Consiglio di Stato sez. III 2
settembre 2019 n. 6058
Discrezionalità tecnica nelle valutazioni espresse dalla
Commissione giudicatrice sulle offerte tecniche e sindacato del
giudice amministrativo
Contratti della Pubblica
amministrazione - Offerta - Offerte tecniche - Declaratoria di
inammissibilità del ricorso per insindacabilità della
valutazione - Annullamento con rinvio al giudice di primo grado.
Va annullata con rinvio al giudice di primo
grado la sentenza del Tar che ha dichiarato inammissibile
l’impugnazione dell’esito di una gara pubblica per la non
corretta valutazione delle offerte tecniche sul rilievo dell’insindacabilità
giurisdizionale dell’attività valutativa da parte della
Commissione giudicatrice, senza però in alcun modo supportare
tale affermazione con una almeno sintetica disamina circa il
contenuto delle censure tecniche
(1).
(1) Ha chiarito la Sezione che il
sindacato del giudice amministrativo sull’esercizio della
propria attività valutativa da parte della Commissione
giudicatrice di gara non può sostituirsi a quello della pubblica
amministrazione, in quanto la valutazione delle offerte nonché
l’attribuzione dei punteggi da parte della Commissione
giudicatrice rientrano nell’ampia discrezionalità tecnica
riconosciuta a tale organo.
Le censure che attingono il merito di tale
valutazione (opinabile) sono inammissibili, perché sollecitano
il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato
sostitutivo, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art.
134 c.p.a., fatto salvo il limite della abnormità della scelta
tecnica (v., tra le numerose pronunce,
Cons.
St., sez. V, 8 gennaio 2019, n. 173;
Cons. St., sez. III, 21 novembre 2018, n. 6572).
Ne deriva che, come da consolidato
indirizzo giurisprudenziale, per sconfessare il giudizio della
Commissione giudicatrice non è sufficiente evidenziarne la mera
non condivisibilità, dovendosi piuttosto dimostrare la palese
inattendibilità e l’evidente insostenibilità del giudizio
tecnico compiuto.
La declaratoria di inammissibilità
del ricorso, senza nemmeno scrutinare l’essenza delle sue
fondamentali censure tecniche, è tuttavia una “formula pigra” e
reca una motivazione apparente, che cela un sostanziale rifiuto
di giurisdizione e un’abdicazione alla propria doverosa
potestas iudicandi
da parte del giudice amministrativo anche entro il
limite, indiscusso, di un giudizio che in nessun modo intenda
sostituirsi a quello della pubblica amministrazione e, cioè, di
un sindacato giurisdizionale intrinseco, ma “debole”.
Una sentenza che quindi non
eserciti alcun sindacato giurisdizionale sull’attività
valutativa da parte della Commissione giudicatrice, affermando
sic et simpliciter che il ricorso a tal fine proposto
solleciterebbe un sindacato sostitutivo del giudice
amministrativo, senza però in alcun modo supportare tale
affermazione con una almeno sintetica disamina circa il
contenuto delle censure tecniche, e trincerandosi
apoditticamente dietro la natura non anomala o non
manifestamente irragionevole della valutazione espressa dalla
Commissione, reca una motivazione apodittica e tautologica e, in
quanto tale, meritevole di annullamento con rinvio al primo
giudice, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a., per nullità
della stessa in difetto assoluto di motivazione, come ha
stabilito l’Adunanza plenaria in alcune fondamentali pronunce (Cons.
St., A.P., 28 settembre 2018, n. 15).
La motivazione tautologica non è
sindacabile dal giudice dell’appello, in quanto essa costituisce
un atto d’imperio immotivato e, dunque, non è nemmeno
integrabile da detto giudice, se non con il riferimento alle più
varie, ipotetiche congetture circa la vera ratio decidendi
della sentenza impugnata, che tuttavia non è dato rinvenire
nell’apparato motivazionale, sicché una sentenza “congetturale”
è, per definizione, una non-decisione giurisdizionale – o, se si
preferisce, e all’estremo opposto, un atto di puro arbitrio – e,
quindi, un atto di abdicazione al proprio potere decisorio da
parte del giudice
Fonte:
Consiglio di Stato - La Giustizia Amministrativa |
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