DECRETO LEGISLATIVO 2 febbraio 2006 n.
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RICOGNIZIONE DEI PRINCIPI FONDAMENTALI IN MATERIA DI
PROFESSIONI, AI SENSI DELL'ARTICOLO 1 DELLA LEGGE 5 GIUGNO 2003,
N. 131.
Il Presidente della Repubblica
Visti gli articoli 76,
87 e 117 della Costituzione,
Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131,
recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della
Repubblica alla legge Costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3;
Viste le leggi vigenti in materia di professioni;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 7 maggio 2004;
Acquisito il parere preliminare della Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano;
Acquisito il parere preliminare delle competenti Commissioni
parlamentari;
Vista l'ulteriore deliberazione preliminare del Consiglio dei
Ministri, adottata nella riunione del 24 giugno 2005;
Acquisito il parere dell'Autorità garante della concorrenza e
del mercato;
Acquisito il parere definitivo della Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano;
Acquisito il parere definitivo della Commissione parlamentare
per le questioni regionali;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata
nella riunione del 2 dicembre 2005;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del
Ministro per gli affari regionali, di concerto con i Ministri
della giustizia, per le politiche comunitarie, dell'istruzione,
dell'università e della ricerca, delle attività produttive,
della salute e per i beni e le attività culturali;
Emana il seguente decreto legislativo:
CAPO I
Disposizioni generali
Art. 1 (note)
Ambito di applicazione
- Il presente decreto
legislativo individua i principi fondamentali in materia di
professioni, di cui all'articolo 117, terzo comma, della
Costituzione, che si desumono dalle leggi vigenti ai sensi
dell'articolo 1, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131,
e successive modificazioni.
- Le regioni esercitano la
potestà legislativa in materia di professioni nel rispetto
dei principi fondamentali di cui al Capo II.
- La potestà legislativa
regionale si esercita sulle professioni individuate e
definite dalla normativa statale.
- Nell'ambito di applicazione
del presente decreto non rientrano: la formazione
professionale universitaria; la disciplina dell'esame di
Stato previsto per l'esercizio delle professioni
intellettuali, nonché i titoli, compreso il tirocinio, e le
abilitazioni richiesti per l'esercizio professionale;
l'ordinamento e l'organizzazione degli Ordini e dei collegi
professionali; gli albi, i registri, gli elenchi o i ruoli
nazionali previsti a tutela dell'affidamento del pubblico;
la rilevanza civile e penale dei titoli professionali e il
riconoscimento e l'equipollenza, ai fini dell'accesso alle
professioni, di quelli conseguiti all'estero.
CAPO II
Principi fondamentali
Art. 2 (note)
Libertà professionale
- L'esercizio della
professione, quale espressione del principio della libertà
di iniziativa economica, é tutelato in tutte le sue forme e
applicazioni, purché non contrarie a norme imperative,
all'ordine pubblico ed al buon costume. Le regioni non
possono adottare provvedimenti che ostacolino l'esercizio
della professione.
- Nell'esercizio
dell'attività professionale é vietata qualsiasi
discriminazione, che sia motivata da ragioni sessuali,
razziali, religiose, politiche o da ogni altra condizione
personale o sociale, secondo quanto stabilito dalla
disciplina statale e comunitaria in materia di occupazione e
condizioni di lavoro.
- L'esercizio dell'attività
professionale in forma di lavoro dipendente si svolge
secondo specifiche disposizioni normative che assicurino
l'autonomia del professionista.
- Le associazioni
rappresentative di professionisti che non esercitano
attività regolamentate o tipiche di professioni disciplinate
ai sensi dell'articolo 2229 del codice civile, se in
possesso dei requisiti e nel rispetto delle condizioni
prescritte dalla legge per il conseguimento della
personalità giuridica, possono essere riconosciute dalla
regione nel cui ambito territoriale si esauriscono le
relative finalità statutarie.
Art. 3 (note)
Tutela della concorrenza e del mercato
- L'esercizio della
professione si svolge nel rispetto della disciplina statale
della tutela della concorrenza, ivi compresa quella delle
deroghe consentite dal diritto comunitario a tutela di
interessi pubblici costituzionalmente garantiti o per
ragioni imperative di interesse generale, della riserva di
attività professionale, delle tariffe e dei corrispettivi
professionali, nonché della pubblicità professionale.
- L'attività professionale
esercitata in forma di lavoro autonomo é equiparata
all'attività d'impresa ai fini della concorrenza di cui agli
articoli 81, 82 e 86 (ex articoli 85, 86 e 90) del Trattato
CE, salvo quanto previsto dalla normativa in materia di
professioni intellettuali.
