Legittimazione ad impugnare gli
atti di gara in capo ad un’impresa che si sia ritirata dalla
gara stessa
Tar Milano, sez.
IV, 6 febbraio 2023, n. 311
Contratti pubblici e
obbligazioni della pubblica amministrazione – Appalto di servizi
– Giustizia amministrativa – Legittimazione al ricorso –
Interesse ad agire
L’impresa che si sia ritirata
dalla gara prima dell’aggiudicazione è priva di legittimazione e
di interesse a ricorrere avverso gli atti della gara stessa (1).
Giustizia
amministrativa – Legittimazione al ricorso – Interesse ad agire
– Contraddittorietà - Abuso del processo
Costituisce un abuso del
processo l’impugnativa di atti e la proposizione di censure in
palese contraddizione col comportamento precedentemente tenuto
dal ricorrente nei confronti della stazione appaltante (2).
(1) Non risultano precedenti
in termini.
(2) Conformi: Cons. Stato, Ad. plen., 29 novembre 2021, n.
19, oggetto di News UM n. 2 del 12 gennaio 2022, con cui è stata
dichiarata inammissibile l’eccezione di difetto di giurisdizione
sollevata in appello dal ricorrente soccombente in primo grado.
Difformi: non risultano precedenti difformi.
Nel caso di specie, un’impresa
– dopo essersi ritirata da una gara d’appalto – aveva impugnato
l’aggiudicazione ed il bando di gara.
Il T.a.r. per la Lombardia ha in parte dichiarato il ricorso
inammissibile per carenza di legittimazione e di interesse, sul
presupposto che “legittimato ad impugnare l’esito di una
gara pubblica è solamente colui che vi abbia partecipato, in
ragione della vantata posizione differenziata con il potere
pubblico derivante proprio dalla partecipazione; diversamente,
l’operatore del settore rimasto estraneo [, a cui deve
assimilarsi quello escluso o ritiratosi per sua volontà nel
corso della procedura,] non può vantare la medesima
legittimazione a ricorrere in quanto portatore di un interesse
di mero fatto, come tale non qualificato e non differenziato,
alla caducazione dell’intera selezione nell’ottica di
un’eventuale partecipazione futura in sede di riedizione della
gara corrispondente ad una volontà del tutto ipotetica e priva
di oggettivi riscontri e, quindi, in contrasto con le esigenze
di celerità e certezza dei rapporti di diritto pubblico
particolarmente avvertite in un settore così rilevante come
quello dell’affidamento dei contratti pubblici” (Consiglio
di Stato, VII, 28 dicembre 2022, n. 11519).
Ha poi ritenuto che l’impresa non possa dolersi dell’eccessiva
durata della procedura di gara (che avrebbe favorito la
sopravvenienza di un abnorme e imprevedibile aumento dei costi)
perché, ex art. 32 comma 4 del d.lgs. n. 50 del 2016, l’impresa
offerente ha la facoltà di sciogliersi dall’impegno assunto con
la stazione appaltante in sede di presentazione dell’offerta,
laddove la durata della procedura dovesse superare le
tempistiche ritenute congrue dalla stessa stazione appaltante o,
in mancanza, dalla legge (ovvero centottanta giorni). Pertanto,
l’intervenuto peggioramento delle condizioni contrattuali per
eccessiva durata della procedura selettiva può essere
neutralizzato dall’operatore interessato soltanto con lo
strumento del mancato rinnovo la validità della propria offerta,
quale facoltà riconosciuta dalla legge.
Infine, il T.a.r. ha ritenuto che configuri un abuso del
processo il comportamento dell’impresa che propone azioni
giurisdizionali e censure in palese contraddizione con il
comportamento precedentemente tenuto: nel caso di specie,
l’impresa ricorrente aveva prima attestato la congruità delle
offerte presentate, giustificando i vari costi proposti, per poi
- pochi giorni dopo – smentire il contenuto di tale documento,
chiedendo la revisione dei prezzi sulla base di presupposti già
sussistenti in precedenza; inoltre, dopo aver comunicato il
mancato rinnovo della validità delle offerte e delle garanzie
provvisorie presentate in sede di gara e quindi essersi
autoesclusa dalla procedura – pur essendosi aggiudicata quattro
lotti –, la ricorrente aveva proposto dei ricorsi tesi a
contestare l’eccessiva durata della selezione, sebbene in una
prima fase avesse accettato di prorogare le proprie offerte.
Fonte: Consiglio
di Stato - La Giustizia Amministrativa
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