Consiglio di Stato
- Sezione V - Sentenza n. 3852 del 15 luglio 2013
Contratti della Pubblica Amministrazione - Accesso agli atti
ex art. 22 e ss. l. n. 241/1990 di concessione
amministrativa del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani ed
assimilati e degli atti di sub-affidamento di segmenti del servizio
medesimo che il concessionario ha rilasciato in favore di imprese
private.
FATTO
Si controverte nel
presente giudizio in ordine al diritto della (***********) s.r.l., società
operante nel settore della raccolta, trasporto e recupero dei rifiuti in
Emilia-Romagna, ad accedere ex art. 22 e ss. l. n. 241/1990 agli atti di
concessione amministrativa del servizio di gestione integrata dei
rifiuti urbani ed assimilati rilasciati negli ambiti territoriali della
Regione a favore della ***********)s.p.a., società partecipata da enti
pubblici locali, e degli atti di sub-affidamento di segmenti del
servizio medesimo che detto concessionario ha rilasciato in favore di
imprese private.
A sostegno della pretesa
ostensiva la (***********):
- si vanta di essere
titolare di una posizione giuridica differenziata e qualificata,
derivante dalla sua operatività nello stesso settore economico;
- ne predica la
strumentalità rispetto alle esigenze di pianificazione della propria
attività imprenditoriale, sul rilievo che gli atti di affidamento
oggetto dell’istanza di accesso sono necessari al fine di conoscere il
mercato di riferimento.
Tali assunti sono stati
disattesi dapprima dalla citata concessionaria, la quale ha denegato
l’accesso, contestando che l’interesse conoscitivo azionato dalla
società istante si distingua da quello indifferenziato della generalità
dei consociati e paventando che dal suo soddisfacimento possa derivare
un indebito vantaggio in vista di future procedure di affidamento, e
quindi dal TAR Emilia-Romagna, sede di Bologna, successivamente adito
dalla ***********)con azione ex art. 116 cod. proc. amm., il quale ha
fatto integralmente propria la posizione della ***********).
Il giudice di primo grado
ha affermato che:
1) “la semplice
posizione di impresa operante da tempo nello specifico settore del
trasporto e trattamento dei rifiuti speciali ed urbani non è elemento
integrante, di per sé, quella posizione differenziata […] necessaria al
fine di potere chiedere l’ostensione di atti amministrativi”;
2) l’accesso ad atti
“relativi a precedenti gare pubbliche con le quali sono state scelte le
imprese affidatarie dei relativi appalti […] conferirebbe alla
richiedente l’accesso una ingiustificata posizione di vantaggio in vista
delle future gare bandite dalla società a capitale pubblico”.
Nel presente appello la
***********)ripropone tutti i motivi a sostegno della propria istanza di
accesso, dolendosi della “totale carenza di motivazione” della
sentenza di primo grado, nonché della condanna in suo danno alla
refusione delle spese a favore della ***********)s.p.a., benché evocata
in giudizio a mero titolo di litis denuntiatio.
Con riguardo alla ratio
decidendi sub 1), l’appellante osserva che la conoscenza degli atti
di concessione del servizio di gestione integrata dei rifiuti in favore
di ***********)e delle parti da quest’ultima appaltati a terzi privati
risponde ad una unitaria esigenza, che si correla alla propria
(affermata anche dal TAR) qualità di operatore del settore, di
“conoscere i mercati nei quali le è consentito o possibile operare”,
e cioè i segmenti di attività soggetti a privativa e quelli
liberalizzati, e che tale esigenza conoscitiva si impone in via
anticipata in un settore quale quello della gestione dei rifiuti, a
causa della necessità di programmare gli investimenti necessari per
conseguire i necessari requisiti di idoneità professionale e di
qualificazione tecnico-economici.
