Consiglio
di Stato A.P. 27 marzo 2019 n. 6
Conseguenze della mancanza del
requisito di qualificazione in misura corrispondente alla quota dei lavori
Contratti della Pubblica
amministrazione – Raggruppamento temporaneo di imprese – Quota di lavori
dichiarata in offerta - Requisito di un componente insufficiente – Conseguenza.
In applicazione dell’art. 92,
comma 2, d.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207, la mancanza del requisito di
qualificazione in misura corrispondente alla quota dei lavori, cui si è
impegnata una delle imprese costituenti il raggruppamento temporaneo in sede di
presentazione dell’offerta, è causa di esclusione dell’intero raggruppamento,
anche se lo scostamento sia minimo ed anche nel caso in cui il raggruppamento
nel suo insieme (ovvero un’altra delle imprese del medesimo) sia in possesso del
requisito di qualificazione sufficiente all’esecuzione dell’intera quota di
lavori (1).
(1) La questione era stata rimessa dalla sez.
V con ordinanza 18 ottobre 2018, n. 5957.
Ha chiarito l’Alto Consesso che è possibile
ritenere come “formalistica” l’interpretazione ora offerta, contrapponendola
(come non condivisibilmente effettuato dall’appellante) ad un’altra
interpretazione di tipo “sostanzialistico”, secondo la quale – in presenza delle
tre condizioni più volte innanzi indicate – il principio di doverosa
corrispondenza tra i requisiti di partecipazione di ciascuna impresa e la quota
di esecuzione dichiarata “non può dirsi nella sostanza violato”, posto che si
otterrebbe anche il “contemperamento tra il principio di libero accesso alle
gare ed il principio della necessaria affidabilità degli offerenti”.
A tal fine, occorre in primo luogo osservare
come la funzione cui sono preordinati i requisiti di qualificazione ne esclude,
per le ragioni di tutela dell’interesse pubblico innanzi esposte, una loro
natura meramente “formale”, risolvendosi essi in requisiti di affidabilità
professionale del potenziale contraente, la cui natura “sostanziale” è del tutto
evidente.
Di modo che una non corrispondenza, in sede di
partecipazione alla gara, tra requisito e quota dei lavori da eseguire si
risolve non già in una imprecisione formale ovvero in una sorta di errore
materiale, bensì in una violazione sostanziale di regole disciplinanti l’intero
sistema dei contratti pubblici (e valevoli oggettivamente per tutti i
partecipanti alle gare).
Né, inoltre, può dirsi pretermesso il principio
del libero accesso alle gare (più volte richiamato dall’appellante), posto che
tale accesso è certamente “libero” per i soggetti che rispondono ai requisiti
previsti dall’ordinamento per la partecipazione.
D’altra parte, il principio volto a garantire
la più ampia partecipazione alle gare non agisce “in astratto”, ma esso, nella
sua concreta attuazione, non può che riferirsi ad imprese che – per serietà ed
affidabilità tecnico-professionale (appunto validate dal possesso dei requisiti)
– sono potenzialmente idonee ad assumere il ruolo di contraenti con gli
operatori economici pubblici.
Nel caso di specie, quanto richiesto dalle
norme regolamentari e dal bando di gara non appare costituire un impedimento
irragionevole alla partecipazione (così costituendo un vulnus per il
principio di libera partecipazione), posto che le imprese associate ben possono
attribuire a ciascuna di esse ex ante una quota di lavori corrispondente
al requisito di qualificazione.
Si intende cioè affermare che nulla vieta al
r.t.i. la partecipazione alla gara, ben potendo questa avvenire con una
attribuzione delle quote di lavori tra le imprese associate coerente con i loro
requisiti di partecipazione.
In altre parole, ciò che si vuol rendere
possibile ex post, attraverso l’intervento di un’altra impresa associata
avente un requisito “sovrabbondante”, non si vede perché non possa correttamente
avvenire ex ante, in sede di ripartizione tra le associate delle quote
dei lavori: il che dimostra come non sussista alcun irragionevole restringimento
del principio di ampia e libera partecipazione alle gare.
Giova ancora osservare come l’interpretazione
cd. “sostanzialistica”, nel richiedere, tra le condizioni per evitare
l’esclusione dalla gara del r.t.i. per mancanza di corrispondenza tra requisiti
di qualificazione e quote di esecuzione lavori, quella della misura “minima” o
“non eccessiva” dello scostamento, finisce per dar luogo:
- per un verso, ad un non consentito fenomeno
di integrazione normativa, attesa la chiara prescrittività del dato normativo in
favore della corrispondenza. Nel caso di specie, infatti, l’interprete finirebbe
non già per individuare l’esatto contenuto normativo della disposizione (che
prevede un chiaro principio di corrispondenza), quanto per aggiungere ad essa
una norma ulteriore, peraltro di incerta prescrittività;
- per altro verso, ad una invasione del campo
riservato alla pubblica amministrazione, valutando ex post – in luogo di
questa ed in assenza di dato normativo – quando uno scostamento possa definirsi
minimo e, dunque, non rilevante ai fini dell’esclusione;
- per altro verso ancora, ad una lesione del
principio della par condicio dei concorrenti, laddove si consentisse alla
stazione appaltante di valutare ex post quando (ed in che misura) lo
scostamento può definirsi irrilevante.
Delle considerazioni (e preoccupazioni) ora
esposte si è resa conto la stessa ordinanza di rimessione laddove, per il caso
di adesione alla tesi cd. sostanzialistica, ha in via subordinata richiesto che
questa Adunanza Plenaria determini “la soglia superata la quale lo scostamento
non possa più essere considerato minimo”.
Il che dimostra, contemporaneamente, il timore
per l’esercizio da parte della stazione appaltante di un potere discrezionale
ex post e non sorretto da indicazioni normative e la natura di integrazione
normativa (e non di interpretazione) di quanto richiesto.