Adunanza plenaria del
Consiglio di Stato se rientrino nel divieto di clausole di
esclusione c.d. atipiche, il divieto di avvalimento al di fuori
delle ipotesi consentite
Consiglio di Stato
- Sez. V, 17 marzo 2020, n. 1920
Contratti della
Pubblica amministrazione – Avvalimento - Fuori delle ipotesi
consentite dall’art. 89, d.lgs. n. 50 del 2016 – Esclusione –
Configurabilità clausole vietate di esclusione c.d. atipiche -
Rimessione all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.
E’ rimessa all’Adunanza plenaria del
Consiglio di Stato la questione se rientrino nel divieto di
clausole di esclusione c.d. atipiche, di cui all’art. 83, comma
8, ultimo inciso, d.lgs. n. 50 del 2016, le prescrizioni dei
bandi o delle lettere d’invito con le quali la stazione
appaltante, limitando o vietando, a pena di esclusione, il
ricorso all’avvalimento al di fuori delle ipotesi consentite
dall’art. 89, d.lgs. n. 50 del 2016, precluda, di fatto, la
partecipazione alla gara degli operatori economici che siano
privi dei corrispondenti requisiti di carattere
economico-finanziario o tecnico-professionale; in particolare,
se possa reputarsi nulla la clausola con la quale, nel caso di
appalti di lavori pubblici di importo pari o superiore a 150.000
euro, sia consentito il ricorso all’avvalimento
dell’attestazione SOA soltanto da parte di soggetti che
posseggono una propria attestazione SOA (1).
(1) Ha ricordato la Sezione che
le clausole del bando di gara riguardanti i requisiti di
partecipazione alle procedure selettive vanno tempestivamente
impugnate allorché, contenendo clausole impeditive
dell’ammissione dell’interessato alla selezione, si configurino
come escludenti, quindi idonee a generare una lesione immediata,
diretta ed attuale, nella situazione soggettiva
dell’interessato, dal momento che la loro asserita lesività non
si manifesta e non opera per la prima volta con
l’aggiudicazione, bensì nel momento anteriore nel quale i
requisiti di partecipazione sono stati assunti come regole per
l’amministrazione; tali sono tipicamente quelle legate a
situazioni e qualità del soggetto che ha chiesto di partecipare
alla gara, esattamente e storicamente identificate, preesistenti
alla gara stessa, e non condizionate dal suo svolgimento (Cons.
Stato, Ad. Plen. 29 gennaio 2003, n. 1 e, da ultimo, id.,
Ad. Plen., 26 aprile 2018, n. 4).
La regola è stata recepita
dall’art. 120, comma 5, c.p.a., laddove sancisce l’onere della
tempestiva impugnazione, nel termine di trenta giorni,
decorrente dalla pubblicazione, per i bandi e gli avvisi con cui
si indice una gara, qualora siano “autonomamente lesivi”.
La previsione della nullità
testuale dell’art. 83, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016 impone
tuttavia il coordinamento, sul piano processuale, dell’art. 120,
comma 5, c.p.a. con l’art. 31, comma 4, dello stesso Codice,
ponendo perciò la questione della prevalenza di quest’ultima
disposizione ogniqualvolta la prescrizione della legge di gara,
pur autonomamente ed immediatamente lesiva, in quanto
riguardante requisiti soggettivi, sia riconducibile
alla fattispecie di divieto di cause di esclusione atipiche.
Ancora, va considerato che lo
stesso comma 8 dell’art. 83, d.lgs. n. 50 del 2016 assegna alle
stazioni appaltanti il compito di indicare le condizioni di
partecipazione richieste, con la facoltà di esprimerle come
livelli minimi di capacità, tra cui rientra a pieno titolo il
possesso di attestazione SOA.
Fonte: Consiglio
di Stato - La Giustizia Amministrativa
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