In relazione alla seconda
ragione esternata dal TAR, l’appellante nega di potere conseguire un
ingiustificato vantaggio competitivo in future procedure di affidamento,
osservando che della pronuncia favorevole sulla propria istanza
ostensiva potrebbero giovarsi altri operatori economici interessati e
che, inoltre, avendo ad oggetto affidamenti già in essere, con essi non
verrebbe a conoscere anticipatamente le strategie operative della
***********). In ogni caso, sottolinea di avere segnalato alla società
di valutare l’opportunità di oscurare i dati economici relativi agli
affidamenti da essa concessi.
Quest’ultima e la
***********)resistono all’appello con speculari memorie nelle quali
negano il diritto d’accesso ex adverso azionato in forza dei
seguenti rilievi:
- ad esso non è sotteso
alcun interesse giuridicamente qualificato ai sensi dell’art. 22, comma
1, lett. b), l. n. 241/1990, ma un interesse “meramente organizzativo
interno” di programmazione dell’attività d’impresa, esercitato nei
confronti di altre imprese private e non già pubbliche amministrazioni o
gestori di servizi pubblici, con le quali l’istante non ha alcun
rapporto;
- rispetto alla suddetta
esigenza la ***********)non ha provato il rapporto di stretta necessità
con i documenti oggetto dell’istanza ostensiva;
- la legislazione più
recente (art. 25 d.l. n. 1/2012, conv. con l. 27/2012; art. 11 d.lgs. n.
33/2013; art. 1, comma 15, l. n. 190/2012; art. 203, comma 2, lett. g),
d.lgs. n. 152/2006) prevede forme di pubblicità relative a servizi
pubblici idonee a soddisfare, su un piano di parità, l’interesse degli
aspiranti concessionari i dati ad essi relativi “in prospettiva dei
prossimi nuovi affidamenti”, mentre quello invocato in questo
giudizio “provocherebbe disallineamenti e distonie informative”;
- la conoscenza delle
attività sottoposte a privativa e quelle liberalizzate nel campo della
gestione dei rifiuti urbani è ricavabile dall’art. 25, comma 4, d.l. n.
1/2012 citato.
DIRITTO
1. Si può innanzitutto
prescindere dal motivo con il quale la ***********)censura la sentenza
del TAR di Bologna per difetto di motivazione.
Il giudizio d’appello che
si svolge davanti a questo Consiglio di Stato è, conformemente alla
natura del mezzo di impugnazione in questione, devolutivo e non già
cassatorio, destinato a concludersi con una pronuncia sostitutiva di
quella di primo grado, salvi i casi di inammissibilità, irricevibilità o
improcedibilità. La presenza di mende motivazionali nella pronuncia
impugnata rende certamente meno gravoso per l’appellante l’onere di
specificità ex art. 101, comma 1, cod. proc. amm. imposto nella
formulazione di motivi di impugnazione, i quali devono infatti
sostanziarsi in critiche puntuali alla decisione appellata (come
stabilito dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella
sentenza 4 giugno 2011, n. 10), ma non assurge di per sé a vizio in
grado di devolvere al giudice d’appello la cognizione sulla res
litigiosa, e consentire dunque la riforma della sentenza, se non
accompagnata dalla riproposizione dei motivi dell’originaria impugnativa
veicolati mediante lo sviluppo di puntuali censure alla contraria
decisione di primo grado.
Per convincersi di questa
considerazione basti rilevare che la società odierna appellante non a
torto si duole che entrambi i capi con i quali il TAR ha rigettato il
proprio ricorso sono fondati su un recepimento della posizione espressa
dalla ***********)nel proprio diniego all’istanza ostensiva senza alcuno
specifico vaglio critico dei motivi con i quali la medesima appellante
ne aveva sostenuto in primo grado l’illegittimità.
2. E’ dunque a questi
ultimi motivi, puntualmente riproposti nell’atto di appello, che occorre
avere riguardo.
Essi sono fondati.
2.1 In fatto deve
rilevarsi innanzitutto esservi prova la ***********)è società operante
nel settore dei servizi di gestione dei rifiuti in Emilia-Romagna.
Ciò risulta dalla
documentazione dalla stessa prodotta nel giudizio di primo grado (in
particolare l’iscrizione all’albo nazionale dei gestori di servizi
ambientali – sezione Emilia-Romagna) e dall’assenza di contestazione da
parte delle società resistenti.
