano - devono essere realizzate
in sede propria, salvo i casi nei quali i relativi percorsi protetti siano attuati sui
marciapiedi;
c) sulle strade urbane di quartiere e sulle
strade locali extraurbane, le piste ciclabili possono essere realizzate oltre che in sede
propria, anche su corsie riservate;
d) sulle strade locali urbane, le piste ciclabili
- ove occorrano - devono essere sempre realizzate su corsie riservate.
- Art. 7.
- Larghezza delle corsie e degli spartitraffico
1. Tenuto conto degli ingombri dei ciclisti e dei
velocipedi, nonche' dello spazio per l'equilibrio e di un opportuno franco laterale libero
da ostacoli, la larghezza minima della corsia ciclabile, comprese le strisce di margine,
e' pari ad 1,50 m; tale larghezza e' riducibile ad 1,25 m nel caso in cui si tratti di due
corsie contigue, dello stesso od opposto senso di marcia, per una larghezza complessiva
minima pari a 2,50 m.
2. Per le piste ciclabili in sede propria e per
quelle su corsie riservate, la larghezza della corsia ciclabile puo' essere
eccezionalmente ridotta fino ad 1,00 m, sempreche' questo valore venga protratto per una
limitata lunghezza dell'itinerario ciclabile e tale circostanza sia opportunamente
segnalata.
3. Le larghezze di cui ai commi precedenti
rappresentano i minimi inderogabili per le piste sulle quali e' prevista la circolazione
solo di velocipedi a due ruote. Per le piste sulle quali e' ammessa la circolazione di
velocipedi a tre o piu' ruote, le suddette dimensioni devono essere opportunamente
adeguate tenendo conto dei limiti dimensionali dei velocipedi fissati dall'articolo 50 del
decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
4. La larghezza dello spartitraffico fisicamente
invalicabile che separa la pista ciclabile in sede propria dalla carreggiata destinata ai
veicoli a motore, non deve essere inferiore a 0,50 m.
- Art. 8.
- Velocita' di progetto e caratteristiche
plano-altimetriche
1. La velocita' di progetto, a cui correlare in
particolare le distanze di arresto e quindi le lunghezze di visuale libera, deve essere
definita per ciascun tronco delle piste ciclabili, tenuto conto che i ciclisti in pianura
procedono in genere ad una velocita' di 20-25 km/h e che in discesa con pendenza del 5%
possono raggiungere velocita' anche superiori a 40 km/h.
2. Nella valutazione delle distanze di arresto si
deve tenere conto di un tempo di percezione e decisione variabile tra un minimo, pari ad
un secondo, per le situazioni urbane, ed un massimo di 2,5 secondi per le situazioni
extraurbane, nonche' di un coefficiente di aderenza longitudinale da relazionare al tipo
di pavimentazione adottata e, comunque, non superiore a 0,35.
3. Nel caso di realizzazione di piste ciclabili
in sede propria, indipendenti dalle sedi viarie destinate ad altri tipi di utenza
stradale, la pendenza longitudinale delle singole livellette non puo' generalmente
superare il 5%, fatta eccezione per le rampe degli attraversamenti ciclabili a livelli
sfalsati, per i quali puo' adottarsi una pendenza massima fino al 10%. Ai fini dell'ampia
fruibilita' delle piste ciclabili da parte della relativa utenza, la pendenza
longitudinale media delle piste medesime, valutata su basi chilometriche, non deve
superare il 2% salvo deroghe documentate da parte del progettista e purche' sia in ogni
caso garantita la piena fruibilita' da parte dell'utenza prevista.
4. I valori di pendenza longitudinale massima
(media e puntuale) esposti al comma 3 devono essere utilizzati anche come riferimento
sostanziale per l'individuazione dei percorsi di piste ciclabili da realizzare su strade
destinate prevalentemente al traffico veicolare o in adiacenza alle stesse, in
concomitanza ai criteri progettuali esposti all'articolo 6, comma 6.