- Gli interventi pubblici a
sostegno dello sviluppo delle attività professionali sono
ammessi, secondo le rispettive competenze di Stato e
Regioni, nel rispetto della normativa comunitaria.
Art. 4.
Accesso alle professioni
- L'accesso all'esercizio
delle professioni é libero, nel rispetto delle specifiche
disposizioni di legge.
- La legge statale definisce
i requisiti tecnico-professionali e i titoli professionali
necessari per l'esercizio delle attività professionali che
richiedono una specifica preparazione a garanzia di
interessi pubblici generali la cui tutela compete allo
Stato.
- I titoli professionali
rilasciati dalla regione nel rispetto dei livelli minimi
uniformi di preparazione stabiliti dalle leggi statali
consentono l'esercizio dell'attività professionale anche
fuori dei limiti territoriali regionali.
Art. 5.
Regolazione delle attività professionali
- L'esercizio delle attività
professionali si svolge nel rispetto dei principi di buona
fede, dell'affidamento del pubblico e della clientela, della
correttezza, della tutela degli interessi pubblici,
dell'ampliamento e della specializzazione dell'offerta dei
servizi, dell'autonomia e responsabilità del professionista.
CAPO III
Disposizioni finali
Art. 6 (note)
Regioni a statuto speciale
- Per le Regioni a statuto
speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano resta
fermo quanto previsto dall'articolo l1 della legge 5 giugno
2003, n. 131.
Art. 7.
Norma di rinvio
- I principi fondamentali di
cui al presente decreto legislativo si applicano a tutte le
professioni. Restano fermi quelli riguardanti specificamente
le singole professioni.
Il presente decreto, munito del
sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale
degli atti normativi della Repubblica italiana. é fatto obbligo
a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
NOTE
Avvertenza: Il testo delle note qui pubblicate é stato
redatto dall'amministrazione competente per materia, ai sensi
dell'art. 10, comma 3, del testo unico delle disposizioni sulla
promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del
Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali
della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre
1985, n. 1092, al solo fine di facilitare la lettura delle
disposizioni di legge alle quali é operato il rinvio. Restano
invariati il valore e l'efficacia degli atti legislativi qui
trascritti.
Note alle premesse:
- L'art. 76
della Costituzione regola la delega al Governo
dell'esercizio della funzione legislativa e stabilisce che
essa non può avvenire, se non con determinazione di principi
e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per
oggetti definiti.
- L'art. 87,
comma quinto, della Costituzione conferisce al
Presidente della Repubblica il potere di promulgare le leggi
e di emanare i decreti aventi valore di legge e i
regolamenti.
- L'art.
117 della Costituzione così recita:
«Art. 117. La potestà legislativa é esercitata dallo Stato e
dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei
vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali.
Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:
- politica estera e
rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello
Stato con l'Unione europea; diritto di asilo e
condizione giuridica dei cittadini di Stati non
appartenenti all'Unione europea;
- immigrazione;
- rapporti tra la
Repubblica e le confessioni religiose;
- difesa e Forze armate;
sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed esplosivi;
- moneta, tutela del
risparmio e mercati finanziari; tutela della
concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e
contabile dello Stato; perequazione delle risorse
finanziarie;
- organi dello Stato e
relative leggi elettorali; referendum statali; elezione
del Parlamento europeo;
- ordinamento e
organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti
pubblici nazionali;
- ordine pubblico e
sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa
locale;
- cittadinanza, stato
civile e anagrafi;
-
giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e
penale; giustizia amministrativa;
- determinazione dei
livelli essenziali delle prestazioni concernenti i
diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale;
- norme generali
sull'istruzione;
- previdenza sociale;
- legislazione
elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di
comuni, province e città metropolitane;
- dogane, protezione dei
confini nazionali e profilassi internazionale;
- pesi, misure e
determinazione del tempo; coordinamento informativo
statistico e informatico dei dati dell'amministrazione
statale, regionale e locale; opere dell'ingegno;
- tutela dell'ambiente,
dell'ecosistema e dei beni culturali.
Sono materie di legislazione
concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con
l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero;
tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia
delle istituzioni scolastiche e con esclusione della
istruzione e della formazione professionale; professioni;
ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione
per i settori produttivi; tutela della salute;
alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile;
governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi
reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della
comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione
nazionale dell'energia;
previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei
bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e
del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e
ambientali e promozione e organizzazione di attività
culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di
credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e
agrario a carattere regionale. Nelle materie di legislazione
concorrente spetta alle regioni la potestà legislativa,
salvo che per la determinazione dei principi fondamentali,
riservata alla legislazione dello Stato.