2.2 Sempre rimanendo ai
profili soggettivi, il Collegio reputa anche provata la natura di
organismo di diritto pubblico della ***********).
Si tratta infatti di ente
societario dotato di personalità giuridica (società per azioni),
assoggettata a governance pubblica in virtù del controllo congiunto di
diritto operato da enti pubblici locali emiliani, in forza di apposite
previsioni statutarie (art. 7), attraverso il possesso della maggioranza
assoluta del capitale sociale e, conseguentemente, il diritto di nomina
della maggioranza dell’organo amministrativo.
Sussiste inoltre il
requisito teleologico, lo stesso evincendosi ancora una volta dallo
statuto, ed in particolare dall’oggetto sociale dell’***********),
consistente nella gestione integrata delle risorse idriche, energetiche,
dei servizi ambientali (art. 4).
Tanto meno quest’ultima
nega di essere affidataria diretta in regime di concessione del servizio
di gestione dei rifiuti urbani in numerosi ambiti territoriali emiliani,
così come il regime di privativa che contraddistingue tale attività, sia
pure con portata diversa nella successione di leggi in materia, il tutto
come descritto nella puntuale ricostruzione offerta sul punto dalla
società odierna appellante.
2.3 I rilievi ora svolti
consentono allora di superare le difese con cui detta società nega di
potere essere considerata soggetto passivo dell’istanza ostensiva della
***********).
In contrario è infatti
agevole osservare che l’art. 22, comma 1, lett. e), l. n. 241/1990
considera come pubbliche amministrazioni soggette alla normativa sul
diritto d’accesso anche i soggetti di diritto privato “limitatamente
alla loro attività di pubblico interesse”.
Non è dubitabile che la
gestione dei rifiuti urbani rientri in tale definizione, visto che essa
consiste in un’attività facente capo ad enti pubblici, anche se
affidabile a privati mediante concessione amministrativa, rispondente ad
un bisogno generalizzato della popolazione di pulizia, decoro e
vivibilità delle aree urbane, oltre che di tutela della salute
collettiva e, da ultimo, di recupero energetico. La prova di ciò è
ricavabile nel caso di specie dalla sopra descritta governance
pubblica cui la Hera è sottoposta, potendosi da ciò desumere la volontà
degli enti pubblici partecipanti di riservare a sé, attraverso un ente
di propria diretta emanazione, la gestione delle attività inerenti i
rifiuti urbani.
Non ha pregio dunque
l’argomento della Hera tendente a ricostruire i rapporti con la
***********)come tra imprese private operanti su un piano di parità.
Un simile assetto è
recisamente da escludere nel caso in cui, malgrado la veste privatistica,
una società benefici di “diritti esclusivi” ai sensi dell’art.
106 T.F.U.E., come quello derivante dall’affidamento in via diretta ed
in regime di concessione amministrativa del servizio di gestione dei
rifiuti urbani. La strumentalità dell’esonero dalle regole comunitarie
in materia di concorrenza rispetto all'adempimento delle missioni di
interesse generale, che da tale posizione deriva, è l’indice della
“pubblicità” sostanziale dell’ente privato, così giustificandosi il
fatto che lo stesso sia assoggettato al diritto d’accesso ai sensi degli
artt. 22 e ss. della legge generale sul procedimento amministrativo,
quale strumento rivolto ad assicurare i precetti di trasparenza ed
imparzialità propri dell’agire amministrativo.
In relazione all’attività
oggetto di detti diritti esclusivi è infatti configurabile una posizione
di supremazia pienamente assimilabile a quelle delle pubbliche
amministrazioni tradizionali. Correlativamente, gli operatori del
settore in questione sono, in quanto tali, astrattamente titolati ad
accedere agli atti relativi alla ridetta attività, perché in relazione
ad essa ricorre quel rapporto tra amministrazione ed amministrati – per
usare le stesse parole delle odierne appellate - che costituisce il
fondamento del diritto d’accesso.
