Compensazione per “correggere” un
d.u.r.c. irregolare prodotto in sede di gara pubblica
Consiglio di Stato - Sez. III, 10
dicembre 2020, n. 7877
Contratti della Pubblica
amministrazione – Esclusione dalla gara – Durc irregolare –
Correzione con compensazione – Condizione.
Al di là della portata
innovativa o meno della modifica dell’art. 80, comma 4, quinto
periodo, d.lgs. n. 50 del 2016, introdotta dall’art. 8, comma 5,
d.l. 17 luglio 2020, n. 76, l’accertamento dell’esistenza di un
controcredito da portare in compensazione di un Durc irregolare
prodotto in sede di gara pubblica va scrutinato sulla base della
specifica disciplina di settore; non è quindi utile la
compensazione amministrativa o legale tra l’impresa ausiliaria e
l’Inps con riferimento al rapporto di debito/credito
intercorrente tra i due soggetti”, sia in ragione dell’effetto
solutorio del versamento tardivo, che ha estinto l’obbligazione
in modo satisfattivo per il creditore pubblico, sia in
considerazione del fatto che il “meccanismo della compensazione
amministrativa previsto dall’art. 3, comma 2, lett. c), d.m. 30
gennaio 2015 fa riferimento al c.d. Durc interno ossia alla
procedura che riguarda i rapporti contributivi tra l’impresa e
l’Inps (1).
(1) Ha ricordato la Sezione che
in tema di gare ad evidenza pubblica, ai sensi dell’art. 38,
comma 1, lett. i, d.lgs. n. 163 del 2006, secondo cui
costituiscono causa di esclusione dalle gare le gravi violazioni
delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, la
nozione di “violazione grave” non è rimessa alla valutazione
caso per caso della stazione appaltante, ma si desume dalla
disciplina previdenziale, ed in particolare dal Durc; ne
consegue che la verifica della regolarità contributiva delle
imprese partecipanti a procedure di gara per l’aggiudicazione di
appalti con l’Amministrazione è demandata agli istituti di
previdenza, le cui certificazioni si impongono alle stazioni
appaltanti, che non possono sindacarne il contenuto (Cons.
Stato, A.P., 4 maggio 2012, n. 8). Tale pronuncia, peraltro,
è stata resa in fattispecie nella quale è stato ritenuto
legittimo un provvedimento di esclusione basato su di un Durc negativo,
ed è stata conseguentemente riformata la sentenza appellata
nella parte in cui ha escluso la definitività della violazione
alle norme in materia di contributi in ragione della
proposizione, davanti al competente Tribunale, di un ricorso
finalizzato ad accertare la regolarità della posizione
contributiva dell’impresa esclusa perché destinataria del Durc negativo.
In base alla disciplina normativa sopra richiamata la violazione
ostativa rispetto alla partecipazione alla gara è quella
indicata nel Durc: nondimeno, è stato chiarito (Cons. Stato,
A.P., 25 maggio 2016, n. 10; id., sez. V,
5 giugno 2018, n. 3385; id.
n. 4188 del 2019) che in presenza di Durc irregolare
che non corrisponde alla reale situazione contributiva
dell’operatore economico, e che abbia comportato l’adozione di
un provvedimento espulsivo da parte della stazione appaltante, è
consentita l’impugnazione delle determinazioni cui è giunta la
stazione appaltante dinanzi al giudice amministrativo, il quale
ha la possibilità di compiere un accertamento puramente
incidentale, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., sulla regolarità del
rapporto previdenziale.
Il regime delle “violazioni
ostative al rilascio del documento unico di regolarità
contributiva” (così il citato comma 2 dell’art. 38), proprio in
quanto individuato mediante rinvio al Durc, è integrato dal
regolamento adottato con decreto del Ministero del lavoro e
delle politiche sociali 30 gennaio 2015 in attuazione dell'art.
4, d.l. 20 marzo 2014, n. 34, convertito dalla legge 16 maggio
2014, n. 78 (recante «Semplificazioni in materia di Documento
Unico di Regolarità Contributiva»). Esso stabilisce che la
situazione di regolarità dell’impresa sussiste in caso di
“crediti in fase amministrativa oggetto di compensazione per la
quale sia stato verificato il credito, nelle forme previste
dalla legge o dalle disposizioni emanate dagli Enti preposti
alla verifica e che sia stata accettata dai medesimi Enti” [art.