Spetta alle regioni la potestà legislativa in riferimento ad
ogni materia non espressamente riservata alla legislazione
dello Stato.
Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni
dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e
provvedono all'attuazione e all'esecuzione degli accordi
internazionali e degli atti dell'Unione europea, nel
rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello
Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere
sostitutivo in caso di inadempienza.
La potestà regolamentare spetta allo Stato nelle materie di
legislazione esclusiva, salva delega alle regioni. La
potestà regolamentare spetta alle regioni in ogni altra
materia. I comuni, le province e le città metropolitane
hanno potestà regolamentare in ordine alla disciplina
dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro
attribuite.
Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la
piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale,
culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra
donne e uomini alle cariche elettive.
La legge regionale ratifica le intese della regione con
altre regioni per il migliore esercizio delle proprie
funzioni, anche con individuazione di organi comuni.
Nelle materie di sua competenza la regione può concludere
accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad
altro Stato, nei casi e con le forme disciplinati da leggi
dello Stato.».
- La legge
5 giugno 2003, n. 131, recante: «Disposizioni per
l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge
Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3», é pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 10 giugno 2003, n. 132.
- La legge
Costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante:
«Modifiche al titolo V della parte seconda della
Costituzione», é pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 24
ottobre 2001, n. 248.
Note all'art.
1:
- Per l'art. 117 della
Costituzione, vedi note alle premesse.
- L'art. 1, comma 4, della
legge 5 giugno 2003, n. 131, così recita:
- «In sede di
prima applicazione, per orientare l'iniziativa
legislativa dello Stato e delle regioni fino all'entrata
in vigore delle leggi con le quali il Parlamento
definirà i nuovi principi fondamentali, il Governo é
delegato ad adottare, entro tre anni dalla data di
entrata in vigore della presente legge, su proposta del
Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con i
Ministri interessati, uno o più decreti legislativi
meramente ricognitivi dei principi fondamentali che si
traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste
dall'art. 117, terzo comma, della Costituzione,
attenendosi ai principi della esclusività, adeguatezza,
chiarezza, proporzionalità ed omogeneità e indicando, in
ciascun decreto, gli ambiti normativi che non vi sono
compresi. Gli schemi dei decreti, dopo l'acquisizione
del parere della Conferenza permanente per i rapporti
tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, di seguito denominata: «Conferenza
Stato-regioni», sono trasmessi alle Camere per
l'acquisizione del parere da parte delle competenti
Commissioni parlamentari, compreso quello della
Commissione parlamentare per le questioni regionali, da
rendersi entro sessanta giorni dall'assegnazione alle
Commissioni medesime. Acquisiti tali pareri, il Governo
ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con
le eventuali modificazioni, alla Conferenza
Stato-regioni ed alle Camere per il parere definitivo,
da rendersi, rispettivamente, entro trenta e sessanta
giorni dalla trasmissione dei testi medesimi. Il parere
parlamentare definitivo é reso dalla Commissione
parlamentare per le questioni regionali. Gli schemi di
decreto legislativo sono esaminati rilevando se in essi
non siano indicati alcuni dei principi fondamentali
ovvero se vi siano disposizioni che abbiano un contenuto
innovativo dei principi fondamentali, e non meramente
ricognitivo ai sensi del presente comma, ovvero si
riferiscano a norme vigenti che non abbiano la natura di
principio fondamentale. In tal caso il Governo può
omettere quelle disposizioni dal decreto legislativo,
oppure le può modificare in conformità alle indicazioni
contenute nel parere o, altrimenti, deve trasmettere ai
Presidenti delle Camere e al Presidente della
Commissione parlamentare per le questioni regionali una
relazione nella quale sono indicate le specifiche
motivazioni di difformità dal parere parlamentare.».
Note all'art.
2:
- L'art. 2229 del Codice
Civile così recita: «Art. 2229 (Esercizio delle professioni
intellettuali). - La legge determina le professioni
intellettuali per l'esercizio delle quali é necessaria
l'iscrizione in appositi albi o elenchi.
L'accertamento dei requisiti per l'iscrizione negli albi o
negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere
disciplinare sugli iscritti sono demandati sotto la
vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga
diversamente.
Contro il rifiuto dell'iscrizione o la cancellazione dagli
albi o elenchi, e contro i provvedimenti disciplinari che
importano la perdita o la sospensione del diritto
all'esercizio della professione é ammesso ricorso in via
giurisdizionale nei modi e nei termini stabiliti dalle leggi
speciali.».