2.4 In forza di quanto ora
osservato risulta chiaro come la ***********)vanti un interesse
giuridicamente rilevante ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. b), l. n.
241/1990 a sostegno della propria istanza ostensiva.
Il fatto che si tratti di
un interesse “meramente interno” alla propria sfera
organizzativa, come osservano le appellate, non può condurre a diverse
conclusioni.
Non vi è nemmeno bisogno
di richiamare i principi affermati in punto situazione legittimante
l’accesso dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nella
sentenza 24 aprile 2012, n. 7, e cioè che questa non deve assurgere a
posizione giuridica tutelata in modo pieno, essendo per contro
sufficiente il collegamento con una situazione giuridicamente
riconosciuta anche in misura attenuata. Qui, infatti, la
***********)deduce che l’istanza di accesso su cui si controverte è
finalizzata a conoscere “quale sia l’ambito di una attività economica
sottratta a monopolio legale”, al fine di potere pianificare la
propria politica di investimenti aziendali, per cui il bisogno
conoscitivo azionato risulta inerire all’esercizio di un’attività
economica, donde la riconducibilità dell’interesse ad essa sotteso
all’art. 41 Cost.
Costituisce fatto notorio,
ai sensi e per gli effetti dell’art. 115, comma 2, cod. proc. civ., che
il razionale esercizio dell’impresa si fonda anche sulla programmazione
degli investimenti, vale a dire dei beni da impiegare nel ciclo
produttivo. La quale attività, a sua volta, non può prescindere dalla
previa conoscenza del mercato di riferimento e dagli sbocchi da esso
concessi. Solo tale conoscenza consente infatti di impostare in modo
efficace un piano di investimenti in grado di dotare l’impresa dei mezzi
necessari per competere nel confronto con i concorrenti, scongiurando i
rischi di sovra o sottodimensionamento che condannerebbero l’impresa,
nel primo caso, a fronteggiare oneri economici sproporzionati rispetto
alle proprie concrete esigenze produttive e, nel secondo caso, a non
potere porsi in grado di rivaleggiare con i propri competitori. Tanto
più questa esigenza è avvertita nel settore degli appalti pubblici e
segnatamente in quello dei servizi di gestione dei rifiuti, l’accesso ai
quali – come puntualmente rileva l’appellante – è condizionato dal
possesso di requisiti di idoneità professionale e di qualificazione
tecnico-finanziaria il cui soddisfacimento non è certo possibile
dall’oggi al domani, ma richiede una accorta e tempestiva politica
aziendale.
2.5 Le considerazioni ora
svolte consentono di superare l’ulteriore argomento difensivo, peraltro
genericamente formulato, a mente del quale la documentazione di cui
all’istanza sarebbe al più utile rispetto al sopra descritto interesse
ma non necessaria.
Come infatti evidenziato
sopra, ogni operatore economico ha la necessità di conoscere il contesto
di riferimento nel quale opera.
Applicato tale assunto al
caso di specie, non vi è dubbio che nel settore della gestione dei
rifiuti urbani sia indispensabile conoscere, da un lato, quali siano i
servizi oggetto di privativa ed i segmenti o le parti di questi che il
soggetto titolare di tale privativa abbia riaperto al mercato mediante
sub-affidamento a privati.
3. Può dunque passarsi
all’esame della questione concernente l’indebito vantaggio competitivo
che attraverso i documenti di cui alla presente istanza d’accesso la
***********)otterrebbe.
3.1 Sul punto il Collegio
rileva in primo luogo che né nel diniego opposto dalla Hera, né nella
sentenza di primo grado, né tanto meno nelle memorie difensive delle
appellate sono stati addotti elementi atti a far comprendere come
dall’accesso invocato l’odierna appellante possa conseguire un vantaggio
nei confronti di altri potenziali competitori.
La deduzione si sostanzia
infatti nella prospettazione di un fatto impeditivo del diritto
d’accesso, che sarebbe stato onere delle odierne appellate, ai sensi
dell’art. 2697, comma 2, cod. civ., allegare in modo puntuale.