5. I raggi di curvatura orizzontale lungo il
tracciato delle piste ciclabili devono essere commisurati alla velocita' di progetto
prevista e, in genere, devono risultare superiori a 5,00 m (misurati dal ciglio interno
della pista); eccezionalmente, in aree di intersezione ed in punti particolarmente
vincolati, detti raggi di curvatura possono essere ridotti a 3,00 m, purche' venga
rispettata la distanza di visuale libera e la curva venga opportunamente segnalata,
specialmente nel caso e nel senso di marcia rispetto al quale essa risulti preceduta da
una livelletta in discesa.
6. Il sovralzo in curva deve essere commisurato
alla velocita' di progetto ed al raggio di curvatura adottato, tenuto conto sia di un
adeguato coefficiente di aderenza trasversale, sia del fatto che per il corretto drenaggio
delle acque superficiali e' sufficiente una pendenza trasversale pari al 2%, con
riferimento a pavimentazioni stradali con strato di usura in conglomerato bituminoso.
7. Ferme restando le limitazioni valide per tutti
i veicoli, comprese quelle inerenti a particolari zone di aree urbane (ad esempio zone con
limite di velocita' di 30 km/h), specifiche limitazioni di velocita', per singoli tronchi
di piste ciclabili, dovranno essere adottate in tutti quei casi in cui le caratteristiche
plano-altimetriche del tracciato possono indurre situazioni di pericolo per i ciclisti,
specialmente se sia risultato impossibile rispettare i criteri e gli standards progettuali
precedentemente indicati (per strettoie, curve a raggio minimo precedute da livellette in
discesa, ecc.).
- Art. 9.
- Attraversamenti ciclabili
1. Gli attraversamenti delle carreggiate stradali
effettuati con piste ciclabili devono essere realizzati con le stesse modalita' degli
attraversamenti pedonali, tenendo conto di comportamenti dell'utenza analoghi a quelli dei
pedoni, e con i dovuti adattamenti richiesti dall'utenza ciclistica (ad esempio per la
larghezza delle eventuali isole rompitratta per attraversamenti da effettuare in piu'
tempi).
2. Per gli attraversamenti a raso, in aree di
intersezione ad uso promiscuo con i veicoli a motore ed i pedoni, le piste ciclabili su
corsia riservata devono in genere affiancarsi al lato interno degli attraversamenti
pedonali, in modo tale da istituire per i ciclisti la circolazione a rotatoria con senso
unico antiorario sull'intersezione medesima.
3. Per gli attraversamenti a livelli sfalsati
riservati ai ciclisti (piste ciclabili in sede propria) va in genere preferita la
soluzione in sottopasso, rispetto a quella in sovrappasso, assicurando che la pendenza
longitudinale massima delle rampe non superi il 10% e vengano realizzate, nel caso di
sovrappasso, barriere protettive laterali di altezza non inferiore ad 1,50 m.
- Art. 10.
- Segnaletica stradale
1. Ferma restando l'applicazione delle
disposizioni relative alla segnaletica stradale previste dal decreto legislativo 30 aprile
1992, n. 285, e dal decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, e
successive modificazioni, le piste ciclabili devono essere provviste della specifica
segnaletica verticale di cui ai commi 9 e 10 dell'articolo 122 del suddetto decreto del
Presidente della Repubblica all'inizio ed alla fine del loro percorso, dopo ogni
interruzione e dopo ogni intersezione.
2. Le piste ciclabili devono essere provviste di
appositi simboli e scritte orizzontali che ne distinguano l'uso specialistico, anche se la
pavimentazione delle stesse e' contraddistinta nel colore da quella delle contigue parti
di sede stradale destinate ai veicoli a motore ed ai pedoni. Analogamente deve essere
segnalato, con apposite frecce direzionali sulla pavimentazione, ogni cambio di direzione
della pista.
- Art. 11.
- Aree di parcheggio
1. Ogni progetto di pista ciclabile deve essere
corredato dall'individuazione dei luoghi e delle opere ed attrezzature necessarie a
soddisfare la domanda di sosta per i velocipedi ed eventuali altre esigenze legate allo
sviluppo della mobilita' ciclistica, senza che si abbiano intralci alla circolazione
stradale, specialmente dei pedoni. L'individuazione in questione si riferisce, in
particolare, sia ai poli attrattori di traffico sia ai nodi di interscambio modale.