Note all'art.
3:
- Si riporta il testo degli
articoli 81, 82 e 86 del Trattato CE, ratificato con legge
14 ottobre 1957, n. 1203 e successive modificazioni:
«Art. 81.
- Sono incompatibili con
il mercato comune e vietati tutti gli accordi tra
imprese, tutte le decisioni di associazione d'imprese e
tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il
commercio tra gli Stati membri e che abbiano per oggetto
o per effetto di impedire, restringere o falsare il
gioco della concorrenza all'interno del mercato comune
ed in particolare quelli consistenti nel:
- fissare
direttamente o indirettamente i prezzi d'acquisto o
di vendita ovvero altre condizioni di transazione;
- limitare o
controllare la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo
tecnico o gli investimenti;
- ripartire i mercati
o le fonti di approvvigionamento;
- applicare, nei
rapporti commerciali con gli altri contraenti,
condizioni dissimili per prestazioni equivalenti,
così da determinare per questi ultimi uno svantaggio
nella concorrenza;
- subordinare la
conclusione di contratti all'accettazione da parte
degli altri contraenti di prestazioni supplementari,
che, per loro natura o secondo gli usi commerciali,
non abbiano alcun nesso con l'oggetto dei contratti
stessi.
- Gli accordi o
decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono
nulli di pieno diritto.
- Tuttavia, le
disposizioni del paragrafo 1 possono essere dichiarate
inapplicabili: a qualsiasi accordo o categoria di
accordi fra imprese; a qualsiasi decisione o categoria
di decisioni di associazioni d'imprese e a qualsiasi
pratica concordata o categoria di pratiche concordate
che contribuiscano a migliorare la produzione o la
distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso
tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori
una congrua parte dell'utile che ne deriva, ed evitando
di:
- imporre alle
imprese interessate restrizioni che non siano
indispensabili per raggiungere tali obiettivi;
- dare a tali imprese
la possibilità di eliminare la concorrenza per una
parte sostanziale dei prodotti di cui trattasi.».
«Art. 82. - E' incompatibile
con il mercato comune e vietato, nella misura in cui possa
essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo
sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una
posizione dominante sul mercato comune o su una parte
sostanziale di questo.
Tali pratiche abusive possono consistere in particolare:
- nell'imporre
direttamente od indirettamente prezzi di acquisto, di
vendita od altre condizioni di transazione non eque;
- nel limitare la
produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno
dei consumatori;
- nell'applicare nei
rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni
dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così
per questi ultimi uno svantaggio nella concorrenza;
- nel subordinare la
conclusione di contratti all'accettazione da parte degli
altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per
loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano
alcun nesso con l'oggetto dei contratti stessi.».
«Art. 86.
- Gli Stati membri non
emanano né mantengono, nei confronti delle imprese
pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti
speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme
del presente Trattato, specialmente a quelle contemplate
dagli articoli 7 e da 85 a 94 inclusi.
- Le imprese incaricate
della gestione di servizi d'interesse economico generale
o aventi carattere di monopolio fiscale, sono sottoposte
alle norme del presente Trattato, e in particolare alle
regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione
di tali norme non osti all'adempimento, in linea di
diritto e di fatto, della specifica missione loro
affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere
compromesso in misura contraria agli interessi della
Comunità.
- La Commissione vigila
sull'applicazione delle disposizioni del presente
articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri,
opportune direttive o decisioni.».
Note all'art.
6:
- L'art. 11 della legge 5
giugno 2003, n. 131, così recita:
«Art. 11. (Attuazione dell'art. 10 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).
- Per le regioni a
statuto speciale e le province autonome di Trento e di
Bolzano resta fermo quanto previsto dai rispettivi
statuti speciali e dalle relative norme di attuazione,
nonché dall'art. 10 della legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3.
- Le Commissioni
paritetiche previste dagli statuti delle regioni a
statuto speciale, in relazione alle ulteriori materie
spettanti alla loro potestà legislativa ai sensi
dell'art. 10 della citata legge costituzionale n. 3 del
2001, possono proporre l'adozione delle norme di
attuazione per il trasferimento dei beni e delle risorse
strumentali, finanziarie, umane e organizzative,
occorrenti all'esercizio delle ulteriori funzioni
amministrative.
- Le norme di attuazione
di cui al comma 2 possono prevedere altresì disposizioni
specifiche per la disciplina delle attività regionali di
competenza in materia di rapporti internazionali e
comunitari.».
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