3.2 In ogni caso, si
rivela idoneo a neutralizzare il vago rischio in questione il rilievo
della ***********)secondo cui possono vantare un identico interesse
ostensivo tutti gli altri operatori economici del settore. Non si vede
infatti come la ***********)possa avvantaggiarsi dalla conoscenza degli
atti di affidamento del servizio in regime di concessione in favore
della ***********)e quelli con i quali quest’ultima abbia riaperto il
mercato a valle del monopolio legale in proprio favore. Come
puntualmente osserva l’appellante, infatti, si tratta di atti relativi
nel loro complesso a conoscere “gli affidamenti in essere” e
dunque i settori astrattamente contendibili, ma non già le future scelte
del monopolista. Alla stregua delle presenti considerazioni, quindi, non
è possibili apprezzare alcun rischio che la ***********), data la
possibilità di conoscere futuri affidamenti, possa svolgere attività di
insider.
3.3 Parimenti inidonei a
paralizzare la presente istanza ostensiva sono i richiami, fatti dalle
appellate, alle ipotesi già disciplinate di comunicazione di dati
relativi allo svolgimento di servizi pubblici, dovendosi in particolare
rilevare che:
- l’art. 25, comma 6, d.l.
n. 1/2012 (“Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle
infrastrutture e la competitività”) ha oggetto e destinatari diversi,
concernendo i dati tecnici ed economici degli impianti e delle
infrastrutture afferenti il servizi, di cui l’ente affidante deve poter
essere a conoscenza in vista delle gare future (si tratta di una norma
che attua quanto stabilito da questa Sezione nella sentenza 27 maggio
2011, n. 3190);
- in questa medesima
prospettiva si colloca l’art. 203, comma 2, lett. g), t.u. ambiente, in
quanto relativo agli obblighi informativi cui per contratto di servizio
è tenuto il gestore del servizio nei confronti dell’autorità affidante;
- l’art. 11 d.lgs. n.
33/2013 (“Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di
pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle
pubbliche amministrazioni”) enuncia la regola generale della
parificazione delle società partecipate quanto agli obblighi di
trasparenza fissati nella l. n. 190/2012, (“Disposizioni per la
prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella
pubblica amministrazione”), cui fa rinvio;
- quest’ultima, ed in
particolare l’art. 1, comma 15, ha ancora una volta un oggetto diverso
rispetto a quello dell’istanza di accesso della Specialtrasporti,
riguardando i costi di produzione dei servizi pubblici, rispetto ai
quali quest’ultima non ha manifestato alcun interesse conoscitivo e che,
invece, costituisce un dato di rilievo per la generalità dei consociati.
3.4 Sul punto è ancora il
caso di evidenziare che tali disposizioni, ed in particolare quelle di
cui alla legge anticorruzione ad a quella di riordino della trasparenza
amministrativa si collocano in un filone espressivo di un preciso
indirizzo di politica legislativa volto ad estendere e rafforzare il
diritto d’accesso.
Infine, non giova
richiamare il disposto dell’art. 25, comma 4, del citato d.l. n. 1/2012,
il quale disciplina nuovamente le attività di gestione dei rifiuti
urbani che possono essere affidati a privati mediante gara, giacché esso
concerne appunto le procedure di affidamento future, mentre – come
finora visto - la Specialtrasporti ha chiaramente manifestato la
necessità di conoscere gli affidamenti in essere.
E’ indiscutibile che la
norma in esame abbia liberalizzato il settore, essendosi con essa
introdotta la possibilità di esternalizzare ogni fase del ciclo di
gestione dei rifiuti urbani, ma ciò non vuol dire che con essa si
determini immediatamente una generalizzata apertura del mercato. E’
infatti da un lato possibile che gli enti pubblici partecipanti alla
Hera mantengano la gestione diretta di alcune attività, ad esempio
attraverso società in house di terza generazione. D’altro canto si deve
tenere conto del fatto che l’attualizzazione dell’obbligo del ricorso al
mercato è inevitabilmente destinata a realizzarsi “a macchia di
leopardo”, a seconda della diversa scadenza dei sub-affidamenti già in
essere.