2. Nei nuovi parcheggi per autovetture ubicati in
contiguita' alle piste ciclabili, debbono essere previste superfici adeguate da destinare
alla sosta dei velocipedi.
- Art. 12.
- Superfici ciclabili
1. Sulle piste ciclabili deve essere curata al
massimo la regolarita' delle superfici per garantire condizioni di agevole transito ai
ciclisti, specialmente con riferimento alle pavimentazioni realizzate con elementi
autobloccanti.
2. Sulle piste ciclabili non e' consentita la
presenza di griglie di raccolta delle acque con elementi principali paralleli all'asse
delle piste stesse, ne' con elementi trasversali tali da determinare difficolta' di
transito ai ciclisti.
Capo III
Disposizioni transitorie
- Art. 13.
- Ambito di applicazione
1. Le norme di cui al presente regolamento non si
applicano per le opere il cui progetto definitivo sia approvato entro trenta giorni dalla
data di entrata in vigore del presente regolamento.
Il presente decreto, munito del sigillo dello
Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Roma, 30 novembre 1999
- Il Ministro dei lavori pubblici Micheli
- Il Ministro dei trasporti e della navigazione Treu
Visto, il Guardasigilli: Fassino
- Registrato alla Corte dei conti il 3 gennaio 2000
- Registro n. 1 Lavori pubblici, foglio n. 1
N O T E:
Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e' stato
redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 3,
del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei
decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica
italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la
lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali e' operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui trascritti.
Note alle premesse:
- Il testo dell'art. 7 della legge 19 ottobre
1998, n. 366, recante: "Norme per il finanziamento della mobilita' ciclistica"
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 ottobre 1998, n. 248, e' il seguente:
"Art. 7. - 1. Entro sei mesi dalla data di
entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dei lavori pubblici, di
concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione, e' emanato un regolamento con
il quale sono definite le caratteristiche tecniche delle piste ciclabili".
- Il testo dell'art. 17, commi 3 e 4, della legge
23 agosto 1988, n. 400, recante: "Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento
della Presidenza del Consiglio dei Ministri", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del
12 novembre 1988, n. 214, e' il seguente:
"3. Con decreto ministeriale possono essere
adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorita' sottordinate
al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per
materie di competenza di piu' Ministri, possono essere adottati con decreti
interministeriali, ferma restando la necessita' di apposita autorizzazione da parte della
legge.
I regolamenti ministeriali ed interministeriali
non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi
debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei Ministri prima della loro
emanazione.
4. I regolamenti di cui al comma 1 ed i
regolamenti ministeriali ed interministeriali, che devono recare la denominazione di
"regolamento , sono adottati previo parere del Consiglio di Stato, sottoposti al
visto ed alla registrazione della Corte dei conti e pubblicati nella Gazzetta
Ufficiale".
- Per l'argomento del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285, vedasi nelle note all'art. 3.
- Per l'argomento del decreto del Presidente
della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, vedasi nelle note all'art. 4.
Note all'art. 3:
- Il testo dell'art. 36 del decreto legislativo
30 aprile 1992, n. 285, recante: "Nuovo codice della strada", pubblicato nel
supplemento ordinario n. 114 alla Gazzetta Ufficiale del 18 maggio 1992, e' il seguente:
"Art. 36 (Piani urbani del traffico e piani
del traffico per la viabilita' extraurbana). - 1. Ai comuni, con popolazione residente
superiore a trentamila abitanti, e' fatto obbligo dell'adozione del piano urbano del
traffico.