3, comma 2, lett. c)].
Tale decreto integra il precetto normativo dell’art. 38, d.lgs.
n. 163 del 2006, nella misura in cui concorre a definire la
disciplina delle violazioni contributive rilevanti ai fini
dell’esclusione dalla procedura di gara relativa
all’aggiudicazione di un contratto pubblico (l’art. 4, comma 1,
d.l. n. 34 del 2014 rimette infatti a tale disciplina la
verifica della “regolarità contributiva nei confronti
dell'INPS”: con la conseguenza che l’accertamento delle
“violazioni gravi, definitivamente accertate, alle norme in
materia di contributi previdenziali e assistenziali”, di cui
all’art. 38, d.lgs. n. 163 del 2006, deve essere operato alla
stregua di tale normativa).
In altre parole, l’accertamento dell’esistenza di un
controcredito da portare in compensazione (in tesi tale da
dimostrare la regolarità contributiva dell’impresa) va comunque
scrutinato sulla base della specifica disciplina di settore.
Quest’ultima richiede la verifica del credito e l’accettazione
da parte dell’ente debitore.
A conclusioni non dissimili si giunge se si invoca il diritto
comune.
La compensazione (legale), quale modalità – satisfattiva - di
estinzione dell’obbligazione diversa dall’adempimento, opera -
con riferimento a crediti omogenei, liquidi ed esigibili: art.
1243, primo comma, cod. civ. – dal momento della loro
coesistenza, ma solo a seguito di eccezione della parte
convenuta in giudizio per l’adempimento del debito (art. 1242,
primo comma, cod. civ.): la ratio di tale disposizione è
comunemente individuata nella tutela dell’interesse del debitore
a valutare l’interesse anche al proprio adempimento (dal che
l’esclusione dell’automaticità dell’estinzione: richiedendosi
comunque, anche se in via stragiudiziale, un “atto decisionale
del debitore”).
Si ritiene, in particolare, che il “fatto-coesistenza” non abbia
di per sé effetti estintivi (tanto che il creditore, in mancanza
dell’eccezione, può chiedere ed ottenere l’adempimento), ma
l’effetto modificativo-costitutivo del sorgere del diritto di
opporre la compensazione (al cui esercizio soltanto segue
l’effetto estintivo ex tunc).
In disparte la compatibilità strutturale della richiamata
disciplina del codice civile (implicante una difesa processuale,
o comunque una dialettica sostanziale, diretta a neutralizzare
la domanda del creditore) con la fattispecie di sindacato
incidentale del Durc in sede di impugnazione del provvedimento
espulsivo, ciò che appare ancor più problematico è il
coordinamento, sul piano funzionale, con la specificità delle
regole in materia di procedimenti di evidenza pubblica.
L’argomento è stato recentemente indagato dalla sentenza della
sez. V del Consiglio di Stato n. 4188 del 2019 (resa in
fattispecie relativa all’applicazione dell’art. 80, d.lgs. n. 50
del 2016, ma con riferimento ad un profilo indifferente alla
successione di norme): con riguardo anche al profilo diacronico,
avendo la pronuncia giustamente sottolineato l’esigenza che
l’iniziativa, anche stragiudiziale, del debitore si collochi
comunque in epoca anteriore a quella della “presentazione
dell’offerta in gara”.
Perché la compensazione operi nel senso di “correggere” un Durc irregolare,
è dunque necessario che il meccanismo legale disciplinato dal
codice civile si coordini con le specifiche regole della
disciplina del procedimento di gara.
D’altra parte, lo stesso art. 1246, n. 5), cod. civ. esclude che
la compensazione operi nei casi di divieto (espresso o tacito)
previsto dalla legge: a tutela dell’interesse creditorio, ma
anche di interessi superindividuali presidiati da norme
imperative.
La dottrina civilistica ha in proposito escluso che le
esigenze contabili dell’amministrazione possano supportare
l’affermazione di un generale limite alla compensazione operante
nei confronti degli enti pubblici: ma ha comunemente osservato
che l’operatività dell’istituto rimane subordinata al rispetto
delle forme e delle iniziative prescritte dalle normative di
settore.
Fonte: Consiglio
di Stato - La Giustizia Amministrativa
|
|