Ne consegue che anche
all’indomani della normativa in esame deve ritenersi tuttora attuale
l’interesse conoscitivo sotteso all’istanza d’accesso su cui si
controverte, in quanto:
- è ragionevolmente
presumibile che la situazione di internalizzazione del servizio possa
essere mantenuta nei settori già direttamente gestiti dalla Hera o
comunque è meno probabile che alla scadenza questi vengano proposti in
affidamento ai privati, per cui è necessario conoscere la situazione in
essere al fine di valutare con piena cognizione di causa in riferimento
agli stessi i rischi-opportunità di un piano di rafforzamento della
struttura organizzativa aziendale;
- è necessario per la
***********)conoscere le scadenze dei sub-affidamenti già in atto, in
modo da potere cadenzare nel tempo gli investimenti aziendali necessari
a dotarsi dei requisiti di professionalità attraverso i quali concorrere
alle procedure di gara immediatamente successive.
3.5 Infine, in sede di
discussione il difensore di parte appellata ha posto in rilievo il fatto
che gli atti ai quali la ***********)pretende di accedere sono già
depositati presso la competente autorità ambito regionale in materia di
gestione dei rifiuti.
Tuttavia, l’assunto non
conduce evidentemente a mutare le conclusioni cui si è finora giunti,
visto che tale circostanza non esclude che l’accesso possa anche essere
esercitato direttamente nei confronti del gestore se anche in relazione
ad esso sussistono i presupposti di legge, come visto.
4. Pertanto, in
accoglimento del presente appello, ed in riforma della sentenza
appellata, va ordinato alla ***********)di consentire alla
***********)l’accesso, mediante presa visione ed estrazione di copia,
degli atti di affidamento in concessione del servizio di gestione dei
rifiuti urbani in proprio favore e di quelli relativi ai sub-affidamenti
dalla medesima appellata rilasciati, il tutto, visto il disposto
dell’art. 116, comma 4, cod. proc. amm., entro il termine di 30 giorni
dalla comunicazione in via amministrativa o, se precedente,
notificazione della presente sentenza.
5. Venendo al motivo con
il quale l’appellante si duole di essere stata condannata alla refusione
delle spese in favore della Herambiente, deve preliminarmente osservarsi
che esso risulta logicamente assorbito dall’accoglimento nel merito
dell’appello e della domanda ostensiva azionata. Tale statuizione
comporta infatti il travolgimento in via consequenziale del pertinente
capo della sentenza appellata, comportando la necessità di regolare
ex novo anche le spese del primo grado.
Qui peraltro, è il caso di
osservare come la statuizione di condanna alla refusione delle spese
adottata dal TAR a favore della suddetta società non è errata.
Non appare infatti
configurabile nel caso del ricorso di primo grado una notifica al solo
scopo di denuntatio litis, dovendo presumersi che essa sia stata
finalizzata allo scopo di ottenere un accertamento del diritto d’accesso
anche nei confronti della ridetta società.
L’indirizzo della
giurisprudenza di legittimità richiamato sul punto dalla ***********)(da
ultimo ribadito da Cass., sez. III, 16 febbraio 2012, n. 2208) non è
pertinente, essendo relativo al giudizio d’appello con pluralità di
parti in cause scindibili ai sensi dell'art. 332 cod. proc. civ., e cioè
di cause cumulate nello stesso processo per un mero rapporto di
connessione, in relazione alla notificazione dell’impugnazione nei
confronti di una parte rispetto al quale l’appellante non sia
soccombente.
Ciò precisato, si
ravvisano giusti motivi ex art. 92 cod. proc. civ. per compensare
integralmente le spese del doppio grado, in considerazione della novità
della questione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
definitivamente
pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per
l’effetto, in riforma della sentenza appellata, ordina ad ***********)
s.p.a. di consentire alla ***********)s.r.l. l’accesso agli atti nei
termini specificati in motivazione.
Fonte:
Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa
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