2. All'obbligo di cui al comma 1 sono tenuti ad
adempiere i comuni con popolazione residente inferiore a trentamila abitanti i quali
registrino, anche in periodi dell'anno, una particolare affluenza turistica, risultino
interessati da elevati fenomeni di pendolarismo o siano, comunque, impegnati per altre
particolari ragioni alla soluzione di rilevanti problematiche derivanti da congestione
della circolazione stradale. L'elenco dei comuni interessati viene predisposto dalla
regione e pubblicato, a cura del Ministero dei lavori pubblici, nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana.
3. Le province provvedono all'adozione di piani
del traffico per la viabilita' extraurbana d'intesa con gli altri enti proprietari delle
strade interessate. La legge regionale puo' provvedere, ai sensi dell'art. 19 della legge
8 giugno 1990, n. 142, che alla redazione del piano urbano del traffico delle aree,
indicate all'art. 142, che alla redazione del piano urbano del traffico delle aree,
indicate all'art. 17 della stessa, provvedano gli organi della citta' metropolitana.
4. I piani di traffico sono finalizzati ad
ottenere il miglioramento delle condizioni di circolazione e della sicurezza stradale, la
riduzione, degli inquinamenti acustico ed atmosferico ed il risparmio energetico, in
accordo con gli strumenti urbanistici vigenti e con i piani di trasporto e nel rispetto
dei valori ambientali, stabilendo le priorita' e i tempi di attuazione degli interventi.
Il piano urbano del traffico prevede il ricorso ad adeguati sistemi tecnologici, su base
informatica di regolamentazione e controllo del traffico, nonche' di verifica del
rallentamento della velocita' e di dissuasione della sosta, al fine anche di consentire
modifiche ai flussi della circolazione stradale che si rendano necessarie in relazione
agli obiettivi da perseguire.
5. Il piano urbano del traffico viene aggiornato
ogni due anni. Il sindaco o il sindaco metropolitano, ove ricorrano le condizioni di cui
al comma 3, sono tenuti a darne comunicazione al Ministero dei lavori pubblici per
l'inserimento nel sistema informativo previsto dall'art. 226, comma 2. Allo stesso
adempimento e' tenuto il presidente della provincia quando sia data attuazione alla
disposizione di cui al comma 3.
6. La redazione dei piani di traffico deve essere
predisposta nel rispetto delle direttive emanate dal Ministro dei lavori pubblici di
concerto con il Ministro dell'ambiente e il Ministro per i problemi delle aree urbane,
sulla base delle indicazioni formulate dal Comitato interministeriale per la
programmazione economica nel trasporto. Il piano urbano del traffico viene adeguato agli
obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale fissati dalla
regione ai sensi dell'art. 3, comma 4, della legge 8 giugno 1990, n. 142.
7. Per il perseguimento dei fini di cui ai commi
1 e 2 e anche per consentire la integrata attuazione di quanto-previsto dal comma 3, le
autorita' indicate dall'art. 27, comma 3, della legge 8 giugno 1990, n. 142, convocano una
conferenza tra i rappresentanti delle amministrazioni, anche statali, interessate.
8. E' istituito, presso il Ministero dei lavori
pubblici, l'albo degli esperti in materia di piani di traffico, formato mediante concorsi
biennali per titoli. Il bando di concorso e' approvato con decreto del Ministro dei lavori
pubblici, di concerto con il Ministro dell'universita' e della ricerca scientifica e
tecnologica.
9. A partire dalla data di formazione dell'albo
degli esperti di cui al comma 8 e' fatto obbligo di conferire l'incarico della redazione
dei piani di traffico, oltre che a tecnici specializzati appartenenti al proprio ufficio
tecnico del traffico, agli esperti specializzati inclusi nell'albo stesso.
10. I comuni e gli enti inadempienti sono
invitati su segnalazione del prefetto dal Ministero dei lavori pubblici a provvedere,
entro un termine assegnato, trascorso il quale il Ministero provvede alla esecuzione
d'ufficio del piano ed alla sua realizzazione".
- Il decreto interministeriale recante:
"Direttive per la redazione, adozione ed attuazione dei piani urbani di traffico
(art. 36 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285. Nuovo codice della strada)"
e' stato pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 24 giugno 1995,
n. 146.
