Limiti alla suddivisione in
lotti delle prestazioni oggetto di gara
Consiglio di Stato - Sez. III, 5
febbraio 2020, n. 932
Contratti della Pubblica
amministrazione – Lotti – Suddivisione - Limiti.
Alle stazioni appaltanti è
vietato suddividere le prestazioni oggetto di una gara d’appalto
in lotti distinti laddove ciò non sia giustificato dalla
diversità dei servizi o delle forniture oggetto dei vari
sub-lotti e/o dalla esigenza di favorire la partecipazione alla
gara delle piccole e medie imprese (1).
(1) La Sezione ha ricordato che
l’art. 51, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, al comma 1, prevede che
“..le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti
funzionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero
in lotti prestazionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera
ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel
settore dei lavori, servizi e forniture” soggiungendo nel
successivo periodo che “Le stazioni appaltanti motivano la
mancata suddivisione dell'appalto in lotti nel bando di gara o
nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli
articoli 99 e 139”.
Al contempo, mette conto
evidenziare che tale principio non assume valenza assoluta ed
inderogabile.
La Sezione ha di recente
evidenziato che, in materia di appalti pubblici, costituisce
principio di carattere generale la preferenza per la
suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la
partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese; tale
principio come recepito all'art. 51, d.lgs. 18 aprile 2016, n.
50, non costituisce una regola inderogabile, in quanto la norma
consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati
motivi, che devono però essere puntualmente espressi nel bando o
nella lettera di invito, proprio perché il precetto della
ripartizione in lotti è funzionale alla tutela della concorrenza
(Cons.
St., sez. III, 21 marzo 2019, n. 1857).
Tanto premesso, anche sotto
tale distinto profilo, il frazionamento in lotti non è
funzionale all’esigenza di favorire la partecipazione delle
piccole e medie imprese, non essendo correlata la scelta
organizzativa qui in discussione al valore economico della gara
in comparazione con gli standard organizzativi e di fatturato
delle imprese di settore.
D’altro canto, nemmeno può
essere sottaciuto che gli effetti della misura in argomento si
pongono in plateale contrasto con l’obiettivo di ampliare la
platea dei possibili concorrenti.
Ed, invero, l’opzione
organizzativa qui in discussione limita la partecipazione per
ciascun lotto ad una determinata e ristretta categoria di
produttori a seconda del tipo di dispositivo utilizzato (penna o
siringa) per l’adrenalina da autoiniezione, precludendo agli
altri di concorrere a rendere una prestazione funzionalmente
equivalente.
La Sezione non disconosce
affatto, da un lato, il carattere eminentemente discrezionale
delle valutazioni affidate in subiecta materia alla stazione
appaltante e, dall’altro, le connesse implicazioni quanto alle
modalità e limiti di esplicazione del relativo sindacato
giurisdizionale, avendo a tal fini espressamente evidenziato che
“..la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in
lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione
normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a
valutazioni di carattere tecnico-economico. In tali ambiti, il
concreto esercizio del potere discrezionale dell’Amministrazione
circa la ripartizione dei lotti da conferire mediante gara
pubblica deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato
complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal
procedimento di appalto e resta delimitato, oltre che dalle
specifiche norme sopra ricordate del codice dei contratti, anche
dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza”. L'intero
impianto dei lotti di una gara non deve dar luogo a violazioni
sostanziali dei principi di libera concorrenza, di “par condicio”,
di non-discriminazione e di trasparenza di cui all'art. 2, comma
1, d.lgs. n. 163 del 2006 e s.m.i. (Cons.
St., sez. III, n. 5224 del 13 novembre 2017).
Ciò nondimeno, va qui ribadito
che, come qualsiasi scelta della pubblica amministrazione, anche
la suddivisione in lotti di un contratto pubblico si presta ad
essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa sotto i
profili della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che
della congruità dell’istruttoria svolta.
Orbene, prendendo abbrivio da
siffatta premessa, deve qui ribadirsi come le scelte confluite
negli atti di gara non riposino su ragioni giustificatrici
idonee ad evidenziare, nella comparazione dei valori in campo,
le superiori esigenze a presidio delle quali si pone l’opzione
organizzativa privilegiata dalla stazione appaltante di
frazionare la gara in lotti distinti per singolo dispositivo
utilizzato nonostante il sacrificio del favor partecipationis che
ad essa si riconnette.
Anzitutto, e giusta quanto già
sopra evidenziato, l’opzione privilegiata dall’Amministrazione
non può dirsi espressione di una scelta strettamente necessitata
alla stregua della stessa descrizione delle caratteristiche
tecniche delle prestazioni poste a base di gara sì da far
ritenere direttamente mutuabili da tale descrizione, e per i
profili di intrinseca eterogeneità dei relativi contenuti, le
ragioni della disposta frammentazione in lotti distinti quasi ad
assecondare una diversa vocazione ontologica dei singoli lotti.
Né il divisato assetto
organizzativo costituisce la sintesi di un ragionevole
bilanciamento degli interessi comparati.
L’opzione prescelta, in
mancanza di perspicui elementi di segno contrario, si risolve,
viceversa, anche in ragione della scarsa concorrenzialità del
mercato di riferimento, in un oggettivo fattore distorsivo di
una corretta competizione con penalizzanti ricadute per la
stessa Amministrazione, anzitutto, sul piano economico per la
diversa base d’asta che connota i lotti qui in rilievo e, sotto
distinto profilo, anche rispetto alle evidenti esigenze di
semplificazione gestionale e di riduzione dei costi che si
accompagnerebbero ad una razionalizzazione delle procedure di
acquisto con possibili, significative economie di scala.
Fonte: Consiglio
di Stato - La Giustizia Amministrativa
|