Note all'art. 4:
- Per la figura n. 92/b si veda negli allegati al
Titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, recante:
"Regolamento di esecuzione e di attuazione del Nuovo codice della strada",
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre 1992, n. 303.
- Per le direttive ministeriali 24 giugno 1995 si
veda nelle note all'art. 3.
Note all'art. 6:
- Il testo dell'art. 175, comma 2, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285, recante: "Nuovo codice della strada",
pubblicato nel supplemento ordinario n. 114 alla Gazzetta Ufficiale del 18 maggio 1992, e'
il seguente:
"2. E' vietata la circolazione dei seguenti
veicoli sulle autostrade e sulle strade di cui al comma 1:
a) velocipedi, ciclomotori, motocicli di
cilindrata inferiore a 150 cc se a motore termico e motocarrozzette di cilindrata
inferiore a 250 cc se a motore termico;
b) altri motoveicoli di massa a vuoto fino a 400
kg o di massa complessiva fino a 1300 kg;
c) veicoli non muniti di pneumatici;
d) macchine agricole e macchine operatrici;
e) veicoli con carico disordinato e non
solidamente assicurato o sporgendo oltre i limiti consentiti;
f) veicoli a tenuta non stagna e con carico
scoperto, se trasportano materie suscettibili di dispersione;
g) veicoli il cui carico o dimensioni superino i
limiti previsti dagli articoli 61 e 62, ad eccezione dei casi previsti dall'art. 10;
h) veicoli le cui condizioni di uso,
equipaggiamento e gommatura possono costituite pericolo per la circolazione;
i) veicoli con carico non opportunamente
sistemato e fissato".
Note all'art. 7:
- Il testo dell'art. 50 del decreto legislativo
30 aprile 1992, n. 285, recante: "Nuovo codice della strada", pubblicato nel
supplemento ordinario n. 114 alla Gazzetta Ufficiale del 18 maggio 1992, e' il seguente:
"Art. 50. - 1. I velocipedi sono i veicoli
con due o piu' ruote funzionanti a propulsione esclusivamente muscolare, per mezzo di
pedali o di analoghi dispositivi, azionati dalle persone che si trovano sul veicolo.
2. I velocipedi non possono superare 1,30 m di
larghezza, 3 m di lunghezza e 2,20 m di altezza".
Note all'art. 10:
- Il testo dell'art. 122, commi 9 e 10, del
decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, recante:
"Regolamento di esecuzione e di attuazione del Nuovo codice della strada",
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre 1992, n. 303,
cosi' come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n.
610, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale 4 dicembre 1996, n. 284,
e' il seguente:
"9. I segnali di circolazione riservata a
determinate categorie di utenti il cui simbolo e' in essi contenuto indicano che la strada
o parte di essa e' riservata alla sola categoria di utenti prevista mentre e' vietata alle
altre. Tali segnali sono:
a) il segnale percorso pedonale (fig. II.88) che
deve essere posto all'inizio di un viale, di un itinerario o di un percorso riservato ai
soli pedoni da impiegare solo quando non risulta evidente la destinazione al transito
pedonale;
b) il segnale pista ciclabile (fig. II.90) che
deve essere posto all'inizio di una pista, di una corsia o di un itinerario riservato alla
circolazione dei velocipedi. Deve essere ripetuto dopo ogni interruzione o dopo le
intersezioni;
c) il segnale pista ciclabile contigua al
marciapiede (fig. II.92/a) e percorso pedonale ciclabile (fig. II.92/b) che deve essere
posto all'inizio di un percorso riservato ai pedoni e alla circolazione dei velocipedi e
deve essere ripetuto dopo ogni interruzione o dopo le intersezioni;
d) il segnale percorso riservato ai quadrupedi da
soma o da sella (fig. II.94) che deve essere posto all'inizio di una pista o di un
passaggio particolare.
10. La fine dell'obbligo dei segnali di cui al
comma 9 deve essere indicata con analogo segnale barrato obliquamente da una fascia rossa
(figure II.89, II.91 - II.93/a - II.93/b - II.95".
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